mercoledì 25 giugno 2014

Una strana storia d'amore


Il regalo di una lettrice per questa storia....grazie!



Una strana storia d’amore

*Capitolo Uno*


Scozia anno 1867

In una casa lontana dal centro cittadino, malconcia e poco riscaldata, una famiglia festeggiava la nascita di una nuova creatura. Il padre, Charlie Swan, era da poco tornato dal lavoro nel campo di grano ed anche se la fatica di quella giornata lo lasciava desideroso di farsi un bagno caldo e dormire fino al mattino, non si sarebbe perso un momento di gioia per stare accanto a sua moglie e alla sua bambina. Due gemelli di quattro anni giocavano proprio accanto a loro, con dei pezzettini di legno e una bambolina di pezza, ormai logora, le loro chiacchiere rallegravano il cuore dei due genitori.
-Reneè cara, nostra figlia è di una bellezza infinita
-Oh Charlie, è così delicata e piccolina. E’ fragile ed ho paura di romperla…Non ricordavo cosa volesse dire tenere in braccio una creatura così piccola.
-Forse perché Emmett e Alice erano grassottelli e pesantucci alla nascita! – ridacchia l’uomo baffuto, vicino al volto della moglie.
-Come la chiamiamo?
-Facciamo scegliere ai suoi fratelli, è una gioia così grande…tre figli! Sono così fiero di noi…
-Lo sono anch’io Charlie, dovremo portarla alla tenuta, dal Conte per avere la sua benedizione e per far conoscere lui la nuova creatura del suo popolo.
-C’è tempo tesoro mio, e questa piccolina sembra si stia svegliando!
Nonostante le risorse finanziarie non permettessero ai coniugi Swan di riscaldare bene la casa e mangiare carne tutti i giorni, credevano che i figli fossero un miracolo divino e che come tale, dovessero essere una gioia immensa. Per questo la nascita di quella bambina tranquilla e pacata, composta e paffuta aveva portato fibrillazione e felicità in quelle quattro mura.
Speravano che i tempi futuri avrebbero giovato loro, avrebbero garantito un roseo futuro ai loro tesori più grandi.


Scozia anno 1885

Bella pov.

-Madre! Aspettate che vi aiuto! – mia madre sta scendendo le scale con un grosso secchio e gli abiti sporchi di mio padre, la vedo affaticata e accorro per aiutarla.
-Bella, cara non serve…torna pure a preparare il pranzo! Lo sai che quando Emmett e tuo padre tornano dai campi divorerebbero un cinghiale intero a testa! – ridacchio, ma consapevole che il pranzo sarà pronto a breve, riesco ad aiutarla a portare i panni vicino al lavatoio nel cortile sul retro.
-Madre, questa mattina al mercato ho incontrato la signorina Angela Weber, abbiamo scambiato qualche parola riguardo al tempo e agli impegni di una casa di campagna..
-E? Cosa ti turba figlia mia?
-Niente madre, davvero…solo che Angela mi ha avvisata che tra poche settimane sarà il compleanno del figlio del Conte e che ci sarà una festa nella loro dimora in cui sono invitate tutte le famiglie della zona, che hanno figlie femmine..
-Ti chiedi il motivo Bella?
-Mamma, saremo invitati anche noi?
-Ti sei scocciata di sembrare una signorina per bene Isabella? Se verrai invitata alla tenuta del Conte dovrai portare molto rispetto e sembrare educata, rispettosa e con un certo linguaggio moderato. Non sempre con questa dannata voglia di fuoriuscire dagli schemi!
-Mamma…solo perché non do del voi a te e papà non mi sembra di risultare maleducata o irrispettosa. Sono sempre pronta ad aiutare nelle faccende domestiche e non mi permetto mai di rivolgermi con un tono più alto del lecito…
-Oh Bella! Noi amiamo come sei…ma vedi, se il Conte sta invitando alla tenuta tutte le ragazze, probabilmente quelle non maritate, è perché ha bisogno di trovare moglie al figlio…capisci cara?
-E cosa mai potrò offrire io ad un nobile?
-Il tuo corpo Bella, gli uomini come il figlio del Conte, cercano solo un corpo caldo la sera quando tornano dalle faccende di lavoro! – dice con una sorta di rabbia nella voce.
-Mamma…non capisco! – in realtà capisco benissimo, ma non voglio di certo che sospettino qualcosa.
-Oh Bella, come sei esasperante certe volte! Ricordi il discorso che ho fatto ad Alice prima che sposasse il signorino Hale? – annuisco, cercando di ricordare bene le parole che ha usato mia madre e in un momento arrossisco. –Ecco, vedo che ti sei ricordata!
-Io…dovrò fare quelle cose? – potrei essere una brava attrice di teatro un giorno, mi viene bene arrossire per finta, basta pensare a certi argomenti e devio l’attenzione.
-Sarai lì per servire un uomo ricco, con molti impegni e probabilmente per come è il signorino Edward, molto arrogante, presuntuoso e scorbutico!
-Beh spero che non mi scelga!
-Lo spero anch’io figlia mia! Tanto… - mi dice sospirando.
La storia dei miei genitori è così strana.
Sono nati entrambi in una campagna molto lontana, beh più che campagna dicono che sia una sorta di collina. I loro genitori, all’epoca, vivevano nello stesso rudere perché erano molto poveri e non potevano permettersi di pagare la tassa di fitto di due case grandi e con campi. Si sono conosciuti così Charlie e Reneè e per loro è stato naturale finire insieme e sposarsi, anche perché si volevano bene davvero.
Mio padre da piccola mi raccontava la loro storia, facendola passare come una favola della buonanotte, solo negli ultimi anni ho scoperto che in realtà si trattava della realtà del rapporto dei miei genitori. Mia madre mi ha sempre spiegato che l’affetto tra due persone, è importante tanto quanto l’affetto per la famiglia, solo che nel primo caso si chiama Amore e si avvertono strane sensazioni di benessere, di emozione e di felicità quando si è insieme. Quando Alice ha incontrato il signorino Hale, Jasper per me ed Emmett, e la vedevo girare per casa canticchiando, fischiettando felice, ho provato a chiedere anche a lei cosa sentisse. Per fortuna ho una sorella maggiore che mi vuole tanto bene e che non si vergogna a parlare con me di qualsiasi argomento. L’amore è stata lei a spiegarmelo.
Mi ha detto che quando ha visto Jasper, la prima volta ha fatto finta di non vederlo neppure, ma lo seguiva con la coda dell’occhio; dalla seconda volta in poi ha fatto in modo di agghindarsi, di farsi notare, di sedurlo. Quando mi disse ciò restai allibita, sedurre un uomo! Per me era impossibile, non ero bella come mia sorella, né così magrolina, né addirittura così allegra, ordinata, composta e allo stesso tempo sfacciata. Al massimo sarei uscita con il mio abito che porta qualche macchia di cibo, ignara di avere i capelli fuori posto, e sarei arrossita tutto il tempo.
-Bella ci sei? Sto parlando con te! – mia madre scuote la mano di fronte ai miei occhi e io mi ricompongo e torno sulla terra ferma.
-Scusa mamma, stavo pensando..
-Tuo padre ed Emmett stanno tornando, li vedi? – allungo lo sguardo verso il campo e li vedo camminare verso di noi, per fortuna sono ancora abbastanza distanti. –Vai a preparare il cibo Bella! – lei ha le mani impegnate nei panni sporchi ed io mi affretto dentro casa per preparare ai miei due uomini.
Voglio bene a mio padre, tanto, e ne voglio tanto anche ad Emmett.
Nonostante siamo una famiglia povera mio padre e mia madre hanno cercato di darci il massimo che potevano, una volta a settimana, quando eravamo piccoli, una signorotta grassoccia e burbera veniva a insegnarci a scrivere e a leggere, ci insegnava i calcoli base della matematica e quale nozioncina di storia che dovevamo assolutamente sapere. Non avevamo altro da imparare da lei, tutto il resto ce lo insegnavano Charlie e Reneè. Mio padre mi ha insegnato come si lega una corda, come si sale su un cavallo e come si usa un aratro. Mi ha insegnato anche a riconoscere un frutto maturo, da uno marcio; come si capisce dov’è il nord grazie al sole e alle stelle, come soffia il vento, come si capisce l’ora grazie alla posizione del sole. E addirittura…mio padre ed Emmett mi hanno insegnato a pescare. Si lo so, sono una ragazza e dovrei fare cose da femmina, ma amo mio padre e volevo stare in compagnia con lui quando andava a pesca, nell’unico giorno libero che si prendeva. Non lo vedevo mai, perché quando tornava dai campi ero già a letto e a pranzo spesso e volentieri era mia madre a portargliene direttamente dove stava, per cui avevo bisogno di sentirlo vicino.
Reneè invece mi ha insegnato ad essere una brava donna. So lavare i panni, stenderli in modo che non facciano le pieghe, so preparare un pranzo delicato e uno sostanzioso, so accogliere gli ospiti, so prendermi cura del mio corpo e capire se sto male. Mi ha anche insegnato come cucire, come rattoppare, come prendermi cura di una casa e come intrecciare fili o fibre o foglie per tutto ciò che potrebbe essermi utile.
Sistemo il vestito color marrone, ormai logoro, prima di sedermi a tavola di fianco a mio fratello che mi ha già versato l’acqua nel bicchiere, come fa ogni giorno. Il suo piatto è colmo di cibo, come piace a lui e gli occhi si illuminano quando vede di fianco al pezzo di stoffa che usiamo come tovagliolo un piccolo fiorellino bianco, una semplice margherita credo, che ho trovato stamattina sul prato davanti casa.
Amo mio fratello con tutta me stessa, fin da piccola lo trovavo simpatico e allegro, riusciva a strapparmi un sorriso in ogni occasione, mi prendeva in spalla e faceva finta di essere un cavallo, girando per il salotto e quando stavo male passava al notte di fianco a me tenendomi la mano. Non so se con Alice aveva lo stesso rapporto, ma so che sono fiera ed orgogliosa dell’affetto che proviamo uno per l’altra. Mi accompagna a fare le passeggiate la domenica, mi porta al laghetto che c’è poco distante da qui, mi protegge da ogni pericolo o delusione e parla chiaro, questa è la cosa che mi piace di più. Non mi dice bugie, non mi fa sentire stupida o inetta e mi spiega le cose come stanno, senza troppi giri di parole, è sincero e lo apprezzo molto.
-Padre, come sta andando la vostra giornata nei campi? – domando, per fare conversazione. E’ strano come la mia famiglia sia diversa dalle altre. Odio dare del voi alla mia famiglia, preferisco chiamare mio padre “papà” piuttosto che riferirmi a lui con così tanta freddezza; non sopporto dover tenere con mio fratello atteggiamenti distaccati quando siamo insieme ad altre persone, anche se queste sono i miei genitori, alle volte vorrei abbracciarlo e baciargli la guancia o accarezzargli i capelli. Sono gesti che facciamo solitamente quando nessuno ci vede, è il nostro modo per dirci “ti voglio bene” senza usare parole.
-Procede bene, Bella! Oggi il sole ci lascia un po’ di tregua e si lavora con meno caldo del normale, per fortuna! Quando abbiamo terminato conviene che tu vada ad aiutare tua madre con la biancheria, o si affaticherà molto.
-Certo padre, lo farò senza dubbio! Mi chiedevo però se fosse possibile, nel pomeriggio di sabato, che Emmett mi accompagnasse giù al paese per qualche compera…
-Bella, dobbiamo pagare la tassa al Conte, lo sai…non vorrei privarti di nulla ma…
-Solo qualche fiocco per capelli, padre e magari delle erbe per l’emicrania… - sbuffa bevendo la sua acqua.
-Va bene Bella…ma per favore, fa che sia Emmett a contrattare questa volta! E’ un uomo, se la cava meglio di te in paese.
-Grazie padre! – gli sorrido e stringo la mano di Emmett sotto al tavolo.
E’ vero che le donne non sono considerate bene al paese, i commercianti sono tutti uomini e solo poche donne argute e sapienti stanno dietro un banco, solitamente vendono accessori per capelli o fiori. Del resto si occupa tutto la popolazione maschile. Chissà quando supereremo quest’era in cui sono tutti bigotti e maschilisti?!
In realtà non devo andare ad acquistare nulla, e non ho neppure tanta voglia di agghindarmi e camminare con scarpette scomode e strette per le vie del paese, sotto gli sguardi sconcertati e curiosi degli abitanti. Ma Emmett deve incontrare una persona.
Una donna precisamente.
E lo deve fare di nascosto.
So che ci stiamo cacciando nei guai, ma è mio fratello, farebbe qualsiasi cosa per me e l’unico modo che ho per ripagarlo è coprirlo nelle sue marachelle.
Chi sia la fortunata ragazza non ne ho idea, e spero che non sia nulla di illegale o poco morale, se no la mia famiglia potrebbe anche passare guai e perdere buona parte della terra per pagare un debito al padre della fanciulla.
-E’ stato di vostro gradimento il pranzo?
-Certo Bells, sei una brava cuoca! L’uomo che ti sposerà ingrasserà in un baleno! – per fortuna mio fratello non ha paura di sfidare mio padre o il rispetto che dovrebbe esserci qui dentro, e si comporta spesso come gli salta. L’adoro anche per questo.
-Emmett, porta rispetto!
-Papà, scusami ma credo che ormai, di questi tempi, sia logico e normale che in famiglia si perda un po’ di quella freddezza che caratterizza invece tutti i rapporti esterni, non credi anche tu? Che immagine vogliamo dare nel futuro? La nostra famiglia è innovativa, guarda Bella…le hai insegnato a pescare! E la fai ancora parlare verso di te come se fosse nostra confinante!
-Emmett Swan! Chiudi la bocca! Dovresti pensare a lavartela con il sapone.. – non è davvero arrabbiato, ogni tanto perdo la mia buona educazione casalinga e mi rivolgo a mio padre con il tu, lui si irrigidisce ma non mi riprende. Ha avuto modo di vedermi in società e sa che sono sempre bene educata e rispettosa.
-Padre, con il vostro umile permesso, mi alzerei da tavola…devo portare beneficio alle mie membra stanche. Mi recherò nelle mie stanze per riposare…vogliate scusarmi! – sentire Emmett che parla così mi fa ridacchiare e anche mio padre sorride.
-Voi due insieme, siete un terremoto! – mi avvicino per portare il piatto via dal suo posto, e riprendere i lavori domestici, ma mio padre mi ferma con la mano sul polso, prima che possa sfuggirgli. –Isabella…devo parlarti di una cosa molto importante, siediti per favore. – gli occhi sono seri e la bocca chiusa in una linea diritta. Mi fa spavento.
-Padre, è successo qualcosa? State male?
-No figlia mia, no…non preoccuparti! Stamattina molto presto ho ricevuto la visita del messaggero del Conte Cullen e mi ha fatto avere questo invito per te.. – lo appoggia sulla tavola, ancora chiuso.
-Sapete padre, voi siete molto contorto. Non sopportate che vi perda di rispetto dandovi del tu ed utilizzando un linguaggio meno formale, ma poi non aprite neppure la mia posta, che tra l’altro arriva da un mittente molto importante.
-Che vuoi dire?
-Che voi padre, siete infinitamente rispettoso, generoso, umile e affettuoso e vorrei davvero abbracciarvi ora. – mi sorride e si scosta dal tavolo per farmi sedere sulle sue gambe, proprio come quando ero piccola.
-Sai Isabella, non in tutte le case si tengono comportamenti del genere, vorrei cercare di educarti in modo che tu possa rendere orgoglioso tuo marito, ma che fossi anche in grado di essere indipendente. Sei molto intelligente Isabella, sai leggere, ami i libri più di tante altre cose e vorrei poterti regalare il mondo, ma siamo gente povere tesoro mio…e l’unica cosa che posso darti sono valori ed educazione…non posso darti altro per affacciarti al mondo.
-Oh papà…tu e la mamma mi date affetto, è quella la cosa più importante!
-Sei in età da matrimonio, Isabella…sai questo cosa vuol dire? – scuoto la testa. –Che presto varcherai la soglia di casa per non farci ritorno e questa cosa mi lascia un amaro in bocca che neppure immagini. Tu ed Emmett rendete le mie giornate piene e allegre ed è così da quando eravate piccoli. Separarmi da voi sarà un duro colpo per un uomo bisognoso d’affetto come me…
-Papà… - lo abbraccio. Non si è mai lasciato andare così tanto. –Perché mi stai dicendo questo?
-Perché l’invito del Conte è riguardante la festa di compleanno del figlio e…
-Si lo so, Angela Weber mi ha fatto presente l’evento! Le ragazze vengono invitate alla tenuta perché il figlio del Conte deve scegliere moglie, la mamma mi ha detto che vengono invitate tutte.
-Oh beh…devo fare i conti con la tua superba conoscenza! Non ti trovo mai impreparata… - sorride e mi accarezza i capelli, come faceva quando ero piccola. –Sarà un’occasione meravigliosa per te, ma noi non possiamo venire. Il Conte ha invitato solo le ragazze, nessuna famiglia….povera.
-Come mai?
-Isabella, credo che sia perché il Conte conosce bene le esigenze e le necessità della gente comune, e sa che non tutti hanno la possibilità di farsi fare un bel vestito per l’occasione, per ogni componente della famiglia.
-Non capisco..
-Io e tua madre sapevamo che il figlio del Conte è in età di matrimonio, in realtà compie ventidue anni ed è anche vecchio per sposarsi, per essere un nobile. Così abbiamo commissionato a Madame Irina un vestito per l’occasione. E’ molto caro sai…
-Papà…non capisco…sei confuso e…perché non mi accompagnerete?
-Il Conte ha invitato le famiglie di conti e marchesi, ma per le famiglie umili e povere come noi ha preferito privarsi della compagnia, perché noi non possiamo permetterci la commissione di tutti gli abiti da ricevimento. Il Conte è una persona intelligente e molto saggia, non solo, è buona e generosa, sai ha diminuito la tassa della terra a noi e agli Stanley purché portassimo i nostri prodotti alla tenuta. E’ una fortuna Bella…
-Ho capito! – adesso tutto era più chiaro.
Il conte sa che non tutto il suo popolo è ricco, che molti non riescono a pagare la tassa della terra in tempo, ma mai nessuno di questi si è lamentato perché è stato cacciato o torturato. E’ vero, il conte è molto buono.
-Sai Bella…il conte vuole le ragazze comuni e non solo marchesine perché suo figlio è molto…burbero e scontroso e dispotico, insomma non è una bella persona. Crede che una di voi possa rendergli chiaro che nella vita c’è altro oltre la ricchezza e i divertimenti.
-Certo…capisco bene! Ma come fai a sapere queste cose?
-Quando consegno parte della frutta o degli ortaggi alla tenuta è sempre il Conte a darmi qualche spicciolo in più, mi accoglie nella sua stanza degli affari e mi chiede come va il raccolto, se la casa è fredda d’inverno…è molto disponibile e buono. Te l’ho detto. Chiacchieriamo da uomini, non si sente una persona importante, anche se lo è…forse è il conte più umile che esista. Peccato che suo figlio non abbia preso da lui… - dice come una riflessione –E così ultimamente abbiamo parlato del figlio, Edward Anthony…è molto…ribelle ecco!
-Capisco papà! Capisco…Forse è il caso che ora tu vada a riposarti prima di tornare a lavorare. – annuisce solo prima di lasciarmi un bacio sulla testa e farmi alzare.

Sabato, per mia fortuna, arriva presto ed Emmett cerca di non mostrare la sua impazienza all’uscita pomeridiana. Prendiamo il suo cavallo, mi aiuta a salirci sopra tendendomi la mano e io mi accomodo dietro, le gambe di lato, il busto diritto, una mano sul fianco di mio fratello e l’altra sulla maniglietta in pelle della sella. Con il vestito che indosso non è molto raccomandabile salire a cavallo come gli uomini, per non parlare del fatto che la gente parla e giudica e al giorno d’oggi non si può di certo fare quello che si vuole. Una donna, per cui, non può salire a cavallo tenendo le gambe aperte e alzando di poco il vestito per cavalcare.
Non mi spreco sulle battutacce a sfondo erotico che potrebbero venire fuori dai miei pensieri.
Si perché fuori da casa mi sento anche più libera di pensare.
Mia sorella mi ha prestato dei libri educativi, molto educativi, sui rapporti amorosi.
Più che altro su quello che riguarda l’atto fisico legato al matrimonio.
-Smettila con la tua mente perversa, Bellina! – sghignazzo, come mi conosce bene il mio fratellino.
–Li hai letti anche tu i libri di Alice?
-Certamente…quando me li ha consegnati per te ho aspettato qualche giorno prima di darteli, li ho tenuti per me!
-Emmett! Da te non mi sarei mai aspettata una cosa del genere! – ridiamo mentre procediamo verso il paese.
-Se papà sapesse cosa leggiamo temo che potrebbe fare un falò di noi due, appiccandolo con gli occhi!
-Come se lui con mamma non facesse quelle cose!
-Ma noi siamo bambini per loro…un conto è farli nel matrimonio un conto è leggere dei libri a riguardo! Bells devi capire che non è bene per una signorina educata e illibata conoscere certe cose, non capisco proprio perché Alice abbia voluto che li leggessi…ma spero per te che non ti comporterai allo stesso modo o…che tu pensa a cose del genere durante la giornata! – appoggio la testa sulla sua schiena e sorrido, il mio fratellone protettivo e possessivo.
-Emmett, ti assicuro che non ci penso e non mi interessano oltre al solo conoscere ed essere preparata per mio marito.
-Bene!

Proseguiamo in silenzio, si sente solo il rumore degli zoccoli del cavallo, che procede ad un ritmo cadenzato. Era molto tempo che non mi muovevo con l’animale, e infatti mi ero dimenticata il dolore che potevo percepire nel mio deretano dopo lunghi minuti di galoppata.
Attorno a noi campi di grano giallastri e di viti ancora spoglie dei frutti si stagliano fino all’orizzonte dove incontrano l’azzurro del cielo. Le nuvole sembrano la cornice superiore di un quadro meraviglioso. Resto incantata su questo meraviglioso panorama che mi circonda, e che solo di tanto in tanto mostra ruderi malmessi esattamente come il nostro.
Quando il brusio delle voci diviene più forte mi rendo conto che siamo arrivati alle porte del paese. Da qui proseguiamo a piedi, il cavallo lo teniamo per le briglie, non abbiamo denaro per lasciarlo nella stalla messa a disposizione del Conte.
Il Conte Cullen controlla molte attività, se non tutte, di questo centro e per agevolare gli umili coltivatori che vengono dalle campagne lontane ha costruito una stalla, all’interno vi lavorano alcuni ragazzi che si occupano della sorveglianza e del foraggio dei cavalli che vengono lasciati in custodia. E’ stato un pensiero molto intuito, quello del Conte, peccato che sia dovuta una tassa per il mantenimento dell’animale nella stalla, e che noi non lo possediamo.

Quando giungiamo nei pressi del commerciante degli accessori per capelli Emmett mi sorride. Sa che non amo per niente queste frivolezze, sono molto più semplice, ho solo voluto dare l'occasione a lui di rivedere la ragazza.
-Bella...scegli un nastrino, pagherò più tardi io il signor Masen!
-Emmett, davvero siamo in paese posso anche solo guardare in giro finché ti intrattieni con miss… - non so neppure come si chiama.
-Rosalie. Rose ed io faremo un giro fuori dal centro del paese, voglio che tu stia con qualcuno di cui mi fido e il signore dei nastrini va più che bene, mi conosce.
-Come vuoi Emmett…
-Ah…e scegli il nastrino blu notte, quel colore su di te è meraviglioso!

Si allontana, lasciandomi sola ed io mi avvicino alla baracca del signor Masen. Ha ragione mio fratello è un uomo di cui fidarsi.
-Signorina Swan, che incantevole visione oggi! E’ molto tempo che non passate di qui… - mi sorride dolcemente, ho la stessa età della figlia e siamo anche molto amiche. La invito sempre, insieme a mia sorella Alice e ad Angela Weber, nei pomeriggi estivi per andare a fare una passeggiata, accompagnate da Emmett e da Jasper Hale, sono molto amici loro due e proteggono tutte noi. Anche Jasper ha una sorella, si chiama…Oh no! Rosalie! La stessa Rosalie che deve vedere mio fratello. Ecco perché voleva venire proprio oggi qui al paese. Jasper è dal Conte, so che lui e il figlio testa calda sono molto amici, mi aveva parlato di un allenamento fisico in caso di battaglie, si dice in giro che Edward Cullen, il figlio del Conte, sia molto istruito e disponibile a insegnare l’arte del combattimento.
-Salve signor Masen! Abbiamo avuto impegni nelle campagne che ci hanno trattenuto dal passeggiare per il centro del commercio…sa mio padre sta raccogliendo il grano di queste settimane!
-Davvero? E com’è? Bello dorato?
-Certamente, il migliore di tutte le campagne del sud della Scozia signore! – sorrido, è un uomo così gentile!
-Oh…e in quale mulino lo porterete a macinare? Ci piacerebbe averne un po’ per il pane…so che vostro padre è un uomo molto gentile e giusto negli affari, non rischierei di pentirmi dell’acquisto! – gli occhi mi si illuminano, se mio padre ha una così bella reputazione in giro non voglio di certo rovinargliela. Nel caso dovessi fare qualcosa di sbagliato i suoi affari crollerebbero e la nostra famiglia sarebbe rovinata per sempre.
-Non mi intendo di queste cose, signore… sono una semplice signorina! – dico modellando la voce in una tenue e dolce, sperando che non si accorga che fingo. Non sono viste bene le donne che si intendono di affari e non ho intenzione di dare l’impressione di impicciarmi delle questioni extra domestiche. –Ma se siete così interessato alla farina farò in modo di farlo sapere a mio padre al mio ritorno, in modo che vi possiate dare appuntamento al mulino!
-Grazie mille Lady! Allora…le posso mostrare qualche nastrino? O qualche fermaglio? Oppure siete interessata a qualche pettinino?
-Masen! – una voce dura arriva alle mie spalle. Il signore di fronte a me alza la testa e sbarra gli occhi, abbassando il capo.
-Oh, signorino, che piacere averla qui…non l’aspettavo così presto! Mi rincresce farmi trovare impegnato in questo momento….
-Ho poco tempo. Mi servono due fermagli per capelli, un pettine piccolino e dei nastrini colorati… - la sua voce, calda e roca sembra addirittura sensuale. Chissà se è così quella che descrivono sui libri?
-Mi dispiace Lady, siate paziente ancora un attimo… - si rivolge a me. In realtà sarebbe il mio turno, c’ero io prima! Questo arriva e viene servito per primo? Ma che razza di giustizia è?
-Veramente, signor Masen, credo di essere meritevole di essere servita per prima…d’altronde sono entrata nel negozio prima del ragazzo. – mi ero voltata appena ed avevo potuto notare che era giovane. Sento un sussulto da parte del commerciante ed un rumore che pare essere un ringhio alle mie spalle.
-Non mi capacito di come certe donne siano ancora in giro a ciarlare al posto che impegnare la bocca in altro e le mani nei panni sporchi!
-Siete molto insolente, sgarbato e maleducato! – ora sono verde dalla rabbia, davvero! Come osa? Mi volto e rimango pietrificata. Capelli rossicci, occhi verdi tendenti al nero, sguardo fiero, mascella rigida e definita, uno strato di barba incolta e vestiti impeccabili. Ma soprattutto una casacca con lo stemma del casato Cullen. Oddio….sono di fronte al signorino Edward Cullen, e gli ho appena mancato di rispetto. Verrò punita, lo so.
Ma non voglio abbassare lo sguardo né tantomeno mostrarmi debole di fronte a un tipo come lui. E’ davvero maleducato e irrispettoso.
-Lady, mi creda farò in un attimo… - mormora il signor Masen dietro alle mie spalle mentre traffica con gli oggetti richiesti dal signorino. Il figlio del conte intanto è impegnato a squadrare la mia persona dall’alto al basso e poi dal basso verso l’alto, con un ghigno divertito sul volto.
-Non si preoccupi Masen, serva pure la ragazza…credo che debba tornare nelle cucine al più presto e non voglio di sicuro che il padrone la punisca!
Mi sta dando della serva.
Una serva, io.
Gli occhi si sgranano e le guance diventano rosse d’ira. Come si permette?
-La prego Signor Masen, porga al figlio del Conte ciò che gli serve, molto probabilmente dovrà tornare velocemente tra le gambe di qualche donnaccia che ha ferito con il suo comportamento insolente e altezzoso! Dovrà farsi perdonare…prenda anche qualche filo intrecciato come ornamento per le braccia, alle ragazze fa molto piacere riceverli! – ghigno anch’io, divertita.
Il signor Masen è esterrefatto, ma non mi curo di voltarmi. Lascio che i miei occhi rimangano intrecciati con quelli verdi e luminosi del signorino Cullen.
-Lady, siete davvero molto maleducata! Credo che il bordello dal quale proviene riceva molte lamentele per la sua lingua biforcuta e aspra, quale uomo vorrebbe mai intrattenersi con lei? Neppure è questa gran bellezza…di cosa si occupa principalmente? Di lavare i pavimenti e rimettere a posto i tavoli?
-Signorino! Ecco qui la sua merce, la prego, porti i miei saluti a suo padre…spero che mia figlia sia alla sua altezza!
-La ringrazio signor Masen, sarà fatto! E lei signorina, dica alla sua padrona che verrò a fare visita nel suo bordello, quando saprò in quale lavora…così da farle pagare una multa salata per avere assunto gente così poco signorile perfino per un posto del genere….saluti!
Sono ancora ferma, con il cuore in gola e una rabbia potentissima.
-Lady Isabella, Lady… - mi volto verso il signor Masen che mi sta chiamando a gran voce. –Che nastrino vuole?
-Mio fratello mi ha consigliato uno blu notte…ha detto che passerà lui a saldare il debito… - mormoro, completamente frastornata dalla scena di poco fa.
-Lady Isabella, credo che debba…scusarsi con il signorino Cullen…sa, è un uomo che porta molto rancore…Se scopre che lei è figlia dello stesso Swan che si occupa delle forniture alla tenuta sarebbe capace di… - non gli do modo di finire ed alzo le mani.
-Lo farò presto. Porterò un dono alla tenuta e chiederò di parlare al signorino in privato, scusandomi mille volte per i miei toni sgarbati. Mio padre non si merita un simile trattamento per colpa della mia lingua biforcuta. – mi lascio scappare con rabbia. Oh si. Mi vedrà di sicuro Sir Cullen!

Quando esco dal negozietto del signor Masen, Emmett ancora non si fa vedere e quindi imbocco la via esterna al paese, quella che mi porta verso il fiumiciattolo che passa a nord, dividendo le varie piccole contee. Dall’altra parte del fiume ci sono i Denali e gli Hunt, ne ho solo sentito parlare nei discorsi da uomini, ma si dice che i due siano molto dispotici e cattivi con il proprio popolo, cosa che li distingue fortemente da Sir Cullen. Mi muovo sulla riva del fiume, mio fratello sa bene che questo è uno dei miei luoghi preferiti, per cui se non mi trova in paese sa dove cercarmi. Sono lì, seduta sul prato verde che si trova poco distante dal corso dell’acqua, immersa nel rivivere la scena di poco prima, quando sento dei passi. Spero che non sia un uomo, spero che non sia un uomo. Se dovessero trovarmi qui da sola non so cosa potrebbe succedere. Sono isolata, gli alberi fanno da scudo alla strada e costeggiano il fiumiciattolo ed io sono completamente soggiogata dalla paura.
-Oh, guarda chi si vede! Oggi è il suo giorno libero signorina? E’ così inutile al bordello che il suo giorno libero è il sabato pomeriggio? – Oh cielo. Non lui. Dannazione! Che sfortuna oggi!
Non alzo gli occhi, anche se lo sento di fianco a me e il suo corpo mi fa ombra. Continuo ad osservare il procedere dell’acqua, tumultuosa tra le pietre del letto del fiume. –Cos’è, ti hanno tolto la lingua in questo arco temporale?
Non posso davvero farmi trattare così. Ha ragione mia madre, questo ragazzo è davvero maleducato, una testa calda e molto cattivo.
-Al contrario di lei, Edward, so quando smettere di oltraggiare una persona. Ho già rischiato molto precedentemente, non ho di certo intenzione di rovinare gli affari per colpa della mia lingua biforcuta! – lo sento sghignazzare e mi alzo per tornare verso il centro del paese. Ho intenzione di ignorarlo e lasciare che le parole si disperdano, sperando che tutto ciò non sia un problema per mio padre. Sto per giungere sulla strada, devo solo attraversare gli alberi, quando mi sento afferrare per la vita e due mani forti mi stringono, girandomi e facendomi sbattere la schiena sul tronco dell’albero più vicino. Le sue labbra sono sulle mie. Sembra che mi stia mangiando, sembra che sia affamato. Muovo le labbra senza sapere come fare, senza averlo mai fatto. La sua lingua accarezza la mia carne, cercando di forzare i denti affinchè si aprano e quando lo lascio entrare è la mia lingua a cercare la sua.
Le sensazioni che sto provando sono così belle, ma allo stesso tempo così sbagliate. Non posso di sicuro fare una cosa del genere, mi sto comportando come una poco di buono, esattamente come mi ha definito lui. Ecco perché mi sta baciando. Perché lui crede che io sia una prostituta.
Oh cielo!
Appoggio le mani sul suo petto, pronta a spingerlo via, ma incontro i suoi pettorali forti e definiti e mi scappa un gemito dalle labbra. Non posso. Non devo. E’ tutto così sbagliato.
Eppure così magnifico. Le sue mani stringono i miei fianchi e mi tengono lì.
Quando mi stacco per prendere fiato vedo il suo ghigno sul volto. E inizia a sghignazzare.
Mi sta prendendo in giro, mi sta deridendo. Le guance sono di color porpora, non ho bisogno di uno specchietto per rendermene conto. E la lingua ancora tiene il sapore della sua. E’ così buono e bello.
-Avevo proprio ragione, sei una sgualdrina…con poca esperienza per giunta! Il tuo posto è a lavare i pavimenti e occuparti dei panni sporchi…- mi volto in fretta e corro via, inciampando più volte sulla mia corsa forsennata verso il centro del paese. Dagli occhi sgorgano lacrime incomprensibili ed infinite. Quando giungo alle porte del paese mi blocco e cerco di darmi un contegno. Emmett mi sta aspettando alla porta sud. Mi affretto a raggiungerlo e con il suo aiuto salgo a cavallo.
-Bella che succede?
-Nulla, portami a casa… - riesco solo a mormorare. Lui non dice nulla e parte al galoppo verso la campagna. Non mi curo della posizione delle gambe, dell’educazione o del decoro. Ho solo voglia di chiudermi in camera con la mia vergogna.
Ho baciato il figlio del conte e mi ha dato della sgualdrina.
Lo sono davvero…non dovevo comportarmi così!

*Capitolo Due*


Bella pov

I giorni passarono in fretta, così in fretta che la festa in onore del compleanno del figlio del Conte era già arrivata. In questo momento io ed Emmett stavamo attraversando l’atrio della tenuta dei Cullen, per fare il nostro ingresso nell’ampio salone illuminato a giorno, in cui centinaia di persone chiacchieravano amabilmente e sorseggiavano liquori. Io non bevevo. Odiavo già solo l’odore del vino, preferivo di gran lunga qualche spremuta o del sidro di mela. A parte questo, a noi donne non era permesso bere più di qualche assaggio di vino durante i pasti, cosa che mi guardo bene dal fare comunque.
Aveva ragione mio padre, il vestito che avevano fatto confezionare per me era molto costoso, una stoffa blu notte, con dei decori in filo argentato che richiamavano i polsini color grigio e la camiciola e i risvolti della gonna. Indossavo scarpe comode, ma da festa, che mia madre mi ha fatto portare per casa per abituarmi. I capelli sono sciolti sulle spalle, ma ho il volto libero grazie a dei ciuffi che sono raccolti di lato con il nastro blu notte che ho acquistato dal signor Masen.
Emmett indossa il suo abito migliore, pulito, profumato e ben stirato dalla mamma, è così bello! Credo che sia così fiero e orgoglioso perché stasera anche Rosalie sarà presente. Abbiamo chiacchierato durante la settimana e mi ha raccontato che la ragazza è davvero presa da lui e che vorrebbe disperatamente avere l’occasione di chiederla in moglie, peccato non avere nulla da offrirle. Si sente così triste a questo pensiero, che spera solo di poter godere della sua compagnia stasera, per un ballo.
Ci stiamo per avvicinare al festeggiato, per porgere i nostri saluti a lui e al Conte Carlisle e moglie, quando una ragazza bionda con i capelli raccolti in una treccia si avvicina a mio fratello. Faccio in tempo a rendermi conto che è Rosalie prima di vedere mio fratello sparire.
Non ci si comporta così, davvero.
Prendo un respiro profondo e continuo il mio cammino, Sir Cullen senior sta amabilmente chiacchierando con il figlio, mentre Madame Esme sorride verso i due. Si amano molto come famiglia, si può vedere benissimo dagli occhi e dalla semplicità con cui trattano. Già il fatto che il conte non abbia voluto come sposa per il figlio una nobile qualsiasi li fa avvicinare alla gente qualunque come umiltà. Sono due persone fantastiche, non c’è che dire.
Quando sono ormai ad un passo da loro, tasto nella tasca del vestito, nascosta ovviamente, se ho ciò che mi sono portata da casa, sentendo il sacchettino sorrido e faccio l’ultimo sforzo. Il Conte alza gli occhi e li incrocia con i miei, sorridendo dolcemente e teneramente e sorridendomi. Abbasso lo sguardo, imbarazzata e rispettosa. Non voglio passare i guai, non si guarda un conte negli occhi.
-Signor Conte, Signora….sono molto lieta del vostro invito. Volevo porgere i miei omaggi per questa meravigliosa sala, il gusto di ogni singolo ornamento è delicato e delizioso alla vista. Mio padre e mia madre vi porgono i loro saluti… - dico, cercando di suonare tranquilla, anche se sono agitata come non mai. E li sento gli occhi del signorino Cullen che bruciano la mia pelle, anche se coperta dal vestito.
-Milady, sono felice che siate potuta essere nostra ospite…mi rincresce non potere godere della compagnia di vostro padre, è un uomo così acuto e sveglio che mi fa amare le chiacchiere da uomini, così solitamente noiose e poco interessanti! – è davvero un complimento meraviglioso.
-Vi ringrazio Conte, sicuramente porterò i vostri saluti a casa, mio padre parla così bene di voi, vi elogia e non soltanto come conte, come uomo altresì…
-Milady è così educata… - una risata si avverte di fianco a noi, so bene a chi appartiene. –E’ un piacere averla qui alla tenuta, stasera è davvero incantevole! Questo vestito vi dona e vi fascia in modo prestigioso…a vostro padre sarà costato una fortuna! – è la signora che parla e sorrido, timidamente. Non sono amante dei complimenti, per nulla.
-Non sono altro che un umile contadinotta, Madame! Questo vestito è il più bello che possiedo, ma lo indosso fieramente… Mio padre contava molto sul mostrare la sua gratitudine a voialtri! Fate così tanto per noi… - mormoro piano.
-Godetevi il resto della festa milady! Dovrebbe essere accompagnata, giusto? – ad un segno affermativo del capo mi volto a cercare la figura di mio fratello ma non lo vedo. –Deve essere in giro a fare conversazione! Ne vado alla ricerca…vogliate scusarmi! – faccio un debole inchino, so che non si usa più così tanto, ma i miei genitori mi hanno insegnato il rispetto. Anche se con certe persone, come il festeggiato, di sicuro non serve a nulla.
-Lady, non mi ha salutato. Eppure sono io l’anima della festa… - sono sicura di essermi mossa dalla posizione imbarazzante vicino al conte e alla contessa, di conseguenza vuol dire che il signorino mi ha seguito.
-Vogliate scusarmi, sono così sbadata questa sera… - faccio un inchino, alzando di poco il vestito. –Ho molto gradito il vostro invito, questa festa è molto gradevole e divertente. Le auguro un buon compleanno conte! Spero che la festa le porga il miglior regalo di sempre… - dico, intendendo chiaro che so il motivo per cui siamo qui.
-Oh, non credo io possa ricevere regali molto più belli di quelli che le dame hanno portato per me questa sera, sono state tutte molto proficue e diligenti. Anche lei ha portato un dono per me?
Scuoto la testa. Non dovrei lo so, sapevo di dover portare qualcosa e difatti, ce l’ho nella tasca, ma non è minimamente pensabile paragonarlo a ciò che altre invitate hanno donato al conte. Anche Angela ha portato i suoi omaggi ricercando cose antiche nel paese e spendendo una fortuna. Mio padre però, ha speso parte del denaro per questo abito e per far sistemare quello di Emmett, per permettermi di varcare la soglia della festa senza sentirmi a disagio. Ha anche acquistato un profumo per farmi sembrare più bella, che io non ho utilizzato perché non ne amo la fragranza. Ma quando è sorto il problema per il regalo al conte, non sapevamo come fare. Si è avvilito, si è dato da fare per cercare signori che acquistassero parte del raccolto in fretta, ancora prima che finisse di raggrupparlo. Ma non ha trovato gente così fiduciosa nelle sue capacità e qualità e i soldi non sono arrivati in tempo.
-Mi rincresce, non ho potuto acquistarle nulla di valore da regalarle conte…avrei tanto voluto portare un pensiero di vostro gradimento farò in modo che il mio accompagnatore di questa sera porga un pensiero per voi, anche in ritardo… - non mi ha neppure lasciato terminare la frase.
-Oh! Quindi lei non ha un presente? Che grave mancanza…Lady, mi sembra chiaro che deve esserci uno spiacevole errore, forse l’invito le è giunto errato! Dovrebbe trovarsi nelle cucine ora, non crede?….a pulire e rassettare ciò che le sue colleghe mettono a soqquadro. Temo che i miei genitori l’abbiano scambiata per una dama, ma la verità è che lei non è altro che una squallida bordellara, le sarei grato se gentilmente lasciasse la festa, non tollero simili persone a farmi omaggio. – resto con lo sguardo allibito e lucido, le sento le lacrime che arrivano.  
Mi volto rendendomi conto che Jasper e Alice mi stanno osservando, ma oltre a loro per mia fortuna nessuno ha teso le orecchie al nostro spiacevole incontro. Prima che gli occhi inizino a tradirmi e facciano sgorgare le lacrime, abbasso la testa in un cenno di saluto e mi inchino.
-Certo Conte, vi leverò dall’incombenza di sopportare la mia umile faccia non desiderata per questa serata in vostro onore…divertitevi e buon compleanno… - mi volto velocemente camminando a testa bassa e senza farmi vedere o notare da qualcuno. Quando sto per varcare la soglia che va all’atrio però sbatto contro un corpo forte. Oh no, il suo profumo lo riconosco.
-Bella…che..che succede? Dove stai andando? – scuoto la testa e cerco di divincolarmi dalla sua presa.
-Emmett, lasciami passare, non…non voglio attirare gli sguardi.
-Ehm…Isabella, credo che vi stiate bagnando il vestito con quelle lacrime inutili…venite, andiamo un secondo fuori a prendere dell’aria fresca… Non preoccuparti Emm, te la riporto subito. – mi irrigidisco e alzo lo sguardo.
-Oh no..no vi prego. Emmett lasciami andare e…Rosalie, vi prego, lasciate che esca da qui senza essere seguita da nessuno. Non sono ben accetta questa sera, il conte mi ha chiesto gentilmente di lasciare la festa, non voglio assolutamente rovinare la serata a nessuno…
-CHE? – l’urlo di Emmett si sente per tutta la sala ed io divento rossa dall’imbarazzo.
-Abbassa la voce Emmett! – sospiro. –Il festeggiato non mi vuole alla sua festa, mi ha chiesto di andarmene..
-Perché?
-Temo che sia perché non abbiamo portato nulla come regalo…Immaginavo di doverlo fare, ma papà ha speso così tanto per questo vestito che…non me la sono sentita di insistere. Lo sai anche tu….farebbe qualsiasi cosa per il conte.
-Oh Bella…perché non me l’hai detto? Edward non è così, non vuole regali davvero… - mio fratello sghignazza. Lo guardo allibita. –Stava scherzando probabilmente…vieni… - usciamo nell’atrio, insieme a Rosalie e Emmett ancora sorridente. –Non sopporta davvero le persone che comprano qualcosa per lui, soprattutto chi è povero come noi.. – scuoto la testa e in quel momento la porta si apre, Jasper sgrana gli occhi vedendo la sorella con una mano appoggiata al braccio di mio fratello e sospira scuotendo la testa. Alice invece mi abbraccia di slancio.
-Oh Bella…che cosa brutta! E’ stato così maleducato…avrei tanto voluto rispondergli per le rime ma Jasper mi ha trattenuta! – amo mia sorella. So che è qui stasera perché Jasper è molto amico di Edward.
Emmett allora si sorprende e fa una faccia confusa. Jasper e Alice raccontano l’accaduto, avevano davvero sentito tutto. Mio fratello mi guarda con lo sguardo dispiaciuto ed io scrollo le spalle.
-Emmett davvero, so cosa stai pensando…è solo una stupida festa. Non ti preoccupare…tu goditi la serata, io ti aspetterò al laghetto della tenuta, cercherò di non farmi notare…poi andremo via insieme. Ti prego, non dire nulla a Edward… - sbuffa e annuisce. Sa bene che sarebbe inutile.

Mi allontano dalla sala ed esco fuori, proprio come ho detto ad Emmett mi avvicino al laghetto, cercando di non essere vista. Ci sono degli alberi, magari con il buio è più facile nascondermi lì. Mi siedo per terra, è un po’ umido, ma non mi importa. Alzo il vestito per non rovinarlo e poi lo adagio dolcemente sull’erba, sperando che non si sporchi più del dovuto. Tiro fuori dalla tasca il sacchettino e me lo rigiro tra le mani. Gli occhi mi si riempiono nuovamente di lacrime.
Oh no! Non di nuovo.
E’ stato sgarbato e maleducato e so che mi ha riconosciuta come la ragazza di due settimane fa, non posso essere cambiata più di tanto. Solo che evidentemente anche se faccio parte del popolo, come tutte le altre, non sono di gradimento al conte. Che posso farci? Davvero non pensavo di venire a questa festa e trovare marito ma almeno farmi notare da qualcuno. So bene che il conte cerca una moglie che possa soddisfarlo, che possa renderlo orgoglioso, che possa donargli dei figli. Io che posso fare per una persona così illustre? Nulla….posso limitarmi a rassettare la sua camera da letto e lavare i suoi panni sporchi. Sarei sempre una serva per uno come lui.
Sbuffo, quando le lacrime cominciando a scendere, le asciugo con parte della manica, cercando di non sporcare ancora di più il vestito. E’ davvero costato una fortuna a mio padre.
Dio…mio padre.
Quando verrà a sapere che sono stata cacciata dalla festa del figlio del conte farà un infarto.
Non posso davvero fare in modo che lo sappia, devo cercare di parlare con Emmett e mettere le cose in chiaro, dirgli che non deve parlarne con papà. Sperando che il conte Carlisle non si accorga della mia assenza.
-Isabella, cosa fate qui tutta sola? – oh no. Non la contessa.
Mi asciugo velocemente le ulteriori lacrime che sono scappate dai miei occhi e riprendendo il controllo di me mi alzo inchinandomi un poco.
-Contessa, vogliate scusarmi, non intendevo vagare per le vostre proprietà senza essere accompagnata ed autorizzata. Cercavo solo un posto tranquillo dove pensare… Mi rincresce avervi mancato di rispetto….
-Oh cara! Non hai mancato di rispetto proprio a nessuno! – la sento ridacchiare. Oh no. –Ti prego, siedi. Ho voglia di godere anch’io della tranquillità del laghetto. Mio marito è impegnato a ciarlare di affari e battaglie con uomini noiosi e chiacchieroni e le mogli sono così poco interessanti e frivole che mi sono trovata con il desiderio di fuggire dalla festa. Anche per te è stato così?
-Più o meno, Madame. Non sono molto incline ai festeggiamenti, né troppo brava a socializzare…tendo a preferire la solitudine di una lettura al sole estivo piuttosto che passeggiate al paese con le mie conoscenze…
-Anche mio figlio la pensa così. Lo trovo spesso immerso in qualche volume antico e pesante seduto sotto qualche albero. Non lo si distrae con nulla. – sorrido. Ne parla così bene.
-Non fatico a pensarlo. Ci sono così tante cose interessanti sui libri certe volte…
-Oh, Isabella…mi stupisci! Sai leggere?
-Certamente Madame, so anche scrivere e contare. Mio padre ha cercato di fornire a me e ai miei fratelli un livello di istruzione nonostante fossimo molto poveri.
-Capisco…tuo padre è un uomo così saggio e fortunato. Dovresti sentire come ti elogia, dice che addirittura sai andare a cavallo e sai pescare. – il tono informale con cui mi parla mi lascia un po’ perplessa. E’ così dolce la contessa.
-Siamo noi fortunati ad avere un uomo del genere come padre… - mormoro dolcemente. E’ la verità, mio padre farebbe di tutto per noi.
-Non fatico a pensarlo! – sghignazza. –E dimmi, Reneè come sta? Spesso venivano a farci visita nel giorno di festa, ultimamente però, con le nuove dicerie sulla nobiltà e ulteriori impegni da conte della famiglia ci vediamo così raramente. Mi dispiace tanto. – oh. La mia famiglia e la loro? Wow…davvero. Non me lo aspettavo.
-Nostra madre è una perfetta casalinga instancabile! Lava, rassetta, cucina e addirittura aiuta mio padre e mio fratello nella campagna. – la contessa ride.
-Oh! Lo immaginavo! Reneè è sempre stata così fin da piccola…
-Voi…voi conoscevate mia madre da piccola?
-Certo Isabella…la mia famiglia abitava nel fondo di fianco a quello di tuo padre! – la guardo stupita e confusa. Come… -Carlisle, mio marito, era abbastanza…irrequieto da piccolo e il conte ha pensato bene di mandarlo nelle campagne per addestrarlo e insegnargli l’educazione! L’ha affidato alla famiglia di tuo padre…. Non lo sapevi? E’ così che ci siamo conosciuti. Prima che vostra madre avesse voi venivano alla tenuta per le vacanze estive, lasciando perdere la campagna e il raccolto, ci divertivamo molto insieme.
-Questa è una cosa totalmente nuova ed insaputa per me. – riesco a dire, con rispetto quando mi riprendo. Sento la contessa ridacchiare e poi dei passi sull’erba che si fermano dopo poco, ma nel buio non si vede altro.
-Mi chiedo se dovrei mandare nelle campagne anche mio figlio! Cosicché impari le buone maniere…non mi è piaciuto per niente il modo in cui ti ha cacciato dalla festa! – allargo gli occhi ma li abbasso sull’erba sotto le mie mani. –Ho sentito come ti ha trattata e l’ho ripreso abbastanza. Quando la festa finirà penserò a punirlo per bene! L’educazione che io e suo padre abbiamo tentato di inculcargli non è servita a niente! Speravo che crescendo avesse imparato e invece…è un perfetto scaricatore di porto! Con il rispetto per loro!
-Oh…no…in realtà non…è colpa di vostro figlio, è colpa mia contessa! Io non ho portato nessun presente per il suo compleanno, l’ho completamente dimenticato ed ha avuto tutte le ragioni del mondo per trattarmi in quel modo, davvero.
-Oh Isabella! Tuo padre mi aveva parlato di quanto buona e intelligente fossi, ma io sono sicura che prenderti la colpa questa volta non servirà a nulla, perché ho sentito e so bene che tuo padre avrà speso tutti i soldi del raccolto per questo magnifico vestito che indossi e per quel nastro meraviglioso che ti raccoglie i capelli…non temere che io non sappia. Conosco Charlie e Reneè da una vita, posso non frequentarli più ma mi informo e quando tuo padre porta le provviste alla tenuta faccio sempre in modo che porti qualcosa per voi a casa… - gli occhi mi si riempiono di lacrime ancora una volta.
-Io…io…Mi rincresce Contessa, davvero mi dovete credere, non è colpa del conte. – la sua mano si poggia sul mio braccio dolcemente. Ha un fare così materno che mi spiazza.
-Non preoccuparti Isabella…ora ritorno alla festa, dovresti farlo anche tu. Mi manca vederti girare per la sala, come facevi una volta! – mi fa l’occhiolino.
-Come…come…? – provo a chiedere ma sono confusa.
-I tuoi genitori venivano qui la domenica, te ne ho parlato. Di sicuro i figli non li lasciavano a casa! Tu e Edward giocavate insieme nella sala del ricevimento, ti faceva usare la sua palla di cuoio…e tu gli mostravi quella bambola di pezza che ti ha regalato tua madre. Non ti ricordi perché eri così piccola…- Oddio!
Io ed Edward giocavamo insieme? Pazzesco. Non era possibile.
-Impazziva per te. Ha sempre desiderato una sorellina, anche se non l’ha mai detto apertamente, e quando c’eri tu ignorava Emmett ed Alice e si occupava di te in modo incantevole. Eri così piccolina che voleva proteggerti…E di sicuro ti ha trattato malamente solo perché non ricorda che tu sia esattamente quella pargoletta. – scuoto la testa e sospiro. È tutto così strano. –Se non vorrai rientrare ti capisco benissimo, la festa è un pochetto noiosa, soprattutto per colpa del significato che mio marito ha voluto far trasparire. Tzè! Una moglie per quello zuccone di mio figlio! Chi lo sopporterebbe mai tutta la vita?!
-Grazie madre! Voi si che sapete come fare felice un ragazzo il giorno del suo ventiduesimo compleanno! – la sua voce mi gela all’istante. È qui. Oh no!
E’ qui ed ha sentito sua madre parlare.
Oh…i passi. No…non può essere lui.
-Cerca di non comportarti male come al tuo solito signorino! Ci vediamo più tardi… Buona serata Isabella…e salutami i tuoi genitori.
-Certo Contessa, vi ringrazio! – sento i passi della signora allontanarsi e ritorno con lo sguardo al laghetto, ignorando Edward. Sono così agitata che mi tremano le mani e gli occhi mi pungono per le lacrime. Quale offesa mi oserà questa volta? Sento un sospiro e il suo corpo prendere posto sull’erba affianco a me.
-E così…tu sei quella ragazzina che amavo quando ero piccino…Devo dire che ne è passato di tempo dall’ultima volta che ti avevo visto! – sussulto, non mi aspettavo che mi desse del tu, né che parlasse così con me. Evito di rispondere subito, prendendo un profondo respiro. Bloccandomi al ricordo della sue parole. Mi amava? Cosa?! – Ricordo bene quando finiva la settimana e mia madre continuava a sorridere in giro per casa controllando che tutto fosse pronto per avere gli ospiti ed io venivo sempre imbellettato e tirato a puntino dalla servitù ed ero così esaltato che non stavo mai fermo un attimo. Desideravo vederti, eri così piccola, a tre anni però avevi già la lingua biforcuta! – sghignazza. Perché io non ricordo nulla di quel periodo? –Poi però…i vostri genitori non ci hanno più fatto visita, dovevi avere…sei anni credo.. – Odio non ricordare.
-Voi…voi sapete perché non vi hanno più fatto visita? – dovevo cercare di tranquillizzarmi e parlare tranquillamente.
-Non ricordi nulla? – scuto la testa, incapace di parlare. –Un pomeriggio eravamo qui vicino e c’erano delle panchine di ferro che mio padre ha fatto installare perché io e mia madre amavamo sederci qui e prendere il sole. Io e te correvamo, ignari dei pericoli. Avrei dovuto ricordare che il tuo equilibrio era precario e che non riuscivi a fare molti passi prima di crollare per terra…ma quel giorno lo dimenticai. Scivolasti sull’erba umidiccia e sbattesti la testa sulla panchina. Ero così preoccupato quel giorno. Ti ho portato correndo dentro l’ufficio di mio padre, perché eri priva di sensi. Per fortuna avevamo una donna in cucina che era moglie di un medico, corse a chiamarlo e intanto ti sistemarono nella mia camera. – ero sconvolta. Mi stava parlando di un’altra persona. –Emmett ed Alice erano così preoccupati, i tuoi genitori ti guardavano piangendo ed io non volevo lasciarti la mano. Mi ricordo benissimo….avevo dieci anni e una settimana dopo era il mio compleanno. Avremmo dovuto festeggiare, mi avevi detto che volevi portarmi i biscotti della tua mamma, eri così allegra e bella. Ed io avrei solo dovuto proteggerti. – sussurra. –Sei rimasta priva di sensi per due giorni, il dottore non ha potuto fare nulla di più. Quando ti sei svegliata non ricordavi molto. Io sono stato allontanato. I tuoi genitori mi avevano incolpato, pensavano che ti avessi colpito, che non andavo affatto bene per te. E perché non venissero fuori problemi…non sono più venuti a trovarci. – abbassa lo sguardo sulle sue mani, ed io ora sono rivolta verso di lui a guardarlo.
-Oh…ecco…ecco perché non ricordo nulla… - lui annuisce e sospira. –Dovreste tornare alla festa Conte, gli invitati si chiederanno che fine ha fatto l’anima della festa… - biascico, desiderosa di stare da sola.
-Bella…mi… mi dispiace per quello che ti ho detto, per come ti ho offeso due settimane fa, per stasera…Non avevo capito che eri tu! Molto probabilmente se avessi visto Emmett al tuo fianco l’avrei capito ma… - tralascio il fatto che mi abbia chiamato come mio fratello.
-Non importa Conte, davvero, ho dimenticato in fretta lo spiacevole episodio di due settimane fa in paese, oltretutto volevo scusarmi con voi per la mia lingua biforcuta e maleducata, avrei dovuto portare rispetto e non oltraggiarvi in nessun modo. E per stasera…avete semplicemente detto quello che andava detto. Merito di stare nelle cucine a rassettare, con quelle persone lì dentro non c’entravo nulla… - biascico e sento un sospiro forte alla mia destra.
-Non è così. Smettila. E soprattutto finiscila con questo voi. Ci conosciamo da quando eravamo bambini, non puoi davvero…non trattarmi così freddamente.
-Conte, mi rincresce, ma così è come mi hanno educata i miei genitori. Tempo fa non mi sono comportata secondo la buona educazione con voi, non credo di poterlo rifare e sfidare la sorte…Per quanto riguarda i nostri trascorsi, io non li ricordo…
-Rientra alla festa con me, ti prego… - sbarro gli occhi.
-Oh….no! Sono costernata Conte, ma vi prego di non insistere avanti. Quella sala non fa per me. Vi auguro un buon compleanno…
-Bella! Non ti ricordavo così esasperante! – mi allontano, strisciando sul prato per non dovermi alzare. Non voglio stargli così vicino, non voglio perché l’altra volta mi ha baciato e mi è piaciuto anche, ma è un conte. Deve avere una moglie che valga la pena di presentare alla gente e io posso davvero solo stare a pulire. –Questa sera davvero sto cominciando ad odiarla. Prima mia madre e i suoi rimproveri, poi Jasper e tua sorella, Emmett e Rosalie…davvero….cosa ho fatto di male per non meritare neppure il tuo perdono?
Oh. Voleva che lo perdonassi? Era così bello. Stasera indossava una camicia morbida e al di sotto di una giacca lunga e dei pantaloni alti sulla vita, un cinturone. Il suo profumo mi stordiva era così forte e dolce, eccitante per giunta, chissà quanto costoso deve essere.
-Conte, voi non dovete meritare il mio perdono, la gente umile come me è obbligata dalle circostanze a perdonare e dimenticare in fretta. Non portiamo rancore verso i nobili che offendono in qualche modo… - mi lascio scappare. –Per cui voi non dovete in nessun modo pensare che non siete meritevole del mio perdono, perché in quanto conte, l’avete già ottenuto.
-Già…immaginavo! – dice ironico –E come Edward? Come persona normale…ho ottenuto il tuo perdono Bella? Per averti offesa in modo così cattivo, immorale, privo di tatto alcuno? Mi perdoni per averti cacciata dalla festa e averti baciato due settimane fa?
-Voi non siete persona normale Conte! Voi portate un titolo…non potete minimamente accomunarvi a gente normale e plebea come noialtri. Vi prego, smettete di domandare il mio perdono, l’avete già ottenuto. – sbuffa e si passa le mani tra i capelli, spettinandoli.
-Ho passato anni interi a cercare di avvicinare la tua famiglia per riprendere i contatti con te, ma Emmett è come un cane da guardia e mi tiene lontano. Non immaginavo che fossi tu la ragazza da Masen, come non immaginavo che fossi tu stasera…Non so cosa dire per farti capire…come mi sento. Vorrei davvero che la smettessi di trattarmi così.
-Signor Conte, dovreste smettere di lottare così arduamente con voi stesso, alla ricerca di parole gentili e dolci per una comune donna bordellara – ghigno, questa volta non me la risparmio. –Temo che dobbiate mettere in conto che siete nobile e che la gente vi tratterà sempre con rispetto e distacco. – sento un ringhio provenire dalla sua gola e sorrido. Educatamente ha quel che si merita e ancora non capisco perché sta qui con me.
-Quando Emmett mi ha detto che eri una ragazza difficile non credevo così sfiancante! Speravo di poter conversare con te e scoprire così come sei diventata in questi anni, so che ami leggere e che ami i libri antichi, volevo mostrarti la biblioteca che ho rifornito personalmente. E invece devo stare qui a scusarmi all’infinito purchè tu smetta di darmi del voi e trattarmi come un nobile!
-E’ quello che siete Conte, vi prego, tornate alla festa, ignorate la mia persona e andate a divertirvi. Ci sono ragazze in sala che troverebbero molto stimolante la biblioteca personale del conte! – Non volevo utilizzare con lui una malizia tale, ma me l’ha proprio chiamata, non potevo stare zitta. Mi sta esasperando.
-Oh oh! Ecco ritrovato lo spirito di Bella che ancora ti caratterizza! Sei ancora così curiosa da ficcanasare dove non dovresti? Hai letto i libri che ha letto anche Emmett per caso? – le mie guance si imporporano e riesco a rispondere solo perché siamo al buio e per fortuna non devo vergognarmi così tanto di mostrarmi a lui.
-Certo che li ho letti Conte, mia sorella Alice li aveva mandati per me, perché io potessi farmi una cultura e essere gratificante a mio marito, quando ne avrò uno. I libri sono molto educativi e seppur apparentemente volgari di tanto in tanto, credo che siano un valido spunto per imparare come servire il mio uomo.
-Hai…hai…già fatto….
-Come ripetuto Conte, non sono una bordellara! – esclamo con una certa rabbia –E come avete potuto saggiare settimane fa, non sono stata in grado neppure di baciare, di conseguenza voi avete tratto giudizio di inesperienza. Così è! Credo che sia tempo per me di tornare nella mia umile dimora…
-Ma Emmett è ancora dentro…
-So cavalcare Conte, non vi dovete preoccupare di me, piuttosto delle ragazze che vi staranno cercando per ballare e conoscervi e ammaliarvi con le loro doti, affinché voi scegliate proprio una di loro come vostra compagna. Vi auguro buon compleanno Conte, spero in buone cose per voi. – mi alzo sistemando il vestito e pulendolo, in quel momento il rumore del sacchettino che cadeva per terra mi fece ricordare che lo avevo poggiato sulla gonna. Edward si sporge per afferrarlo e il velluto ora è racchiuso nelle sue mani.
-Ti è caduto questo…cos’è?
-Una frivolezza e inutilità che avevo nella tasca del vestito, mi rincresce che voi ne siate venuto in contatto, gradirei che mi fosse restituita.
-Perché…sul sacchettino ci sono le mie iniziali? – chiede sorridendo, riesco a percepirlo nel tono della voce.
Perché ho dovuto ricamarle? Dannazione quanto sono stupida.
-Le vostre iniziali conte? Davvero? Non credo…
-Oh Bella, le bugie non ti sono mai riuscite bene, fin da piccolina…cos’è? Esigo saperlo… - sbuffo, sapendo che è un ordine. La sua voce suona esattamente perentoria e non ho voglia di continuare a discutere e mancare di nuovo di rispetto a un nobile.
-Era un…presente. Mio padre non ha abbastanza denaro da permettere che vi comprassi un regalo, e non è cortese arrivare a mani vuote, per cui avevo…pensato di farvi dono di qualcosa di più umile, senza intaccare la finanza familiare e senza risultare maleducata ai vostri occhi, signore. Peccato che non avevo fatto i conti con l’immagine e lo sfarzo della nobiltà. Da stupida avevo pensato che l’avreste apprezzato, ma sono tornata in me questa sera capendo che i nobili fanno fatica ad apprezzare un dono povero come il mio…Mi ero illusa che fosse la medesima cosa di un profumo costoso o una stoffa pregiata, solo perché l’ho fatto con le mie mani…ma si sa, le illusioni non fanno bene alla sanità mentale Conte. – dico sospirando alla fine.
-Posso aprirlo quindi?
-Fate pure…ma non troverete nulla di valore lì dentro, se non la perdita di tempo di una ragazzina. Ora vi saluto Conte, spero abbiate una…
-Aspetta, voglio che rimani finchè vedrò cosa mi hai portato.
-Conte, vi prego, state minando il mio controllo e la mia educazione, sono tentata di mancarvi di rispetto, e restare qui non mi conviene. Non voglio imbarazzare mio padre più di quanto lo sarà per avere una figlia che viene cacciata dalla tenuta di un conte durante la sua festa di compleanno in cui sono presenti tutte le giovani donne della contea. Buonanotte. – giro i tacchi e mi incammino a passo spedito, con le lacrime che ormai sgorgano irrimediabilmente dagli occhi. Sono sicura che ci penserà il conte ad avvisare mio fratello che me ne sono andata, quindi individuo il cavallo e salendo con agilità, nonostante il vestito e le scarpe scomode, parto al galoppo verso casa.

Edward pov.

Quella ragazza mi farà ammattire. E’ così…complicata! Non ho mai incontrato una donna come lei, eppure… mi attira. Mi attira e mi eccita, e la sua voce mi scalda e i suoi occhi, li ricordo quando li ho incrociati due settimane fa, sono magnetici. Questa sera mia madre le ha raccontato di noi, di quando eravamo piccoli, avevo il ricordo di Isabella nella mia mente, me lo custodivo gelosamente. Da piccolo ho sempre ripetuto a mia madre che se avessi sposato una donna, in un futuro, quella sarebbe stata lei, senza sapere cosa avrebbe comportato tutto quanto. Per questo motivo mio padre ha sempre cercato di non prendere contatti con altre famiglie di rango pari al nostro per il matrimonio, ma mi ha lasciato libera scelta di scegliere moglie. Solo che adesso è giunto il momento di fare le cose come si deve e non posso di certo procrastinare oltre.
Prendere coscienza che due settimane fa, la lingua peperina e biforcuta che mi ha parlato senza riserva alcuna era proprio Isabella mi ha lasciato sconvolto, ma ancora di più comprendere che era stata lei quella che ho cacciato dalla festa stasera. Gli occhi di Alice mi avevano schiaffeggiato senza toccarmi e quelli di Jasper, amico di una vita, mi avevano rimproverato. Poi era arrivato il turno di mia madre e quello di Emmett. Sono stato così stupido a cacciarla, l’unica persona che desideravo rivedere. Quando mio padre aveva pensato di dare una festa per il mio compleanno alla tenuta, volendo tutte le ragazze non maritate, anche tra la gente umile mi ero illuminato ed ero così contento da camminare sospeso per aria, non avevo detto nulla ad Emmett nelle poche volte che era venuto a farmi visita, per non dover duellare con lui, ha un senso di protezione immane per la sorella e non vorrebbe mai vederla con me. Questo l’ha urlato più volte. Ha detto che l’ho ferita da piccola e che potrei farlo ancora. Stasera poi…ne avrebbe tutte le ragioni.
Mi rigiro il sacchettino di velluto tra le mani e mi incammino verso la sala, fermandomi nell’atrio per godere del regalo di Bella. Ci sono davvero indicate le mie iniziali sul velluto, una E ed una C splendidamente ricamate di un color bronzo sul velluto. Quando estraggo il contenuto resto spiazzato.
Dei fili intrecciati di cuoio incorporano una E ed un piccolo ciondolo di smeraldo affianco, racchiuso in una palla di filetti di rame intrecciata. E’ meraviglioso ed è un bracciale.
Voglio indossarlo subito, voglio averla con me. E’ una ragazza così splendida.
-Edward, caro, sei tornato! Dov’è Isabella?
-E’ tornata a casa a cavallo! – mormoro mentre ancora osservo quel prezioso tra le mie dita.
-Cosa? E l’hai lasciata andare da sola? Sei forse impazzito figlio? E’ tardi, buio e lei una ragazza… - si porta le mani di fronte alla bocca spalancata e scuote la testa. –Manderò di corsa il signorino Jacob affinché si assicuri che sia a casa. – la seguo mentre raggiunge le sale della servitù e la osservo parlare con il ragazzino di appena sedici anni, figlio di una delle domestiche. –Cos’hai tra le mani che ammiri così tanto?
-E’..il regalo di Isabella.. – glielo mostro e lei lo afferra sorridendo.
-E’ così dolce…e deve aver pagato caro quello smeraldo e quella E d’argento, nonostante sia venuta senza un regalo costoso e tu l’abbia cacciata come feccia…
-Madre…
-Oh no…non ricominciare! Pensavo di essere stata chiara, questa serata volevo che ti mostrassi educato e rispettoso, benevolo e che ti facessi amare dalla gente la quale ti assicuro, non ha una bella opinione di te…
-Mamma…ti prego!
-Non mi pregare Edward…è meglio che torniamo di là in sala e che tu scelga una donna da sposare, o tuo padre andrà su tutte le furie.
Sbuffo sonoramente e fisso i miei occhi verdi nei suoi.
-Madre…mi sono innamorato. – mi lascio sfuggire. So che entrambi i miei genitori mi hanno appoggiato affinché trovassi una persona da amare, che la conoscessi, che non fosse un matrimonio combinato. Ma adesso ho ventidue anni e devo assolutamente sposarmi.
-E…chi è? E’ presente alla festa? Dimmi il suo nome… -scuoto la testa. E abbasso gli occhi. –Oh no! E’ Isabella vero? – annuisco e lei sospira. –Ne parleremo con tuo padre, vieni ora…diremo che hai scelto la tua futura compagna e che ti riserverai di farle visita nel primo pomeriggio di domani. Tuo padre sarà contento e questo ci garantirà tempo per parlargli. Vieni!
Sorrido a mia madre, ha sempre un piano d’attacco perfetto. Spero solo che…la sua famiglia non mi volti le spalle, che non mi impedisca di chiederla in sposa. Lo so benissimo di non avere una buona reputazione, ma cosa posso farci se la gente mi irrita? Stavo bene solo con lei, quando mi sorrideva da piccola, quando mi rincorreva, quando giocavamo semplicemente o passeggiavamo attorno al laghetto per intere mezzore e poi facevamo merenda. Mi piaceva stringerle la mano per correre verso la servitù che ci offriva il pane con la cioccolata e una spremuta, e lei si sporcava sempre tutta e dovevo ogni volta portarmi dietro un fazzolettino per pulirla, prima che la vedessero i suoi genitori. Era così bella….ed ora è magnifica.
Stasera l’avevo osservata mentre parlava con i miei genitori, ed anche se in quel momento pensavo che fosse una ragazza di qualche bordello non potevo non accorgermi di quanta bellezza tenesse su di sé. Il vestito blu notte con i risvolti e i dettagli in grigio perlato chiaro, simile all’argento le donavano un’aria così bella e perfetta, i capelli sciolti e definiti solo con quel nastrino dello stesso colore dell’abito. La pelle chiara, gli occhi color cioccolata e le labbra rosse e carnose. Quelle labbra che ho adorato baciare due settimane fa, a cui ho pensato ogni minuto di queste giornate.
Era una meraviglia Isabella questa sera. La più incantevole di tutta la festa, e di donzelle ne avevo molte. Ma lei aveva qualcosa che…mi trasportava altrove. Deliziosa.
Sospiro forte prima di rientrare in sala, con il mio piccolo e nuovissimo portafortuna nella tasca. Che si aprano le danze!

*Capitolo Tre*


Bella pov.

Quando arrivai a casa, la sera precedente, trovai mio padre ancora intento a leggere dei libri sul commercio che il Conte gli aveva prestato mesi orsono. Adesso comprendo come mai molti dei loro prestiti, diventano in realtà doni, e come mai mio padre di tanto in tanto tornava con qualche pensiero per noi. La contessa è una donna così gentile e affabile che quasi pareva mia madre, e a dir la verità saperle cresciute insieme, fa sembrare tutto quanto più normale. Ora posso comprendere meglio il motivo per il quale il loro titolo non li ha inariditi di sentimenti e fatti apparire dei despoti. Le loro origini, o per lo meno quelle in cui hanno vissuto da piccoli, li hanno forgiati ad una vita umile e dettata da valori diversi rispetto alla nobiltà, e di questo sorrido felice, per aver la fortuna di essere all’interno della loro contea.
Quando varcai la soglia di casa mi guardò stranamente e poi preoccupato si alzò per raggiungermi.
-Bella, che succede? Dov’è Emmett?
-Alla tenuta del Conte padre… - mormorai, decisa ormai a dirgli ogni cosa. Se è vero che erano in buonissimi rapporti con il conte Cullen non avrebbe fatto fatica a perdonare la mia insolenza…spero.
-Cos’è successo Bella?
-Sono stata cacciata dal signorino Edward, padre…l’avevo incontrato due settimane fa al paese, ma sono stata sgarbata perché ha scavalcato me per degli acquisti, giuro che ero in buona fede, non credevo fosse lui la persona che mi aveva interrotto…L’ho, forse, insultato e lui ha rimarcato con ulteriori parole cattive. Ma stasera ero andata lì con buone intenzioni e avrei anche voluto scusarmi durante il classico ballo con tutte le ragazze…Ma mi ha cacciata padre, mi dispiace molto. – sussurro la fine della frase. So bene quanto sarà deluso, posso immaginare quanto abbia impiegato sé stesso affinché fosse tutto perfetto per questa sera, perché non potessi sentirmi inferiore o vergognarmi delle mie origini; sapevo che voleva dimostrare il suo affetto a quella famiglia, mostrando loro che per una ballo alla loro tenuta avrebbe fatto il massimo. E invece avevo rovinato ogni cosa, e non c’era via di ritorno.
-Perché ti ha cacciata? Non ti ha riconosciuta? Non sapeva il tuo nome? – mio padre sembra confuso, invece che arrabbiato.
-Che vuoi dire padre?
-Edward, il figlio del conte, ha cercato molte volte di…avvicinarti ma glielo abbiamo impedito. Sai quando eri piccola… - inizia ma alzo le braccia.
-Mi ha già raccontato tutto padre…Mi chiedo perché mi avete sempre celato tutto!
-Perché volevamo proteggerti, Edward non è una brava persona e…ti ha fatto del male in passato. E’ passato qui da noi moltissime volte, per nostra fortuna tu non eri mai presente o nella stessa stanza…ed abbiamo fatto in modo di mandarlo via. Sai bambina mia, non è consono che famiglie umili come la nostra frequentino di abitudine la tenuta di nobili in amicizia, si potrebbe pensare e vociferare cose cattive in paese e abbiamo sempre cercato di nascondere ogni cosa per…evitare che il conte e la contessa ci rimettessero il buon nome. – sospiro frustrata, odio molto questi pregiudizi, e il circolare delle voci mi fa venire l’orticaria! –Ma lui era molto caparbio e allora Emmett ha dovuto avvicinarsi a lui molto di più di quanto non facesse in precedenza, andando a trovarlo ogni settimana e passando del tempo con lui in amicizia, credo comunque che l’intento di Edward sia sempre stato quello di allacciare di nuovo i ponti con te…per quello mi domando come abbia fatto a cacciarti!
-Sono molto stanca padre, credo che andrò a dormire. Emmett non so come farà a tornare a casa, ho preso il cavallo. Mi rincresce essermi fatta cacciare via….scusatemi…. – dico mentre lo aggiro per raggiungere le scale, ma lui mi ferma con una frase. Pensavo di aver aggirato il problema, senza dover dire oltre, senza dover proseguire con un’umiliazione che costerà molto al mio povero padre.
-Non mi hai detto il motivo…
-Non è importante padre…sono davvero stanca ora, vado nella mia stanza. Buonanotte.
-Isabella, vieni qui! – sospiro voltandomi verso di lui e mi avvicino guardando il basso. –Dimmi perché ti ha cacciata. – non è una domanda ma un ordine preciso a cui so di dover rispondere.
-Padre…lui mi credeva una…ragazza di facili costumi, per i pregressi rapporti verbali spiacevoli, non credeva che una ragazzina a modo potesse mai rispondergli in quella maniera sconveniente. Si è di conseguenza difeso dicendomi che sarei dovuta stare nelle cucine o a rassettare piuttosto, perché era solo quello il mio posto…e pensandomi una tale persona, di conseguenza, ha bene ipotizzato che io non avessi doni in suo onore e…oltraggiato mi ha cacciata. – mormoro, allo stremo delle forze. Già ricordare l’imbarazzo provato in quel momento mi faceva sentire afflitta, ma raccontarlo a mio padre era una cosa talmente sgradita che mi faceva tremare; temevo per il suo sentirsi uomo e importante. Ha quest’assurda volontà di far bene ogni cosa e portare il sorriso in questa casa, quando non ci riesce per i disguidi economici si rinchiude in un mutismo assoluto e gli occhi costantemente tristi e assenti.
-Perché….non avevi un regalo per lui?
-E perché mi credeva un’altra persona…quando ha saputo il mio nome ha fatto di tutto per trattenermi alla festa e si è scusato. Un conte, padre, ha cercato il mio perdono questa sera…mi pare così assurdo!
-A me no! Edward ti voleva molto bene quando eri piccola, è stato molto male quando sei caduta e noi abbiamo voluto allontanarvi per dicerie della gente comune…Come ti ho detto prima…non era bene che si facessero un cattivo nome per colpa di vostri giochi infantili.
-Capisco…in effetti sembrava parecchio scocciato del fatto che continuassi a trattarlo con freddezza. – aggiungo a bassa voce.
-Lo immagino Bella…e come ti ha trattata dopo che ti ha riconosciuta?
-Come… come…non lo so padre. Bene comunque, sono stata io a mantenere le distanze. – affermo.
-E…come ti sembra Edward?
-Valoroso, bello, a tratti gentile e affabile, altre volte rude e burbero, insolente e maleducato, zoticone anche! – mi lascio trasportare e mio padre ridacchia.
-Oh…credo che sia ora di andare a dormire Bella..
L’avevo salutato e mi ero tolta velocemente il vestito, appendendolo alla gruccia e sistemandolo con attenzione, prima di infilare la camicia da notte e addormentarmi in un baleno.

Quando la mattina era arrivata aveva portato con sé una notizia stratosferica. La contessa oggi, avrebbe fatto visita ai miei genitori.
Mia madre era già all’opera per fare le pulizie, l’ordine che si stava materializzando in quella casa non mi sembrava vero. Aveva indossato il vestito più brutto che aveva per rassettare, ma sono sicura che avrebbe cambiato l’abito in un secondo quando si sarebbe avvicinata l’ora della visita nobiliare. Io ero stata relegata in cucina. Dovevo fare delle torte e dei biscotti, per omaggiare gli ospiti, Emmett aveva detto che anche il conte Edward sarebbe venuto ad accompagnare la madre e speravo, con tutta me stessa, che le cose raccontate a mio padre non venissero fuori in alcun modo. Mia madre era agitata così tanto che urlava da tutte le parti ed io invece sorridevo, era bella così piena di vita, solitamente sempre stanca.
-Madre, vi prego, termino io di sistemare la sala e il resto, andate a farvi un bagno veloce e indossate l’abito! – gentile e cortese, dovevo ritornare nella mia educazione.
-Bella, non posso ti prego! La contessa sarà qui tra poco meno di un’ora ed io…sono ancora qui a confrontarmi con questa macchia sul pavimento! – la isso da terra con forza e le prendo la faccia con la mie mani.
-Mamma, tu e la contessa vi conoscete da quando eravate piccole, me l’ha raccontato. Ora non farti venire questi complessi. La casa è pulita ed è in ordine, non abbiamo servitù ne pavimenti lucidi di marmo o tappeti di stoffe pregiate. Va a sistemarti, qui termino io! – lei annuisce e scappa di sopra lasciandomi spugna, panno e un unguento puzzolente per pulire. Porto tutto nello sgabuzzino e poi sposto il tappeto a coprire la macchia. Ecco fatto. Anche questa è sistemata. E’ una bruciatura sul pavimento, non andrà mai via di conseguenza era inutile tentare di lavare insistentemente. Sistemo la cucina e metto a bollire dell’acqua per il tea, in modo che sia già pronta per quando arriveranno gli ospiti. Mio padre ed Emmett sono andati di sopra a sistemarsi, anche se rimarrà solo Emmett a fare compagnia al conte Edward.
Salgo di sopra correndo, inciampo e mi ferisco un ginocchio sulle scale di legno, lo disinfetterò con dell’acqua più tardi. Indosso un vestito migliore e lego i capelli spettinati, indossando un cerchietto fatto con le mie mani. Metto la collana regalata dai miei genitori quando sono nata, quella in cui c’era il mio nome con varie lettere in argento e che adesso purtroppo ha solo le prime tre: ISA e scendo facendo attenzione a non cadere. Sono giusto nella sala quando bussano alla porta. Prendo un respiro ma in un attimo vedo mia madre superarmi e raggiungere la porta.
-Oh Reneè cara, che piacere rivederti! – La contessa e mia madre si abbracciano. Uno slancio d’affetto per niente consono a dei nobili, soprattutto con gente umile come noi, ma essendo amiche da molto, credo che tra loro funzioni così.
-Prego contessa, conte Edward, accomodatevi. Sono felice di potervi ospitare in casa nostra, scusate il disordine e l’odore acre, mio marito e mio figlio sono tornati da poco dal lavoro.. – posso benissimo vedere le guance rosse di mia madre e la sua vergogna. Mi affianco a lei, cercando di toglierle l’impiccio.
-Contessa, è un piacere rivederla! – abbasso la testa in segno di saluto. –Signor conte! – ripeto lo stesso movimento. –Vi prego di accomodarvi sul divano e non rimanere sulla porta. Avete fatto buon viaggio sin qui?
-Edward, Esme! E’ un piacere vedervi… - Emmett irrompe nella stanza con il suo solito passo non delicato e il tono di voce forte.
-Emmett! Decoro per favore, ti trovi di fronte a una contessa e suo figlio!
-Madre, mi rincresce ricordarti che passo un giorno a settimana a casa di questo zoticone e sua madre mi prepara i biscotti al cioccolato quando tu pensi che sia troppo grasso per darmi dolci da mangiare. – la contessa ride e mia madre impallidisce.
-Emmett! – ringhio sottovoce. –Comportati bene o a mamma verrà un infarto!
-Esme, accomodati pure sul divano, ne possediamo ancora uno per fortuna! – Edward sghignazza ma si accomoda, ed Esme lo segue.
-Isabella, ti prego, ferma tuo fratello… - mi sussurra mia madre passandomi accanto.
-Desiderate del tea? Ne abbiamo uno nero aromatizzato alla menta, acquistato al paese…oppure preferite dell’altro?
-Il tea va benissimo, due tazze grazie Isabella! – faccio un cenno con il capo e sorrido.
-Emmett, potresti aiutarmi per favore? La zuccheriera è troppo in alto… - gli dico passandogli accanto e pizzicandogli il fianco.
-Ahia! Ehi Bella ma che modi! – gracchia seguendomi in cucina.
-Stai facendo vergognare la mamma. Ti prego smettila…non so perché sono qui o per quale assurdo motivo tu abbia acconsentito a questa pazzia ma per favore…comportati bene.
-Bella, che fine hanno fatto le altre lettere sulla collana? – allargo gli occhi per la sua attenzione a dettagli così irrilevanti e la porto subito sotto la camiciola del vestito.
-Mettendola sono cadute sul tappeto nella camera, ma ero troppo in ritardo per cercarle. – Servo il tea nella teiera e lo consegno a Emmett mentre io prendo il vassoio con tazze e biscotti e i dolci fatti questa mattina. Tornando in sala noto mia madre molto più rilassata, appoggio il tutto sul tavolino di fronte a loro e sorrido, servo ad ognuno una tazza del tea e poi mi allontano prendendo posto sul bracciolo della poltrona di mia madre, seduta compostamente.
-Isabella, cara, ieri sera sei andata via così in fretta che non ti ho neppure salutata..mi dispiace così tanto! – mia madre mi guarda con aria arrabbiata e io sospiro senza farmi sentire. Mio padre non ha raccontato nulla, ma ci ha pensato Esme evidentemente.
-Mi dispiace davvero per il mio comportamento maleducato e insolente, sarei passata a farvi omaggio e porgere le mie scuse in un altro momento. Non mi sentivo molto bene ieri sera…
-Ah si? Davvero? Che strano, e pensare che eri in perfetta forma prima di arrivare alla festa e non hai toccato cibo né bevande…io credevo che te ne fossi andata perché un certo cretino ti ha cacciata!
-EMMETT! – grido ormai esasperata. Mi alzo stringendogli un braccio e trascinandolo via. –Mi rincresce, vi raggiungo subito…sistemo una questione prima.- Lo porto fuori dalla porta di ingresso e lo schiaffeggio sul braccio. Non posso neppure immaginare la faccia preoccupata e angosciata di mia madre in questo momento lì dentro. –Sei stupido per caso?! Cosa credi di fare? Mamma non sapeva nulla di ieri sera, potevi evitarlo! Stai mettendo in difficoltà tutti…ti prego basta!
-Bella…tu non hai idea in che guaio ti sei cacciata! Perché non mi hai detto di cos’è successo quel sabato? Ho dovuto saperlo da Edward e da papà! – quindi alla fine è venuto a saperlo!
-Cosa volevi che ti dicessi? Sono stata maleducata e stupida, non capiterà più…basta per favore! – dico, abbassando i toni sperando che le persone dentro casa non ci sentano. –Cosa mi succederà adesso? Verrò punita perché ho mancato di rispetto al conte? Faranno pagare più tasse a papà? Cosa Emmett? Perché sei così preoccupato?
-Non lo so, non lo so davvero e sto solo cercando di proteggerti! Se me lo avessi detto sarei andato subito da Edward a chiedere scusa per conto tuo! Santo cielo! – abbasso la testa, con lo sguardo in pena sui miei piedi.
-Emmett mi dispiace, mi vergognavo…- ma lui cambia discorso.
-Tu…Papà ha detto che sai tutto, chi te l’ha raccontato?
-Edward…
-Non doveva farlo! Gli ho più volte detto che doveva starti lontano…
-Perché volete tutti proteggermi? Non capiterà nulla…sono solo sbadata e maleducata! – dico esasperata.
-Bella..
-No Emmett, basta! Per favore…cerca di comportarti bene. Tanto con il conte non ci avrò a che fare molto…giusto?
-Giusto! Ieri sera ha annunciato che si è innamorato, non ha detto di chi però… - ci pensa un attimo e poi sbuffa scuotendo la testa e mormorando qualcosa che assomiglia tipo ad un “che razza di zuccone testardo e stupido!”
-Emmett, torna dentro io faccio il giro lungo per vedere com’è messo papà. Okay? – lui annuisce e quando apre la porta per tornare in casa ne esce il conte che ci osserva attento.
-Edward, che facevi, orecchiavi?
-In realtà stavo venendo fuori a domandare a Isabella se le andasse una passeggiata. – Emmett sghignazza e scuote la testa.
-Sei un dannato stronzo Cullen! Ed io sono più stronzo di te che te lo lascio fare, in nome della nostra amicizia... Ma se solo le fai del male, giuro che non arriverai vivo a Natale, è chiaro? – il conte annuisce ed Emmett mi fa l’occhiolino.
-Allora, ti va una passeggiata? – i suoi toni informali e umili cozzano con gli abiti e il titolo nobiliare che si porta appresso.
-Quello che preferite conte, cercherò di accontentarvi come posso oggi.. – mormoro sospirando appena alla fine della frase. Non mi trovo a mio agio a stare in sua compagnia, mi mette in soggezione dover sempre chiacchierare con questo tono così formale e altezzoso, ma è consono per un Conte e dovrò fare le cose per bene questa volta; non ho intenzione di far vergognare ulteriormente mio padre.
-Davvero? Cercherai di accontentarmi?
-Certo Conte, in modo semplice e alle richieste normali, cercherò di farlo…
-Bene…allora dammi del tu, e chiamami Edward! – scuoto la testa e sospiro.
-Questa non è una richiesta normale Conte, mi rincresce..
-Mi rincresce… - mi fa il verso ed io sgrano gli occhi. –Bella sei così testarda. Chiamami Edward e dammi del tu, è un ordine… - scuoto nuovamente la testa e lui sospira forte –Vuoi che tuo padre paghi una tassa maggiorata dal prossimo mese?
-Oh no, no, vi prego… - gli occhi mi si allagano. –No una maggiorazione il prossimo mese no, vi prego Conte. Dobbiamo comprare le medicine e l’erba medica per l’emicrania e abbiamo anche finito il sapone e i teli da bagno sono così logori. Non il mese prossimo, vi prego…
-E allora dammi del tu, per favore….Bella non sono abituato a chiedere molte volte ed insistere…
-D’accordo…tenterò di farlo…
-Bene! Ora andiamo…muoviamoci da qui… - poi abbassa il tono –Credo che Emmett sia dietro la porta ad ascoltare. – sghignazzo e cammino verso il viottolo.
-Probabile Conte, Emmett è un impiccione nato!
-Edward, solo Edward. – precisa.
-E’ stata una bella festa quella di ieri? – evito di indicare il nome, perché non voglio accontentarlo fin da subito, ma devo riuscire a fare conversazione normalmente per essere di compagnia e non farlo annoiare, come una brava padrona di casa sa comportarsi, anche se non siamo a casa.
-In realtà..no! Mi sono annoiato a morte ad un certo punto. Ho dovuto ballare e danzare con ogni dama presente, tranne con quella che avrei voluto avere nelle mie braccia. In più ogni sguardo era poggiato sui miei movimenti e mi sentivo a disagio in casa mia. Un’orribile serata…
-Nessuno avrebbe dovuto passare un compleanno del genere, tanto meno un nobile…- lo scherno.
-Me lo merito, sono stato così sgarbato ieri sera, con molte persone, e le voci che circolano sul mio conto sono state tutte accertate dopo la serata. – stiamo camminando in direzione della stradina a sinistra, quella che porta al fiumiciattolo qui vicino.
-I doni erano…all’altezza? – ancora cerco di non riferirmi a lui né con il voi, né con il lei, né tantomeno con il tu. Ma se ne accorge e ridacchia.
-Isabella, sei così astuta! Hai una capacità lessicale impressionante…sei riuscita a fare tre frasi senza riferirti a me, credi di poter continuare all’infinto questo gioco? Cederai prima o poi…
-Davvero, sto cercando di risultare meno…formale, ma credo di non poterlo fare fino in fondo. E non voglio assolutamente che mio padre sia costretto a pagare una maggiorazione per colpa mia. Ma grazie per il complimento!
-Siamo a quota quattro! – ora ride più forte.
-Oh…mi dispiace. Non volevo…posso fare qualcosa per… - mi blocco prima di dire qualcosa e lui sghignazza voltandosi verso di me, con sguardo di sfida. Ci sono pochi modi per togliersi dall’ingarbugliamento. –Per migliorare il mio comportamento? – dico dopo un attimo, sorridendo fiera di me. Lui scuote la testa e ridacchia.
-Impressionante davvero Bella..sai dove giunge questo sentiero? – cambia discorso per fortuna.
-Certamente…si arriva al fiumiciattolo che solitamente porta l’acqua ai campi dei fondi del signor Stanley e Brandon, che conosco. Non ha un corso d’acqua molto tumultuoso, perché nasce e termina quasi in pianura, con pochi massi sul letto del fiume..è più una falda dove l’acqua si accumula e scorre per i vari fondi, fino a raggiungere il laghetto più a sud.
-Riesci a stupirmi sempre di più. Sai anche se ci sono pesci all’interno? – ora sono io a ridacchiare, senza neppure rendermene conto.
-Certamente che ci sono! Mio padre e mio fratello mi hanno insegnato qui a pescare! – mi lascio sfuggire e poi mi copro la bocca con le mani. –Oh no! Questo non dovevo dirlo… - mormoro dispiaciuta.
-Non ti crucciare, mi piace sapere qualcosa di te. Emmett mi racconta quanto tu sia brava a cucinare e occuparti della casa…ed anche…a fare lavoretti minuziosi. Tipo…creare piccoli gioielli. Ha detto che Alice indossa degli orecchini in rame e tessuto che sei stata tu a fare e che lei adora. – mi sorprendo delle cose che conosce di me, è della stupidaggine di mio fratello nel raccontargliele. Se lui e mio padre volevano proteggermi, perché andare a spifferare qualcosa su di me?!
-Si…mia sorella adora qualsiasi gingillo modaiolo che recupera e…ama i piccoli gioiellini che faccio. Ma non sono nulla di ricercato o importante. E’ solo rame, zinco…alle volte fili d’argento o cuoio. Dipende…E’ bello avere qualcosa da fare quando nessuno è disposto a passare del tempo con me e quando le faccende di casa non mi occupano interamente! – sussurro piano.
-Dunque…questo l’hai fatto tutto tu? – mi mette davanti agli occhi il polso a cui è legato il braccialetto, che fino a ieri sera si trovava nella tasca del mio vestito. Arrossisco violentemente ed abbasso la testa sui miei piedi, spostandomi di lato per non andare addosso al suo braccio.
-Si…
-E’ molto grazioso e…prezioso. Il cuoio è intrecciato così bene che non so dove inizia e dove finisce, entrambi i lacci per chiuderlo hanno questa pallina di legno meravigliosa in cui sono intagliate le mie iniziali e la E in argento è preziosa e bellissima, per non parlare della pallina di rame con lo smeraldo dentro. Anche quella hai fatto tu?
-Certo…
-Dove…dove hai preso lo smeraldo e la lettera? Se non te lo puoi permettere…sono cose che costano abbastanza… non offenderti, sono solo curioso. – sospiro e scuoto la testa.
-Non…c’è da preoccuparsi. Non ho rubato, giuro! – dico difendendomi subito.
-Non intendevo questo! – dice quasi oltraggiato fermandosi. Mi volto a guardarlo negli occhi, è sorpreso, confuso e molto bello. –Mi chiedevo…hai detto che non potevi farmi un regalo costoso, ma tutto questo materiale deve essere costato molto. Ti prego, illuminami…
-Le palline di legno le avevo per degli orecchini che volevo fare da molto tempo. I lacci di cuoio derivano da un foglio di cuoio che mio padre aveva acquistato per foderare una sella di cavallo rotta. Li ho tagliati, lavorati con il calore per non farli sfaldare. Il rame fa parte del kit che ho a casa per i piccoli gioielli. Ogni due mesi ne compro un paio per venderli alle amiche di mia madre. Ecco tutto. E’ stato semplice…
-E l’iniziale? E lo smeraldo?
-Che curiosità….Edward. – dico ormai arrendendomi. Lo sento sorridere.
-Allora?
-Lo smeraldo si trovava in un paio di orecchini che mia nonna mi ha lasciato in dono alla nascita. L’ho tolto dalla base dell’orecchino in oro e l’ho pulito e lucidato. Si dice che il verde porti fortuna…
-E’ vero…e la lettera?
-Oh…beh…giurate di non dirlo ai miei genitori, vi prego! – mormoro piano, sperando che mi ascolti questa volta.
-Solo se ti decidi una buona volta a darmi del tu!
-E sia! Ma non dirlo a Charlie e Reneè! – lui annuisce ed io afferro la catenina in argento dal collo e gliela mostro. –Ho semplicemente privato la mia collana di una lettera. C’era scritto ISABELLA e…sapevo che era molto preziosa. Non avevo altro da offrire a una persona come te…ho cercato di trovare le cose più preziose che possedevo, per non…far fare brutta figura a mio padre. Non sono comunque riuscita nel mio intento. – dico con voce fievole tornando a camminare.
-Adesso è la cosa più preziosa che posseggo io! Grazie Bella…è il regalo migliore di sempre…se la contende solo con la torta di sassi e terra che mi hai fatto a quattro anni! – lui ride e io lo guardo sorpresa.
-Dimentico che abbiamo un passato!
-Già…vorrei che te ne ricordassi alcune volte, sarebbe tutto più semplice…era bello sentirsi normali con qualcuno! Con Emmett è così, ma lui non fa gara…
-Non sei normale, è giusto che la gente ti tratti con distacco e freddezza…sei un nobile, così vieni trattato. Puoi vestirti di stracci e girare a salutare la gente per la contea ma sempre Conte sarai….e la gente ti darà del voi e si inchinerà. – alzo le spalle, facendogli segno che così è così sarà.
-Potrei minacciarli tutti di nuove tasse e si comporterebbero come te, non credi?
-Sarebbe…una manovra della mente cattiva Edward. Penserebbero tutti che sei un despota e poco gentile. Vuoi sembrare così?
-Lo sono già agli occhi della gente…- mormora piano.
-Emmett mi ha detto che hai scelto la tua compagna! – dico, cambiando discorso. Ho sentito in lui un tono triste e non saprei come comportarmi. Mentre camminiamo sento il ginocchio bruciare, ho dimenticato di disinfettarmi prima.
-Si, devo solo sapere se anche lei…vorrebbe me come compagno di una vita! – sento l’odore del fiume e il rumore delle acque, ci siamo quasi.
-Quale ragazza non vorrebbe uno come te al suo fianco per sempre? Sarebbe…da irresponsabili e sciocche!
-Anche tu? Anche tu mi vorresti al tuo fianco? – mi blocco sui miei passi e lo osservo proseguire e poi fermarsi prima di scendere vicino al fiume.
-Come? Io? Che c’entro io?
-Era una domanda Bella…una semplice domanda! Puoi anche non rispondere…
-Bene…allora non risponderò… - mi affianco a lui e proseguiamo in silenzio finchè non mi sorge una domanda. –Perché non avete fatto il nome della dama che avete scelto, ieri sera?
-Perché volevo prima parlare con lei…vorrei che il mio matrimonio fosse come quello dei miei genitori, non dettato dagli affari o da un accordo.
-Meraviglioso pensiero! Spero che anche il mio futuro marito pensi a domandarlo a me, piuttosto che accordarsi con la mia famiglia! – dico. Poi guardo l’orizzonte e vedo limpido tutto quanto. –Laggiù nasce il fiumiciattolo…si pensa che sia quello al di là del paese che prosegue sotto il terreno e che poi trova una falda aperta, ma in realtà nessuno lo sa con certezza…arriva solamente fino alla terra di Lord Withlock, e poi scompare ancora.
-Come fai a sapere tutte queste cose?
-Parlo molto con mio padre, amo discorrere con lui degli argomenti più disparati…è un uomo molto saggio. Vorrei un marito che fosse come lui in futuro. Ma so che dovrò accontentarmi del primo che mi domanderà in sposa, non posso di sicuro rifiutare pretendenti o mio padre potrebbe perdere tutto.
-Saresti….disposta a sposare anche senza l’amore, pur di salvare tuo padre? – arrossisco.
-Si…- lui fa silenzio per qualche minuto, tanto che temo non mi abbia sentito.
-Bene…allora sposa me! – allargo gli occhi e mi pianto sulla terra erbosa di fianco al fiume. Ha sentito invece! Lui cammina avanti e poi si ferma voltandosi verso di me. E’ pazzo?! E’ impazzito forse? Non riesco davvero a capacitarmi di questa follia.
-Conte, vi prego…non….dite queste stupidaggini! – perché di questo si tratta.
-Oh non sono stupidaggini, e perché siamo improvvisamente tornati al voi? Io probabilmente non potrò sposare la donna che voglio, se aspetto lei…e tu non puoi di sicuro sposare il primo uomo venuto per portarti via, solo per salvare la tua famiglia…sposiamoci, io e te, così facciamo felici tutti. I tuoi genitori vivranno tranquillamente e i miei genitori sospireranno di piacere sapendomi accasato.
-Edward…è una follia. Ti prego…non continuare oltre.
-Io la mia proposta l’ho fatta, domanderò a tuo padre… - cammina ancora andando avanti, io invece mi sento stanca e sfinita e devo sedermi. Non può averlo chiesto davvero. Non può.
E invece l’aveva fatto. E aveva detto che la mia famiglia vivrà tranquillamente. Devo pensare a loro, comunque non troverò nessuno pronto ad amare una semplice e maldestra ragazzina. Certo che…il conte. Oddio!
-Secondo me, Edward, hai preso troppo sole e ti ha dato alla testa! Dovevi portare qualcosa per coprirti...questi sono chiari segni di follia da insolazione! – si era portato al mio fianco, e si era seduto, ridendo come un pazzo. Si un pazzo che mi aveva fatto una proposta di matrimonio non romantica, non pensata, e per nulla sentita. Lui doveva sposarsi, punto e fine.
-Ti assicuro che non sono un folle e che è la soluzione migliore per entrambi!
-Certo…ed io dovrei fidarmi?
-Sono o non sono un Conte?
-In questo momento sembrate più un malato dell’Ospedale del dottor Fredman! – mi lascio sfuggire tagliente e lui ridacchia. E’ uno di quei dottori che curano le malattie della mente.
-Di nuovo con questo voi….quando ti abituerai?
-Mai credo…
-Oh…credo invece che quando ci sposeremo dovrai cambiare le tue abitudini!
-Sei insopportabile!
-Ecco così cominciamo a ragionare! – di nuovo con questa risata! Come fa? Come fa a sembrare così bello anche se ha chiaramente i segni della pazzia nel corpo? Forse è per questo che mi piace la sua risata? Perché è allegra come quella di un bambino e si sa che loro portano all’interno un po’ di sana follia?! Si certo…ma questa non è sana. E’….assolutamente follia pura e fine.
-Bella…basta pensarci! O si, o no…ma in questo caso arriverò fino a tuo padre. Devi sapere che molte ragazze della contea o sono già promesse o sono adocchiate da altri o sono già state fregiate da altri corpi. Un conte che si rispetti non deve assolutamente avere una donna già avuta da altri uomini…e quindi, la scelta è ricaduta su di te.
-Quindi…non è vero che dovevi parlare con la donna che ami..- mormoro. Il ginocchio comincia a dolere di più e in quel momento mi volto, dandogli le spalle per controllare lo stato della mia gamba e della ferita.
-No…lei mi ha già fatto capire che non vorrebbe affatto, ed io la amo tanto da lasciarla in parte libera….Che hai?
-Certo…invece vengo incastrata io! – mormoro tra i denti mentre noto che il sangue dapprima cicatrizzato ora deve essersi spaccato e nuove goccioline di sangue fuoriescono dal taglietto.
-Come prego?
-Nulla, nulla…
-Che succede? Che hai alla gamba?
-Sono solo caduta e mi sono sbucciata il ginocchio, passa in fretta!
-Fa vedere! – si porta di fronte a me, per fortuna la gonna del vestito è ampia e posso nascondere bene l’altra gamba e tutto il resto di pelle sopra il ginocchio. Non è il caso che una donna si faccia vedere in deshabillé, soprattutto di fronte ad un Conte. –Come hai fatto?
-Sono inciampata sulle scale di casa prima che voi arrivaste e…beh ho scordato di pulirla…
Lui si avvicina al corso del fiume, estrae un fazzolettino dalla tasca e lo bagna, per poi tornare da me e pulire la ferita con uno sguardo attento e concentrato.
-Ecco…speriamo che non faccia infezione, dovevi pulirla subito… - ci soffia su e il suo alito sulla pelle è qualcosa di indescrivibile. Non ce la posso fare a restare intera tutta la giornata. Questo ragazzo è semplicemente distruggente per il mio organismo. E’ capace di farmi arrabbiare, disperare, emozionare, commuovere…tutto nello stesso momento!
-Penso ancora che si tratti di follia. Verrai deriso da molti e sembrerà che ci sia….dell’altro sotto. Si mormorerà che sarà per affari, come reagirai? – chiedo sommessamente.
-Come un uomo che non può avere l’amore che desidera e si accontenta… - ora davvero mi sento offesa, forse più di quello scontro a casa sua, più del sabato in paese. Si accontenta! Si accontenta????!!! Certo, sapevo bene che un uomo non poteva volermi sposare per le mie qualità intellettuali e per la mia capacità di creare gingilli ad ornamento di collo, orecchie e braccia, o della passione che metto a fare un dolce al cioccolato, ma speravo di venire scelta per qualcosa, non per accontentarsi! Cosa dovrei fare adesso?! Non ho intenzione di cedere alle sue parole, alla sua umiliazione, né di farmi vedere così influenzata dalle sue buone maniere. Mi alzo indispettita dal mio posto e comincio a camminare verso casa. –Bella fermati. Fermati ho detto! – dannatissimo Conte dei miei stivali! Spocchioso, irritante, despota, maledettamente gentile e dolce ma allo stesso tempo stupido e cocciuto, e mettiamoci pure immaturo e deficiente!
-Mi rincresce conte, non posso esaudire i vostri desideri al momento, provate a chiedere a mio padre…lui sarà di sicuro ben disposto a farlo per me! –accelero sperando che faccia fatica a seguirmi, ma so bene che è molto più veloce di me se vuole, ed oltretutto la ferita al ginocchio mi duole.
-Dannazione Isabella, fermati ho detto! –lo ignoro ed è un attimo, sento un braccio essere tirato all’indietro e mi scontro con il suo corpo. –Capricciosa e disobbediente. Dovrò fare un lungo lavoro con te per addomesticarti. Ora…sii docile e torna al mio passo. – sbuffo. Ora non mi trattengo, me le tira fuori dalla bocca proprio come se avesse piacere a farmi infuriare! Maledetto!
-Conte, voi siete dispotico e antipatico, immaturo, scontroso e poco incline a trattare con le donne. E mi avete offesa per giunta… - fa un fischio prolungato.
-Davvero una lista di aggettivi per niente male! Per cosa ti sei offesa?
-Vi accontentate….siete sicuro? Riuscite ad accontentarvi di una poveraccia come me? Non credo affatto di potervi essere utile…trovate qualche altra dama pronta a servirvi.
-Ve l’ho detto…siete l’unica al momento, ed io necessito di sposarmi. –anche lui è passato al voi?! Da quando? Perché?
-Chiedetelo a mio padre, se vi dirà di si…acconsentirò a tutto, in caso contrario, mi lascerete in pace!
-Certamente! – speravo solo che mio padre fosse ragionevole e fermo, che non si facesse abbindolare da un attoruncolo da due soldi quale il Conte e che non si facesse neppure influenzare dalla sua amicizia con suo padre. Anche se la cosa….era quasi impossibile.
Il ritorno è stato silenzioso per il resto. Avevo questo peso sul cuore e sullo stomaco come mai prima d’ora. Moglie di un tipo così, avrei dovuto imparare a saltare i fossati per superare il suo caratteraccio.
Il momento in cui rientrammo in casa, lo ricorderò per la vita. Mia madre e la contessa sedevano sullo stesso divano, mentre giocavano a carte contro mio padre e mio fratello, tutti e quattro ridacchiavano contenti. In quale mondo parallelo mi trovavo?

*Capitolo quattro*


Bella pov.

Mio padre aveva acconsentito a farmi sposare con il conte, dopo che ha avuto un incontro da solo con lo stesso Edward durato circa un’ora. Ne sono usciti entrambi con il sorriso.
Dopo due mesi si sarebbero svolte le nozze, ancora con il caldo giornaliero e con quella brezza serale che avrebbe rinvigorito la pelle dal calore della giornata. Era stata la contessa ad occuparsi del mio abito, e il Conte avrebbe pagato ogni singola cosa del banchetto. Tutto si sarebbe svolto a casa del conte. Io ed Edward, dopo il matrimonio, ci saremmo spostati a Nord, oltre le contee dei Denali e degli Hunt in una proprietà antica, del nonno del padre di Edward. E’ stata amministrata dal mio futuro marito, in questi anni, per cui il conte ha voluto cedergliela definitivamente.
Non ne conosco bene il motivo, ma in queste settimane Edward è venuto a farmi visita molto spesso. Passava il pomeriggio a passeggiare con me e fare domande, a cui rispondevo sempre con tono distaccato. Mi parlava di lui, dei suoi interessi, degli affari…mi raccontava qualsiasi cosa gli venisse in mente e lo faceva con dolcezza. Allora avevo ipotizzato diverse cose.
Prima: stava cercando di mostrarsi carino e gentile agli occhi della popolazione. Solo che solitamente non incontravamo nessuno durante le nostre passeggiate, e neppure quando prendevamo il tea nel mio salotto con tanto di dolce, c’era qualcuno ad osservarci. Quindi la dovevo escludere. Seconda: stava cercando di mostrarsi gentile e carino con i miei genitori, per fargli approvare fino in fondo il matrimonio. Ma anche questo era da escludere poiché i miei genitori erano più elettrizzati di me alle nozze, sembravano impazienti di vedermi con l’abito e le scarpe scomode e i capelli tutti imbellettati. Terza: era definitivamente impazzito e voleva provare a vedere come viveva la gente umile. A questa ipotesi scoppiavo a ridere per le mie idiozie. Di sicuro avrà avuto i suoi motivi, che non mi ha mai espresso, per passare del tempo con me. Emmett gli lanciava sempre delle occhiate di fuoco, che avevano il potere di far arrossire il Conte, il quale era difficile da mettere in imbarazzo, a differenza mia che continuavo a diventare di color porpora ogni qualvolta si aggirava attorno a me. Tutto ciò mi lasciava sempre perplessa e dubbiosa e mi chiedevo se lo faceva solo perché stavo per diventare sua moglie e avrei dovuto conoscere molto di lui o perché lo voleva. Optavo sempre per la prima scelta ovviamente, chi mai vorrebbe una come me?!

Era arrivato velocemente il giorno in cui mi hanno svegliato la mattina prestissimo, all’alba, per farmi un lungo bagno rilassante, applicare un lieve colore più chiaro sul viso, per non farmi vedere troppo contadinotta, e acconciarmi i capelli con mille fermagli per capelli più o meno costosi, regalo della contessa. Non capivo come mai dovessi apparire così ricca e ricercata, in un giorno in cui con molta probabilità, la gente mi avrebbe solo guardata con disgusto e disprezzo. Al massimo compassione. Nessuno avrebbe detto “Che cara ragazza!” oppure “Che dama sofisticata e meravigliosa!”, no! Avrebbero tutti pensato all’uomo che stavo per sposare, pensando quasi sicuramente in qualcosa come uno spiacevole inconveniente o peggio ancora un affare privato. O perché no, una scommessa. Erano tutte voci che giravano in paese quando passeggiavo con mio fratello in qualche pomeriggio che ci era concesso per far due passi e per andare a trovare vecchie amicizie, ed io avevo un buon udito, per recepirle tutte.
Indossato l’abito e sospirato molto nel dover sopportare un peso non indifferente e merletti e pizzi che mi prudevano in ogni dove, avevo attraversato la sala cercando di non sembrare nervosa e imbarazzata, e pregando i miei piedi che mi portassero fino al Conte senza inciampare o sfigurare, proprio il giorno delle mie nozze. Che gran delusione sarei stata in quel caso! Che gran ridere avrei fatto! Forse però, a pensarci bene…sarebbe stato meglio. La cerimonia e il banchetto, lussuosissimi e pomposi, mi avevano lasciato addosso uno strato di noia non indifferente. Si, mi ero annoiata al mio matrimonio. Che cosa riprovevole!
Eppure io non amavo il Conte, e non amavo neppure la vita che mi si prospettava davanti. Lusso, vigore, malelingue e servitù; io non ero così! Ma immaginai di dovermi abituare e di dover tenere la lingua tra i denti, o avrei rischiato delle conseguenze inimmaginabili.

Dopo un banchetto sostanzioso, un ballo tipico e le varie congratulazioni di rito, siamo pronti a partire verso la nostra dimora. Ho abbracciato stretto mio fratello, chiedendogli di venire a trovarmi spesso, ho pianto con mia madre e con Alice, mio padre invece mi ha stretta e mi ha detto semplicemente “Siate felici!”
Certo, come si fa?!
Avrei voluto che mi insegnasse ad essere felice, perché io non so come esserlo. Quest’uomo, quello che ho sposato, ama un’altra donna, dalla quale correrà quando si sarà stufato di me. Cosa c’è da essere felici?
Nulla, esattamente!
Salgo sulla carrozza aiutata da Edward che mi tiene una mano mentre con l’altra reggo il vestito per non impigliarmi. Mi siedo sul sedile e sospiro. Questa giornata è stata infinita. E non è ancora finita. Purtroppo per me. Ora sono moglie, devo occuparmi dei bisogni di mio marito.
-Era presente la vostra amata al banchetto? – domando con poca voce.
-Si…
-Oh…immagino che debba essere stato difficile sposare me, allora.
-In un certo senso….
-Quando ci metteremo ad arrivare alla tenuta?
-Circa tre ore…hai il tempo di dormire un po’ e riposare… - questa freddezza non va bene per iniziare una vita insieme. Ricordo quando Alice ha sposato Jasper, l’allegria, la felicità che vi si poteva leggere sui loro volti. Ricordo come stava stretta a lui senza fuggire, senza avere paura, senza temere di soffrire. Jasper si è sempre occupato egregiamente di mia sorella, ancora adesso quando li guardo insieme hanno lo stesso sguardo innamorato di allora.
-Preferisco restare sveglia…
-Dovrai essere riposata quando arriveremo…lo sai, la prima notte… -Queste invece sono le basi su cui sto costruendo il mio matrimonio. E’ come se facessi parte della servitù, dormirò su stanze bellissime e calde, in un letto comodo e con dei cuscini profumati, non dovrò badare a come parlo e posso anche non rifare il letto ogni mattina, ma nulla di più. Non mi sono sposata per amore, mi sono sposata perché un Conte doveva maritarsi e doveva farlo al più presto e dato che la donna che ama non voleva sposarlo…è toccato a me.
-Si lo so, non vi preoccupate Conte, porterò a termine i miei doveri… - dico mantenendo sempre il solito distacco.
-Ancora con questo voi? Basta Bella…ormai siamo sposati.
-Sposati o meno…così meritate di essere trattato…- sbuffa e appoggia la testa sulla parete dietro sospirando poi.
-Come ti pare.
Il viaggio passa in silenzio, quando arriviamo me ne accorgo perché la carrozza rallenta e due uomini della servitù aprono il cancello e lo richiudono subito, mentre la carrozza arriva fino alle scale della casa. E’ immensa, e bellissima.
-L’arte esterna della casa la potrai rimirare domani, signora Cullen, ora vieni con me…
Un altro uomo pensa ad aprire la porta di casa e a darci il suo benvenuto, quando giungiamo in sala la servitù al completo ci fa le congratulazioni. Sorrido, cercando di sembrare a mio agio e contenta. La verità è che sono tesa e che non mi piace stare qui, avrei voluto qualcosa di diverso, avrei voluto essere almeno felice.
Veniamo accompagnati nella stanza principale, in cui è stato preparato un bagno caldo in una vasca grande per due persone. Un letto matrimoniale molto grande alla parete di sinistra, ad ogni parte ci sono due comodini di fianco, dello stesso stile del comò alla mia destra di fianco alla piccola scrivania, e stesso stile dell’armadio che si trova di fronte a me nella parete di fianco alla portafinestra, tutto in legno rossiccio con dei motivi floreali intagliati. Alla mia destra, di fronte al letto una porta è aperta e si intravede il bagno privato, dove una vasca immensa fa mostra di sé. La stanza è così grande che permette addirittura di aver posizionate due piccole poltroncine che guardano il letto, con un piccolo tavolino basso ovale tra loro. Una cosa curiosa, ma pur sempre adatta se si volesse leggere in questa stanza.
E’ meravigliosa, ricercata, semplice nel complesso. E quel letto a baldacchino, con le tende scure drappeggiate in fondo al letto è qualcosa di sublime.
-Ti piace la nostra camera? – è bella, ma non posso di sicuro dirglielo. Non posso esprimere il mio entusiasmo nel poter servirmi di una stanza così meravigliosa, per scopi che sono tutt’altro che morali e perbenisti. Anche se…alla fine non sono nel peccato, ormai sono sposata, questi non sono altro che obblighi matrimoniali, che porteranno a mio marito un grande beneficio e soddisfazione, se solo ne sarò capace! Ma quando non mi vorrà? Quando penserà a l’altra donna? Quando deciderà che non vuole avermi con se durante la notte? Dove andrò? Posso considerarla la mia stanza o dovrò abituarmi ad averlo sempre in giro senza avere un posto mio? Cosa si direbbe in giro se mi facessi preparare un’altra camera da letto per me, per quando mio marito non vuole servirsi di me? La gente chiacchiererebbe e verremmo infangati?
-La stanza mi piace, il letto sembra molto comodo…è tutto perfetto signore! – ho sempre sognato di sposare un uomo che mi corteggiasse con fiori, nastrini per capelli, gioielli. Un uomo che mi accompagnasse in paese, che mi portasse al mare, al lago, nei prati a fare lunghe passeggiate tenendomi per mano. Credo invece, di aver letto molti libri, senza capire dove finiva la fantasia e iniziasse la realtà.
-Ti prego, smettila di trattarmi così… - mormora, e la cosa mi stupisce appena, ma non ce la faccio proprio. Mi sento un umile serva e nulla di più, sono stata sposata senza il mio consenso, come si faceva un tempo domandando a mio padre. Cosa ne sa lui dei miei desideri, dei miei sogni? Nulla. E difatti, sono qui, in una camera che dovrei sentire mia, ma la considero una costrizione, delle mura che mi premono attorno facendomi sentire a disagio. Con un uomo che ama un’altra donna e che mi ha sposato senza provare nulla per me. Che condizione ingarbugliata, perdinci! Ha anche tentato di chiacchierare con me, di conoscermi, di farsi conoscere in questi mesi, ma senza risultato alcuno. Non ha mai alzato la voce, è sempre stato gentile e affettuoso, a modo suo, ma io attendo la sua rivelazione perché le voci che giravano al paese, quelle sul suo dispotismo e sulla sua crudeltà sono le parti peggiori di questo accordo matrimoniale. Le temo, ne ho paura. Credo di odiarlo un po’. Mi ha tolto dalla mia famiglia troppo presto e costretto in un matrimonio che io non volevo, mi ha tolto illusioni, sogni e speranze per portarmi in mezzo al lusso e alla pigrizia. Come farò a vivere le mie giornate qui? Cosa farò per sentirmi utile, per non impazzire del tutto?
-Signore, vi prego…sto imparando pian piano a seguire le nuove usanze, non so quanto ci impiegherò ad adoprarmi!
-Adesso non mi chiami più Conte, ma signore? Cos’è questa storia? – il suo tono di voce è un misto tra l’ironia e l’ira.
-Non mi sento a mio agio con i nomi, signore…preferirei mantenere…questo distacco. – spiego, cercando di restare sulla mia strategia, non avrà nulla di più di quello che compitano i miei doveri di moglie. Non mi farò prendere in giro, e ferire per colpa dei sentimenti verso un’altra donna. Io lo so, potrei anche innamorarmi di un uomo come lui: bello, con un animo profondo, un’intelligenza sopraelevata e la cultura che esce da tutti i pori della pelle. Non solo, la sua bellezza è in grado di incantare come i suoi modi gentili e cortesi, che adotta sempre in mia presenza, una maschera per farsi amare. Chissà se vuole esattamente questo? Se vuole sentirsi al centro del mio mondo, per poi essere libero di ferirmi, tradendomi con l’altra donna?
-Bella…sei esasperante, complessa, testarda e anche insolente! Sei mia moglie adesso non devi chiamarmi signore, tanto meno di fronte alla servitù o ad altre persone, è chiaro?!
-Certo signore…cristallino! – rispondo scortese, esattamente come il suo tono. Ho promesso fedeltà, ma non ubbidienza, né tanto meno sottomissione.
-Come non detto! – dice, cominciando a sbottonarsi la camiciola, la giacca l’aveva poggiata sulle mie spalle in carrozza, perché mi tremavo per colpa dell’aria fredda che mi segnava le braccia, avevo freddo! Era stato un gesto molto carino da parte sua. –Spogliati…voglio fare il bagno con te… - abbasso la testa, questo è un vero e proprio ordine, per dindirindina! Come sarà la mia vita da oggi in poi? Comandi, ordini, nessuna libertà, nuove regole da rispettare e un’etichetta da imparare. Sarà così complicato e difficile, spero solo di non essere punita quando sbaglierò.
Con calma sciolgo il fiocco del vestito da matrimonio che mia madre ha legato dietro la mia schiena e che tiene su un decoro in pizzo grigio perlato sul mio ventre. Lo piego con cura appoggiandolo sulla poltrona che c’è di fianco a me. Slaccio i bottoncini che dal collo arrivano fino alla scollatura, cerco di allentare i lacci che vi sono dietro, ma l’impresa risulta difficile. Il conte si avvicina e mi sorride mesto, ponendosi dietro la mia schiena e slacciando i laccetti con una maestria unica. Mormoro un “grazie” debole e poi tolgo il vestito, senza sembrare impacciata.
-Sei nervosa? – mi domanda dopo questa operazione, forse vedendo le mie mani che tremano.
-Perché dovrei esserlo, signore? – cerco di mostrarmi sicura, anche se non lo sono per nulla.
-Questa è la tua prima notte d’amore…dovresti esserlo. – dice con la voce bassa e gentile, tanto che mi stupisco e alzo lo sguardo sui suoi occhi verdi, limpidi e profondi.
-Non lo sono, signore…probabilmente se amassi mio marito, e se pure lui mi amasse, e avessi paura di perderlo con la mia inesperienza e poca sensualità, gettandolo così nelle braccia di altre donne, allora temerei di fare brutta figura o non essere abbastanza, e mi troverei agitata. Ma io…sono qui per servirla signore… - mormoro, con la sottoveste bianca di seta, quasi trasparente e le calze al ginocchio. Mi siedo sul letto per togliere scarpe e calzette, restando a piedi nudi e quasi del tutto svestita di fronte a lui. Quando alzo gli occhi lo trovo intento a fissarmi con aria dispiaciuta. Forse sono stata troppo cattiva, alla fine non era stata una domanda così brutta quella che mi aveva posto, potevo risparmiarmi questa ulteriore offesa e denigrarlo meno di quanto già avessi fatto. Maledetta linguaccia! Alle volte dovrei pensare dieci volte prima di dare fiato alla bocca!
-Perché ti comporti così Bella? – mi chiede con poco fiato. E dato che l’aria dentro la mia bocca non era ancora finito, la lingua decise di andare per i fatti suoi e snocciolò ancora parole cattive.
-Perché avevo espresso il desiderio di poter scegliere marito da me, invece mi trovo costretta in un matrimonio senza sentimento alcuno e mi sento una serva…
-Non sei una serva! Non fai parte della servitù! Hai questa camera, puoi passare le tue giornate ad oziare in biblioteca o nel giardino! Basta ripeterlo! Ti ho sposata, sei mia moglie, esigo del rispetto…
-Il rispetto Conte? – domando sarcastica –Sapete dove sta il rispetto? Nella domanda che mi avete fatto due mesi orsono lungo la via del fiumiciattolo vicino alla mia umile passata dimora. Quello era rispetto. Rispetto sarebbe stato non insistere con mio padre, con tanto di promesse finanziarie o minacce, affinché accettasse la vostra proposta, sarei stata io a dover dire si Conte! E invece non mi è stato posto beneficio del dubbio e mi ritrovo incastrata qui, con voi che amate un’altra donna, senza avere l’opportunità di conoscere io stessa un sentimento così profondo. E’ questo il rispetto che volete Conte? – non ce l’avevo fatta a trattenermi.
-Bella, ti conosco da quando eri piccina, ti facevo giocare con i miei giochi e tu tiravi i miei capelli ogni volta che volevi. E’ stato normale per me affidarmi ad una donna che in parte conosco, di cui conosco le radici e la cultura, l’immensa educazione e la testardaggine, non potevo scegliere moglie migliore! – la sincerità che vi leggevo negli occhi, mi lasciò senza fiato per qualche secondo, poi però continuai.
-Certo, la migliore dopo la donna che amate e che vi ha respinto! Che razza di situazione! E devo oltretutto asservirvi in ogni necessità che avete, mantenendo una certa educazione e compostezza…io non sono fatta per queste cose Conte! Non sono fatta per essere toccata e usata da un uomo che pensa ad un’altra mentre è in mia compagnia. Non fatemi essere una donna che non sono…
-Va bene, dunque! Faremo come va a te… - si avvicina, afferra la sottoveste e la toglie con un rapido movimento. Sono nuda, completamente, ai suoi occhi languidi e scuri. L’imbarazzo adesso colora le mie guance ed anche il collo e il petto. –Non ti toccherò più dopo stanotte, non sei qui per servirmi, non voglio una prostituta nel letto…per quello ci sono i bordelli! Durante il giorno potrai fare quello che più ti aggrada, ho fatto trasferire tutti i miei libri nella biblioteca della casa…poi dormiremo insieme, ma solo ad uso e consumo della servitù. Tu avrai benefici di ogni genere, la tua famiglia starà bene e io sarò agli occhi dei miei genitori un marito fedele e responsabile. E’ tutto perfetto. – dice con un velo di ironia e ira calandosi i calzoni in un attimo e restando completamente nudo di fronte a me. Il suo corpo è così tonico e definito, una visione paradisiaca per i miei poveri occhi giovani. Ringrazio i libri non certo consuetudinari di Alice, che mostravano perfetti disegni delle parti intime maschili, in modo che non possa sentirmi a disagio o impreparata completamente. Le guance, però, sono ancora arrossate e non potrò scappare dall’imbarazzo.
Mi prende la mano per accompagnarmi nella vasca in cui l’acqua calda è molto invitante per il mio corpo affaticato dalla giornata. Entro per prima, aiutata da lui che mi tiene la mano per non scivolare e mi siedo sul fondo, quando entra anche lui si posiziona dietro di me sistemandomi meglio tra le sue gambe. Sento bene il suo corpo addosso al mio e non posso negare che un brivido mi ha attraversato la schiena e tutto il corpo per far vibrare anche una parte più intima di me.
-Rilassati per favore, sei così rigida che mi sembra di abbracciare un pezzo di legno…Non ho intenzione di farti del male. Desidero solo fare un bagno per lavare via l’unto della giornata e la pesantezza, cercando di cancellare la stanchezza. Devi essere molto stanca e provata…rilassati! - la fa facile lui. Chissà quante altre volte ha fatto queste cose, quante donne ha avuto, quante mani l’hanno toccato. Mentre io…sono completamente inesperta ed ora l’agitazione si alza a livelli inimmaginabili. Quanto farà male davvero?
Gli occhi mi si riempiono di lacrime, ma le trattengo con rabbia. Non posso davvero farlo, non posso piangere per questo motivo. Non sono più una ragazzina ma una moglie, già…che strano. Una moglie che non è amata e non ama, ma non è neppure una serva. Cosa cambia? Cosa mi differisce da una semplice parte della servitù?
-Bella…ehi…stai tremando, hai freddo? – perché deve essere così dannatamente dolce e gentile? Perché deve tentare di far funzionare le cose quando questo matrimonio non lo voleva nessuno dei due? Mi domando cosa ne sarà di me da domani…ha detto che non mi toccherà più quindi non sarò utile neppure per quello. E il mio desiderio di diventare madre…Oddio. Anche quello dovrò cancellarlo, spazzarlo via come faccio con le lacrime che scendono dai miei occhi.
-Sono solo…un po’ stanca dalla giornata… - mormoro cercando di non far fuoriuscire la mia rabbia.
-D’accordo…allora aspetta… - esce dalla vasca allacciandosi un telo sulla vita e aiutandomi ad uscirne, mi passa il telo da bagno ed io mi asciugo di fretta. –Vieni…andiamo a letto.- Lo seguo, completamente nuda con il telo ancora addosso, dovrei sentirmi imbarazzata e invece mi sento solo infinitamente triste.
Apre l’armadio e tira fuori dei calzoni e una camicia bianca, poi passa una vestaglia di seta a me. Non credo sia il caso di vestirsi già. Non se tanto verrò spogliata a breve.
Accende una piccola candela sul comodino e poi spegne la luce forte, si stende nel letto e si copre con il lenzuolo prima di far cadere il telo da bagno per terra, lo imito, cercando di nascondere il mio corpo, quel corpo che tra poco verrà violato da questo uomo, che mi ha costretto in un matrimonio che non volevo.
Si volta verso di me e mi accarezza il braccio.
-Sei tesa Bella, tua madre non ti ha istruita su queste cose? – annuisco. –E allora…
-Sono tesa perché non vorrei doverlo fare… - sussurro. Lui sbarra gli occhi e mi guarda con dispiacere, con dolore, con tristezza. Non capisco tutti i sentimenti che gli passano nello sguardo ma improvvisamente mi sento in colpa.
-Te l’ho promesso Bella, solo questa notte…non possiamo sottrarci o la gente parlerà… - annuisco debole e chiudo gli occhi. Si avvicina lentamente a me, finchè il suo fiato caldo lo sento sulle mie labbra e poi tutto è qualcosa di inspiegabile.
Le sue labbra sono morbide e calde, dolci e appassionate sulle mie, l’altra volta sembrava rabbia e rancore, questo bacio è più tenero e addirittura sembra che ci sia devozione. Scosta le lenzuola da noi e si posiziona in mezzo alle mie gambe, cominciando ad accarezzarmi il corpo mentre con le labbra scendono sul collo a morderlo e leccarlo e soffiarci sopra. Non so dove concentrarmi, se sulla sua bocca o sulle sue mani che mi accarezzano le cosce, il ventre e il fianco. Sento il respiro affaticarsi e non capisco cosa sono tutte queste sensazioni che percepisco, il vuoto totale nella mente ma allo stesso tempo la corsa forsennata della mia ragione per cercare di recepire il tutto. Le sue mani sfiorano il mio seno, con una calma mai avuta prima, con le sue mani morbide e curate, senza calli come sarebbero quelle di un uomo qualunque. Mi accarezza, mi stringe, mi fa impazzire quando le dita passano più volte sopra i bottoncini rosa del mio seno.
-Ohhh… - mi lascio scappare, senza possibilità di fermarmi.
Lui non parla, è silenzioso, continua a lambirmi il collo e ad accarezzarmi, afferrarmi, giocare con la mia pelle e lottare: graffia, morde, pizzica. E’ tutto così bello che la testa gira e non capisco più nulla. Poi si ferma, va lento e piano, rallentando anche la corsa forsennata del mio respiro, una mano scende nel mio centro caldo e….bagnato. Sono bagnata. Mi ha spiegato Alice che succede quando una donna prova piacere, quando desidera fare l’amore con il suo uomo, quando è piacevole quello che il tuo uomo ti fa. Ed è vero. Quello che mi sta facendo è piacevolissimo. Provo serenità e felicità, la paura e il timore se ne sono andati in un lampo. Le sue dita mi accarezzano, su e giù, bagnandosi di me, poi si fermano in un punto, lo sento pulsare, non so cosa sia, non so perché ma è quasi doloroso. E trovo piacere solo quando lui comincia a muovere le sue dita circolarmente e le sue labbra si chiudono sul mio seno, succhiando dolcemente. Credo di impazzire. Mi dibatto nel letto, soggiogata dalle sensazioni che sto provando. Ringrazio mentalmente mia madre, Alice e i libri che mi sono stati donati, in modo che potessi prepararmi per questo, anche se non è abbastanza. Ma lui è davvero bravo, è facile non pensare in questo momento. Alice mi ha detto che ha provato un dolore infinito la sua prima volta, chissà quanto farà male a me?!
Il mio corpo inizia a tremare, devo tenermi alle lenzuola per non muovermi con tutto il corpo, lui alza la testa sorridendo e lasciandomi un bacio sul collo.
-Lasciati andare…è giusto quello che stiamo facendo…lasciati andare…chiudi gli occhi…muoviti se vuoi… - come presa da un’irrefrenabile voglia incontenibile di qualcosa il mio ventre inizia a muoversi, come per cercare un contatto più profondo con le sue dita, come per avere di più, ma cos’è questo di più? E quando i suoi movimenti diventano più decisi, più veloci, con più pressione perdo il controllo del mio ventre, mentre chiudo gli occhi e stringo i denti. Mi gira la testa, mi gira forte la testa e qualcosa in me…non capisco…non capisco. E tremo, e la testa è libera da ogni pensiero coerente. E’ una bella sensazione sentirsi leggeri…giusto? Lo sento appoggiarsi al mio corpo, il suo così forte e definito, il mio così magro e fragile. Le sue mani sono ai lati della mia testa, il suo volto a pochi centimetri dal mio quando apro gli occhi.
-Ti farà un po’ male…ma andremo piano…stringimi pure se vuoi…aggrappati a me. – annuisco presa in contropiede dalla sua infinita dolcezza. Mia madre mi ha raccomandato più volte di non badare ai modi burberi che avrebbe usato Edward la prima notte di nozze, che con il tempo avrebbe imparato ad apprezzare anche i momenti di tenerezza, magari dopo anni ed anni di matrimonio…e invece è tenero e dolce ed attento.
Una mano scende su di me e sento un’intrusione nel mio centro. Mi spavento e mi irrigidisco.
-Shhh…sono solo le mie dita, shhh..rilassati…Ti ho…ti ho fatto male prima?
-No… - mormoro con gli occhi socchiusi.
-Bene…non voglio fartene…tu però…rilassati, non irrigidirti. Mi fermo quando vuoi…
-Va bene.. – le sue dita cominciano a muoversi delicatamente, dentro e fuori, raggiungendo punti dentro di me che non credevo esistessero quando un gemito sfugge dalle mie labbra lo sento ridacchiare.
-Ti ho fatto male? – Il suo tono mi fa ben capire che lui sa di non avermi fatto male, così scuoto la testa. –Bene….adesso, aggrappati alle mie spalle, o alle mie braccia, voglio che tu mi faccia capire se ti faccio male, d’accordo?! – annuisco debolmente, non sapendo che altro posso fare.
Appoggio le mani sui suoi muscoli, delicatamente, posso sentire la sua pelle morbida sotto le mie dita, è una sensazione così…bella. E’ tutto nuovo ma così estremamente delicato, non mi sembra neppure vero.
-Pronta?! – annuisco e lui si piega sul mio collo per leccarmi e baciarmi e mordermi e in un secondo sento il suo membro che preme per entrare, e piano mi apre, la mia carne si allarga per lui, si adatta alla nuova intrusione e mi sorprendo a non sentire dolore, ma solo sorpresa e voglia di avere di più. Com’è possibile? –Rilassati, non stringere…Sei…sei già stretta di tuo…mi fai male… - rimango sbalordita alla sua voce calda, roca e affannata. Sembra che abbia fatto una corsa. I muscoli delle sue braccia sono contratti e il suo respiro caldo si infrange contro la mia pelle. Non devo stringere. Come si fa?!
-Io…non…non so cosa….come… - balbetto, imbarazzata. Lui sorride tirandosi indietro. Non sento più l’intrusione dentro di me, ma le sue mani mi accarezzano il corpo, carezze dolci, tenere, fino ad arrivare ai miei fianchi e massaggiarli.
-Shhh…Bella…è normale che tu stringa ma…rilassati, per favore, non voglio farti male…ricordalo. Non avere paura… ci sono io… - è così dannatamente dolce. Mia madre ha parlato di brutalità…quest’uomo non si avvicina neppure ad essere un bruto. E’ così tenero. Sospiro e annuisco.
-Va bene…ci tento… - ritorna su di me, appoggio di nuovo le mani sulle sue braccia, ma questa volta scuote la testa e con un movimento mi porta un braccio sulla sua schiena, come se fossimo abbracciati.
-Graffiami se ti faccio male ed io mi fermerò, ma rilassa i muscoli…per favore… - mi sta quasi pregando. Annuisco, facendo un debole sorriso. Lo percepisce anche se ha il volto seppellito nel mio collo. Sento di nuovo l’intrusione cominciare, e cerco di pensare ad altro. Ma non ce la faccio.
-Parlami…dimmi qualcosa, non farmi pensare o…credo che continuerò ad essere tesa. – ridacchia e mi guarda negli occhi alzando il capo.
-Mi hai dato del tu! Mi sento un po’ ferito in realtà, se sapevo che bastava prenderti per ottenere questo l’avrei fatto prima! – sghignazza ed io lo guardo stupita, ha uno sguardo divertito, ma allo stesso tempo i suoi occhi sono verde scuro, tendenti al nero. E’ eccitato, si vede.
-Non credo che in questi momenti io possa chiamarti Signore….non credi?
-Già…hai ragione, sarebbe un po’…grottesco! – ridacchio e lui geme forte sospirando. L’espressione del suo viso è strana, ha la bocca aperta e gli occhi chiusi, la testa piegata di lato.
-Ho…scusa…ho fatto….qualcosa…..di male? – lui scuote la testa.
-Ridi di nuovo, ti prego… - lo guardo allargando gli occhi. Ridere? Come faccio? Non c’è nulla che mi faccia ridere ora. –Ridi…ridi per favore…
-Non..non rido a comando Edward… - sbotto dopo le sue continue richieste. E’ strano forte questo uomo!
-Oddio…. – getta la testa all’indietro e io mi perdo a guardare il suo collo che si tende, le sue spalle grandi, le braccia muscolose, la mascella definita e i capelli completamente disordinati. E’ di una bellezza unica. Sento un lieve dolore al ventre e mi accorgo che ha avanzato senza che io me ne rendessi conto. –Ti ho fatto male fino ad ora? – scuoto la testa. –E’ adesso che arriverà il dolore Bella…stai per diventare mia, davvero e…ti prometto che sarà solo un attimo. Ti fidi di me? – scuoto la testa e lui ride.
-Immaginavo! Può mai esserci qualcosa di semplice con te? Mi fai disperare da quando sei nata! – ora ridacchio, perché davvero la sua espressione sembra esasperata e in quel momento lo sento il male. Un dolore lacerante che mi fa lacrimare gli occhi e stringere le spalle di Edward conficcandogli le unghie sulla pelle.
-Ahiii…. – mi lamento stringendo le labbra tra i denti. Non ho il tempo di crogiolarmi in questo dolore però, perché Edward capovolge la posizione e mi abbraccia stretta, lo sento, completamente dentro di me. E’ come se mi stesse lacerando in due. Le sue dita raggiungono i miei occhi e portano via le lacrime che stanno scendendo.
-Shhh…è finito…finito Bella..muoviti come vuoi, fai quello che desideri…stabilisci ritmo e intensità…io ti seguirò. – lo guardo confusa.
-Non…so…come si fa… - ho paura di fare qualcosa di male, di fargli male, di non fare le cose giuste. Non voglio essere un’inetta, non voglio che si lamenti di me e dei miei movimenti. Vorrei imparare, vorrei essere in grado di dar piacere al mio uomo, ma come si fa quando non provi amore per lui? Lo guardo preoccupata e confusa e lui mi sorride teneramente. Appoggia le sue mani sul mio fianco e mi guida, mi fa spostare giù e su con movimenti appena percettibili e poi con un moto circolare del bacino e ancora, finché il mio corpo non si muove da solo e Edward lascia le mani sui miei fianchi, ma le mani stanno solo accarezzando. Mi sto muovendo da sola e con gli occhi aperti lo osservo. Ha gli occhi socchiusi, il labbro inferiore preso tra i denti, la mascella rigida e la testa abbandonata sul cuscino. Perché non ho mai notato quanto fosse bello? Perché non mi sono mai interessata a lui in questi mesi? È così gentile, così dolce, tenero…almeno lo è stato fino ad ora.
Sento le sue dita stringermi la carne e i denti stringono più forte le sue labbra, i muscoli delle braccia si tendono, il collo è completamente teso per lasciare la testa gettata all’indietro, io mi muovo, come mi ha insegnato lui, con le mani poggiate sulle sue spalle. Non emette un suono, è così silenzioso…scopro che mi manca la sua voce.
-Parlami…mi piace la tua voce…parlami… - dico con il fiatone. Non so se sono emozionata, affaticata, non lo capisco. Mi sento solo bene, qui, tra le sue braccia mentre danziamo in questo modo così intimo e i nostri corpi si sfregano tra loro nudi.
-Oh Bella! Cosa vuoi che ti dica? – sospira forte mentre una mano si appoggia sul mio sedere e lo stringe e lo accarezza, lo stringe ancora e poi lo accarezza. E’ così bello questo contatto. Sa come trattarmi, come darmi piacere, come accarezzare la mia pelle delicata. Se penso che quelle mani hanno toccato altre donne così…mi viene l’orticaria. Perché? Perché mi comporto così?
-Non lo so…fammi sentire la tua voce… - abbandono la testa sulla sua spalla mentre continuo a muovermi e sento solo dei gemiti nella sua gola.
-Non…Non so cosa dire Bella…voglio solo…solo…
-Cosa? – soffio fuori mentre gli bacio la pelle, e poi la lecco e la mordo, imitando quello che lui ha fatto me poco fa. Rabbrividisce e si tende un attimo sorpreso, mentre io mi alzo seduta a cavalcioni su di lui per guardarlo in volto. Non penso a quello che sto facendo, chiaramente non so cosa faccio, lui affonda dentro di me ancora più in profondità fino a dolermi ed i miei occhi si riempiono di lacrime ancora una volta, mentre lui getta la testa indietro e geme forte.
-Mmmm…..aaaahhhh! – si lascia sfuggire lui a voce alta, mi viene da piangere, ho voglia di piangere. Non so come muovermi, cosa fare. –Non…non così piccola…ti fai male, stenditi…come prima…appoggiati a me.. - dice a fatica, spingendo con le mani la mia schiena verso di lui. Gli ho fatto male? Non lo so. Ne ho fatto a me però. Vorrei essere più esperta, dannazione! Mi sento così stupida. –Shh..non…non piangere. Ti fa male? – annuisco e lui sospira debolmente –Muoviti piano…vedrai che passa…te lo assicuro…
-Guidami tu…ho paura di sbagliare ancora… - mormoro in difficoltà, completamente in balia dei sentimenti negativi che mi tormentano.
-Non hai sbagliato nulla…così…ecco… - mi muove dolcemente il bacino in modo circolare e alterna al su e giù. –Sta passando? – mi chiede dolcemente, soffiando nell’orecchio.
-Si…ti ho…ti ho fatto male prima? – sento che vibra dentro di me e la sua testa si muove in segno negativo.
-No..non…non mi hai….ahhhh! Fatto male…è solo…solo piacere.. – gli lascio un bacio sulla spalla e mi abbandono alle sue mani che si muovono sul mio bacino per guidarmi. Sento i ringhi provenire dalla sua gola ed è così eccitante, mi sento più…vogliosa. Più carica. Vorrei sentirli davvero quei suoni, uscire dalle labbra.
-Perché…perché non mi parli?
-Perché…uscirebbero solo…suoni…e….non…parole…
-Mi piacciono…i tuoi…suoni. – dico vergognandomi e diventando rossa, ma sentendo il ritmo dei movimenti aumentare di poco e la sua eccitazione pulsare dentro di me. Sento tutto ed è così bello.
-Vuoi che…ti faccia sentire…cosa…provo?
-Si… - soffio fuori.
-Va bene…ma…fallo anche…tu… - gli bacio di nuovo la spalla ed un gemito esce fuori dalle sue labbra senza che sia trattenuto. Aumento i movimenti, prendendo ad esempio la sua guida li faccio solo più veloci e sento il suo corpo tendersi e il mio rabbrividire.
-Aaahh Ah….Ahhh….aahhh….Oh…Bella, non ti fermare…continua…così…aaaahh! – la sua voce, i suoi sospiri, il suo incitamento mi fa continuare, mi fa prendere coscienza che si tratta di piacere e non dolore e continuo, sentendo di nuovo quella sensazione al basso ventre, i brividi sulla schiena, sulle gambe, i muscoli che si contraggono da soli e la testa completamente vuota. Un suo braccio mi avvolge stretta la schiena, mentre l’altra mano sul mio fondoschiena continua a guidarmi mentre lui spinge in me più forte.
-Ooh! Oh! Ooh! Si…si…Bella…si… - sono solo sussurri, ma li sento bene, sono incoerenti, geme, dice si, dice il mio nome…e si muove e poi sento la sua testa buttata all’indietro, la mano che mi tiene pressata contro il suo corpo, il suo corpo che trema e l’erezione che pulsa dentro di me. Un liquido caldo mi riempie.

Mi sono spostata di fianco a lui, sul materasso freddo. Ho perso il contatto con il calore confortante del suo corpo, delle sue braccia. Il lenzuolo, freddo anche lui, mi copre delicatamente e dentro di me sento strane emozioni che non spariscono. E’ stato…impressionante. Alice e mia madre sbagliavano. E’ stato delizioso. Certo ho sentito il dolore, ma nulla a che vedere con quello di cui hanno parlato loro. Non so perché a me sia capitato diversamente, so solo che la dolcezza infinita di Edward mi ha completamente lasciata stordita. E poi…è così bello. Ha gli occhi chiusi, la bocca tirata in un sorriso semplice e piccolino, le braccia sopra gli occhi e il corpo nudo coperto in parte dal lenzuolo. E’ stato perfetto, il dolore non si poteva evitare, eppure ne ho sentito davvero una parte piccolissima. Mi ha coccolato, mi ha venerata, si è preso cura di me pensando alle mie necessità ed al mio dolore. E’ stato…perfetto, meraviglioso.
-Provi dolore? – mi riscuote dai miei pensieri con un aria preoccupata e fredda, molto più di quello che mi aspettavo finito tutto. Speravo che mi concedesse qualche tenerezza, una carezza, un bacio…qualcosa del genere. Invece nulla, anzi, adesso devo anche sopportare la sua freddezza. Come mai? Ho fatto qualcosa di male? Era stato tutto bellissimo, si é comportato meravigliosamente…perché adesso….perché fa così?
Abbasso gli occhi e scuoto la testa.
-No…sto bene.
-D’accordo…è il caso di dormire ora… - si alza indossando i suoi vestiti della notte ed io infilo la mia vestaglia di seta. Forse il suo comportamento è stato gentile e dolce solo per essere sicuro di avere la prima notte di nozze. Anche se mi sembra tutto così strano. A primo impatto si potrebbe pensare che sia cattivo e dispotico, e poi invece lo vedi attorno a te per tutto questo tempo, con l’apoteosi della delicatezza stanotte e ti chiedi…cosa si nasconde sotto?
-C’è…qualcosa che non va? – domando in preda all’imbarazzo e alla delusione.
-No! E non andare oltre con le tue domande! – la sua freddezza mi lascia di sasso. Cos’è che avevo detto? Perfetto…..? Si, beh…prima di adesso comunque.

Edward pov.

Perfetto.
Questa è l’unica parola con cui posso descrivere cosa è avvenuto stanotte.
L’unico aggettivo che posso dare alla nostra prima notte insieme, prima ed ultima secondo le mie promesse. Bella non voleva darsi a me, conservava la sua virtù per l’uomo che avrebbe amato, e ciò le fa così onore. Crede nei suoi sogni, nelle sue speranze, nella voglia di avere qualcuno al suo fianco che la ami.
Oh piccola mia…se solo sapessi.
Vorrei tanto poterle dire tutto, aprire il mio cuore ed essere fiero dei miei sentimenti, ma credo che si arrabbierebbe e che i nostri rapporti si romperebbero ancora di più. Sono riuscito a sentire il mio nome pronunciato dalle sue labbra durante il nostro amplesso, qualcosa di sublime. Per non parlare della sua risata che mi ha fatto vibrare l’anima e il corpo, mandandomi scosse infinite di piacere mentre ero dentro di lei.
Ho avuto esperienze con donne sapienti, con donne colte, con donne esperte, eppure…mai in tutta la mia vita ho goduto come stanotte.
Immagino che sia perché semplicemente ne sono innamorato, perché il suo corpo si adatta perfettamente al mio, perché la sua pelle calda sotto il mio tocco era morbida e delicata, talmente tanto che avevo paura di farle del male. E quando poi…ha iniziato ad essere più fiduciosa dei suoi movimenti…ho perso la testa. Non so come ho fatto a ragionare ancora, come ho fatto a prendere in mano la situazione e mantenere il controllo. So solo che la volevo così tanto. Il mio corpo stava bruciando per lei.
E invece….questa sarà l’unica volta che l’avrò. Gliel’ho promesso. Vuole un uomo che la ama, desidera sentirsi importante e voluta, mentre io l’ho sposata con una bugia, con l’inganno. Che uomo sono? Solo Charlie e mia madre sanno bene ciò che provo, ma non lo direbbero mai ad Isabella.
Con gli occhi chiusi ho riflettuto su tutto questo. Come farò? Come farò da domani a fare finta di nulla? A limitare la mia permanenza in casa per non desiderare di prenderla in ogni momento, di baciarla, di accarezzarla? Vorrei tanto poterle dire ciò che provo, ma verrei deriso e probabilmente si arrabbierebbe. Quindi, meglio starle lontano e fare finta di nulla.

*Capitolo Cinque*


Bella pov.

I mesi sono passati lenti all’interno di questa casa, troppo lenti per me, che sono così abituata a vivere le mie giornata dietro una casa, il cibo, i panni sporchi. Non sono solita farmi servire e dover chiedere per avere le cose, ma la servitù mi ammonisce se mi permetto di rassettare il divano dove siedo, per non parlare di quando voglio mangiare qualche dolcetto, le cucine sono bandite al mio accesso. Odio tutto questo. Non ho mai potuto sopportare la gente che si fa servire e odio che sia proprio io adesso, a trovarmi in questa situazione.
Non posso fare nulla, mi è concesso leggere, dipingere, creare i miei gioielli e passeggiare, di altro non posso fare nulla. Avrei voluto fare una torta un giorno, ma quando avevo provato ad entrare nelle cucine ero stata portata di fronte ad Edward che aveva scosso il capo e sbuffato.
Per tutta risposta avevo sbattuto il piede a terra in un moto di stizza e avevo detto la mia, non riuscendo a tenere la lingua tra i denti.

Flashback
-Edward, è solo una dannata torta! – in quel momento il suo sguardo mi aveva gelata e la donna della servitù che mi aveva accompagnata si era eclissata velocemente.
-Isabella, devo ricordarti la tua posizione adesso?
-Isabella, devo ricordarti la tua posizione adesso? – imito la sua voce per prenderlo in giro, è davvero irritante! –Edward, mi sto annoiando a morte, fuori piove e non posso uscire a passeggiare, per giunta che senso ci sarebbe a passeggiare da sola?
-Sono indaffarato, non posso di certo lasciare tutto per accompagnare te a fare una passeggiata, per questo c’è la tua dama di compagnia! – è leggermente irato.
-Ma Edward… - riprovo.
-Accidenti Isabella! Sto lavorando! – no è davvero arrabbiato.
-Ed io volevo fare solo una dannata torta! Mi sembra di essere in galera qui dentro. Non posso neppure prendermi un bicchiere d’acqua da sola! – sbotto più arrabbiata di lui.
-Isabella, sei una contessa ora! Le cose sono diverse…la servitù è qui per aiutarti in ciò che tu non puoi fare. Se ti annoi fai qualcosa ma non occuparti del lavoro della servitù né tanto meno disturbarmi nuovamente. –Le sue parole mi aveva fatto capire chiaramente come sarebbe stata la mia vita: noiosa. E non solo, avrei dovuto discutere con lui di ogni mio desiderio, come quello di potermi occupare da sola del mio bagno, dei miei fiori, dei miei dolci per ottenere sempre la solita risposta: se ne occuperà la servitù. Quando avrei voluto preparare la cena a mio marito, avrei dovuto inviare la richiesta settimane prima per iscritto, possibilmente in una busta chiusa e sigillata con cera rossa, perché solo in quel caso avrebbe preso in seria considerazione le mie azioni. Con queste convinzioni e con l’animo sotto le scarpe per il suo comportamento e la rabbia che saliva a fiotti su per la gola avevo risposto cercando di essere più contessa possibile, come voleva lui.
-Singor Conte, con il vostro permesso adesso vi libero della mia presenza e vado ad appoggiare il mio deretano sempre più grande sul sofà, che ha un solco sempre più grande dove solitamente poggio il mio didietro, di modo che voi possiate rilassarvi e occuparvi di urgenti affari che vi competono, estraniandovi completamente dalla vita domestica e matrimoniale. – gli avevo mostrato le spalle e sbattuto la porta alla mia uscita. Ben ti sta, conte!
Flashback

Mi sento così strana qui dentro. Ho sempre voglia di fuggire via.
Ogni sera condivido il letto con mio marito, un’altra parte difficile della mia vita qui alla tenuta. Magari con gli anni ci farò l’abitudine, ma ora di certo è uno strazio. Mi imbarazzo, so che non dovrei la nostra prima notte ormai è passata, ma non posso fare a meno di trovarmi a disagio con lui nella stanza quando sono in camicia da notte. Cerco di non chiamarlo per nome se non siamo in pubblico, di dargli del tu quando siamo davanti ad altre persone ma prendo il distacco quando siamo da soli. Poco male, lo fa anche lui. Non mi ha davvero più toccata da quella prima notte, mi ignora addirittura, questo per la mia timidezza è un toccasana, almeno non devo anche fare i conti con le sue occhiate sul mio corpo. Mi vergogno, ma lui non me lo fa pesare. Addirittura faccio fatica anche ad attirare la sua attenzione se ho voglia di conversare da quanto sono ignorata.
Che matrimonio fallito.
Sposarsi per la necessità di farlo è davvero una cavolata.
Adesso siamo entrambi costretti in questo mondo che ci sta stretto.
Una cosa positiva però, a stare qui, è che ho un ammiratore segreto.
Ogni mattina quando mi alzo nel letto vuoto trovo le tende aperte della porta finestra e sul piccolo balconcino un dono che porta il mio nome. Non so se Edward se ne è accorto, ma fa finta di nulla. Alla fine, lui è innamorato di un’altra donna, ed anche se sono sua moglie, posso innamorarmi di qualcuno che non sia lui. Vivrò nel peccato, nella vergogna forse, ma mi sentirò libera di amare e di provare un sentimento così profondo. Finalmente mi sento corteggiata, voluta; mi sento serena ad aver fatto breccia nel cuore di un uomo. Non so chi sia, né se sia giusto quello che sta facendo, ma è assolutamente appagante per me e per il mio orgoglio di donna. Il primo giorno, due settimane dopo il matrimonio, ho trovato un fiore, il secondo giorno dei dolcetti, il terzo un nastrino per capelli. Poi ho iniziato a trovare solo dei bigliettini con delle frasi dolcissime.

“I tuoi occhi sono del colore della cioccolata più buona che esiste”

Oppure…

“Le tue labbra così carnose e rosse sarebbero da baciare all’infinito”

Ancora…

“I tuoi capelli così morbidi sembrano un tessuto pregiato”

Ogni mattina leggendo queste parole, o trovando un piccolo oggetto per me, mi sento importante, mi sento corteggiata, voluta. E’ bello sentirsi così. Vorrei tanto incontrare la persona che me li manda, ma sono sicura che allora le cose si complicherebbero, che Edward si infurierebbe e potrebbe bandirmi da casa sua, rovinando la mia famiglia. Voglio evitarlo. Voglio evitare di dare un dispiacere ancora più grande a mio padre e mia madre, a mio fratello anche.
Sbuffo, seduta sul grande tavolo tutta da sola. Possibile che Edward non abbia ancora finito di lavorare? La cameriera si trova in fondo alla sala, pronta per dare il via alla cucina di portare il nostro cibo, la guardo e mi sorride mesta.
-Padrona, vi devo portare qualcosa?
-No Jane, grazie…potresti dirmi che ore sono? – io proprio non ce la faccio a trattare male la servitù.
-Certamente padrona, sono le otto e mezzo passate!
-Grazie.. – appoggio il tovagliolo sul tavolo e mi alzo. –Vado a vedere cosa sta facendo il conte, voi iniziate a portare le cose sul tavolo… - cerco sempre di parlare alle persone che lavorano qui dentro con una certa dose di dolcezza, e loro mi ricambiano con piccolissimi sorrisi timidi.
Vado verso l’ufficio di mio marito, ma lì non ve n’è traccia, allora salgo le scale, silenziosamente e vedo la porta della camera padronale socchiusa. Mi avvicino lentamente, cercando di non far rumore con le mie scarpette. Non so perché mi comporto come una ladra, potrei entrare e dirgli di venire a cena…eppure mi scopro ad aprire piano la porta ed osservare. La finestra è aperta, un freddo acuto entra nella stanza ed Edward sta posizionando un foglio sotto una pietra.
ODDIO.
E’ lui….è lui che mi coccola e mi vizia con piccoli doni, che mi scrive quelle cose dolci, che mi sta corteggiando. E’ mio marito. Come ho fatto a non accorgermene?
-Brrr…che freddo! Speriamo che non piova o sarà rovinata la mia sorpresa… - lo sento mormorare piano. Come mi devo comportare ora?
Le attenzioni segrete mi lasciavano davvero felice e desideravo sempre alzarmi per guardare cosa il mio ammiratore aveva lasciato per me. Ora però…ho scoperto che…è lo stesso uomo con il quale condivido il letto a ricoprirmi di attenzioni. Sento i suoi passi nella camera e mi muovo velocemente per scendere dalle scale, correndo nella sala da pranzo sulle punte delle mie scarpe, in modo che i tacchi non producano il suono sul pavimento.
-Padrona, ha trovato il Conte? – domanda Jane quando mi vede sconvolta. –Si sente bene padrona?
-Certo Jane, comunque non l’ho trovato…sono solo spaventata perché nel suo ufficio non c’è…lo attendiamo qualche altro minuto, poi manderemo Garrett a controllare le stalle. Magari sta solo facendo il giro della tenuta. – mia madre e mio padre mi hanno sempre detto che non sono una brava attrice, vediamo se negli anni la mia tecnica si è affinata.
-D’accordo padrona, stia tranquilla vedrà che non è nulla di cui preoccuparsi! – sono le uniche amiche che mi sono rimaste, le donne della servitù. E’ per questo che ogni tanto mi prendo la libertà di chiacchierare con qualcuna di loro, quelle che hanno la faccia tosta di violare le regole.
-Oh, sei già qui? – domanda Edward appena varca la porta della sala da pranzo.
-Ti aspettavo da un po’… - guarda l’orologio dentro il suo taschino e allarga gli occhi. Tranquilla Bella, non tremare…va tutto bene.
-Mi dispiace Bella, avevo un affare da sbrigare e non mi sono reso conto dell’ora! Potevi cenare senza aspettarmi… - si siede a tavola e Jane gli riempie subito il bicchiere di un vino che Edward pensa ad acquistare regolarmente da uno dei produttori della contea.
-Non è stato difficile aspettarti qualche minuto… mangiamo ora, si fredda… - afferro la forchetta e comincio a gustare il cibo, anche se l’appetito non c’è assolutamente. Di sicuro se provassi a lasciare la mia pietanza intatta si accorgerebbe che c’è qualcosa che non va.
Ed è così.
C’è qualcosa che non va.
Come ho fatto a non accorgermi di nulla?
Come ho fatto a non rendermi conto che era mio marito quello che mi coccolava in questo modo? Forse perché è così freddo, distaccato, antipatico che non mi da modo di credere che ci tenga davvero a me, forse perché in realtà lui ama un’altra donna e mi è difficile credere che tutto ciò sia per farmi piacere. Magari è una prova. Magari vuole vedere se sono fedele.
Oddio.
Non gli ho detto nulla per tutte queste settimane, ho fatto finta di nulla e…e lui penserà che non sono fedele, mi caccerà, vorrà dei soldi e mio padre dovrà vendere tutto per pagare il mio debito.
Come farò?
-Bella, tutto bene? Stai tremando. – lo guardo con gli occhi sgranati. Tutto bene? Magari andasse tutto bene. Invece è tutto storto da quando io e lui ci siamo incrociati in quella merceria da Masen.
-Ho solo un po’ di freddo, credo che…andrò a dormire subito finita la cena.
-Ti accompagno, non devo fare nulla stasera…posso leggere un buon libro anche in camera, così se ti senti male ci sono io… - è sempre stato così premuroso?!
Penso a questi mesi, alla freddezza che ha usato con me, al poco tempo passato insieme. Non abbiamo più passeggiato, ho visitato la tenuta insieme a Garrett, il maggiordomo di casa e successivamente con Charlotte, la mia dama di compagnia; ho passato il mio tempo in giardino da sola con un libro, ho scelto io che fiori piantare per la primavera. Lui era sempre altrove.
Eppure, ogni tanto lo vedevo guardarmi dalla finestra del suo ufficio, mi sorrideva teneramente e mi faceva un cenno. Mi prendeva la mano quando scendevamo dalla carrozza, mi stringeva nel suo abbraccio se incontravamo qualche uomo. Mi controllava a vista se chiacchieravo con qualche donna in disparte. Non solo…durante la notte dormivo sempre beatamente, senza incubi, senza pensieri brutti e sempre al caldo, e la mattina non mi svegliavo mai nella mia parte del letto, che era sempre fredda e immobile.
Come ho fatto a non rendermene conto?
Sono stata così cieca!
-D’accordo… - mormoro a bassa voce travolta dalla nuova scoperta.
-Devo dirti anche un’altra cosa Bella…
-Dimmi.. – alzo gli occhi dal mio piatto, poco toccato, ansiosa di sentire la sua voce. Da quando lo sono? Forse solo da quando spero che ammetta che è lui che mi lascia un pensiero ogni mattina?! Oh…non lo so! Sono così confusa!
-Devo partire domani mattina presto, per affari. Non starò via molto, qualche settimana credo. Il tempo di arrivare giù in Inghilterra e acquistare alcune stoffe e dei profumi pregiati. – annuisco debole.
-Va bene…posso andare a trovare la mia famiglia mentre non ci sei? – mi guarda allargando gli occhi.
-Ti mancano? – sussurra.
-Certo che si…
-Oh…beh…Pensavo… - sembra in difficoltà ora.
-Cosa? Che dato che non mi lasci andare avevo avuto il tempo di dimenticarmi di loro? – il suo sguardo sembra ferito e oltraggiato ed è un attimo a trasformarsi in rabbia.
-Abbassa i toni, e non rispondermi così! Soprattutto davanti alla servitù – ringhia tra i denti. Abbasso lo sguardo, mortificata. Odio quando si comporta così, mi fa sentire un’inetta. –Se volevi andare a trovare i tuoi genitori bastava che avvisassi Mark alle stalle, è pronto a portarti ovunque tu voglia. Per il resto, vai pure dai tuoi genitori… - finisce il suo bicchiere di vino e si alza dalla sedia. –Ti raggiungo subito, scelgo il libro in biblioteca. Ne vuoi uno anche tu? – scuoto la testa e sospiro, dirigendomi fuori dalla stanza. I suoi dannati sbalzi d’umore mi fanno girare la testa.
-Buonanotte Jane, augura anche al resto della servitù una piacevole nottata. – mi assicuro sempre di salutare anche loro. Salgo le scale lentamente e quando arrivo in camera mi spoglio mettendomi sotto le coperte. Il letto è freddo e l’occhio cade sulla finestra. Chissà cosa mi avrà scritto questa volta? Chissà cosa succederà? Chissà perché si comporta così? Sono curiosa, vorrei aprire la finestra e sbirciare ma so bene che Edward sarà qui da un momento all’altro e non voglio certo che mi trovi a ficcanasare, anche perché non avrei motivo di aprire la finestra in una sera così fredda. Così decido di aspettare solo fino a domattina.
La porta della camera si apre, io sono semisdraiata sul letto, con le lenzuola portate su di me. Edward mi osserva teneramente e poi scuote appena percettibilmente il capo mettendosi seduto sulla poltrona alla fine del letto, apre il libro e comincia a leggere.

Sono stesa tra le coperte ormai da minuti infiniti, sento lo sfogliare del libro, per il resto nessun altro rumore inonda la camera. E’ così silenzioso, che abbia paura di disturbarmi?
Il pensiero va subito lì, a questo assurdo comportamento di mio marito. Perché i regali, i foglietti, le frasi dolci e romantiche? Avrebbe potuto parlare chiaro, farmi capire con qualche gesto quello che…prova. Se lo prova. E invece…il pallino che sia tutto un modo per testare la mia fedeltà mi lascia con l’amaro in bocca. Come faccio a saperlo?
Domattina partirà, non ho idea di che ora sia, ma…l’idea che domani si allontanerà per qualche settimana…mi lascia con un groppo in gola. Perché tutte queste sensazioni stasera? Perché?
Torno seduta, la luce fioca che si è acceso per leggere gli illumina appena il volto e lo rende magnifico. Lo osservo finchè i suoi occhi non incrociano i miei e mi sorride teneramente.
-Ti ho svegliata?
-No..non riesco a dormire…- mormoro debolmente.
-Strano, solitamente ti addormenti subito a letto…cosa ti preoccupa? – l’attenzione è tutta concentrata su di me e i suoi occhi verdi mi scrutano in ansia.
E’ vero. Solitamente prendo sonno subito. Appena mi metto sotto le coperte, appoggio la testa sul cuscino e lui mi segue, chiudo gli occhi e dormo pacificamente. Che sia la sua assenza nel letto a non farmi prendere sonno? Oppure tutti questi pensieri su di lui che mi coccola in questo modo dolce e segreto, facendomi credere che abbia un corteggiatore?
-Nulla… - chiude il libro e si avvicina al letto.
-Non mentirmi Bella…allora…cosa ti preoccupa? – è seduto al mio fianco, mi accarezza i capelli dolcemente e io sospiro.
-Hai…rivisto la donna di cui sei innamorato da quando siamo sposati? – allarga gli occhi e poi sorride.
-Perché ti fai questi crucci ora? Dovresti dormire…la tua pelle è così pallida.. – dice dolcemente.
-Non mi hai risposto…Edward… - gioco sporco.
-Si… - non so come interpretare questa ammissione. Chi è? Perché non me l’ha mai detto?
-Ed io? Io l’ho mai vista? – lui sghignazza appena.
-Si…Bella ascoltami…cosa ti preoccupa?
-Nulla ti ho detto! – soffio fuori un po’ troppo arrabbiata. Improvvisamente mi sento…gelosa?!
-Vado davvero in Inghilterra Bella, non sto andando da nessuna donna nascosta chissà dove. Non lo farei mai…okay? – lo guardo sospirando. Non è solo questo. Io voglio sapere perché mi corteggia così, perché a questo punto non si dichiara. O forse è tutto un gioco? O forse la donna che ama gli è rimasta nel cuore così tanto che non ha il coraggio di concedersi ad altre?
E perché io desidero di sapere, esserne certa, sentire la sua voce mentre mi dice che mi ama? Mi ami Edward?
-Non è questo Edward…è…non lo so. Sarà solo il periodo, scusa…torno a dormire. – mi stendo, dandogli le spalle e lo sento sorride e poi abbassarsi a darmi un bacio tra i capelli.
-Buonanotte Bella…sogni d’oro… - si alza dal letto e ritorna al suo libro. Chiudo gli occhi e fingo di dormire. Cosa mi sta succedendo?

Non ho mai dormito durante la notte, forse grazie a questo posso rendermi conto del momento in cui Edward si è steso a dormire. Non ha dormito in realtà, mi ha solo abbracciata stretta e canticchiato qualcosa a bassa voce, una melodia per coccolarmi. Le sue mani si sono strette alla mia vita, muovendomi dalla sua parte, con attenzione e delicatezza e facendomi appoggiare la sua schiena al suo petto. E’ stato emozionante. Ho cercato di non aprire gli occhi, di comportarmi come se stessi dormendo, di non intensificare il respiro, di non muovere un muscolo. Io non so come mi comporto nel sonno, e speravo che il mio cuore non accelerasse così velocemente come sembrava a me, perché allora anche lui l’avrebbe percepito.
Mi accarezzava la pelle del ventre, da sotto la camicia da notte, era un gesto così intimo e speciale, dovevo mantenere un certo autocontrollo per non tremare al suo contatto.
Poi dei raggi di debole luce avevano inondato la camera anche attraverso le tende tirate, aveva sospirato e poggiato le labbra sulla mia spalla e sulla guancia.
-Dormi bene amore mio, ci vediamo quando ritorno…fai la brava mi raccomando…mi mancherai da impazzire… - gli occhi tremavano dietro le palpebre chiuse. Com’è possibile? Come ho fatto a non accorgermi di nulla?
“Amore mio”…..”Amore mio”. Mi ama?
Mi ama davvero?
E se ne sta andando.
Come faccio a fermarlo? A capire cosa provo per lui? Non posso…non posso fermarlo.
Il letto è freddo senza di lui, non ho più le sue braccia che mi stringono, il suo calore che mi riscalda, il suo corpo che mi protegge e quando esce dalla camera, dopo aver aperto di poco la tenda, mi sento sola. Sola come mai nella mia vita.
Mi ama….
Mi ama….
Apro gli occhi ed osservo il soffitto. Non mi stava corteggiando per capire se sono fedele o meno, ma perché davvero mi ama. Tutti i dubbi di ieri sera, tutte le paranoie di questa notte…l’unica domanda è…Perché non me l’ha detto?
Forse non l’avrei accettato, forse sarei rimasta completamente muta e allibita, perché davvero non l’avrei mai immaginato. Ma…non è una cosa brutta. Mi ama, c’è da esserne felici….giusto?
Mi alzo dal letto, indossando velocemente la vestaglia in tessuto morbido e caldo che ho preparato ieri sera vicino al letto, sono a piedi nudi ma non mi importa. Guardo fuori dalla finestra, senza tirare troppo le tende, vorrei che non mi notasse. Sta salendo in carrozza, ma prima di partire si sporge per guardare la camera da letto. E’ bello, è un uomo d’affari, importante e intraprendente, acuto, astuto. Bravissimo e mio. E’ mio davvero. Con l’anima, con il cuore,  con il corpo.
Vorrei scendere di corsa e fermarlo ma…per dirgli cosa?
Non lo so. Cosa provo per lui?

Questa è la domanda che mi sono fatta all’infinito per più delle tre settimane in cui Edward è stato fuori da casa. Quella mattina, quando la carrozza di mio marito era ben lontana avevo aperto la finestra e raccolto quel foglio di carta piegata, seduta sul letto avevo incominciato a leggere.

< La bellezza di una donna non si misura in sola esteriorità ma pure in nobiltà d’animo, onore, rispetto, educazione e cultura. E tu, seguendo queste indicazioni, sei la donna più bella che io conosca. La tua dolcezza è impareggiabile, e il tuo sorriso ineguagliabile. Spero di poter godere dei tuoi occhi ardenti, della tua pelle candida, del calore delle tue braccia e della morbidezza della tua bocca. Ma altresì, spero di poter discorrere con te di affari, di politica, economia, lingua e cultura altra…la tua mente mi intriga ed è come una ragnatela che mi trattiene. Con il pensiero di te e dell’amore che provo, affronto ogni giornata nuova. Spero di darti un sorriso più bello ad ogni tuo risveglio. >

Avevo pianto, disperata e commossa perché non avevo idea di quello che provava per me fino a quel momento. Ero così stupida. E lui era così dolce e tenero. Non vedevo l’ora che tornasse, per potergli parlare e dire che sapevo.
Avevo riflettuto molto, mi ero chiusa in biblioteca perché fuori cominciavano le piogge battenti e lettura dopo lettura immaginavo cosa dire a Edward.
Mi mancava. Quella era la prima cosa che volevo sapesse.
Mi era mancato davvero. Era brutto svegliarsi e sapere che non c’era in casa, che non era in ufficio a sbrigare affari, che non sarebbe tornato per cena.
Era così dannatamente frustrante non vederlo a pranzo, non averlo nel letto. Mi sentivo sola. Mi mancavano anche quelle semplici chiacchiere che facevamo di tanto in tanto, non dovevano essere per forza profonde o interessanti, bastava anche solo il semplice “Buongiorno, riposato bene?”
Me lo domandava ogni mattina. Mi sorrideva teneramente…quella era l’unica tenerezza che si permetteva in tutta la giornata, ogni volta scrollavo le spalle e rispondevo “Si, come al solito!”
Magari…magari si comportava in quel modo solo perché ero io fredda e scostante?! Cielo…che errori madornali avevo compiuto con il pessimo comportamento.
E poi tutto il resto della giornata era come se vivessimo in due case diverse, lui in un luogo, io in un altro. Solo adesso mi rendo conto di quanto tempo abbiamo sprecato. Avremmo potuto conoscerci, imparare qualcosa di più di noi, avrei potuto approfittare delle sue braccia calde, per fare il pieno di abbracci e stare bene tutta la giornata. Avrei potuto baciare ancora e ancora le sue labbra per avere qualcosa a cui pensare tutto il giorno distante da lui. Avrei potuto saggiare la sua cultura, la sua intelligenza, parlare di più con lui per sentire la sua voce, in modo da ricordarla sempre. Queste sono pensieri di una donna che si sta innamorando, giusto? Perché quando penso a Edward mi nasce un sorriso sul volto enorme.
Non so cosa sia cambiato, ma mi ha sorpreso! I suoi gesti dolci, nascosti, meravigliosamente romantici mi hanno fatto riflettere…la sua tenerezza mi ha riempita di gioia e mi ha dato la forza di andare avanti in questi giorni, nella speranza di vederlo tornare a casa il prima possibile per stare ancora con lui. Questa volta però…a modo mio!

Stavo leggendo un libro seduta sul divano, quando sentii il nitrito dei cavalli e le ruote sul selciato bagnato. Una carrozza?!
Agitata come non mai avevo lasciato il libro sul tavolino e mi ero alzata all’in piedi controllandomi velocemente. Ero presentabile? Sarei piaciuta ancora a Edward?
Ma soprattutto…era lui?
-Jane! Jane… - mi sorride mentre si avvicina.
-Ditemi padrona…
-E’ il conte? – lei ridacchia ed annuisce. –Non ridere di me, ingrata – sorrido e le faccio la linguaccia. Sono sicura che se mi vedesse Edward ora mi gelerebbe con un’occhiata, ma poco mi importa. In queste settimane io e la servitù abbiamo stretto amicizia e mi piace che sia così! Mi affretto ad andare la porta quando Garrett ha già aperto anche lui con un grande sorriso sul volto. A quanto pare, il Conte non è mancato solo a me.
Lo vedo salire agilmente gli scalini che ci dividono e poi sorridere.
-Che accoglienza al mio ritorno! Salve a tutti…
-Conte! Bentornato! – dice Garrett allegro, mentre Jane si eclissa in cucina con un semplice cenno del capo.
-Isabella… - sorrido dolcemente e cammino veloce verso di lui, abbracciandolo stretto quando gli sono vicina.
-Ciao… - sussulta ma lo sento sorridere.
-Ciao…A cosa devo questo calore? – mormora dolce. Ah, la sua voce. Che sensazione meravigliosa. E il suo corpo…come mi era mancato!
-Nulla di particolare! Sei affamato? Stamattina presto ho fatto un dolce che…è la fine del mondo. – dico a bassa voce, cercando di non farmi sentire da nessuno. Lui ride forte e mi guarda contento.
-Hai fatto un dolce? In cucina? La servitù non ti ha allontanata bruscamente? – arrossisco e scuoto la testa.
-Non c’eri tu a fare paura… - mi pento subito di quello che ho detto e infatti lo vedo irrigidire la mascella. –Non volevo dire questo…scusa. E’ che tu sei autorevole e loro sanno che devono…rispettare le regole. Solo che tu non c’eri ed io…sono stata insistente.
-Non fatico ad immaginarlo Bella! – sorride dolce ed io mi sciolgo. Non è arrabbiato con me.
-Non sei arrabbiato perché…ho fatto amicizia con la servitù? – chiedo piano. Lui mi guarda sorpreso, poi sghignazza.
–Oh Bella, sei così fuori dai canoni! Possiamo andare ad assaggiare questo dolce? – annuisco fiera e prendendogli la mano nella mia lo accompagno verso le cucine, facendogli l’occhiolino.
-Si può? – domando. Le donne sorridono.
-Padrona, lo sa che non deve stare qui…ci dica quello di cui ha bisogno, provvederemo a servirla! – apro la porta sorridente entrando e portando anche Edward con me, travolto dall’allegria del momento.
-No, volevo solo fare assaggiare una fetta del dolce al Conte. E’ tornato! – tutte abbassano il capo affrante e serie e fanno un debole inchino salutando.
-Padrone, bentornato! Provvederemo noi a portare il dolce nella sala…non vi preoccupate!
-Oh…perché non possiamo prenderlo qui? Vi offendete? – sghignazzo e lo osservo divertita.
-Offendere noi?! – si guardano stralunate ed io sorrido, è bello avere un Edward così a casa. –Jane prendi dei bicchieri puliti per il Conte e la contessa e le tovagliette pulite. Piattini e posate. Margheret tu invece prendi le sedie e tu Juls pulisci tutto.
-Donna Sullivan… Non c’è bisogno che facciate tutto questo per una fetta di torta. La mangerò all’in piedi, sono stato seduto per molte ore. E non servono né tovagliette o piatti o posate. Con le mani si gusta meglio. Vi prego. Prendetene un pezzo anche voi… - sghignazzo e le donne in cucina mi guardano sorprese.
-Così moriranno tutte d’infarto Edward! – dico ridendo più forte. Jane prende la torta e ne fa le fette, mentre tutte le altre donne in cucina si tengono in disparte imbarazzate. Non sono abituate a un comportamento del genere, ed effettivamente non ho mai visto Edward entrare nelle cucine o nell’ala riservata alla servitù. Ma so che non perde mai il rispetto delle persone. Si dice che sia un uomo burbero e cattivo, ma le voci del paese sono completamente sbagliate. E’ davvero una gioia avere un Edward così che gira per casa, almeno le apparenze sono tutte parole che volano per arieggiare la bocca. Mio marito non è dispotico e neppure sempre arrabbiato, sa essere dolce e tenero e divertente!
-Padrona, questo dolce è meraviglioso…dovete dirci come fare! – mormora dopo il primo boccone Donna Sullivan, sorrido e le faccio l’occhiolino.
-Non dico i miei segreti in giro! – sorrido ed Edward ridacchia sotto lo sguardo sorpreso delle presenti. Finito il dolce salutiamo e ci spostiamo nel salone. –Sei stanco? Vuoi riposare?
-Si…tu resta pure a goderti il libro..vado nella stanza padronale a riposarmi. Il viaggio è stato stancante.
-Ti dispiace se ti raggiungo?
-No, certo che no… - mi precede per le scale, mentre io avviso Jane della nostra destinazione, e saluto Charlotte che stava sistemando alcuni libri nella libreria e quando arrivo in camera lo trovo seduto sul letto con lo sguardo stanco e uno sbadiglio in atto. -E’ stato un lungo viaggio, sono distrutto…
-Lo immagino…io mi sistemo qui, vicino alla finestra…leggo un po’! Se hai bisogno di qualcosa sarò qui…
-Bella…
-Si? – chiedo alzando lo sguardo.
-Vieni nel letto con me, non mi da fastidio la luce se vuoi tenere la finestra aperta.
-Ti disturberò…
-Devo ordinartelo? – sghignazzo.
-Non ti viene più bene il padrone dispotico e burbero, conte! -mi arrampico sul letto sedendomi ed appoggiando la schiena alla testiera.
–Raccontami le tue giornate… - mi dice mentre appoggia la testa sul mio grembo. Sono sorpresa ma infinitamente felice di quel gesto.
-Niente di che, mi alzavo la mattina e facevo colazione…poi passavo qualche ora in biblioteca, le piogge sono ricominciate e non mi permettono di passeggiare per lo splendido giardino della tenuta.. – dico, appoggiando il libro al mio fianco ed accarezzandogli i capelli. E’ venuto naturale, non ho pensato a cosa fare, volevo solo…accarezzarlo.
-E poi?
-Pranzavo, da sola…talvolta, oltre Charlotte, chiedevo a Jane di farmi compagnia perché il tavolo era completamente solitario. Poi ritornavo in biblioteca o mi mettevo al tavolino e portavo a termine qualche gioiello…
-Adoro il tuo bracciale, lo porto sempre con me…e poi? – sorrido. È ovvio che lo adora, mi ama. Sorrido ampliandolo di più.
-Poi cenavo e mi mettevo a letto, questo letto era così vuoto…avrei voluto qualcuno a farmi compagnia anche qui. Ma per fortuna c’erano i pensieri…
-I pensieri?
-Certamente..Sai…ho scoperto di avere un ammiratore qui… - si irrigidisce ma non domanda. –E’ iniziato tutto molto tempo fa a dir la verità..
-Perché non me ne hai parlato?
-Non volevo essere punita… - mormoro a bassa voce.
-Punita? – alza la testa di scatto e mi fissa negli occhi, io li abbasso, imbarazzata.
-Si… temevo che…ti saresti arrabbiato e…mi avresti punita.
-Temevi per la tua famiglia vero? – sembra arrabbiato. Sospiro ed annuisco solo. –Ho bisogno di dormire, o dirò cose di cui mi pentirò! – borbotta, girandosi di lato e dandomi la schiena. Sospiro e mi stendo sul letto a guardare il soffitto. Non mi ha neppure lasciata finire. Poi il ricordo della notte prima di partire mi fa venire un’idea grandiosa. Mi accoccolo dietro di lui, una mano tra i capelli e l’altra intrecciata alle sue dita. So che non sta dormendo perché si è irrigidito e il suo cuore batte più forte, come il suo respiro accelerato.
-Ogni mattina trovavo un dono sulla finestra della camera da letto. E quando non c’era un nastrino o una forcina o altro, c’erano sempre dei bigliettini molto dolci e romantici. Ho sempre desiderato qualcuno che mi corteggiasse in questo modo…e mi chiedevo chi fosse.
-Era per questo che eri felice? – sussurra incerto. Oh Edward.
-Mi fa piacere sentirmi coccolata ed amata e voluta…si.
-Oh…allora indagherò su chi sia questa persona e…vi farò incontrare. – sghignazzo.
-Ma io so già chi è…
-Davvero? – la sua voce perde di tonalità e sembra affaticata e timorosa.
-Certo. Si tratta di un uomo molto bello, affascinante, interessante, acculturato e uomo d’affari rispettabile. Non mi capacito del motivo per cui si sia interessato a me, vista la sua importanza, ma mi sento immensamente fortunata. Pensa che…l’ho visto l’ultima volta, mentre posizionava il biglietto…circa tre settimane fa… - mormoro e lui stringe le mie dita, mentre si volta verso di me.
-Bella…
-Shhh…hai davvero bisogno di riposare ora…starò qui. Parleremo quando ti sveglierai, d’accordo?
-Si… - biascica ormai senza forza.


*Capitolo Sei*


Edward pov.

Quando apro gli occhi mi sento riposato come mai nella mia vita, ed è un piacere stiracchiarsi nel letto comodo dopo aver passato molte ore in carrozza. Quando distendo le braccia però, mi accorgo che la parte di letto di fianco a me è fredda e un libro vi è appoggiato sopra. Un sorriso si forma involontario sul mio volto.
Mia moglie.
Bella!
Quanto mi è mancata in queste settimane!
Non averla di fianco a me la notte è stata una tortura e non sentire la sua voce durante la giornata o nel momento dei pasti…una cosa inconcepibile. Per non parlare del suo profumo. Le avevo rubato dall’armadio una sottoveste che portava il suo odore prima di partire, e la stringevo a me durante la notte per tranquillizzarmi e cercare di dormire. Era davvero difficile resistere, starle lontano, sapendo che lei era qui, da sola, senza sapere che l’amavo.
Non vedevo l’ora di tornare a casa e riaverla per me.
L’avevo sposata dicendole una menzogna, ma con dei sentimenti veri e profondi e non mi capacitavo di come fosse stato possibile per me celarli fino a quel momento. Avevo passato mesi in casa con questa donna meravigliosa e non ero riuscito a parlarle, a dirle quello che provo, neppure un piccolo passo. L’unico modo che avevo trovato era corteggiarla in segreto. L’unica persona che sapeva tutto ciò era Garrett, il maggiordomo. Avevo dovuto avvisare almeno lui, nel qual caso quella volpe di mia moglie iniziasse a fare domande, Garrett è un uomo davvero criptico alle volte e lo apprezzo per questo, inoltre è un grande amico e di conseguenza è stato naturale raccontargli tutto. Isabella però non aveva fatto domande, non si era rivolta a nessuno, non l’avevo sentita parlare neppure con la sua dama di compagnia di quello che stava accadendo. Eppure, ero sicuro che ogni mattina trovava il mio dono. Perché la vedevo felice, sembrava che camminasse a qualche metro dal pavimento, aveva sempre un gran sorriso sul volto. Una delizia per i miei occhi.
Mi costava infinitamente doverle stare lontano, dover mostrare una freddezza che non mi apparteneva, quando desideravo solo abbracciarla e tenerla con me sempre. Poi il viaggio d’affari mi aveva dato un poco di quel coraggio che mi mancava e avevo fatto un passo più lungo della gamba. Avevo scritto più di una frase, come una vera e propria dichiarazione e l’avevo lasciata nell’ultimo giorno della mia permanenza alla tenuta. Così lei, astuta come sa essere, poteva pensare solo a tre persone possibili. Io, il mio accompagnatore David e il mio socio in affari Paul.
E la mia donna, ha scoperto subito chi dei tre era quello giusto. Me l’ha fatto capire con quei commenti prima che mi addormentassi e la sua sincerità mi aveva spiazzato. Perché se sapeva, non mi aveva detto nulla prima che io partissi?
Sorrido, scuotendo la testa.
Oh ma io so già la risposta. La sua insensata paura di rovinare la sua famiglia! Non ha ancora capito che Charlie e Reneè sono felici, contenti e in serenità, e che non farei mai del male a loro ne tantomeno ad Emmett, amico d’infanzia.
E’ testarda.
Ma la amo anche per questo!
Quando era piccina mi faceva imbestialire, ma era l’unica con cui mi divertivo o volessi giocare. Mi piaceva la sua compagnia. Ed ora…l’ho sposata e la amo. L’unico desiderio che ho, è che mi ricambi.
Ma ha detto che ne avremmo parlato, giusto?!
Con questo pensiero mi sono alzato e mi sono sistemato, per scendere giù nella sala. La vedo subito, è seduta al tavolino del salotto, di fianco a lei Charlotte che l’aiuta in qualche gioiello. Ho creato per lei un angolino nella biblioteca ma continua a stare qui, in mezzo al salone.
-Ehi…sei qui! Non ti ho più trovata nel letto!
-Bentornato padrone! – saluto Charlotte con un segno del capo e Bella invece non stacca gli occhi dal rame che sta lavorando, quando mi risponde.
-Lo so, mi stavo annoiando con la lettura e volevo fare altro..ho pensato di creare un altro paio di orecchini..
-Posso aiutarti? – scuote la testa e sorride appena.
-Oh sono sicura che avrai altre cose da fare, molto più interessanti di queste…Charlotte è una valida aiutante!
-Riformulo la domanda. Voglio aiutarti, posso?
-No grazie…Charlotte è molto più brava di te…
-Ma se non l’ho mai fatto, come fai a sapere se sono bravo o no?
-Appunto, non l’hai mai fatto! – la dama di compagnia sghignazza.
-Perdonatemi Conte! – si scusa subito –Bella, vado a vedere se la cena è pronta! – ringrazio Charlotte con un cenno del capo e mi siedo al suo posto.
-Possiamo parlare ora?
-Sono impegnata, devo rimanere concentrata…che volevi dirmi? – il suo cipiglio concentrato mi fa sorridere anche se sono teso, è così bella ed ama quello che fa. Ed io amo osservarla.
-Riguardo a…sai…a quello che è accaduto in stanza… - mormoro imbarazzato. Perché sono così impacciato quando si tratta di lei?
-Di cosa parli?
-Prima che mi addormentassi…
-Non capisco Edward..davvero! Puoi essere più chiaro? – Vuole mettermi in difficoltà, come probabilmente lo è stata lei in questi mesi.
-Bella, non ricordi? I biglietti….dai. Non fare finta di nulla…l’hai detto tu che ne avremmo parlato.. – la osservo mentre lei continua a piegare i filetti di rame e lo fa con una passione infinita.
-Edward…i biglietti? Non so di cosa stai parlando…cos’è un linguaggio in codice? – sgrano gli occhi orripilato da ciò che mi si para di fronte agli occhi. È davvero…all’oscuro di tutto? Ha dimenticato. Com’è possibile?!
-Eri in camera con me prima che mi addormentassi, te lo ricordi? – domando, preoccupato.
-In realtà quando mi sono svegliata ti ho trovato lì di fianco…non ricordo quando sei arrivato però! – mi sembra di vivere in una realtà parallela. Non è possibile. Davvero no! Un’altra volta la perdita di memoria non posso accettarla….un’altra volta….la stessa persona. Proprio ora che…avevo ottenuto qualcosa.
-Bella….ti ricordi che ci siamo sposati vero?
-Si, credo di capirlo dalla fede al dito e dal fatto che condividiamo lo stesso letto… - mi risponde arrogante. Allora non si ricorda il giorno del matrimonio. Non si ricorda la nostra prima volta…non si ricorda tutto ciò che è successo. Si è dimenticata di me ancora una volta!
Sento che sto per mettermi ad urlare. Non è possibile.
-Ti ricordi il giorno delle nozze? – decido di chiederle qualcosa di preciso, qualcosa che non può evincere da altro. Lei tentenna e poi sbuffa.
-Uffa. Per colpa tua ho piegato male il rame ed ora mi tocca riprendere daccapo. Puoi dirmi perché mi fai tutte queste domande? E perché Charlotte ci mette così tanto in cucina?! – è agitata, lo posso vedere dalle mani che tremano. Ma perché? Cosa succede? Si è resa conto di aver perso la memoria? Si rende conto di non ricordare il giorno del matrimonio ed altri dettagli e non sa come dirmelo? Sospiro forte.
-Adesso torna, non ti preoccupare. Prendi un altro filo di rame e ricomincia…ma voglio sapere se ricordi il giorno in cui ci siamo sposati…- dico gentilmente, cercando di metterla a proprio agio e tranquillizzarla. Se davvero ha perso la memoria, come sembra adesso, probabilmente si sentirà agitata e preoccupata e non voglio farla star male. Andremo con piccoli passi.
-E’ passato del tempo, non ricordo i dettagli Edward… - sospira forte. Peccato, io invece ricordo ogni cosa. Non è passato tanto tempo. Io ricordo qualsiasi cosa di lei, anche di quando era piccola e di come amava guardarsi le scarpette da festa che portava quando veniva a casa mia e che toglieva per correre nel giardino, per evitare di rovinarle. Il giorno del matrimonio è impresso nella mia mente come se fosse ieri, come se ogni giorno non ci allontanassimo sempre di più da quella data. L’abito bianco che la fasciava dolcemente evidenziando i fianchi morbidi e il petto piccolo ma delizioso, i capelli ondulati che cadevano a ciocche dall’acconciatura con le forcine sulla testa, il viso dolce e teso, le spalle ricurve per la mancanza di voglia di sposarmi. Ricordo tutto. Anche la sua voce durante le promesse, così apparentemente sincera, ma ad una più attenta analisi era chiarissima la forzatura.
-Giusto…e…cosa ricordi di quel giorno? – devo assicurarmi di ciò che ricorda, capire se la perdita di memoria è a lungo termine o a breve termine…che poi che differenza può fare? Dovrei vivere con l’ansia che lei possa dimenticarsi di ciò che è successo poche ore fa? Come farei? Magari le posso dire che l’amo e domani lei non se lo ricorderebbe e continuerebbe a pensare che si trova dentro un matrimonio costretto e senza amore.
-L’abito bianco..avevo una striscia grigio argentea sulla pancia…e poi che le scarpe mi dolevano… - è già qualcosa, mi dico.
-E basta? – il pensiero che abbia rimosso anche la nostra prima notte di nozze mi lascia completamente stordito e frustrato. Non è possibile. Non un’altra volta.
-No, ricordo anche Emmett che sghignazzava continuamente, ma ancora non capisco perché… - oh lo so io, piccola. Sghignazzava perché tu sei all’oscuro di tutto, mentre molti sanno che ti amo, ti amo tanto. E lui rideva e ci prendeva in giro, ma non gli ho mai chiesto davvero perché si comportava così!
-Conte, Contessa…la cena è servita! – guardo l’orologio e mi accorgo che sono già le otto. Quanto ho dormito nel pomeriggio per non essermi accorto di tutto questo tempo?! Mi alzo sospirando e lascio che Bella vada avanti verso la sala da pranzo, fermo Charlotte però.
-Charlotte, sai se per caso Isabella ha preso qualche botta in testa o è caduta? – lei mi guarda allibita e scuote la testa.
-No padrone, perché me lo chiedete?
-Non ti sembra un po’ strana rispetto agli altri giorni? Un po’…confusa?
-No affatto…è sempre la solita Isabella…Forse voi non la vedete da qualche settimana padrone… - annuisco, tanto per mettere fine alla discussione, ma sono sicuro di quello che vedono i miei occhi e sentono le mie orecchie. Bella non sta bene.

La cena passa in silenzio, è molto strano che Bella non mi faccia domande dopo l’accoglienza ricevuta al mio ritorno. E’ strano sentire anche questo rumore delle forchette e dei piatti, ma non la sua voce. Mi manca, quel suono melodioso, mi manca.
-C’è qualcosa che non va? – mormoro osservandola, lei mi guarda sorridendo e scuote la testa.
-No affatto..stavo solo pensando che ho voglia di fare un bagno più tardi…
-Chiedilo a Jane, farà in modo di fartelo preparare immediatamente! – lei annuisce e poi torna a dare attenzione al suo dessert.
La trovo sempre più strana, non mi guarda, non parla, è stanca; cosa le è successo?
Quando Jane e un’altra cameriera arrivano a portare via i piatti però, Bella non parla e così mi decido a essere io il suo portavoce, alla fine, è mia moglie giusto?
-Jane, Isabella vorrebbe fare un bagno. Fai preparare la vasca nella sala da bagno della stanza padronale e assicurati che ci siano i Sali sufficienti e adatti.
-D’accordo, provvedo subito! – lei tiene lo sguardo basso, sulle sue mani appoggiate sul grembo e una strana espressione sul volto, un labbro è preso tra i denti fortemente. E’ come se fosse a disagio. Si sente a disagio a stare con me? Dopo tutto questo tempo? Certo non che io abbia fatto in modo di metterla a suo agio ma pensavo che…si fosse tutto risolto. O se non tutto, almeno in parte. O forse è solo colpa della memoria, il non ricordarsi le cose la porta a sentirsi a disagio, posso immaginarlo, e mi sento atterrito dall’idea che possa aver dimenticato cose importanti, momenti importanti della nostra storia, perché alla fine…anche se non mi sono mai dichiarato apertamente tutto ciò che ho fatto l’ho fatto con il cuore e per me sono momenti importanti.
-Cosa ne dici se intanto saliamo di sopra così puoi prepararti? Io prendo un libro dalla biblioteca.. – annuisce silenziosa e si alza, tenendo sempre la testa bassa. Non riesco a vedere i suoi occhi, né la sua espressione e mi manca, perché in questo modo non posso capire cosa le passa per la mente, come sta. Non riesco a leggere i suoi occhi, maledizione. Quando saliamo la servitù sta già portando l’acqua all’interno della vasca, e Jane si è occupata di versare i Sali dentro. La esorto allora a fare in fretta o l’acqua si raffredderà e il bagno sarà inutile, annuisce seria e poi sparisce nella sala da bagno, socchiudendo le porte.

Io me ne sto seduto sul letto, in completa confusione. Mia moglie ha perso di nuovo la memoria, devo parlare con il dottore e chiedere consiglio. Non voglio assolutamente che stia male, che la nostra convivenza sia compromessa. Oltretutto…non vorrei che dietro si celassero problemi più seri, e non so se si possano scoprire. Pagherò tutto quello che posso al dottore, ma voglio che Isabella stia bene. Avevo voglia di raccontarle tutto una volta tornato a casa, e lei lo aveva scoperto, dannazione. Era tutto più semplice, perché ha dovuto perdere la memoria?

-Bella, ti ricordi cosa hai fatto nel pomeriggio, prima di venire a letto? – ero con lei, per cui posso benissimo accertarmi se è realtà o meno.
-So che stavo leggendo un libro e poi sono salita su per riposare, ho letto poco e poi mi sono addormentata…altro non ricordo. – dice.
-Davvero non ricordi altro? Qualcosa che ci possa far capire cosa sia successo?
-Cioè? In che senso?
-Bella..ehm…non so come dirtelo… - tentenno perché non vorrei turbarla o agitarla.
-Dirmi cosa? – scosto la porta ed entro nella sala da bagno tenendo gli occhi bassi, comunque lei è dietro un paravento di tela bianca. Può vedermi, almeno la mia ombra, come io vedo la sua, ma sapendo che sarebbe la seconda volta per me che la vedo nuda, preferisco lasciare il paravento tra noi, non so come potrei reagire.
-Tu…tu hai perso la memoria. – sento come una risatina dall’altra parte, ma non ne sono sicuro, per cui resto dalla mia parte senza invadere i suoi spazi.
-Ho…perso la memoria? Come..fai a dirlo?
-Non ricordi…tante cose! Mi sto seriamente preoccupando. Domani farò venire il dottore, così saprà dirci di più!
-Edward, non c’è bisogno di chiamarlo… - mi dice con un tono strano della voce.
-Oh si invece, e questa volta non ti opporrai! Capito?!
-Edward…davvero…
-Senti, sei mia moglie, decido io chiaro? Ora finisci il tuo bagno! – sbotto arrabbiato e la sento ridacchiare.
-Sei così buffo!
-Io?
-Si tu, marito…- e ride più forte.
-Bella…stai bene?
-Oh…mai stata meglio! – la sua risata inonda la stanza, è così potente che potrebbe sentirla addirittura la servitù nelle cucine. La sua salute psicologica mi sta davvero preoccupando, forse è il caso di insistere con il dottore perché porti qualche collega più ferrato in questi comportamenti.
-Ehm…sei sicura che è tutto okay?
-Veramente….no.
-Ah ecco…e cosa succede? Posso fare qualcosa? Chiamo Charlotte o Jane o Donna Sullivan? O magari un dottore… - propongo agitato.
-Non voglio che chiami nessun dottore per la mia salute mentale! – e ridacchia.
E’ impazzita, impazzita sul serio. Forse ha mangiato qualche erba particolare che l’ha fatta reagire così, o forse la botta in testa che ha perso per perdere la memoria è stata davvero troppo forte e l’ha instupidita. Non è normale. Non sembra neppure la mia Bella.
-Ancora con questa storia?
-SI! – grida quasi. Rimbalzo all’indietro, come se qualcuno mi avesse spinto, talmente sono sorpreso dal suo tono e dalla sua risata esasperata.
-Mi spieghi perché?
-Perché sono sanissima, e ricordo ogni cosa…ogni cosa! – confessa ormai stravolta dalle risate.
Eh? Mi sporgo dal paravento e la osservo con gli occhi sgranati e l’espressione allibita e confusa.
-Cosa?! – diciamo che sono anche abbastanza infuriato, sento l’ira che sale nel sangue. Lei ride, e ride, gettando addirittura la testa all’indietro. Ed è così dannatamente bella con i capelli legati sopra la testa in una treccia raccolta, la pelle bianca e morbida è ancora più bella con tutte quelle goccioline d’acqua.
-Si, ricordo tutto…ti ho solo…preso un po’ in giro! – insieme agli occhi si allarga anche la bocca, la mandibola tocca quasi il pavimento. Mi ha fatto preoccupare come un cretino per….per….uno scherzo? E’ davvero pazza! Perché l’ha fatto? Perché ha scherzato così? Lei però non sembra preoccupata e ride, come una pazza. Si lo è, la mia pazza. Ed io la amo. Quale donna si permetterebbe mai di fare uno scherzo del genere al proprio marito? Quale contessa soprattutto? E’ una donna magnifica, dovevo saperlo da subito e non farmi neppure tante domande…se l’amo c’è un motivo. E’ meravigliosamente pazza, dolce, tenera, bellissima e irrispettosa. Mi piace da morire quando sbatte i piedi per avere qualcosa, e amo dirle di no per vedere quel cipiglio di sfida sul volto e adoro anche renderla felice, per cui alla fine sono pronto a concederle ogni cosa!
-Tu…tu…Mi hai…fatto…uno scherzo? – erano secoli che qualcuno non si permetteva di scherzare con me. Tutti così impettiti, perfettini, rispettosi, composti, nessuno mi ha preso in giro da quando l’ha fatto l’ultima volta lei. Mi viene da ridere, ma mi trattengo. Lei e le regole…due cose dannatamente diverse. Ma la amo per questo. Perché è fuori dai canoni, perché non fa nulla di quello che ti aspetti, perché non bada che tu sia conte o contadino, quello che deve dire te lo dice. La amo….pazzamente!
Ma adesso è il mio turno di giocare!
Lei mi guarda con un sopracciglio alzato.
-Certo Conte, vi ho fatto uno scherzo, perché verrò punita? – avanzo lentamente, rendendole l’agonia ancora più lenta e insopportabile. Maschero bene il mio sorriso dietro una rabbia fintamente presente e vedo la sua espressione mutare rapidamente. E’ spaventata. Oh amore, non voglio davvero farti male, voglio solo scherzare come tu hai fatto con me.
-Mi hai preso in giro, è normale che verrai punita, anche se sei mia moglie! – nei suoi occhi passa un lampo di terrore, mentre io mi sento dannatamente eccitato, e quando raggiungo la vasca e la vista di mia moglie completamente nuda entra in contatto con i miei occhi faccio fatica a ragionare. Mi abbasso faticando a rimanere concentrato nella mia espressione fiera e brutale e quando la vedo indietreggiare finchè la vasca glielo permette, sorrido amaramente.
Bella, non mi puoi scappare!
In fretta, con una velocità che non sapevo mi appartenesse prendo una dose di acqua tra le mie mani a coppa e la schizzo sul viso, bagnandole i capelli e spegnendo la sua espressione impaurita. Quando si rende conto che sto ridendo a crepapelle mi fa un ghigno malizioso e si alza all’in piedi, mostrandosi in tutta la sua natura di donna sensuale e meravigliosa, ma il mio sguardo si poggia poco sul suo corpo. Vengo inondato da una miriade di schizzi provenienti proprio da lei che ride e gridacchia.
-Ben ti sta! – non posso fare altro che ridere come un pazzo e cercare di ripararmi dietro il paravento, scosso dalle risate. Siamo due scemi.
La porta viene scossa dal bussare insistente.
-Si?
-Padrone, tutto bene? Abbiamo sentito delle urla.. – Ridiamo in contemporanea e poi io mi schiarisco la voce.
-Si Garrett, tutto bene…io e la contessa stavamo stabilendo alcune regole di condotta! – ridacchia anche lui, dall’altra parte del legno massiccio.  
-Immagino! Allora buona notte, Padroni!
-Ehi, vieni fuori da lì?! – la sua voce delicata e divertita non mi ispira per niente e mi affaccio solo con la faccia, pronto a ripararmi di nuovo, la trovo seduta di nuovo all’interno della vasca, mentre si accarezza le braccia. Mi faccio convincere dalla voglia di scaldarla, perché scommetto che ha freddo ed esco del tutto.
-Tregua! – afferro il telo da bagno e lo avvicino portando le mani in avanti, come per ripararmi. Lei si alza e si appoggia alla mia spalla per uscire dalla vasca, poi la copro con il telo morbido, avvolgendola tra le mie braccia e strofinando forte. –Stai tremando!
-L’acqua…era diventata…fredda! – sospiro e la prendo in braccio di colpo, lei non se lo aspetta. –Edward!! – ridacchio e avvicino il mio naso al suo, toccandolo appena.
Adesso tremo come lei solo per il nostro contatto.
-Lasciati coccolare, moglie! – appoggia la testa bagnata sulla mia spalla e io la poso sul letto delicatamente, prendendo una delle camicie da notte di cotone caldo e porgendogliela perché la indossi, poi le asciugo i capelli con il telo.
-Devi asciugarti anche tu, sei tutto bagnato!
-Oh si? E di chi è la colpa, peste? – ridacchia.
-Hai iniziato tu! Mi hai bagnato i capelli!
-Io? Tu mi hai preso in giro per tutta la serata! Mi sono spaventato da morire! – sono serio quando lo dico e mi fermo anche per guardarla in volto.
-Hai ragione…scusami. E’ stato uno scherzo di pessimo gusto. Mi perdoni? – le accarezzo una guancia con tenerezza. E’ così bella e con l’espressione dispiaciuta è deliziosa.
-Sempre… - mi sorride, credo che io abbia dipinto la stessa espressione sul volto. Tolgo i vestiti velocemente, indossando gli abiti per la notte e dopo aver recuperato un telo per avvolgere i capelli di Isabella la seguo sotto le coperte, dove mi sta aspettando già semisdraiata.
-Come ti è venuta in mente l’idea del davanzale e dei regali? – me lo chiede così direttamente? Pensavo che parlassimo di altro prima, tanto per tornare seri e con l’atteggiamento giusto, ma devo imparare che con Bella sarà sempre così. Sospirando rispondo.
-Avevi detto che volevi fiori, frasi romantiche, un corteggiamento…L’idea è venuta vedendoti dormire, ti alzavi sempre con quell’aria dispiaciuta e giravi per la tenuta come se fossi in prigione. Ho notato che già con il primo fiore hai cambiato radicalmente atteggiamento. E’ stata una gioia osservarti per quelle settimane…
-Davvero? – mormora debole, appoggiando la testa sulla mia spalla.
-Si...mi piace renderti felice! – le confesso dolcemente.
-Lo sono…adesso lo sono! –Oh piccola mia! Non puoi immaginare quanto lo sono io.
-Anch’io!
-Ora…mi puoi dire chi era l’altra donna? – mi scosto e la guardo sorpreso. L’altra donna? Ancora crede che ci sia una terza persona? Le prendo il volto con le mani sorridendo. Ingenua dolce, tenerissima Bella.
-Non c’è nessuno a parte te Bella…la sera del mio compleanno, eri tu quella a cui pensavo, la donna che amavo già quel giorno…sei tu. Fin dall’inizio…
-Quindi..mi hai sposato perché…
-Perché ti amo… - sgrana gli occhi e a fatica chiude la bocca dopo qualche secondo. Sorrido della sua espressione, sono riuscito a zittirla.
-Uuuuhhh…che dichiarazione…peccato essere già sposati, o di sicuro ti avrei sposato senza remore! – ben presto però ritrova le parole e non riesce a stare seria neppure per un momento! Ridacchio.
-E’ una fortuna invece…così posso baciarti…senza aspettare che qualcuno ci dica di poterlo fare… - avvicino le labbra alle sue sorridendo e lei ricambia il mio tocco. Le sue mani raggiungono i miei capelli, stringendoli e tirandoli e sento un desiderio potente irradiarmi dentro.
Le sue labbra sono morbide, come le ricordavo e la sua lingua deliziosamente buona da assaporare. Mentre riprendiamo fiato, le nostre fronti sono appoggiate e continuo a lasciare dolci baci sul naso e sul mento e sulle guance.
-Non che voi, Conte, vi siate fatto molte remore a baciare una contadinotta prima del matrimonio…. – Sghignazzo. Solo lei! Solo lei può pensare e dire cose del genere.
-E’ perché voi, Contessa, avete le labbra più belle e buone dell’intera Scozia…
-Solo?! – alza un sopracciglio.
-Di tutto il mondo, va bene?! – fingo di essere scocciato, ma in realtà sto così bene e in pace che dubito potrei davvero avere sentimenti negativi in questo momento.
-Si…può andare! – ridiamo e mi sembra di essere tornato bambino quando nessun problema mi toccava e giocavo sereno e felice con quella piccola peste di Isabella Swan, che mi faceva esasperare all’epoca come adesso.
-Sei bellissima…lo sai? – lei scuote la testa, mentre io le accarezzo la guancia.
-Non è vero…Infatti non capisco cosa ci trovi in me…sono un’umile campagnola, capace solo di dedicarmi alla casa e alle faccende domestiche, potrei fare più bella figura insieme alla servitù nelle cucine! – allargo gli occhi e con un solo movimento me la ritrovo sotto il corpo.
-Non dirlo neppure per scherzo! Sei meravigliosa…Amo ogni cosa di te…
-Dimostramelo! – mi dice audace con lo sguardo malizioso e imbarazzato allo stesso tempo. La mia piccola peste. Bacio subito la sua mente.
-Adoro la tua intelligenza e la capacità di voltare ogni situazione a tuo favore, o almeno provarci!
-Con te è così difficile averla vinta! – dice piccata e sbuffando. Ridacchio scendendo sugli occhi e baciando anche quelli.
-Questi li amo perché sono magnifici e riesco a leggere cosa provi, quando me li nascondi sono perso, perché non ho nessun punto di riferimento. – prima che possa dire qualcosa di tipicamente suo, che potrebbe smorzare tutta la magia del momento, continuo. –Amo le tue guance, perché mostrano i segni del pudore e della tua timidezza, che ti fanno sembrare piccola e indifesa, quando in realtà sei una piccola tigre all’occorrenza docile e mansueta!
-Ehi! Non prendermi in giro! – mi tira una pacca sul braccio, ma non mi fa male, anzi tutti questi gesti sono così intimi che mi fanno sorridere e scoppiare il cuore di gioia.
-Amo i tuoi capelli perché sono morbidi, profumati e luminosi e rendono magnifico ciò che è già perfetto…Amo le tue mani. Sono piccole ma donano le carezze migliori del mondo, potrei assimilarle a quelle di mia madre. Amo il tuo corpo, perché è sensuale e dannatamente perfetto, perché sei una visione eccitante e delicata, di cui posso godere solo io… - le bacio il collo, mentre le mie mani scendono lungo il suo fianco.
-Edward… - le sue mani si fermano sulle mie spalle, accarezzandomi attraverso la maglia.
-Ma soprattutto…amo la tua bocca.. – dico lasciandole deboli baci a stampo –Perché è capace di farmi ridere, di dire cose dolci e sensate, intelligenti e perché la tua voce mi tiene compagnia e mi fa sentire bene e pieno. – La bacio più a fondo, mentre con il corpo rimasto sospeso fino a quel momento, mi adagio su di lei, permettendo ad entrambi di sentire il contatto completo con il corpo dell’altro.
-Vale ancora la tua promessa? – sussurra tra i baci. Non posso farci nulla, le sue labbra sono una dipendenza, più dei sigari importati dall’Irlanda. Non capisco di cosa parla così mormoro un semplice “cosa?” senza staccarmi mai. –Hai promesso che non mi avresti più toccata…vale ancora la tua promessa?
-Perché? – riesco a trovare nella mia testa un brandello di forza e di energia per chiedere e non restare muto a godere della sua lingua e dei suoi gemiti.
-Perché ho davvero voglia di lanciare quelle parole alle ortiche e sentire com’è davvero fare l’amore con una persona che si ama… - affondo nella sua bocca, gemendo senza più remore. Le sue parole mi hanno gettato addosso una secchiata di pura felicità che mi fa sembrare ubriaco.
Si ubriaco di gioia.


*Capitolo Sette*


Edward pov.

-Perché ho davvero voglia di lanciare quelle parole alle ortiche e sentire com’è davvero fare l’amore con una persona che si ama… - affondo nella sua bocca, gemendo senza più remore. Le sue parole mi hanno gettato addosso una secchiata di pura felicità che mi fa sembrare ubriaco. Si ubriaco di gioia.

-Vuoi….vuoi…- non riesco neppure a dirlo, ma che persona sono? Ma che uomo sono diventato? Un balbuziente emozionato?! Prendo un sospiro lasciando che le mie mani l’accarezzino lungo le braccia e poi sul fianco, risalendo su, lentamente. –Vuoi fare l’amore con me, questa notte? – le domando, cercando il coraggio in qualche posto nascosto di me.
-Non solo stanotte… - mormora dolce, con un sorriso malizioso sul volto. Lascio cadere la testa sulla sua spalla, sospirando forte. Mi manderà al manicomio. E’ così eccitante e bellissima e sfacciata. –Ma se vuoi tener fede alla tua promessa…. – si stacca e con un’agile mossa si rifugia nella mia parte di letto e rabbrividisce essendo fredda.
-Dove scappi?! – è facile raggiungerla perché la realtà è che lei non vuole andarsene, lo leggo nei suoi occhi. Lei vuole davvero me stanotte, le mie mani, la mia bocca, le mie carezze…tutto.
La ingabbio sotto di me con un rapido movimento e lei sorride maliziosa.
-Conte…voi mi dovete spiegare molte cose.
-Tipo? – non riesco a staccare i miei occhi dai suoi. Sono sempre stati così maledettamente belli?
-Come avete fatto a convincere mio padre per questo matrimonio, per esempio…o cosa avete detto ad Emmett….o…come avete fatto in queste settimane senza il mio….senza il mio corpo…
-E’ stato semplice milady! Più semplice di quello che credete….Ho detto loro che vi amo, che poi è la verità, e l’ho ripetuto fino allo sfinimento, assicurando loro che mi sarei preso cura di voi sempre, e che avrei soddisfatto ogni vostro desiderio e trattata con le cure più amorevoli possibili…Ed era una promessa che intendo mantenere. - Bella sgrana gli occhi e sorride dolce.
-Sono parole bellissime conte…quasi quasi avete convinto anche me…
-Oh…credo che domattina la penserete in modo diverso milady… - io ormai ho perso le battaglie con il sorriso perché se ne sta sulla mia faccia da quando sono entrato in questo letto.
-Perché conte?
-Perché ho intenzione di farvi cancellare quel “quasi quasi” e convincervi del tutto….facendo l’amore con voi tutta la notte…. – elimino la distanza che separa i nostri visi e accarezzo le sue labbra con le mie. Sono così morbide, saporite, piene….è una delizia baciarla ed ogni volta perdo il senno. Così non mi ricordo come ci siamo trovati entrambi nudi e ansimanti, mentre le mie mani stringono il suo seno.
-Non mi ha-hai ancora risposto Edw…Edward… - evidentemente le mie carezze la fanno stare bene, anche se non geme e i suoi mugolii mi mancano. Sentirli nelle orecchie mentre la bacio o l’accarezzo….vorrei tanto che si lasciasse andare completamente.
-A cosa?
-Come…come hai fa-fatto in que-questi mesi? – le guance sono rosse, e probabilmente sia per l’imbarazzo che per le emozioni che sta provando. La guardo mentre i suoi occhi sono nei miei, è così coraggiosa nonostante sia solo la sua seconda volta, è così intraprendente e maliziosa e sensuale e…ama che io le parli. Le sorrido malizioso, di certo non le farò sapere come ho fatto.
-Sei così bella… - mormoro a bassa voce mentre le mie mani scendono verso il basso a lambire la pelle morbida e lucente del suo centro. Vorrei tanto assaggiarla ma…me lo lascerebbe fare?
Mi accarezza le spalle, le graffia, fa passare le mani tra i capelli e li tira è così sensuale ed eccitante e vorrei che mi accarezzasse, vorrei sentire le sue mani su tutto il corpo ma…non posso chiederle una cosa del genere. E’ ancora presto e probabilmente non vorrebbe neppure.
-Edward…ri-rispondimi…Come…Come hai fatto? – la determinazione negli occhi cioccolatosi che ha mi fa sorridere e un po’ mi intimorisce…lo so che lei pensa io abbia fatto visita a qualche bordello ma non so se sia meglio farle credere quello o ….turbarla alla nostra seconda volta. –Non me lo dici perché…sei stato con altre…donne? – dice a fatica guardandomi delusa. Io scuoto la testa velocemente. –E allora? – mi concentro sul suo bottoncino, le sue gambe si aprono di più e il liquido caldo che lubrifica le mie dite al passaggio è un nettare così delizioso da farmi venire voglia di divorarla. L’odore si percepisce fino a qui, chino su di lei mentre le lascio baci bagnati su tutta la mandibola. –Vuoi parlare?! – dice a voce alta. Ed io sbuffo.
-Vuoi davvero saperlo? Anche se…ti turberà?
-Nulla può turbarmi Edward…ora dimmi.. – l’amo anche per questo, giusto? Sospiro e mi avvicino al suo orecchio, mentre mi appoggio sulla sua coscia con la mia intimità, per farle sentire come sono al solo pensiero di lei. La sento mentre rabbrividisce.
-Quando mi trovavo in queste condizioni…era sempre per colpa tua. Mi avevi sfidato o guardato con quel cipiglio determinato negli occhi, o mi avevi chiamato Conte o anche solo eri presente nella stanza…questo è l’effetto che mi fai Bella…e in quei momenti…Chiudevo gli occhi e ti pensavo, su di me, come quella nostra unica notte e immaginavo che…ci fossi tu di fronte a me…abbassavo i calzoni e…mi toccavo. Lo prendevo in mano e cominciavo a muovermi su e giù, su e giù…pensavo che fossero le tue mani, desideravo fossero le tue dita calde e timorose ma allo stesso tempo decise e meravigliose.. e impazzivo. Ecco come ho fatto in questi mesi…mi sono toccato pensando a te. – senza volerlo avevo completamente perso ogni forma di lucidità e mi ero lasciato andare. Mi ero accorto di aver parlato con una voce bassa, roca e troppo eccitata, ma non potevo farci nulla; era davvero lo stato in cui versavo al momento. Con un gemito più forte Bella trema sotto di me, scossa dal piacere. Non mi sono neppure accorto di avere aumentato il ritmo delle mie dita su di lei mentre parlavo, e lei ha raggiunto l’orgasmo sentendomi parlare. Rallento dolcemente per farla riprendere. Ha il fiatone ed è tutta rossa, tiene gli occhi chiusi e immagino che adesso l’imbarazzo la starà divorando. Mi posiziono al suo fianco ed inizio ad accarezzarle le braccia e il ventre e baciarle la spalla, il mento, la mandibola, sperando che si sciolga. Non so quanto tempo passa prima di sentire la sua mano sul fianco, che mi accarezza deliziosamente e poi scende più giù, su di me. Con gli occhi chiusi mi accarezza con un dito e devo chiudere gli occhi e distendermi per non rischiare di fare qualcosa di male, come per esempio saltarle addosso.
-Bella…
-Io…io…non so cosa…cosa sto…facendo. – mormora afflitta ed io sorrido, perché non posso fare altro. Perché è così imbarazzata, tenera, meravigliosa.
-Cosa vorresti fare? – domando cercando di moderare la voce.
-Farti provare…quello che provo io..essere capace di..
-Di? – domando quando non continua.
-Voglio che tu non debba mai andare da altre donne per…sentirti appagato… - il volto completamente distorto dal rossore sulle guance, sul collo…ma è meravigliosa. Mi avvicino a lei, mettendomi nuovamente sul fianco e la bacio dolcemente.
-Non cercherò nessuna altra donna e tu…sei splendida così. –le sue carezze non accennano a diminuire e quel dito sta diventando una piccola tortura per la mia povera e blanda resistenza.
-Ma…ma…io…voglio imparare…cosa ti piace… - chiudo gli occhi e getto la testa indietro. –Insegnami…insegnami cosa ti piace. A me piace quando mi accarezzi, quando lecchi la mia pelle…mi fai impazzire quando con le dita mi tocchi…a te…a te cosa piace? – oh!
IO credo che morirò.
-Bella…tu sei davvero perfetta così e… - non mi lascia finire però, perché si allontana.
-Okay, allora io sono perfetta quando non faccio nulla…ho capito! – perché parlare con le donne è così difficile?
-No…No…Bella non è questo!
-E allora cosa? Perché tu puoi fare quello che hai fatto prima ed io no?
-Vuoi…davvero imparare?
-Si! – dice energica. Le prendo la mano abbandonata sul letto e la porto sul mio fianco.
-Riprendi a fare quello che facevi prima…e lasciati guidare dall’istinto… - mormoro mentre le sue dita si muovono verso il basso. Un dito percorre tutta la mia lunghezza fino alla punta e poi giù sui testicoli, facendomi rabbrividire.
-E adesso? – biascica con la bocca vicino alla mia. Ho gli occhi chiusi perché le sue mani in quelle zone mi fanno rabbrividire e perdere il controllo.
-Fai quello che vuoi…tutto quello che vuoi… - mormoro.
-Cos’è che pensavi in quei momenti? –Mi vuole morto. Mi vuole morto. –Mostrami… - ODDIO! Come? Io….dovrei…toccarmi….di fronte a lei? ODDIO….
-Bella… - mi esce un suono strozzato.
-Edward…ti prego…mostrami…. – mi lascio cadere sulla schiena e lentamente e con gli occhi chiusi porto una mano dove prima c’era il suo dito e chiudendo me stesso nella mia mano comincio ad andare su e giù. Sento il suo sguardo su di me e non oso immaginare il suo imbarazzo se già il mio è alle stelle, ma quando le sue dita mi cacciano e sostituiscono la presa un gemito roco mi scappa dalle labbra.
-Oddio…
-Fermami se faccio qualcosa di sbagliato… - dice muovendo la mano ed in quel momento penso solo che nulla può essere più giusto. I suoi movimenti sono decisi ma non troppo veloci, non sono lenti né deboli. Sono perfetti, come se sapesse da sempre come muovere la sua pelle a contatto con la mia. Sto per impazzire, lo so. Devo essere in paradiso perché pare di avere sentito anche le sue labbra e lei non lo farebbe mai. Vero? Apro gli occhi solo per accertarmi che sia davvero lei, e non un mio sogno e quando la vedo, inginocchiata di fianco a me, una mano sulla coscia mentre mi stringe e l’altra sul mio membro sto già per venire. E poi la vedo mentre si inchina e lascia un bacio sulla punta. Sto per scoppiare e ansimo vergognosamente.
-Oddio Bella…cosa…cosa fai?
-Io…ehm…scusa. Non lo so in realtà avevo solo…….non so. Avevo voglia di baciarti. Non lo faccio più…scusa…
-No! No…ti prego! Sentiti libera di farlo…tutte le volte che vuoi! – sghignazza confusa e annuisce imbarazzata. Non credo possa essere più imbarazzata di me comunque.
-Posso….posso provare….una cosa?
-Cosa?
-Io…ehm….Io ho voglia di assaggiarti e… - getto la testa all’indietro e credo di essere quasi al limite. Non si rende minimamente conto di quello che mi sta facendo, mi sta mandando all’altro mondo solo con dei semplicissimi gesti e con delle parole sensuali. La sua voce poi, bassa e suadente…Non resisterò a lungo, lo so bene! –Non…non ti preoccupare non…ho cambiato idea…continuo così… - aumenta di poco la velocità ed io porto una mano sulla sua gamba, vicino a me.
-Fai quello che vuoi…Tutto quello che ti viene in mente, quello che desideri…sono tuo…fai tutto quello che vuoi…tutto quello che vuoi…. – mormoro con frenesia in preda al piacere, con gli occhi chiusi. Quando sento la sua mano fermarsi e la sua lingua passare sulla punta e su tutta la lunghezza della mia asta due, tre, quattro, cinque volte tremo e vengo violentemente sulla pancia. –Scusa piccola…scusa… - sono imbarazzatissimo mentre le porgo la mia camicia per pulirsi la mano.
-Perché ti scusi?
-Perché….Perchè… - non so neppure cosa dire dannazione.
-Sono stata io a farlo?
-Si…Dio…non mi aspettavo la tua lingua è stato…
-Bellissimo? – dice timorosa.
-Di più! – ammetto felice, mentre il suo guardo malizioso e imbarazzato si spostano su un pezzo di letto non occupato da noi.
-Mi piace riuscire a farlo…a darti piacere…intendo. – E’ così imbarazzata che mi sprigiona una tenerezza infinita. L’attiro di fianco al mio corpo, abbracciandola.
-E’ lo stesso per me…ora rilassati, dormiamo… - le dico sfinito. E’ stata una giornata davvero molto lunga e anche se ho riposato nel pomeriggio mi sento abbastanza stanco. Ma lei alza la testa e mi guarda confusa.
-Dormire?! – no rettifico, più che confusa sembra contrariata.
-Non sei stanca? – domando.
-Mi sembrava di avere espresso una richiesta, Conte! Non ha detto che avrebbe soddisfatto ogni mio desiderio? Che ne è stato di quella promessa fatta a mio padre?! – ridacchio e sorpreso dalla sua malizia e dalla sua tenacia con uno scatto mi porto su di lei, tra le sue gambe mentre riesco a farla sorridere. Il sonno e la stanchezza dimenticati in un lampo, ho di nuovo voglia di lei. Ne avrò mai abbastanza? Temo di no.
-Pensavo solo foste troppo stanca milady…
-Ti voglio Edward… - le parole che mi hanno fatto capitolare e perdere in un secondo.

Penso di aver perso la memoria a brevissimo termine, quella istantanea a dir la verità, o forse è semplicemente l’onda delle emozioni che mi fa agire senza farmi davvero pensare a quello che sto facendo.
Non so bene come si è svolto il tutto, non mi ricordo neppure cosa è avvenuto dopo quelle parole, non ricordo l’ordine con il quale abbiamo agito o toccato il corpo dell’altro, tutto era veloce, passionale, frenetico e allo stesso tempo vissuto veramente e interamente. So di averla baciata fino a lasciarla senza fiato, provocandole gemiti rochi e ansimi che mi hanno fatto tornare duro come la roccia, allora mi sono staccato qualche secondo ed ho ripreso di nuovo, non ne ho mai abbastanza della sua bocca. So che le ho lasciato qualche segno sul collo e attorno al seno, ho succhiato così forte da farla urlare, spero più di piacere che di dolore. L’ho morsa, facendo attenzione a non farle male. L’ho accarezzata gentilmente ma con passione. E tutto ciò, unito alle sue carezze, ai suoi graffi sexy sulla schiena e sulle mie braccia, mi hanno portato nuovamente al limite; limite che è stato tirato ancora di più quando sono entrato in lei con una spinta. Sapevo che probabilmente le avrei fatto male, avrebbe sentito bruciore perché l’ultima volta risaliva a molto tempo prima, ma non ce la facevo più. Bramavo intensamente di essere dentro di lei e i suoi sospiri, i suoi gemiti, la sua voce roca ed eccitata che spargeva il mio nome in tutta la stanza mi hanno davvero mandato sull’orlo del precipizio.
-Oh…si….più veloce Edward.. – Non che queste frasi non mi gettassero giù da quel dannato burrone, ero sempre più vicino all’orgasmo ma cercavo di resistere per lei, per darle di più. Aumento la velocità, succhiando forte un punto del collo della mia donna, con gli occhi chiusi, cercando di resistere e resistere. Le sue mani sulla schiena, sul mio sedere per spingere di più, per indirizzarmi.
-Mi fai impazzire…. – mormoro ansimando. La sento sorridere.
-Lo so…è lo stesso effetto che…che..tu fai a me… ohh… - non si è mai lasciata andare così tanto. L’altra volta non aveva sospirato, ansimato, non aveva esternalizzato il suo piacere così e forse è per questo che sono riuscito a resistere. Ora invece mi sembra impossibile. Amo ciò che dice, come geme, amo le sue mani che non sanno dove toccare perché vorrebbe afferrarmi tutto, amo i suoi sospiri, la sua voce roca ed eccitata, amo come mi accoglie dentro di sé, amo il suo corpo sudato a contatto con il mio, amo le sue gambe che mi tengono stretto, amo il fatto che io sia il suo primo ma che sappia come farmi impazzire solo alla seconda volta.
-Ti va di….di cambiare…oh…posizione? – non so perché glielo chiedo ma l’altra volta l’ho portata su di me per farle prendere le redini di tutto, per farle conoscere ciò che può fare con il suo corpo, senza domandarle cosa voleva lei davvero. Ora però…lo faccio perché voglio averla su di me, voglio guardare i suoi seni muoversi, sentire il suo ritmo, ricercare l’equilibrio perfetto…e magari, perché no, riposarmi e tirare il fiato per arrivare dignitosamente alla fine dei giochi.
-Tutto…tutto quello che vuoi. – con una spinta del bacino mi trovo disteso, portando lei su di me. Inizia a muoversi, con più decisione e consapevolezza rispetto alla prima volta e i suoi occhi sono lucidi per l’emozione e il piacere, probabilmente la stessa che si riversa sul mio volto.
Quando si tira su e si siede sul mio bacino, lentamente con l’espressione sorpresa e in estasi, perdo un battito e sussulto. E’ una visione celestiale e sensuale, tutto insieme e magari potrebbero non andare bene queste due immagini insieme, ma ora non mi interessa perché è tutto ciò che posso pensare. E’ sexy, è bellissima, è dolce e tenera e una piccola tigre che si affaccia al mondo della sessualità con estrema curiosità e determinazione. E io la amo. Non posso davvero vederla in modo diverso.
-Questa volta fa meno male… - dice mentre comincia a dondolarsi. Chiudo gli occhi, anche se non vorrei, solo che se li tengo aperti rischio di venire in un secondo. Porto una mano sulla sua coscia facendola risalire piano e arrivo alla sua intimità accarezzando quel piccolo fascio di nervi che sa dare tanto piacere. Lo tocco piano e sento il suo corpo rabbrividire, getta la testa all’indietro e non solo, si appoggia con le mani sulle mie gambe lasciandomi vedere tutto, lasciandomi lo spazio per toccarla con le mie dita ma rimanendo comunque dentro di lei.
La amo. La adoro. La voglio.
Non so come faccio a vincere la voglia di spingere dentro di lei con forza e vigore, forse perché potrei farle davvero male, ma adesso vorrei tanto aumentare il ritmo, l’intensità, scoparla fino a cadere sfinito e sudato sul letto.
-Ti..ti piace? – mormora dopo un po’. Forse mi sono assentato troppo per starmene tra i miei pensieri.
-Non lo senti?
-Non si ohh…risponde ad una…ohhh domanda con una….oh si Edward…domanda! – porto l’altra mano alla sua gamba stringendola e accarezzandola, stringendo e accarezzando di nuovo.
-Si mi piace…- lei si muove più frenetica e sento le sue pareti stringersi attorno a me. E’ davvero difficile resistere.
-Oh…Oh…sii…Edward…Edward…- continua a ripetere il mio nome, mentre aumento il ritmo delle mie dita sul suo centro e le sue pareti si stringono di più su di me e il calore dei suoi umori mi avvolgono, mandandomi oltre l’oblio. –Aaaahhh….Edward…Edward Ti amo! – spingo in lei così forte che ho paura di farle male ma mi lascio andare e dopo due spinte sono completamente riverso in lei.

Bloccato. Il mio corpo è una pietra, una statua.
Non so cosa dire, non so cosa fare, non so come muovermi.
Mi ha detto che mi ama. Lo pensa davvero? E poi…me l’ha detto ora, mentre era nell’apice del piacere, magari non lo pensa davvero.
-Non….non ti arrovellare il cervello Conte… - sospiro mentre lei si stende sul mio corpo, appoggiando la testa tra spalla e collo. –Ti amo davvero. – Ed ecco di nuovo quelle parole.
Rabbrividisco e lei sorride, anzi ridacchia proprio. Aspetta ancora qualche minuto prima di aggiungere… –Non pensavo di riuscire a zittirti!
-Bella…. – mormoro senza fiato e completamente soggiogato dal momento.
-Shhh…dormiamo! – la sento ridere ma ora come ora non ho davvero la forza di mettermi a dormire! Dov’è andata tutta la stanchezza che sentivo prima? Evaporata! Come può anche solo pensare che voglia dormire ora? Le alzo il viso con le mie mani e la porto a fronteggiarmi. I miei occhi nei suoi, i nostri corpi che sudati sembrano fusi insieme, l’odore del nostro sudore, inebriante, che si mischia con il profumo della nostra pelle; i capelli bagnati, le membra stanche ma appagate; ed un sorriso meraviglioso sui nostri volti.
-Mi ami?
-Si…
-Ripetilo… - voglio che mi guardi negli occhi, voglio guardarla mentre lo ammette, voglio che i suoi occhi color cioccolata mi stordiscano più delle sue parole.
-Ti amo Edward.
-Oh…. – è tutto ciò che riesco a dire, tutto ciò che la mia mente immobile e pietrificata può pensare. I suoi occhi sono sinceri e le sue mani mi accarezzano il volto con una mossa dolce e tenera, affettuosa. –Ti amo Bella…ti amo infinitamente! – è un attimo e le nostre bocche si ritrovano.

Non so in che periodo dell’anno ci troviamo, né se fuori è già giorno, né che stagione sia. Non so bene dove ci troviamo, non so se sia un sogno o se sia realtà, so che siamo su di un letto, meravigliosamente comodo, che la stringo tra le braccia, e che le lenzuola sono ormai un semplice ornamento per i nostri corpi troppo accaldati. Ho perso la cognizione del tempo e dello spazio. Ho dimenticato persino la mia data di nascita e il mio cognome, il mio titolo, la mia contea. Ora sono semplicemente Edward, innamorato e sposato con una donna meravigliosa, un semplice uomo che attende con ansia di tornare dentro il corpo della sua amata per tutta la notte.


*Epilogo*


Quattro anni più tardi

Edward pov.

Sono stato via per circa due mesi ed oggi finalmente sarò a casa. Non ho potuto posticipare né anticipare questi impegni di lavoro sorti proprio in questo periodo e mi piange il cuore sapere la situazione che ho lasciato tra quelle quattro mura.
Ho dovuto fare i bagagli quasi a termine della gravidanza di mia moglie, la seconda per essere precisi, avrei potuto rifiutare e restare a casa, mandare solo i miei soci in affari ma Bella ha insistito perché fossi io a partire. Così, dopo aver discusso per ore, mi ha convinto e sono partito con un dolore al petto che ancora adesso non si è assopito. Se almeno sapessi che stanno tutti bene. Invece non mi è stato possibile avvertire casa né essere avvertito a mia volta. Non so se si tratta di una femminuccia, né se è un maschietto, né se durante il parto ci siano stati dei problemi. Spero di no, spero di tornare e trovarla in giardino con la nostra piccola peste di tre anni che corre, cade e si sporca e un frugoletto tra le braccia.

Intravedo il sentiero di casa e mi agito sulla carrozza, nel cuore l’unica speranza è che stiano tutti bene, mentre i ricordi di qualche anno fa si affollano nella mia mente.

Flashback

-Cos’ha la padrona Signore? – Jane si avvicina e mi chiede a bassa voce, dopo che il dottore ha lasciato la tenuta e un sorriso contento e soddisfatto sul mio volto, che cerco di mascherare.
-Nulla Jane, sta benone! Non preoccuparti e preparami un infuso calmante con l’aggiunta di essenza di ciliegia, sai è il suo preferito… - salgo gli scalini che mi separano dalle stanze a due a due, felice come mai nella mia vita. Busso piano alla porta della nostra stanza e quando entro lo faccio a passi lenti e deboli, per non disturbarla più del dovuto. I rumori forti la agitano di più.
-Ciao… - mormora piano, è pallida e sembra anche debole, appoggiata tra i cuscini del nostro letto.
-Ciao…come ti senti?
-Sono solo un po’ stanca… - dice a voce bassa, lisciando le pieghe delle lenzuola sul letto.
-Lo vedo. Ti ho fatto preparare qualcosa di caldo da Jane, spero vada bene… - lei annuisce solamente ed io, che da quando mi sono dichiarato non riesco a starle lontano più di qualche passo, mi avvicino al letto, fino a sedermi poco lontano da lei.
-Hai parlato con il dottore vero? – mi dice.
-Si…e a quanto vedo…anche tu?! – mi risponde solo con un cenno affermativo della testa. –Non…non sei contenta, lo vedo. Perché?
Mi guarda appena, debolmente e poi abbassa la testa sul copriletto.
-Tu…tu lo desideri? Vuoi davvero un figlio? Intendo…un bambino, non un erede Edward… - mi avvicino di più raccogliendo le sue mani tra le mie e facendole così alzare il volto verso di me.
-Come potrei non volere nostro figlio? Bella…ti amo. Un figlio, nostro figlio, sarà la prima persona che amerò tanto quanto amo te, forse di più perché lui è indifeso e deve essere protetto, forse di più perché è sangue del mio sangue ma….lo amerò. Lo voglio Bella, non sai quanto.

Flashback

Mi sorrise debole e poi la baciai poco prima che Jane entrasse con la bevanda calda che avevo richiesto. Quelli sono stati gli otto mesi più belli della mia vita fino a quando è nato il piccolo Mattew. Un birbantello dai capelli miele a ciocche bronzee con gli occhi verdi, il nasino di sua madre e i lineamenti del volto mascolini proprio come i miei. E’ un bambino vivace, pestifero che sua madre fa fatica a tenere a bada ma che insieme gestiamo al meglio. Come avevo pensato lo amo più della mia stessa vita, da quando è nato ho tralasciato un po’ gli affari del pomeriggio, godendomi con lui qualche ora di giochi. Non me l’ha chiesto nessuno, tanto meno Bella che sa quanto siano importanti gli affari in questo periodo, ma l’ho desiderato io, passare del tempo con mio figlio mi rende sereno e felice, tanto quanto passarlo con mia moglie. Così lavoravo la sera dopo aver messo a letto il piccolo e prima di raggiungere mia moglie sotto le coperte e dedicarmi a lei completamente.
Pochi mesi fa, la scoperta di una nuova gravidanza ci ha resi tutti euforici, anche la servitù che nonostante tutto vuol bene a Mattew come se un pochino fosse pure loro.

Passiamo il cancello e il mio respiro si ferma, sono già con la mano sulla maniglia della carrozza, non mi importa se ci saranno i valletti a farmi scendere, voglio correre subito da mia moglie. Non mi perdonerò mai per averli abbandonati nel momento in cui il nostro secondogenito veniva al mondo.
Quando i cavalli si fermano davanti all’entrata della casa apro velocemente la porticina, ignorando le risate del mio socio ancora all’interno della carrozza. Salgo le scale velocemente e sulla porta trovo ad aspettarmi Jane, con un grande sorriso sulle labbra.
-Bentornato a casa padrone!
-Mia moglie?
-In camera padrone… - mi risponde, mentre io sto già avanzando verso il salone e poi verso le scale. –In camera vostra! – la sento precisare alla fine. Con il cuore che martella nel petto avanzo nel corridoio, mi accorgo di avere il fiatone quando appoggio la mano sulla maniglia della porta. Non busso questa volta, non credo che mia moglie me ne farà una colpa.
Quando entro nella stanza, poco illuminata trovo lei sul letto, con in braccio un fagottino ricoperto da un lenzuolino bianco e Mattew di fianco a mia moglie che gli sta leggendo un libro di fiabe che ho acquistato qualche anno fa.
-Papà! – mi corre incontro scendendo dal letto in gran fretta e con un sorriso sulle labbra da fare invidia al mio, mi salta in braccio. Bella ridacchia, mentre appoggia il libro tra le coperte e si alza, venendomi incontro anche lei.
-Ehi terremoto, hai fatto il bravo con la mamma?!
-Si…sono stato bravissimo….vero mamma?!
-Oh si, un vero angioletto…si è preso cura di me e di Christine in modo valoroso e magnifico! Meriterebbe un premio! – il cuore batte più forte mentre muovo qualche passo verso mia moglie e sussurrando dico solo qualche parola.
-E’…una femminuccia?
-Una meravigliosa bambina…si….- mi sorride e mi mostra il viso del mio nuovo angelo, che ha i chiari lineamenti del volto di sua madre. –Vuoi tenerla?! – mi chiede e Mattew si stringe di più attorno al mio corpo. Annuisco incapace di dire altro. -Mattew, fa conoscere a papà la tua sorellina…lui non l’ha mai tenuta in braccio…
Appena il piccolo scende, abbastanza contrariato prendo dalle braccia di Bella il mio piccolo angelo.
-Ciao… - sussurro accarezzandole la guancia con il dito e lei si sveglia, mostrandomi i suoi occhioni scuri profondi come quelli della mamma. –Io sono il tuo papà…

Resto incantato, fermo immobile sui miei piedi, con in braccio la piccolina e mio figlio aggrappato alle gambe, per un tempo indefinito. Sono completamente rapito dalla bellezza del fagottino tra le mie braccia che ora mi fissa curiosa e cerca di afferrare il dito con cui le accarezzo la guancia. Le sensazioni che provo sono indescrivibili, il cuore potrebbe scoppiarmi di gioia da un momento all’altro. Poi finalmente riesco a parlare e a muovermi. Mi siedo sul letto e faccio sedere al mio fianco anche Mattew, che mi stringe il fianco in un abbraccio, mentre continuo a cullare dolcemente la piccola Christine con un braccio solo, l’altro è impegnato a dare attenzioni alla piccola peste.
-E’ andato tutto bene? – chiedo a mia moglie a bassa voce.
-Tutto perfettamente…siamo stati benissimo e Christine è nata senza complicazioni. Mi sentivo solo molto stanca ma probabilmente è stato perché non avevo la mia forza ad aiutarmi… - mi si riempie il cuore di un calore ormai conosciuto e mi sporgo per baciarla dolcemente, appoggiando la fronte poi sulla sua.
-Ti ho pensata in ogni istante di queste lunghissime giornate, non vedevo l’ora di tornare a casa da voi. Mi siete mancati da morire… - mi bacia ancora e ancora, finché la piccola non reclama la pappa. E come ogni volta che allattava Mattew mi siedo di fianco a lei e la guardo, la osservo, la amo sempre di più.
-Ci sei mancato tanto anche tu… - mi dice dolcemente ed io mi sciolgo come ogni volta.
-Raccontatemi le vostre giornate… - mi metto comodo e li osservo e li ascolto mentre loro iniziano con voce allegra a chiacchierare e raccontarmi tutto ciò che mi sono perso. Il cuore mi si riempie di gioia e la tristezza viene spazzata via in un lampo. La mia famiglia, so di esserci per loro sempre, voglio garantire loro qualsiasi comodità, tutto ciò che vogliono, di ciò che hanno bisogno. Sanno di poter contare su di me ogni qualvolta ne hanno bisogno. Ma quando vado via per affari è sempre un colpo al cuore, per me e per loro. Quando torno ho preso l’abitudine di farmi riempire le orecchie delle loro voci.

E’ sera tardi ormai, abbiamo giocato con Mattew nel prato per qualche ora, e poi abbiamo cenato. Mi sono occupato di fare il bagno al mio ometto e di metterlo a letto, poi sono corso in camera da letto per stare con mia moglie.
L’ho trovata mentre cullava la piccola per farla dormire e in quel momento mi sono sentito l’uomo più fortunato del mondo.

-Ehi, Conte, ti sei incantato per caso? – mi sorride dolcemente. Ci avviciniamo entrambi al letto, con tranquillità, guardandoci negli occhi e percependo nell’aria quel frizzante ormai abituale che ci avvolge quando ci troviamo vicini.
-Si, osservavo la sua magnificente bellezza, Contessa… - lei piega la testa d’un lato mordendosi il labbro subito dopo.
-E’ un adulatore signor Conte, lo sa?!
-Mia moglie me lo dice spesso…sì! – ridacchia scuotendo la testa e resta però fissa a guardarmi.
-Non possiamo fare nulla in questa camera Conte, abbiamo la piccola a dormire con noi… - mi ricorda a bassa voce.
-Beh…nessun problema, Contessa…le devo ricordare forse che questa residenza conta ben altre sette camere da letto in disuso?! – getta la testa all’indietro per ridere, anche se è una risata più silenziosa del suo solito, per non svegliare la piccola.
-Sa Conte, lei mi fa ridere così tanto… - enfatizza allargando le braccia verso l’infinito. –Vai in quella in fondo al corridoio, io chiamo Beth per controllare la piccolina…Ti raggiungo subito! – mi fa l’occhiolino e io non posso far altro che eseguire i suoi ordini. Con il tempo ha imparato ad essere autoritaria, meravigliosamente intraprendente e sensazionalmente fuoco sotto le lenzuola. E’ la migliore compagna che potevo avere al mio fianco.

Apro la porta in fondo al corridoio e la trovo piena di candele, la luce fioca e calda che sprigionano rende la camera stupefacente, tanto che rimango a bocca aperta nel costatare quanto, il rosso delle lenzuola, appaia così invitante.
Entro lentamente e mi siedo sul letto, ancora soggiogato dalle emozioni che questa vista mi procura, so che c’è qualcosa di diverso ma non capisco cosa. L’ultima volta che sono entrato qui dentro non erano presenti le lenzuola rosse, e neppure le candele, questo è certo…eppure c’era ancora qualcosa che…
Un profumo.
Un profumo arriva all’interno delle mie narici, provocandomi un brivido. Un profumo di rosa, quello che ho portato a casa dalla Francia nel mio ultimo viaggio, e che Bella ha amato fin da subito. E’ così delicato sulla sua pelle, la rende ancora migliore di quello che è. E poi, ne bastano due gocce per farmi impazzire, perché il suo profumo già sensazionale, viene esaltato ancora di più. Dalla porta che separa la camera dalla stanza da bagno arrivano dei rumori e quando sono deciso ad andare a vedere la porta si apre. Mia moglie avanza verso di me con una vestaglia molto corta, di seta, che le lascia tutte le spalle scoperte tranne per due bretelline troppo fine. Ma non solo, in mano tiene una piccola torta con una candelina accesa e si avvicina a me sorridendo furba.
-Buon compleanno Conte… - mormora di fronte a me. Io ho la bocca aperta, la salivazione si è ridotta allo zero, e mi sento schiacciato dal desiderio per questa donna. Probabilmente se qualcuno la vedesse così sarebbe etichettata come una ragazza di facili costumi, ha tutte le gambe scoperte e le braccia anche, ma è meravigliosamente attraente e il cavallo dei pantaloni inizia a dolere.
-Bella…
-Lo so, il tuo compleanno è stato due settimane fa, ma…beh non eri con noi per festeggiare e quindi ho pensato di…non ti piace?
A volte la sua sicurezza cede davanti a me, è bello sapere di avere ancora qualche potere su di lei, dato che ultimamente si assiste sempre e solo al contrario. Mi alzo dal letto e le vado incontro, la mia camminata è stranamente lenta, forse per il clima che si avverte in questa stanza, ma posso prendermi tutto il tempo a disposizione per osservarle il volto intimidito.
-Bella…Sei magnifica… - mormoro.
-Dici davvero?!
-Si…
-Dai…soffia ed esprimi un desiderio! – mi mette sotto gli occhi la torta, da cui arriva un invitante profumo di cioccolato e mi trovo a chiudere gli occhi ed immaginare tutta la mia vita davanti con questa moglie devota e speciale e con tutti i bambini che il Signore vorrà donarci. Non posso chiedere altro. Soffio aprendo gli occhi e lei sorride dolce. –Bene…ora posso darti il regalo! – poggia la torta sul comò dietro di lei e poi torna a osservarmi seducente, portando una mano al bordo della camicia da notte e poi anche l’altra. In un unico movimento l’unico pezzo di seta che la copriva è volato via, lasciandola meravigliosamente nuda davanti ai miei occhi.
-Oh…Bella! – la prendo tra le braccia, portandola sul letto e iniziando a baciarle ogni centimetro di pelle del collo. –Moglie, un giorno o l’altro mi farai impazzire… - sussurro nel suo orecchio.
-Marito…sei stato via tutto questo tempo e ti perdi in chiacchiere?! – ridacchio mordendole il collo e facendola contorcere sotto di me. Mi stacco velocemente, togliendo la camicia e i pantaloni e anche le mutande, in modo che siamo finalmente entrambi nudi e la nostra pelle può entrare in contatto e scatenare le scintille di ogni nostra notte d’amore.
Le sue mani arrivano si intrecciano subito tra i miei capelli, tirandoli, giocandoci, mentre la mia bocca avida si prende cura del suo seno.
-Oh Edward…- negli anni sono riuscito a farle capire quanto è meraviglioso, per me, ascoltarla mentre si lascia libera di provare il piacere che le offro. Il suo centro caldo, a contatto con la mia coscia, mi fa perdere il senno. Non vedo l’ora di entrare dentro di lei e…
Oddio non ci posso pensare se no esplodo.
-Oh Bella.. – mi lascio andare mentre le mordo un capezzolo.
Le sue dita scendono sul mio petto, graffiandomi dolcemente e poi giù fino alla pancia, gioca con l’ombelico per poi passare le unghie sulla peluria del mio inguine.
-Mi sei mancato Edward…Mi è mancato tanto fare l’amore con te! – appoggio la testa sulla sua pancia, mentre la sua mano si chiude attorno alla mia asta ed io devo arrestare la mia discesa verso il suo centro caldo.
-Mi sei mancata anche tu… - soffio. Tornando in me scendo ancora sul suo corpo e lei è costretta a lasciarmi andare; la perdita del contatto delle sue dita mi fa avere un tremito.
No, le rivoglio.
Il suo sapore sulla mia lingua è una droga, e l’eccitante migliore al mondo. Sento il mio pene drizzarsi sempre di più, fino ad arrivare a farmi male.
Non resisto più.
-Oh Edward… - i suoi gemiti, mischiati al mio nome sulle sue labbra sono qualcosa di meraviglioso. Passo la lingua sul bottoncino che le provoca un piacere infinito e mi beo dei suoni provenienti dalla sua voce, quando è troppo però mi alzo e mi stendo su di lei.
-Non resisto più Bella…ti voglio troppo. – le dico ad un soffio dalle sue labbra, appoggiandoci sopra le mie un secondo dopo. Le sue dita arrivano a stringermi il sedere, ho scoperto che le piace particolarmente, e mi spinge dentro di lei, al suo ritmo. In pochissimo tempo mi trovo sprofondato dentro mia moglie e mi sento a casa.
-Oh…sì, sì…sì… - appoggio al fronte sulla sua spalla mentre comincio a spingere dentro di lei, e i miei movimenti ci procurano un senso di libertà e benessere stupendo. –Continua Edward…continua così!
-Oh amore…mi sei mancata! Mi sei mancata! – non mi fermo, le spinte aumentano e pare che voglia arrivare fino in fondo, che non basti mai il posto che ho guadagnato. E lei geme e i suoi sospiri e la sua voce si mischia alla mia.

Siamo entrambi sudati, abbracciati su questo letto e le nostre gambe sono intrecciate, come se avessimo paura di allontanarci troppo.
-La prossima volta che andrò via vi porterò con me. Non riesco a stare troppo tempo lontano da voi.
-Edward, lo sai che non è possibile…
-Lo so, Bella, ma lo faremo diventare possibile. – lei sghignazza ed io le bacio la testa.
-Non puoi portare via i bambini per tutto quel tempo amore, lo sai…Però ti prometto che quando tornerai noi saremo sempre qui ad aspettarti, felici di riabbracciarti.
Si stringe di più a me e mi bacia il petto, ed io sorrido per l’idea che mi è appena venuta in mente.
-Facciamo un altro bambino?! – la sua testa si stacca dal mio petto e mi guarda allargando le pupille.
-Edward…lo sai che non puoi decidere tu e in più…Christine è così piccola!
-Ne voglio un altro, e un altro ancora…voglio un sacco di bambini! – lo spavento sulla sua faccia è ben presente ed io ridacchio.
-Edward…sei impazzito?
-No…
-E allora?
-Sai come si fanno i bambini?! – alzo il sopracciglio e lei scoppia a ridere.
-Sei incorreggibile, Conte, ed anche insaziabile…! Vieni qui…mi occupo io del piacere del mio amato maritino…
Sorrido, stendendomi meglio e lasciandole la libertà di prendersi cura del mio corpo come meglio crede. Sono sicuro che con lei al mio fianco il mio futuro sarà meraviglioso e che i nostri figli saranno educati, rispettosi, stupendi, intelligenti e bellissimi.
Sono anche certo che l’amore che proviamo l’uno per l’altra non si spegnerà mai, perché basta guardarci negli occhi per capire quanto siamo legati.
E’ stata una strana storia d’amore la nostra, ma sono sicuro che da quella sera in cui ci siamo dichiarati entrambi è proseguita come una favola meravigliosa.

 



The End.