Il regalo di una lettrice per questa storia....grazie! |
Una
strana storia d’amore
*Capitolo Uno*
Scozia anno 1867
In una casa lontana dal centro cittadino, malconcia e poco
riscaldata, una famiglia festeggiava la nascita di una nuova creatura. Il
padre, Charlie Swan, era da poco tornato dal lavoro nel campo di grano ed anche
se la fatica di quella giornata lo lasciava desideroso di farsi un bagno caldo
e dormire fino al mattino, non si sarebbe perso un momento di gioia per stare
accanto a sua moglie e alla sua bambina. Due gemelli di quattro anni giocavano
proprio accanto a loro, con dei pezzettini di legno e una bambolina di pezza,
ormai logora, le loro chiacchiere rallegravano il cuore dei due genitori.
-Reneè cara, nostra figlia è di una bellezza infinita
-Oh Charlie, è così delicata e piccolina. E’ fragile ed ho
paura di romperla…Non ricordavo cosa volesse dire tenere in braccio una
creatura così piccola.
-Forse perché Emmett e Alice erano grassottelli e pesantucci
alla nascita! – ridacchia l’uomo baffuto, vicino al volto della moglie.
-Come la chiamiamo?
-Facciamo scegliere ai suoi fratelli, è una gioia così
grande…tre figli! Sono così fiero di noi…
-Lo sono anch’io Charlie, dovremo portarla alla tenuta, dal Conte
per avere la sua benedizione e per far conoscere lui la nuova creatura del suo
popolo.
-C’è tempo tesoro mio, e questa piccolina sembra si stia
svegliando!
Nonostante le risorse finanziarie non permettessero ai
coniugi Swan di riscaldare bene la casa e mangiare carne tutti i giorni,
credevano che i figli fossero un miracolo divino e che come tale, dovessero
essere una gioia immensa. Per questo la nascita di quella bambina tranquilla e
pacata, composta e paffuta aveva portato fibrillazione e felicità in quelle
quattro mura.
Speravano che i tempi futuri avrebbero giovato loro,
avrebbero garantito un roseo futuro ai loro tesori più grandi.
Scozia anno 1885
Bella pov.
-Madre! Aspettate che vi aiuto! – mia madre sta scendendo le
scale con un grosso secchio e gli abiti sporchi di mio padre, la vedo
affaticata e accorro per aiutarla.
-Bella, cara non serve…torna pure a preparare il pranzo! Lo
sai che quando Emmett e tuo padre tornano dai campi divorerebbero un cinghiale
intero a testa! – ridacchio, ma consapevole che il pranzo sarà pronto a breve,
riesco ad aiutarla a portare i panni vicino al lavatoio nel cortile sul retro.
-Madre, questa mattina al mercato ho incontrato la signorina
Angela Weber, abbiamo scambiato qualche parola riguardo al tempo e agli impegni
di una casa di campagna..
-E? Cosa ti turba figlia mia?
-Niente madre, davvero…solo che Angela mi ha avvisata che
tra poche settimane sarà il compleanno del figlio del Conte e che ci sarà una
festa nella loro dimora in cui sono invitate tutte le famiglie della zona, che
hanno figlie femmine..
-Ti chiedi il motivo Bella?
-Mamma, saremo invitati anche noi?
-Ti sei scocciata di sembrare una signorina per bene
Isabella? Se verrai invitata alla tenuta del Conte dovrai portare molto
rispetto e sembrare educata, rispettosa e con un certo linguaggio moderato. Non
sempre con questa dannata voglia di fuoriuscire dagli schemi!
-Mamma…solo perché non do del voi a te e papà non mi sembra
di risultare maleducata o irrispettosa. Sono sempre pronta ad aiutare nelle
faccende domestiche e non mi permetto mai di rivolgermi con un tono più alto
del lecito…
-Oh Bella! Noi amiamo come sei…ma vedi, se il Conte sta
invitando alla tenuta tutte le ragazze, probabilmente quelle non maritate, è
perché ha bisogno di trovare moglie al figlio…capisci cara?
-E cosa mai potrò offrire io ad un nobile?
-Il tuo corpo Bella, gli uomini come il figlio del Conte,
cercano solo un corpo caldo la sera quando tornano dalle faccende di lavoro! –
dice con una sorta di rabbia nella voce.
-Mamma…non capisco! – in realtà capisco benissimo, ma non
voglio di certo che sospettino qualcosa.
-Oh Bella, come sei esasperante certe volte! Ricordi il
discorso che ho fatto ad Alice prima che sposasse il signorino Hale? –
annuisco, cercando di ricordare bene le parole che ha usato mia madre e in un
momento arrossisco. –Ecco, vedo che ti sei ricordata!
-Io…dovrò fare quelle cose? – potrei essere una brava
attrice di teatro un giorno, mi viene bene arrossire per finta, basta pensare a
certi argomenti e devio l’attenzione.
-Sarai lì per servire un uomo ricco, con molti impegni e
probabilmente per come è il signorino Edward, molto arrogante, presuntuoso e
scorbutico!
-Beh spero che non mi scelga!
-Lo spero anch’io figlia mia! Tanto… - mi dice sospirando.
La storia dei miei genitori è così strana.
Sono nati entrambi in una campagna molto lontana, beh più
che campagna dicono che sia una sorta di collina. I loro genitori, all’epoca, vivevano
nello stesso rudere perché erano molto poveri e non potevano permettersi di
pagare la tassa di fitto di due case grandi e con campi. Si sono conosciuti
così Charlie e Reneè e per loro è stato naturale finire insieme e sposarsi,
anche perché si volevano bene davvero.
Mio padre da piccola mi raccontava la loro storia, facendola
passare come una favola della buonanotte, solo negli ultimi anni ho scoperto
che in realtà si trattava della realtà del rapporto dei miei genitori. Mia
madre mi ha sempre spiegato che l’affetto tra due persone, è importante tanto
quanto l’affetto per la famiglia, solo che nel primo caso si chiama Amore e si
avvertono strane sensazioni di benessere, di emozione e di felicità quando si è
insieme. Quando Alice ha incontrato il signorino Hale, Jasper per me ed Emmett,
e la vedevo girare per casa canticchiando, fischiettando felice, ho provato a
chiedere anche a lei cosa sentisse. Per fortuna ho una sorella maggiore che mi
vuole tanto bene e che non si vergogna a parlare con me di qualsiasi argomento.
L’amore è stata lei a spiegarmelo.
Mi ha detto che quando ha visto Jasper, la prima volta ha
fatto finta di non vederlo neppure, ma lo seguiva con la coda dell’occhio;
dalla seconda volta in poi ha fatto in modo di agghindarsi, di farsi notare, di
sedurlo. Quando mi disse ciò restai allibita, sedurre un uomo! Per me era
impossibile, non ero bella come mia sorella, né così magrolina, né addirittura
così allegra, ordinata, composta e allo stesso tempo sfacciata. Al massimo
sarei uscita con il mio abito che porta qualche macchia di cibo, ignara di
avere i capelli fuori posto, e sarei arrossita tutto il tempo.
-Bella ci sei? Sto parlando con te! – mia madre scuote la
mano di fronte ai miei occhi e io mi ricompongo e torno sulla terra ferma.
-Scusa mamma, stavo pensando..
-Tuo padre ed Emmett stanno tornando, li vedi? – allungo lo
sguardo verso il campo e li vedo camminare verso di noi, per fortuna sono
ancora abbastanza distanti. –Vai a preparare il cibo Bella! – lei ha le mani
impegnate nei panni sporchi ed io mi affretto dentro casa per preparare ai miei
due uomini.
Voglio bene a mio padre, tanto, e ne voglio tanto anche ad
Emmett.
Nonostante siamo una famiglia povera mio padre e mia madre
hanno cercato di darci il massimo che potevano, una volta a settimana, quando
eravamo piccoli, una signorotta grassoccia e burbera veniva a insegnarci a
scrivere e a leggere, ci insegnava i calcoli base della matematica e quale
nozioncina di storia che dovevamo assolutamente sapere. Non avevamo altro da
imparare da lei, tutto il resto ce lo insegnavano Charlie e Reneè. Mio padre mi
ha insegnato come si lega una corda, come si sale su un cavallo e come si usa
un aratro. Mi ha insegnato anche a riconoscere un frutto maturo, da uno marcio;
come si capisce dov’è il nord grazie al sole e alle stelle, come soffia il
vento, come si capisce l’ora grazie alla posizione del sole. E addirittura…mio
padre ed Emmett mi hanno insegnato a pescare. Si lo so, sono una ragazza e
dovrei fare cose da femmina, ma amo mio padre e volevo stare in compagnia con
lui quando andava a pesca, nell’unico giorno libero che si prendeva. Non lo
vedevo mai, perché quando tornava dai campi ero già a letto e a pranzo spesso e
volentieri era mia madre a portargliene direttamente dove stava, per cui avevo
bisogno di sentirlo vicino.
Reneè invece mi ha insegnato ad essere una brava donna. So
lavare i panni, stenderli in modo che non facciano le pieghe, so preparare un
pranzo delicato e uno sostanzioso, so accogliere gli ospiti, so prendermi cura
del mio corpo e capire se sto male. Mi ha anche insegnato come cucire, come
rattoppare, come prendermi cura di una casa e come intrecciare fili o fibre o
foglie per tutto ciò che potrebbe essermi utile.
Sistemo il vestito color marrone, ormai logoro, prima di sedermi
a tavola di fianco a mio fratello che mi ha già versato l’acqua nel bicchiere,
come fa ogni giorno. Il suo piatto è colmo di cibo, come piace a lui e gli
occhi si illuminano quando vede di fianco al pezzo di stoffa che usiamo come
tovagliolo un piccolo fiorellino bianco, una semplice margherita credo, che ho
trovato stamattina sul prato davanti casa.
Amo mio fratello con tutta me stessa, fin da piccola lo
trovavo simpatico e allegro, riusciva a strapparmi un sorriso in ogni
occasione, mi prendeva in spalla e faceva finta di essere un cavallo, girando
per il salotto e quando stavo male passava al notte di fianco a me tenendomi la
mano. Non so se con Alice aveva lo stesso rapporto, ma so che sono fiera ed
orgogliosa dell’affetto che proviamo uno per l’altra. Mi accompagna a fare le
passeggiate la domenica, mi porta al laghetto che c’è poco distante da qui, mi
protegge da ogni pericolo o delusione e parla chiaro, questa è la cosa che mi
piace di più. Non mi dice bugie, non mi fa sentire stupida o inetta e mi spiega
le cose come stanno, senza troppi giri di parole, è sincero e lo apprezzo
molto.
-Padre, come sta andando la vostra giornata nei campi? –
domando, per fare conversazione. E’ strano come la mia famiglia sia diversa
dalle altre. Odio dare del voi alla mia famiglia, preferisco chiamare mio padre
“papà” piuttosto che riferirmi a lui con così tanta freddezza; non sopporto
dover tenere con mio fratello atteggiamenti distaccati quando siamo insieme ad
altre persone, anche se queste sono i miei genitori, alle volte vorrei
abbracciarlo e baciargli la guancia o accarezzargli i capelli. Sono gesti che
facciamo solitamente quando nessuno ci vede, è il nostro modo per dirci “ti
voglio bene” senza usare parole.
-Procede bene, Bella! Oggi il sole ci lascia un po’ di
tregua e si lavora con meno caldo del normale, per fortuna! Quando abbiamo
terminato conviene che tu vada ad aiutare tua madre con la biancheria, o si
affaticherà molto.
-Certo padre, lo farò senza dubbio! Mi chiedevo però se
fosse possibile, nel pomeriggio di sabato, che Emmett mi accompagnasse giù al
paese per qualche compera…
-Bella, dobbiamo pagare la tassa al Conte, lo sai…non vorrei
privarti di nulla ma…
-Solo qualche fiocco per capelli, padre e magari delle erbe
per l’emicrania… - sbuffa bevendo la sua acqua.
-Va bene Bella…ma per favore, fa che sia Emmett a
contrattare questa volta! E’ un uomo, se la cava meglio di te in paese.
-Grazie padre! – gli sorrido e stringo la mano di Emmett
sotto al tavolo.
E’ vero che le donne non sono considerate bene al paese, i
commercianti sono tutti uomini e solo poche donne argute e sapienti stanno
dietro un banco, solitamente vendono accessori per capelli o fiori. Del resto
si occupa tutto la popolazione maschile. Chissà quando supereremo quest’era in
cui sono tutti bigotti e maschilisti?!
In realtà non devo andare ad acquistare nulla, e non ho
neppure tanta voglia di agghindarmi e camminare con scarpette scomode e strette
per le vie del paese, sotto gli sguardi sconcertati e curiosi degli abitanti.
Ma Emmett deve incontrare una persona.
Una donna precisamente.
E lo deve fare di nascosto.
So che ci stiamo cacciando nei guai, ma è mio fratello,
farebbe qualsiasi cosa per me e l’unico modo che ho per ripagarlo è coprirlo
nelle sue marachelle.
Chi sia la fortunata ragazza non ne ho idea, e spero che non
sia nulla di illegale o poco morale, se no la mia famiglia potrebbe anche
passare guai e perdere buona parte della terra per pagare un debito al padre
della fanciulla.
-E’ stato di vostro gradimento il pranzo?
-Certo Bells, sei una brava cuoca! L’uomo che ti sposerà
ingrasserà in un baleno! – per fortuna mio fratello non ha paura di sfidare mio
padre o il rispetto che dovrebbe esserci qui dentro, e si comporta spesso come
gli salta. L’adoro anche per questo.
-Emmett, porta rispetto!
-Papà, scusami ma credo che ormai, di questi tempi, sia logico e normale che in famiglia si perda un po’ di quella freddezza che caratterizza invece tutti i rapporti esterni, non credi anche tu? Che immagine vogliamo dare nel futuro? La nostra famiglia è innovativa, guarda Bella…le hai insegnato a pescare! E la fai ancora parlare verso di te come se fosse nostra confinante!
-Papà, scusami ma credo che ormai, di questi tempi, sia logico e normale che in famiglia si perda un po’ di quella freddezza che caratterizza invece tutti i rapporti esterni, non credi anche tu? Che immagine vogliamo dare nel futuro? La nostra famiglia è innovativa, guarda Bella…le hai insegnato a pescare! E la fai ancora parlare verso di te come se fosse nostra confinante!
-Emmett Swan! Chiudi la bocca! Dovresti pensare a lavartela
con il sapone.. – non è davvero arrabbiato, ogni tanto perdo la mia buona
educazione casalinga e mi rivolgo a mio padre con il tu, lui si irrigidisce ma
non mi riprende. Ha avuto modo di vedermi in società e sa che sono sempre bene
educata e rispettosa.
-Padre, con il vostro umile permesso, mi alzerei da
tavola…devo portare beneficio alle mie membra stanche. Mi recherò nelle mie
stanze per riposare…vogliate scusarmi! – sentire Emmett che parla così mi fa
ridacchiare e anche mio padre sorride.
-Voi due insieme, siete un terremoto! – mi avvicino per
portare il piatto via dal suo posto, e riprendere i lavori domestici, ma mio
padre mi ferma con la mano sul polso, prima che possa sfuggirgli.
–Isabella…devo parlarti di una cosa molto importante, siediti per favore. – gli
occhi sono seri e la bocca chiusa in una linea diritta. Mi fa spavento.
-Padre, è successo qualcosa? State male?
-No figlia mia, no…non preoccuparti! Stamattina molto presto
ho ricevuto la visita del messaggero del Conte Cullen e mi ha fatto avere
questo invito per te.. – lo appoggia sulla tavola, ancora chiuso.
-Sapete padre, voi siete molto contorto. Non sopportate che
vi perda di rispetto dandovi del tu ed utilizzando un linguaggio meno formale,
ma poi non aprite neppure la mia posta, che tra l’altro arriva da un mittente
molto importante.
-Che vuoi dire?
-Che voi padre, siete infinitamente rispettoso, generoso,
umile e affettuoso e vorrei davvero abbracciarvi ora. – mi sorride e si scosta
dal tavolo per farmi sedere sulle sue gambe, proprio come quando ero piccola.
-Sai Isabella, non in tutte le case si tengono comportamenti
del genere, vorrei cercare di educarti in modo che tu possa rendere orgoglioso
tuo marito, ma che fossi anche in grado di essere indipendente. Sei molto
intelligente Isabella, sai leggere, ami i libri più di tante altre cose e
vorrei poterti regalare il mondo, ma siamo gente povere tesoro mio…e l’unica
cosa che posso darti sono valori ed educazione…non posso darti altro per
affacciarti al mondo.
-Oh papà…tu e la mamma mi date affetto, è quella la cosa più
importante!
-Sei in età da matrimonio, Isabella…sai questo cosa vuol
dire? – scuoto la testa. –Che presto varcherai la soglia di casa per non farci
ritorno e questa cosa mi lascia un amaro in bocca che neppure immagini. Tu ed
Emmett rendete le mie giornate piene e allegre ed è così da quando eravate
piccoli. Separarmi da voi sarà un duro colpo per un uomo bisognoso d’affetto
come me…
-Papà… - lo abbraccio. Non si è mai lasciato andare così
tanto. –Perché mi stai dicendo questo?
-Perché l’invito del Conte è riguardante la festa di
compleanno del figlio e…
-Si lo so, Angela Weber mi ha fatto presente l’evento! Le
ragazze vengono invitate alla tenuta perché il figlio del Conte deve scegliere
moglie, la mamma mi ha detto che vengono invitate tutte.
-Oh beh…devo fare i conti con la tua superba conoscenza! Non
ti trovo mai impreparata… - sorride e mi accarezza i capelli, come faceva
quando ero piccola. –Sarà un’occasione meravigliosa per te, ma noi non possiamo
venire. Il Conte ha invitato solo le ragazze, nessuna famiglia….povera.
-Come mai?
-Isabella, credo che sia perché il Conte conosce bene le
esigenze e le necessità della gente comune, e sa che non tutti hanno la
possibilità di farsi fare un bel vestito per l’occasione, per ogni componente
della famiglia.
-Non capisco..
-Io e tua madre sapevamo che il figlio del Conte è in età di
matrimonio, in realtà compie ventidue anni ed è anche vecchio per sposarsi, per
essere un nobile. Così abbiamo commissionato a Madame Irina un vestito per
l’occasione. E’ molto caro sai…
-Papà…non capisco…sei confuso e…perché non mi
accompagnerete?
-Il Conte ha invitato le famiglie di conti e marchesi, ma
per le famiglie umili e povere come noi ha preferito privarsi della compagnia,
perché noi non possiamo permetterci la commissione di tutti gli abiti da
ricevimento. Il Conte è una persona intelligente e molto saggia, non solo, è
buona e generosa, sai ha diminuito la tassa della terra a noi e agli Stanley
purché portassimo i nostri prodotti alla tenuta. E’ una fortuna Bella…
-Ho capito! – adesso tutto era più chiaro.
Il conte sa che non tutto il suo popolo è ricco, che molti
non riescono a pagare la tassa della terra in tempo, ma mai nessuno di questi
si è lamentato perché è stato cacciato o torturato. E’ vero, il conte è molto
buono.
-Sai Bella…il conte vuole le ragazze comuni e non solo
marchesine perché suo figlio è molto…burbero e scontroso e dispotico, insomma
non è una bella persona. Crede che una di voi possa rendergli chiaro che nella
vita c’è altro oltre la ricchezza e i divertimenti.
-Certo…capisco bene! Ma come fai a sapere queste cose?
-Quando consegno parte della frutta o degli ortaggi alla
tenuta è sempre il Conte a darmi qualche spicciolo in più, mi accoglie nella
sua stanza degli affari e mi chiede come va il raccolto, se la casa è fredda
d’inverno…è molto disponibile e buono. Te l’ho detto. Chiacchieriamo da uomini,
non si sente una persona importante, anche se lo è…forse è il conte più umile
che esista. Peccato che suo figlio non abbia preso da lui… - dice come una
riflessione –E così ultimamente abbiamo parlato del figlio, Edward Anthony…è
molto…ribelle ecco!
-Capisco papà! Capisco…Forse è il caso che ora tu vada a
riposarti prima di tornare a lavorare. – annuisce solo prima di lasciarmi un
bacio sulla testa e farmi alzare.
Sabato, per mia fortuna, arriva presto ed Emmett cerca di
non mostrare la sua impazienza all’uscita pomeridiana. Prendiamo il suo
cavallo, mi aiuta a salirci sopra tendendomi la mano e io mi accomodo dietro,
le gambe di lato, il busto diritto, una mano sul fianco di mio fratello e
l’altra sulla maniglietta in pelle della sella. Con il vestito che indosso non
è molto raccomandabile salire a cavallo come gli uomini, per non parlare del
fatto che la gente parla e giudica e al giorno d’oggi non si può di certo fare
quello che si vuole. Una donna, per cui, non può salire a cavallo tenendo le
gambe aperte e alzando di poco il vestito per cavalcare.
Non mi spreco sulle battutacce a sfondo erotico che
potrebbero venire fuori dai miei pensieri.
Si perché fuori da casa mi sento anche più libera di
pensare.
Mia sorella mi ha prestato dei libri educativi, molto
educativi, sui rapporti amorosi.
Più che altro su quello che riguarda l’atto fisico legato al
matrimonio.
-Smettila con la tua mente perversa, Bellina! – sghignazzo,
come mi conosce bene il mio fratellino.
–Li hai letti anche tu i libri di Alice?
-Certamente…quando me li ha consegnati per te ho aspettato
qualche giorno prima di darteli, li ho tenuti per me!
-Emmett! Da te non mi sarei mai aspettata una cosa del
genere! – ridiamo mentre procediamo verso il paese.
-Se papà sapesse cosa leggiamo temo che potrebbe fare un
falò di noi due, appiccandolo con gli occhi!
-Come se lui con mamma non facesse quelle cose!
-Ma noi siamo bambini per loro…un conto è farli nel
matrimonio un conto è leggere dei libri a riguardo! Bells devi capire che non è
bene per una signorina educata e illibata conoscere certe cose, non capisco
proprio perché Alice abbia voluto che li leggessi…ma spero per te che non ti
comporterai allo stesso modo o…che tu pensa a cose del genere durante la
giornata! – appoggio la testa sulla sua schiena e sorrido, il mio fratellone
protettivo e possessivo.
-Emmett, ti assicuro che non ci penso e non mi interessano
oltre al solo conoscere ed essere preparata per mio marito.
-Bene!
Proseguiamo in silenzio, si sente solo il rumore degli
zoccoli del cavallo, che procede ad un ritmo cadenzato. Era molto tempo che non
mi muovevo con l’animale, e infatti mi ero dimenticata il dolore che potevo
percepire nel mio deretano dopo lunghi minuti di galoppata.
Attorno a noi campi di grano giallastri e di viti ancora
spoglie dei frutti si stagliano fino all’orizzonte dove incontrano l’azzurro
del cielo. Le nuvole sembrano la cornice superiore di un quadro meraviglioso.
Resto incantata su questo meraviglioso panorama che mi circonda, e che solo di
tanto in tanto mostra ruderi malmessi esattamente come il nostro.
Quando il brusio delle voci diviene più forte mi rendo conto
che siamo arrivati alle porte del paese. Da qui proseguiamo a piedi, il cavallo
lo teniamo per le briglie, non abbiamo denaro per lasciarlo nella stalla messa
a disposizione del Conte.
Il Conte Cullen controlla molte attività, se non tutte, di
questo centro e per agevolare gli umili coltivatori che vengono dalle campagne
lontane ha costruito una stalla, all’interno vi lavorano alcuni ragazzi che si
occupano della sorveglianza e del foraggio dei cavalli che vengono lasciati in
custodia. E’ stato un pensiero molto intuito, quello del Conte, peccato che sia
dovuta una tassa per il mantenimento dell’animale nella stalla, e che noi non
lo possediamo.
Quando giungiamo nei pressi del commerciante degli accessori per capelli
Emmett mi sorride. Sa che non amo per niente queste frivolezze, sono molto più
semplice, ho solo voluto dare l'occasione a lui di rivedere la ragazza.
-Bella...scegli un nastrino, pagherò più tardi io il signor Masen!
-Emmett, davvero siamo in paese posso anche solo guardare in giro finché
ti intrattieni con miss… - non so neppure come si chiama.
-Rosalie. Rose ed io faremo un giro fuori dal centro del paese, voglio
che tu stia con qualcuno di cui mi fido e il signore dei nastrini va più che
bene, mi conosce.
-Come vuoi Emmett…
-Ah…e scegli il nastrino blu notte, quel colore su di te è meraviglioso!
Si allontana, lasciandomi sola ed io mi avvicino alla baracca del signor
Masen. Ha ragione mio fratello è un uomo di cui fidarsi.
-Signorina Swan, che incantevole visione oggi! E’ molto tempo che non
passate di qui… - mi sorride dolcemente, ho la stessa età della figlia e siamo
anche molto amiche. La invito sempre, insieme a mia sorella Alice e ad Angela
Weber, nei pomeriggi estivi per andare a fare una passeggiata, accompagnate da
Emmett e da Jasper Hale, sono molto amici loro due e proteggono tutte noi.
Anche Jasper ha una sorella, si chiama…Oh no! Rosalie! La stessa Rosalie che
deve vedere mio fratello. Ecco perché voleva venire proprio oggi qui al paese.
Jasper è dal Conte, so che lui e il figlio testa calda sono molto amici, mi
aveva parlato di un allenamento fisico in caso di battaglie, si dice in giro
che Edward Cullen, il figlio del Conte, sia molto istruito e disponibile a
insegnare l’arte del combattimento.
-Salve signor Masen! Abbiamo avuto impegni nelle campagne che ci hanno
trattenuto dal passeggiare per il centro del commercio…sa mio padre sta
raccogliendo il grano di queste settimane!
-Davvero? E com’è? Bello dorato?
-Certamente, il migliore di tutte le campagne del sud della Scozia signore!
– sorrido, è un uomo così gentile!
-Oh…e in quale mulino lo porterete a macinare? Ci piacerebbe averne un
po’ per il pane…so che vostro padre è un uomo molto gentile e giusto negli
affari, non rischierei di pentirmi dell’acquisto! – gli occhi mi si illuminano,
se mio padre ha una così bella reputazione in giro non voglio di certo
rovinargliela. Nel caso dovessi fare qualcosa di sbagliato i suoi affari
crollerebbero e la nostra famiglia sarebbe rovinata per sempre.
-Non mi intendo di queste cose, signore… sono una semplice signorina! –
dico modellando la voce in una tenue e dolce, sperando che non si accorga che
fingo. Non sono viste bene le donne che si intendono di affari e non ho
intenzione di dare l’impressione di impicciarmi delle questioni extra
domestiche. –Ma se siete così interessato alla farina farò in modo di farlo
sapere a mio padre al mio ritorno, in modo che vi possiate dare appuntamento al
mulino!
-Grazie mille Lady! Allora…le posso mostrare qualche nastrino? O qualche
fermaglio? Oppure siete interessata a qualche pettinino?
-Masen! – una voce dura arriva alle mie spalle. Il signore di fronte a
me alza la testa e sbarra gli occhi, abbassando il capo.
-Oh, signorino, che piacere averla qui…non l’aspettavo così presto! Mi
rincresce farmi trovare impegnato in questo momento….
-Ho poco tempo. Mi servono due fermagli per capelli, un pettine
piccolino e dei nastrini colorati… - la sua voce, calda e roca sembra
addirittura sensuale. Chissà se è così quella che descrivono sui libri?
-Mi dispiace Lady, siate paziente ancora un attimo… - si rivolge a me.
In realtà sarebbe il mio turno, c’ero io prima! Questo arriva e viene servito
per primo? Ma che razza di giustizia è?
-Veramente, signor Masen, credo di essere meritevole di essere servita
per prima…d’altronde sono entrata nel negozio prima del ragazzo. – mi ero
voltata appena ed avevo potuto notare che era giovane. Sento un sussulto da
parte del commerciante ed un rumore che pare essere un ringhio alle mie spalle.
-Non mi capacito di come certe donne siano ancora in giro a ciarlare al
posto che impegnare la bocca in altro e le mani nei panni sporchi!
-Siete molto insolente, sgarbato e maleducato! – ora sono verde dalla
rabbia, davvero! Come osa? Mi volto e rimango pietrificata. Capelli rossicci, occhi
verdi tendenti al nero, sguardo fiero, mascella rigida e definita, uno strato
di barba incolta e vestiti impeccabili. Ma soprattutto una casacca con lo
stemma del casato Cullen. Oddio….sono di fronte al signorino Edward Cullen, e
gli ho appena mancato di rispetto. Verrò punita, lo so.
Ma non voglio abbassare lo sguardo né tantomeno mostrarmi debole di
fronte a un tipo come lui. E’ davvero maleducato e irrispettoso.
-Lady, mi creda farò in un attimo… - mormora il signor Masen dietro alle
mie spalle mentre traffica con gli oggetti richiesti dal signorino. Il figlio
del conte intanto è impegnato a squadrare la mia persona dall’alto al basso e
poi dal basso verso l’alto, con un ghigno divertito sul volto.
-Non si preoccupi Masen, serva pure la ragazza…credo che debba tornare
nelle cucine al più presto e non voglio di sicuro che il padrone la punisca!
Mi sta dando della serva.
Una serva, io.
Gli occhi si sgranano e le guance diventano rosse d’ira. Come si
permette?
-La prego Signor Masen, porga al figlio del Conte ciò che gli serve,
molto probabilmente dovrà tornare velocemente tra le gambe di qualche donnaccia
che ha ferito con il suo comportamento insolente e altezzoso! Dovrà farsi
perdonare…prenda anche qualche filo intrecciato come ornamento per le braccia,
alle ragazze fa molto piacere riceverli! – ghigno anch’io, divertita.
Il signor Masen è esterrefatto, ma non mi curo di voltarmi. Lascio che i
miei occhi rimangano intrecciati con quelli verdi e luminosi del signorino
Cullen.
-Lady, siete davvero molto maleducata! Credo che il bordello dal quale
proviene riceva molte lamentele per la sua lingua biforcuta e aspra, quale uomo
vorrebbe mai intrattenersi con lei? Neppure è questa gran bellezza…di cosa si
occupa principalmente? Di lavare i pavimenti e rimettere a posto i tavoli?
-Signorino! Ecco qui la sua merce, la prego, porti i miei saluti a suo
padre…spero che mia figlia sia alla sua altezza!
-La ringrazio signor Masen, sarà fatto! E lei signorina, dica alla sua
padrona che verrò a fare visita nel suo bordello, quando saprò in quale
lavora…così da farle pagare una multa salata per avere assunto gente così poco
signorile perfino per un posto del genere….saluti!
Sono ancora ferma, con il cuore in gola e una rabbia potentissima.
-Lady Isabella, Lady… - mi volto verso il signor Masen che mi sta
chiamando a gran voce. –Che nastrino vuole?
-Mio fratello mi ha consigliato uno blu notte…ha detto che passerà lui a
saldare il debito… - mormoro, completamente frastornata dalla scena di poco fa.
-Lady Isabella, credo che debba…scusarsi con il signorino Cullen…sa, è
un uomo che porta molto rancore…Se scopre che lei è figlia dello stesso Swan
che si occupa delle forniture alla tenuta sarebbe capace di… - non gli do modo
di finire ed alzo le mani.
-Lo farò presto. Porterò un dono alla tenuta e chiederò di parlare al
signorino in privato, scusandomi mille volte per i miei toni sgarbati. Mio
padre non si merita un simile trattamento per colpa della mia lingua biforcuta.
– mi lascio scappare con rabbia. Oh si. Mi vedrà di sicuro Sir Cullen!
Quando esco dal negozietto del signor Masen, Emmett ancora non si fa
vedere e quindi imbocco la via esterna al paese, quella che mi porta verso il
fiumiciattolo che passa a nord, dividendo le varie piccole contee. Dall’altra
parte del fiume ci sono i Denali e gli Hunt, ne ho solo sentito parlare nei
discorsi da uomini, ma si dice che i due siano molto dispotici e cattivi con il
proprio popolo, cosa che li distingue fortemente da Sir Cullen. Mi muovo sulla
riva del fiume, mio fratello sa bene che questo è uno dei miei luoghi
preferiti, per cui se non mi trova in paese sa dove cercarmi. Sono lì, seduta
sul prato verde che si trova poco distante dal corso dell’acqua, immersa nel
rivivere la scena di poco prima, quando sento dei passi. Spero che non sia un
uomo, spero che non sia un uomo. Se dovessero trovarmi qui da sola non so cosa
potrebbe succedere. Sono isolata, gli alberi fanno da scudo alla strada e
costeggiano il fiumiciattolo ed io sono completamente soggiogata dalla paura.
-Oh, guarda chi si vede! Oggi è il suo giorno libero signorina? E’ così
inutile al bordello che il suo giorno libero è il sabato pomeriggio? – Oh
cielo. Non lui. Dannazione! Che sfortuna oggi!
Non alzo gli occhi, anche se lo sento di fianco a me e il suo corpo mi
fa ombra. Continuo ad osservare il procedere dell’acqua, tumultuosa tra le
pietre del letto del fiume. –Cos’è, ti hanno tolto la lingua in questo arco
temporale?
Non posso davvero farmi trattare così. Ha ragione mia madre, questo
ragazzo è davvero maleducato, una testa calda e molto cattivo.
-Al contrario di lei, Edward, so quando smettere di oltraggiare una
persona. Ho già rischiato molto precedentemente, non ho di certo intenzione di
rovinare gli affari per colpa della mia lingua biforcuta! – lo sento
sghignazzare e mi alzo per tornare verso il centro del paese. Ho intenzione di
ignorarlo e lasciare che le parole si disperdano, sperando che tutto ciò non
sia un problema per mio padre. Sto per giungere sulla strada, devo solo
attraversare gli alberi, quando mi sento afferrare per la vita e due mani forti
mi stringono, girandomi e facendomi sbattere la schiena sul tronco dell’albero
più vicino. Le sue labbra sono sulle mie. Sembra che mi stia mangiando, sembra
che sia affamato. Muovo le labbra senza sapere come fare, senza averlo mai
fatto. La sua lingua accarezza la mia carne, cercando di forzare i denti
affinchè si aprano e quando lo lascio entrare è la mia lingua a cercare la sua.
Le sensazioni che sto provando sono così belle, ma allo stesso tempo
così sbagliate. Non posso di sicuro fare una cosa del genere, mi sto comportando
come una poco di buono, esattamente come mi ha definito lui. Ecco perché mi sta
baciando. Perché lui crede che io sia una prostituta.
Oh cielo!
Appoggio le mani sul suo petto, pronta a spingerlo via, ma incontro i
suoi pettorali forti e definiti e mi scappa un gemito dalle labbra. Non posso.
Non devo. E’ tutto così sbagliato.
Eppure così magnifico. Le sue mani stringono i miei fianchi e mi tengono
lì.
Quando mi stacco per prendere fiato vedo il suo ghigno sul volto. E
inizia a sghignazzare.
Mi sta prendendo in giro, mi sta deridendo. Le guance sono di color
porpora, non ho bisogno di uno specchietto per rendermene conto. E la lingua
ancora tiene il sapore della sua. E’ così buono e bello.
-Avevo proprio ragione, sei una sgualdrina…con poca esperienza per
giunta! Il tuo posto è a lavare i pavimenti e occuparti dei panni sporchi…- mi
volto in fretta e corro via, inciampando più volte sulla mia corsa forsennata
verso il centro del paese. Dagli occhi sgorgano lacrime incomprensibili ed
infinite. Quando giungo alle porte del paese mi blocco e cerco di darmi un
contegno. Emmett mi sta aspettando alla porta sud. Mi affretto a raggiungerlo e
con il suo aiuto salgo a cavallo.
-Bella che succede?
-Nulla, portami a casa… - riesco solo a mormorare. Lui non dice nulla e
parte al galoppo verso la campagna. Non mi curo della posizione delle gambe,
dell’educazione o del decoro. Ho solo voglia di chiudermi in camera con la mia
vergogna.
Ho baciato il figlio del conte e mi ha dato della sgualdrina.
Lo sono davvero…non dovevo comportarmi così!
*Capitolo Due*
Bella pov
I giorni
passarono in fretta, così in fretta che la festa in onore del compleanno del
figlio del Conte era già arrivata. In questo momento io ed Emmett stavamo attraversando
l’atrio della tenuta dei Cullen, per fare il nostro ingresso nell’ampio salone
illuminato a giorno, in cui centinaia di persone chiacchieravano amabilmente e
sorseggiavano liquori. Io non bevevo. Odiavo già solo l’odore del vino,
preferivo di gran lunga qualche spremuta o del sidro di mela. A parte questo, a
noi donne non era permesso bere più di qualche assaggio di vino durante i
pasti, cosa che mi guardo bene dal fare comunque.
Aveva ragione
mio padre, il vestito che avevano fatto confezionare per me era molto costoso,
una stoffa blu notte, con dei decori in filo argentato che richiamavano i
polsini color grigio e la camiciola e i risvolti della gonna. Indossavo scarpe
comode, ma da festa, che mia madre mi ha fatto portare per casa per abituarmi. I
capelli sono sciolti sulle spalle, ma ho il volto libero grazie a dei ciuffi
che sono raccolti di lato con il nastro blu notte che ho acquistato dal signor
Masen.
Emmett indossa
il suo abito migliore, pulito, profumato e ben stirato dalla mamma, è così bello!
Credo che sia così fiero e orgoglioso perché stasera anche Rosalie sarà
presente. Abbiamo chiacchierato durante la settimana e mi ha raccontato che la
ragazza è davvero presa da lui e che vorrebbe disperatamente avere l’occasione
di chiederla in moglie, peccato non avere nulla da offrirle. Si sente così
triste a questo pensiero, che spera solo di poter godere della sua compagnia
stasera, per un ballo.
Ci stiamo per
avvicinare al festeggiato, per porgere i nostri saluti a lui e al Conte
Carlisle e moglie, quando una ragazza bionda con i capelli raccolti in una
treccia si avvicina a mio fratello. Faccio in tempo a rendermi conto che è
Rosalie prima di vedere mio fratello sparire.
Non ci si
comporta così, davvero.
Prendo un
respiro profondo e continuo il mio cammino, Sir Cullen senior sta amabilmente
chiacchierando con il figlio, mentre Madame Esme sorride verso i due. Si amano
molto come famiglia, si può vedere benissimo dagli occhi e dalla semplicità con
cui trattano. Già il fatto che il conte non abbia voluto come sposa per il
figlio una nobile qualsiasi li fa avvicinare alla gente qualunque come umiltà.
Sono due persone fantastiche, non c’è che dire.
Quando sono
ormai ad un passo da loro, tasto nella tasca del vestito, nascosta ovviamente,
se ho ciò che mi sono portata da casa, sentendo il sacchettino sorrido e faccio
l’ultimo sforzo. Il Conte alza gli occhi e li incrocia con i miei, sorridendo
dolcemente e teneramente e sorridendomi. Abbasso lo sguardo, imbarazzata e
rispettosa. Non voglio passare i guai, non si guarda un conte negli occhi.
-Signor Conte,
Signora….sono molto lieta del vostro invito. Volevo porgere i miei omaggi per
questa meravigliosa sala, il gusto di ogni singolo ornamento è delicato e
delizioso alla vista. Mio padre e mia madre vi porgono i loro saluti… - dico,
cercando di suonare tranquilla, anche se sono agitata come non mai. E li sento
gli occhi del signorino Cullen che bruciano la mia pelle, anche se coperta dal
vestito.
-Milady, sono
felice che siate potuta essere nostra ospite…mi rincresce non potere godere
della compagnia di vostro padre, è un uomo così acuto e sveglio che mi fa amare
le chiacchiere da uomini, così solitamente noiose e poco interessanti! – è
davvero un complimento meraviglioso.
-Vi ringrazio
Conte, sicuramente porterò i vostri saluti a casa, mio padre parla così bene di
voi, vi elogia e non soltanto come conte, come uomo altresì…
-Milady è così
educata… - una risata si avverte di fianco a noi, so bene a chi appartiene. –E’
un piacere averla qui alla tenuta, stasera è davvero incantevole! Questo
vestito vi dona e vi fascia in modo prestigioso…a vostro padre sarà costato una
fortuna! – è la signora che parla e sorrido, timidamente. Non sono amante dei
complimenti, per nulla.
-Non sono
altro che un umile contadinotta, Madame! Questo vestito è il più bello che
possiedo, ma lo indosso fieramente… Mio padre contava molto sul mostrare la sua
gratitudine a voialtri! Fate così tanto per noi… - mormoro piano.
-Godetevi il
resto della festa milady! Dovrebbe essere accompagnata, giusto? – ad un segno
affermativo del capo mi volto a cercare la figura di mio fratello ma non lo
vedo. –Deve essere in giro a fare conversazione! Ne vado alla ricerca…vogliate
scusarmi! – faccio un debole inchino, so che non si usa più così tanto, ma i
miei genitori mi hanno insegnato il rispetto. Anche se con certe persone, come
il festeggiato, di sicuro non serve a nulla.
-Lady, non mi
ha salutato. Eppure sono io l’anima della festa… - sono sicura di essermi mossa
dalla posizione imbarazzante vicino al conte e alla contessa, di conseguenza
vuol dire che il signorino mi ha seguito.
-Vogliate
scusarmi, sono così sbadata questa sera… - faccio un inchino, alzando di poco
il vestito. –Ho molto gradito il vostro invito, questa festa è molto gradevole
e divertente. Le auguro un buon compleanno conte! Spero che la festa le porga
il miglior regalo di sempre… - dico, intendendo chiaro che so il motivo per cui
siamo qui.
-Oh, non credo
io possa ricevere regali molto più belli di quelli che le dame hanno portato
per me questa sera, sono state tutte molto proficue e diligenti. Anche lei ha
portato un dono per me?
Scuoto la
testa. Non dovrei lo so, sapevo di dover portare qualcosa e difatti, ce l’ho
nella tasca, ma non è minimamente pensabile paragonarlo a ciò che altre
invitate hanno donato al conte. Anche Angela ha portato i suoi omaggi
ricercando cose antiche nel paese e spendendo una fortuna. Mio padre però, ha
speso parte del denaro per questo abito e per far sistemare quello di Emmett,
per permettermi di varcare la soglia della festa senza sentirmi a disagio. Ha
anche acquistato un profumo per farmi sembrare più bella, che io non ho
utilizzato perché non ne amo la fragranza. Ma quando è sorto il problema per il
regalo al conte, non sapevamo come fare. Si è avvilito, si è dato da fare per
cercare signori che acquistassero parte del raccolto in fretta, ancora prima
che finisse di raggrupparlo. Ma non ha trovato gente così fiduciosa nelle sue
capacità e qualità e i soldi non sono arrivati in tempo.
-Mi rincresce,
non ho potuto acquistarle nulla di valore da regalarle conte…avrei tanto voluto
portare un pensiero di vostro gradimento farò in modo che il mio accompagnatore
di questa sera porga un pensiero per voi, anche in ritardo… - non mi ha neppure
lasciato terminare la frase.
-Oh! Quindi
lei non ha un presente? Che grave mancanza…Lady, mi sembra chiaro che deve
esserci uno spiacevole errore, forse l’invito le è giunto errato! Dovrebbe
trovarsi nelle cucine ora, non crede?….a pulire e rassettare ciò che le sue
colleghe mettono a soqquadro. Temo che i miei genitori l’abbiano scambiata per
una dama, ma la verità è che lei non è altro che una squallida bordellara, le
sarei grato se gentilmente lasciasse la festa, non tollero simili persone a
farmi omaggio. – resto con lo sguardo allibito e lucido, le sento le lacrime
che arrivano.
Mi volto rendendomi conto che Jasper e Alice mi stanno
osservando, ma oltre a loro per mia fortuna nessuno ha teso le orecchie al
nostro spiacevole incontro. Prima che gli occhi inizino a tradirmi e facciano
sgorgare le lacrime, abbasso la testa in un cenno di saluto e mi inchino.
-Certo Conte, vi leverò dall’incombenza di sopportare la mia
umile faccia non desiderata per questa serata in vostro onore…divertitevi e
buon compleanno… - mi volto velocemente camminando a testa bassa e senza farmi
vedere o notare da qualcuno. Quando sto per varcare la soglia che va all’atrio
però sbatto contro un corpo forte. Oh no, il suo profumo lo riconosco.
-Bella…che..che succede? Dove stai andando? – scuoto la
testa e cerco di divincolarmi dalla sua presa.
-Emmett, lasciami passare, non…non voglio attirare gli
sguardi.
-Ehm…Isabella, credo che vi stiate bagnando il vestito con
quelle lacrime inutili…venite, andiamo un secondo fuori a prendere dell’aria
fresca… Non preoccuparti Emm, te la riporto subito. – mi irrigidisco e alzo lo
sguardo.
-Oh no..no vi prego. Emmett lasciami andare e…Rosalie, vi
prego, lasciate che esca da qui senza essere seguita da nessuno. Non sono ben
accetta questa sera, il conte mi ha chiesto gentilmente di lasciare la festa,
non voglio assolutamente rovinare la serata a nessuno…
-CHE? – l’urlo di Emmett si sente per tutta la sala ed io
divento rossa dall’imbarazzo.
-Abbassa la voce Emmett! – sospiro. –Il festeggiato non mi
vuole alla sua festa, mi ha chiesto di andarmene..
-Perché?
-Temo che sia perché non abbiamo portato nulla come
regalo…Immaginavo di doverlo fare, ma papà ha speso così tanto per questo
vestito che…non me la sono sentita di insistere. Lo sai anche tu….farebbe
qualsiasi cosa per il conte.
-Oh Bella…perché non me l’hai detto? Edward non è così, non
vuole regali davvero… - mio fratello sghignazza. Lo guardo allibita. –Stava
scherzando probabilmente…vieni… - usciamo nell’atrio, insieme a Rosalie e
Emmett ancora sorridente. –Non sopporta davvero le persone che comprano
qualcosa per lui, soprattutto chi è povero come noi.. – scuoto la testa e in
quel momento la porta si apre, Jasper sgrana gli occhi vedendo la sorella con
una mano appoggiata al braccio di mio fratello e sospira scuotendo la testa.
Alice invece mi abbraccia di slancio.
-Oh Bella…che cosa brutta! E’ stato così maleducato…avrei
tanto voluto rispondergli per le rime ma Jasper mi ha trattenuta! – amo mia
sorella. So che è qui stasera perché Jasper è molto amico di Edward.
Emmett allora si sorprende e fa una faccia confusa. Jasper e
Alice raccontano l’accaduto, avevano davvero sentito tutto. Mio fratello mi
guarda con lo sguardo dispiaciuto ed io scrollo le spalle.
-Emmett davvero, so cosa stai pensando…è solo una stupida
festa. Non ti preoccupare…tu goditi la serata, io ti aspetterò al laghetto
della tenuta, cercherò di non farmi notare…poi andremo via insieme. Ti prego,
non dire nulla a Edward… - sbuffa e annuisce. Sa bene che sarebbe inutile.
Mi allontano dalla sala ed esco fuori, proprio come ho detto
ad Emmett mi avvicino al laghetto, cercando di non essere vista. Ci sono degli
alberi, magari con il buio è più facile nascondermi lì. Mi siedo per terra, è
un po’ umido, ma non mi importa. Alzo il vestito per non rovinarlo e poi lo
adagio dolcemente sull’erba, sperando che non si sporchi più del dovuto. Tiro
fuori dalla tasca il sacchettino e me lo rigiro tra le mani. Gli occhi mi si
riempiono nuovamente di lacrime.
Oh no! Non di nuovo.
E’ stato sgarbato e maleducato e so che mi ha riconosciuta
come la ragazza di due settimane fa, non posso essere cambiata più di tanto.
Solo che evidentemente anche se faccio parte del popolo, come tutte le altre,
non sono di gradimento al conte. Che posso farci? Davvero non pensavo di venire
a questa festa e trovare marito ma almeno farmi notare da qualcuno. So bene che
il conte cerca una moglie che possa soddisfarlo, che possa renderlo orgoglioso,
che possa donargli dei figli. Io che posso fare per una persona così illustre?
Nulla….posso limitarmi a rassettare la sua camera da letto e lavare i suoi
panni sporchi. Sarei sempre una serva per uno come lui.
Sbuffo, quando le lacrime cominciando a scendere, le asciugo
con parte della manica, cercando di non sporcare ancora di più il vestito. E’
davvero costato una fortuna a mio padre.
Dio…mio padre.
Quando verrà a sapere che sono stata cacciata dalla festa
del figlio del conte farà un infarto.
Non posso davvero fare in modo che lo sappia, devo cercare
di parlare con Emmett e mettere le cose in chiaro, dirgli che non deve parlarne
con papà. Sperando che il conte Carlisle non si accorga della mia assenza.
-Isabella, cosa fate qui tutta sola? – oh no. Non la
contessa.
Mi asciugo velocemente le ulteriori lacrime che sono
scappate dai miei occhi e riprendendo il controllo di me mi alzo inchinandomi
un poco.
-Contessa, vogliate scusarmi, non intendevo vagare per le
vostre proprietà senza essere accompagnata ed autorizzata. Cercavo solo un
posto tranquillo dove pensare… Mi rincresce avervi mancato di rispetto….
-Oh cara! Non hai mancato di rispetto proprio a nessuno! –
la sento ridacchiare. Oh no. –Ti prego, siedi. Ho voglia di godere anch’io
della tranquillità del laghetto. Mio marito è impegnato a ciarlare di affari e
battaglie con uomini noiosi e chiacchieroni e le mogli sono così poco
interessanti e frivole che mi sono trovata con il desiderio di fuggire dalla
festa. Anche per te è stato così?
-Più o meno, Madame. Non sono molto incline ai
festeggiamenti, né troppo brava a socializzare…tendo a preferire la solitudine
di una lettura al sole estivo piuttosto che passeggiate al paese con le mie
conoscenze…
-Anche mio figlio la pensa così. Lo trovo spesso immerso in
qualche volume antico e pesante seduto sotto qualche albero. Non lo si distrae
con nulla. – sorrido. Ne parla così bene.
-Non fatico a pensarlo. Ci sono così tante cose interessanti
sui libri certe volte…
-Oh, Isabella…mi stupisci! Sai leggere?
-Certamente Madame, so anche scrivere e contare. Mio padre
ha cercato di fornire a me e ai miei fratelli un livello di istruzione
nonostante fossimo molto poveri.
-Capisco…tuo padre è un uomo così saggio e fortunato.
Dovresti sentire come ti elogia, dice che addirittura sai andare a cavallo e
sai pescare. – il tono informale con cui mi parla mi lascia un po’ perplessa.
E’ così dolce la contessa.
-Siamo noi fortunati ad avere un uomo del genere come padre…
- mormoro dolcemente. E’ la verità, mio padre farebbe di tutto per noi.
-Non fatico a pensarlo! – sghignazza. –E dimmi, Reneè come
sta? Spesso venivano a farci visita nel giorno di festa, ultimamente però, con
le nuove dicerie sulla nobiltà e ulteriori impegni da conte della famiglia ci
vediamo così raramente. Mi dispiace tanto. – oh. La mia famiglia e la loro?
Wow…davvero. Non me lo aspettavo.
-Nostra madre è una perfetta casalinga instancabile! Lava,
rassetta, cucina e addirittura aiuta mio padre e mio fratello nella campagna. –
la contessa ride.
-Oh! Lo immaginavo! Reneè è sempre stata così fin da
piccola…
-Voi…voi conoscevate mia madre da piccola?
-Certo Isabella…la mia famiglia abitava nel fondo di fianco
a quello di tuo padre! – la guardo stupita e confusa. Come… -Carlisle, mio
marito, era abbastanza…irrequieto da piccolo e il conte ha pensato bene di
mandarlo nelle campagne per addestrarlo e insegnargli l’educazione! L’ha
affidato alla famiglia di tuo padre…. Non lo sapevi? E’ così che ci siamo
conosciuti. Prima che vostra madre avesse voi venivano alla tenuta per le
vacanze estive, lasciando perdere la campagna e il raccolto, ci divertivamo
molto insieme.
-Questa è una cosa totalmente nuova ed insaputa per me. –
riesco a dire, con rispetto quando mi riprendo. Sento la contessa ridacchiare e
poi dei passi sull’erba che si fermano dopo poco, ma nel buio non si vede altro.
-Mi chiedo se dovrei mandare nelle campagne anche mio
figlio! Cosicché impari le buone maniere…non mi è piaciuto per niente il modo
in cui ti ha cacciato dalla festa! – allargo gli occhi ma li abbasso sull’erba
sotto le mie mani. –Ho sentito come ti ha trattata e l’ho ripreso abbastanza.
Quando la festa finirà penserò a punirlo per bene! L’educazione che io e suo
padre abbiamo tentato di inculcargli non è servita a niente! Speravo che crescendo
avesse imparato e invece…è un perfetto scaricatore di porto! Con il rispetto
per loro!
-Oh…no…in realtà non…è colpa di vostro figlio, è colpa mia
contessa! Io non ho portato nessun presente per il suo compleanno, l’ho
completamente dimenticato ed ha avuto tutte le ragioni del mondo per trattarmi
in quel modo, davvero.
-Oh Isabella! Tuo padre mi aveva parlato di quanto buona e
intelligente fossi, ma io sono sicura che prenderti la colpa questa volta non
servirà a nulla, perché ho sentito e so bene che tuo padre avrà speso tutti i
soldi del raccolto per questo magnifico vestito che indossi e per quel nastro
meraviglioso che ti raccoglie i capelli…non temere che io non sappia. Conosco
Charlie e Reneè da una vita, posso non frequentarli più ma mi informo e quando
tuo padre porta le provviste alla tenuta faccio sempre in modo che porti
qualcosa per voi a casa… - gli occhi mi si riempiono di lacrime ancora una
volta.
-Io…io…Mi rincresce Contessa, davvero mi dovete credere, non
è colpa del conte. – la sua mano si poggia sul mio braccio dolcemente. Ha un
fare così materno che mi spiazza.
-Non preoccuparti Isabella…ora ritorno alla festa, dovresti
farlo anche tu. Mi manca vederti girare per la sala, come facevi una volta! –
mi fa l’occhiolino.
-Come…come…? – provo a chiedere ma sono confusa.
-I tuoi genitori venivano qui la domenica, te ne ho parlato.
Di sicuro i figli non li lasciavano a casa! Tu e Edward giocavate insieme nella
sala del ricevimento, ti faceva usare la sua palla di cuoio…e tu gli mostravi
quella bambola di pezza che ti ha regalato tua madre. Non ti ricordi perché eri
così piccola…- Oddio!
Io ed Edward giocavamo insieme? Pazzesco. Non era possibile.
-Impazziva per te. Ha sempre desiderato una sorellina, anche
se non l’ha mai detto apertamente, e quando c’eri tu ignorava Emmett ed Alice e
si occupava di te in modo incantevole. Eri così piccolina che voleva
proteggerti…E di sicuro ti ha trattato malamente solo perché non ricorda che tu
sia esattamente quella pargoletta. – scuoto la testa e sospiro. È tutto così
strano. –Se non vorrai rientrare ti capisco benissimo, la festa è un pochetto
noiosa, soprattutto per colpa del significato che mio marito ha voluto far
trasparire. Tzè! Una moglie per quello zuccone di mio figlio! Chi lo
sopporterebbe mai tutta la vita?!
-Grazie madre! Voi si che sapete come fare felice un ragazzo
il giorno del suo ventiduesimo compleanno! – la sua voce mi gela all’istante. È
qui. Oh no!
E’ qui ed ha sentito sua madre parlare.
Oh…i passi. No…non può essere lui.
-Cerca di non comportarti male come al tuo solito signorino!
Ci vediamo più tardi… Buona serata Isabella…e salutami i tuoi genitori.
-Certo Contessa, vi ringrazio! – sento i passi della signora
allontanarsi e ritorno con lo sguardo al laghetto, ignorando Edward. Sono così
agitata che mi tremano le mani e gli occhi mi pungono per le lacrime. Quale
offesa mi oserà questa volta? Sento un sospiro e il suo corpo prendere posto
sull’erba affianco a me.
-E così…tu sei quella ragazzina che amavo quando ero
piccino…Devo dire che ne è passato di tempo dall’ultima volta che ti avevo
visto! – sussulto, non mi aspettavo che mi desse del tu, né che parlasse così
con me. Evito di rispondere subito, prendendo un profondo respiro. Bloccandomi
al ricordo della sue parole. Mi amava? Cosa?! – Ricordo bene quando finiva la
settimana e mia madre continuava a sorridere in giro per casa controllando che tutto
fosse pronto per avere gli ospiti ed io venivo sempre imbellettato e tirato a
puntino dalla servitù ed ero così esaltato che non stavo mai fermo un attimo. Desideravo
vederti, eri così piccola, a tre anni però avevi già la lingua biforcuta! –
sghignazza. Perché io non ricordo nulla di quel periodo? –Poi però…i vostri
genitori non ci hanno più fatto visita, dovevi avere…sei anni credo.. – Odio
non ricordare.
-Voi…voi sapete perché non vi hanno più fatto visita? –
dovevo cercare di tranquillizzarmi e parlare tranquillamente.
-Non ricordi nulla? – scuto la testa, incapace di parlare.
–Un pomeriggio eravamo qui vicino e c’erano delle panchine di ferro che mio
padre ha fatto installare perché io e mia madre amavamo sederci qui e prendere
il sole. Io e te correvamo, ignari dei pericoli. Avrei dovuto ricordare che il
tuo equilibrio era precario e che non riuscivi a fare molti passi prima di
crollare per terra…ma quel giorno lo dimenticai. Scivolasti sull’erba umidiccia
e sbattesti la testa sulla panchina. Ero così preoccupato quel giorno. Ti ho portato
correndo dentro l’ufficio di mio padre, perché eri priva di sensi. Per fortuna
avevamo una donna in cucina che era moglie di un medico, corse a chiamarlo e
intanto ti sistemarono nella mia camera. – ero sconvolta. Mi stava parlando di
un’altra persona. –Emmett ed Alice erano così preoccupati, i tuoi genitori ti
guardavano piangendo ed io non volevo lasciarti la mano. Mi ricordo
benissimo….avevo dieci anni e una settimana dopo era il mio compleanno. Avremmo
dovuto festeggiare, mi avevi detto che volevi portarmi i biscotti della tua
mamma, eri così allegra e bella. Ed io avrei solo dovuto proteggerti. –
sussurra. –Sei rimasta priva di sensi per due giorni, il dottore non ha potuto
fare nulla di più. Quando ti sei svegliata non ricordavi molto. Io sono stato
allontanato. I tuoi genitori mi avevano incolpato, pensavano che ti avessi
colpito, che non andavo affatto bene per te. E perché non venissero fuori
problemi…non sono più venuti a trovarci. – abbassa lo sguardo sulle sue mani,
ed io ora sono rivolta verso di lui a guardarlo.
-Oh…ecco…ecco perché non ricordo nulla… - lui annuisce e
sospira. –Dovreste tornare alla festa Conte, gli invitati si chiederanno che
fine ha fatto l’anima della festa… - biascico, desiderosa di stare da sola.
-Bella…mi… mi dispiace per quello che ti ho detto, per come
ti ho offeso due settimane fa, per stasera…Non avevo capito che eri tu! Molto
probabilmente se avessi visto Emmett al tuo fianco l’avrei capito ma… -
tralascio il fatto che mi abbia chiamato come mio fratello.
-Non importa Conte, davvero, ho dimenticato in fretta lo
spiacevole episodio di due settimane fa in paese, oltretutto volevo scusarmi
con voi per la mia lingua biforcuta e maleducata, avrei dovuto portare rispetto
e non oltraggiarvi in nessun modo. E per stasera…avete semplicemente detto
quello che andava detto. Merito di stare nelle cucine a rassettare, con quelle
persone lì dentro non c’entravo nulla… - biascico e sento un sospiro forte alla
mia destra.
-Non è così. Smettila. E soprattutto finiscila con questo
voi. Ci conosciamo da quando eravamo bambini, non puoi davvero…non trattarmi
così freddamente.
-Conte, mi rincresce, ma così è come mi hanno educata i miei
genitori. Tempo fa non mi sono comportata secondo la buona educazione con voi,
non credo di poterlo rifare e sfidare la sorte…Per quanto riguarda i nostri
trascorsi, io non li ricordo…
-Rientra alla festa con me, ti prego… - sbarro gli occhi.
-Oh….no! Sono costernata Conte, ma vi prego di non insistere
avanti. Quella sala non fa per me. Vi auguro un buon compleanno…
-Bella! Non ti ricordavo così esasperante! – mi allontano,
strisciando sul prato per non dovermi alzare. Non voglio stargli così vicino,
non voglio perché l’altra volta mi ha baciato e mi è piaciuto anche, ma è un
conte. Deve avere una moglie che valga la pena di presentare alla gente e io
posso davvero solo stare a pulire. –Questa sera davvero sto cominciando ad
odiarla. Prima mia madre e i suoi rimproveri, poi Jasper e tua sorella, Emmett
e Rosalie…davvero….cosa ho fatto di male per non meritare neppure il tuo
perdono?
Oh. Voleva che lo perdonassi? Era così bello. Stasera
indossava una camicia morbida e al di sotto di una giacca lunga e dei pantaloni
alti sulla vita, un cinturone. Il suo profumo mi stordiva era così forte e
dolce, eccitante per giunta, chissà quanto costoso deve essere.
-Conte, voi non dovete meritare il mio perdono, la gente
umile come me è obbligata dalle circostanze a perdonare e dimenticare in
fretta. Non portiamo rancore verso i nobili che offendono in qualche modo… - mi
lascio scappare. –Per cui voi non dovete in nessun modo pensare che non siete
meritevole del mio perdono, perché in quanto conte, l’avete già ottenuto.
-Già…immaginavo! – dice ironico –E come Edward? Come persona
normale…ho ottenuto il tuo perdono Bella? Per averti offesa in modo così
cattivo, immorale, privo di tatto alcuno? Mi perdoni per averti cacciata dalla
festa e averti baciato due settimane fa?
-Voi non siete persona normale Conte! Voi portate un
titolo…non potete minimamente accomunarvi a gente normale e plebea come noialtri.
Vi prego, smettete di domandare il mio perdono, l’avete già ottenuto. – sbuffa
e si passa le mani tra i capelli, spettinandoli.
-Ho passato anni interi a cercare di avvicinare la tua
famiglia per riprendere i contatti con te, ma Emmett è come un cane da guardia
e mi tiene lontano. Non immaginavo che fossi tu la ragazza da Masen, come non
immaginavo che fossi tu stasera…Non so cosa dire per farti capire…come mi sento.
Vorrei davvero che la smettessi di trattarmi così.
-Signor Conte, dovreste smettere di lottare così arduamente
con voi stesso, alla ricerca di parole gentili e dolci per una comune donna
bordellara – ghigno, questa volta non me la risparmio. –Temo che dobbiate mettere
in conto che siete nobile e che la gente vi tratterà sempre con rispetto e
distacco. – sento un ringhio provenire dalla sua gola e sorrido. Educatamente
ha quel che si merita e ancora non capisco perché sta qui con me.
-Quando Emmett mi ha detto che eri una ragazza difficile non
credevo così sfiancante! Speravo di poter conversare con te e scoprire così
come sei diventata in questi anni, so che ami leggere e che ami i libri
antichi, volevo mostrarti la biblioteca che ho rifornito personalmente. E
invece devo stare qui a scusarmi all’infinito purchè tu smetta di darmi del voi
e trattarmi come un nobile!
-E’ quello che siete Conte, vi prego, tornate alla festa,
ignorate la mia persona e andate a divertirvi. Ci sono ragazze in sala che
troverebbero molto stimolante la biblioteca personale del conte! – Non volevo
utilizzare con lui una malizia tale, ma me l’ha proprio chiamata, non potevo
stare zitta. Mi sta esasperando.
-Oh oh! Ecco ritrovato lo spirito di Bella che ancora ti
caratterizza! Sei ancora così curiosa da ficcanasare dove non dovresti? Hai
letto i libri che ha letto anche Emmett per caso? – le mie guance si
imporporano e riesco a rispondere solo perché siamo al buio e per fortuna non
devo vergognarmi così tanto di mostrarmi a lui.
-Certo che li ho letti Conte, mia sorella Alice li aveva
mandati per me, perché io potessi farmi una cultura e essere gratificante a mio
marito, quando ne avrò uno. I libri sono molto educativi e seppur
apparentemente volgari di tanto in tanto, credo che siano un valido spunto per
imparare come servire il mio uomo.
-Hai…hai…già fatto….
-Come ripetuto Conte, non sono una bordellara! – esclamo con
una certa rabbia –E come avete potuto saggiare settimane fa, non sono stata in
grado neppure di baciare, di conseguenza voi avete tratto giudizio di
inesperienza. Così è! Credo che sia tempo per me di tornare nella mia umile
dimora…
-Ma Emmett è ancora dentro…
-So cavalcare Conte, non vi dovete preoccupare di me,
piuttosto delle ragazze che vi staranno cercando per ballare e conoscervi e
ammaliarvi con le loro doti, affinché voi scegliate proprio una di loro come
vostra compagna. Vi auguro buon compleanno Conte, spero in buone cose per voi.
– mi alzo sistemando il vestito e pulendolo, in quel momento il rumore del sacchettino
che cadeva per terra mi fece ricordare che lo avevo poggiato sulla gonna.
Edward si sporge per afferrarlo e il velluto ora è racchiuso nelle sue mani.
-Ti è caduto questo…cos’è?
-Una frivolezza e inutilità che avevo nella tasca del
vestito, mi rincresce che voi ne siate venuto in contatto, gradirei che mi
fosse restituita.
-Perché…sul sacchettino ci sono le mie iniziali? – chiede
sorridendo, riesco a percepirlo nel tono della voce.
Perché ho dovuto ricamarle? Dannazione quanto sono stupida.
-Le vostre iniziali conte? Davvero? Non credo…
-Oh Bella, le bugie non ti sono mai riuscite bene, fin da
piccolina…cos’è? Esigo saperlo… - sbuffo, sapendo che è un ordine. La sua voce
suona esattamente perentoria e non ho voglia di continuare a discutere e mancare
di nuovo di rispetto a un nobile.
-Era un…presente. Mio padre non ha abbastanza denaro da
permettere che vi comprassi un regalo, e non è cortese arrivare a mani vuote,
per cui avevo…pensato di farvi dono di qualcosa di più umile, senza intaccare
la finanza familiare e senza risultare maleducata ai vostri occhi, signore.
Peccato che non avevo fatto i conti con l’immagine e lo sfarzo della nobiltà.
Da stupida avevo pensato che l’avreste apprezzato, ma sono tornata in me questa
sera capendo che i nobili fanno fatica ad apprezzare un dono povero come il
mio…Mi ero illusa che fosse la medesima cosa di un profumo costoso o una stoffa
pregiata, solo perché l’ho fatto con le mie mani…ma si sa, le illusioni non
fanno bene alla sanità mentale Conte. – dico sospirando alla fine.
-Posso aprirlo quindi?
-Fate pure…ma non troverete nulla di valore lì dentro, se
non la perdita di tempo di una ragazzina. Ora vi saluto Conte, spero abbiate
una…
-Aspetta, voglio che rimani finchè vedrò cosa mi hai
portato.
-Conte, vi prego, state minando il mio controllo e la mia
educazione, sono tentata di mancarvi di rispetto, e restare qui non mi
conviene. Non voglio imbarazzare mio padre più di quanto lo sarà per avere una
figlia che viene cacciata dalla tenuta di un conte durante la sua festa di
compleanno in cui sono presenti tutte le giovani donne della contea. Buonanotte.
– giro i tacchi e mi incammino a passo spedito, con le lacrime che ormai
sgorgano irrimediabilmente dagli occhi. Sono sicura che ci penserà il conte ad
avvisare mio fratello che me ne sono andata, quindi individuo il cavallo e
salendo con agilità, nonostante il vestito e le scarpe scomode, parto al
galoppo verso casa.
Edward pov.
Quella ragazza mi farà ammattire. E’ così…complicata! Non ho
mai incontrato una donna come lei, eppure… mi attira. Mi attira e mi eccita, e
la sua voce mi scalda e i suoi occhi, li ricordo quando li ho incrociati due
settimane fa, sono magnetici. Questa sera mia madre le ha raccontato di noi, di
quando eravamo piccoli, avevo il ricordo di Isabella nella mia mente, me lo
custodivo gelosamente. Da piccolo ho sempre ripetuto a mia madre che se avessi
sposato una donna, in un futuro, quella sarebbe stata lei, senza sapere cosa
avrebbe comportato tutto quanto. Per questo motivo mio padre ha sempre cercato
di non prendere contatti con altre famiglie di rango pari al nostro per il
matrimonio, ma mi ha lasciato libera scelta di scegliere moglie. Solo che
adesso è giunto il momento di fare le cose come si deve e non posso di certo
procrastinare oltre.
Prendere coscienza che due settimane fa, la lingua peperina
e biforcuta che mi ha parlato senza riserva alcuna era proprio Isabella mi ha
lasciato sconvolto, ma ancora di più comprendere che era stata lei quella che
ho cacciato dalla festa stasera. Gli occhi di Alice mi avevano schiaffeggiato
senza toccarmi e quelli di Jasper, amico di una vita, mi avevano rimproverato.
Poi era arrivato il turno di mia madre e quello di Emmett. Sono stato così
stupido a cacciarla, l’unica persona che desideravo rivedere. Quando mio padre
aveva pensato di dare una festa per il mio compleanno alla tenuta, volendo
tutte le ragazze non maritate, anche tra la gente umile mi ero illuminato ed
ero così contento da camminare sospeso per aria, non avevo detto nulla ad
Emmett nelle poche volte che era venuto a farmi visita, per non dover duellare
con lui, ha un senso di protezione immane per la sorella e non vorrebbe mai
vederla con me. Questo l’ha urlato più volte. Ha detto che l’ho ferita da
piccola e che potrei farlo ancora. Stasera poi…ne avrebbe tutte le ragioni.
Mi rigiro il sacchettino di velluto tra le mani e mi
incammino verso la sala, fermandomi nell’atrio per godere del regalo di Bella.
Ci sono davvero indicate le mie iniziali sul velluto, una E ed una C
splendidamente ricamate di un color bronzo sul velluto. Quando estraggo il
contenuto resto spiazzato.
Dei fili intrecciati di cuoio incorporano una E ed un
piccolo ciondolo di smeraldo affianco, racchiuso in una palla di filetti di
rame intrecciata. E’ meraviglioso ed è un bracciale.
Voglio indossarlo subito, voglio averla con me. E’ una
ragazza così splendida.
-Edward, caro, sei tornato! Dov’è Isabella?
-E’ tornata a casa a cavallo! – mormoro mentre ancora
osservo quel prezioso tra le mie dita.
-Cosa? E l’hai lasciata andare da sola? Sei forse impazzito
figlio? E’ tardi, buio e lei una ragazza… - si porta le mani di fronte alla
bocca spalancata e scuote la testa. –Manderò di corsa il signorino Jacob
affinché si assicuri che sia a casa. – la seguo mentre raggiunge le sale della
servitù e la osservo parlare con il ragazzino di appena sedici anni, figlio di
una delle domestiche. –Cos’hai tra le mani che ammiri così tanto?
-E’..il regalo di Isabella.. – glielo mostro e lei lo
afferra sorridendo.
-E’ così dolce…e deve aver pagato caro quello smeraldo e
quella E d’argento, nonostante sia venuta senza un regalo costoso e tu l’abbia
cacciata come feccia…
-Madre…
-Oh no…non ricominciare! Pensavo di essere stata chiara,
questa serata volevo che ti mostrassi educato e rispettoso, benevolo e che ti
facessi amare dalla gente la quale ti assicuro, non ha una bella opinione di
te…
-Mamma…ti prego!
-Non mi pregare Edward…è meglio che torniamo di là in sala e
che tu scelga una donna da sposare, o tuo padre andrà su tutte le furie.
Sbuffo sonoramente e fisso i miei occhi verdi nei suoi.
-Madre…mi sono innamorato. – mi lascio sfuggire. So che
entrambi i miei genitori mi hanno appoggiato affinché trovassi una persona da
amare, che la conoscessi, che non fosse un matrimonio combinato. Ma adesso ho
ventidue anni e devo assolutamente sposarmi.
-E…chi è? E’ presente alla festa? Dimmi il suo nome… -scuoto
la testa. E abbasso gli occhi. –Oh no! E’ Isabella vero? – annuisco e lei
sospira. –Ne parleremo con tuo padre, vieni ora…diremo che hai scelto la tua
futura compagna e che ti riserverai di farle visita nel primo pomeriggio di
domani. Tuo padre sarà contento e questo ci garantirà tempo per parlargli.
Vieni!
Sorrido a mia madre, ha sempre un piano d’attacco perfetto.
Spero solo che…la sua famiglia non mi volti le spalle, che non mi impedisca di
chiederla in sposa. Lo so benissimo di non avere una buona reputazione, ma cosa
posso farci se la gente mi irrita? Stavo bene solo con lei, quando mi sorrideva
da piccola, quando mi rincorreva, quando giocavamo semplicemente o
passeggiavamo attorno al laghetto per intere mezzore e poi facevamo merenda. Mi
piaceva stringerle la mano per correre verso la servitù che ci offriva il pane
con la cioccolata e una spremuta, e lei si sporcava sempre tutta e dovevo ogni
volta portarmi dietro un fazzolettino per pulirla, prima che la vedessero i
suoi genitori. Era così bella….ed ora è magnifica.
Stasera l’avevo osservata mentre parlava con i miei
genitori, ed anche se in quel momento pensavo che fosse una ragazza di qualche
bordello non potevo non accorgermi di quanta bellezza tenesse su di sé. Il
vestito blu notte con i risvolti e i dettagli in grigio perlato chiaro, simile
all’argento le donavano un’aria così bella e perfetta, i capelli sciolti e
definiti solo con quel nastrino dello stesso colore dell’abito. La pelle
chiara, gli occhi color cioccolata e le labbra rosse e carnose. Quelle labbra
che ho adorato baciare due settimane fa, a cui ho pensato ogni minuto di queste
giornate.
Era una meraviglia Isabella questa sera. La più incantevole
di tutta la festa, e di donzelle ne avevo molte. Ma lei aveva qualcosa che…mi
trasportava altrove. Deliziosa.
Sospiro forte prima di rientrare in sala, con il mio piccolo
e nuovissimo portafortuna nella tasca. Che si aprano le danze!
*Capitolo Tre*
Bella pov.
Quando arrivai a casa, la sera precedente, trovai mio padre
ancora intento a leggere dei libri sul commercio che il Conte gli aveva
prestato mesi orsono. Adesso comprendo come mai molti dei loro prestiti,
diventano in realtà doni, e come mai mio padre di tanto in tanto tornava con
qualche pensiero per noi. La contessa è una donna così gentile e affabile che
quasi pareva mia madre, e a dir la verità saperle cresciute insieme, fa
sembrare tutto quanto più normale. Ora posso comprendere meglio il motivo per
il quale il loro titolo non li ha inariditi di sentimenti e fatti apparire dei
despoti. Le loro origini, o per lo meno quelle in cui hanno vissuto da piccoli,
li hanno forgiati ad una vita umile e dettata da valori diversi rispetto alla
nobiltà, e di questo sorrido felice, per aver la fortuna di essere all’interno
della loro contea.
Quando varcai la soglia di casa mi guardò stranamente e poi
preoccupato si alzò per raggiungermi.
-Bella, che succede? Dov’è Emmett?
-Alla tenuta del Conte padre… - mormorai, decisa ormai a
dirgli ogni cosa. Se è vero che erano in buonissimi rapporti con il conte
Cullen non avrebbe fatto fatica a perdonare la mia insolenza…spero.
-Cos’è successo Bella?
-Sono stata cacciata dal signorino Edward, padre…l’avevo
incontrato due settimane fa al paese, ma sono stata sgarbata perché ha
scavalcato me per degli acquisti, giuro che ero in buona fede, non credevo
fosse lui la persona che mi aveva interrotto…L’ho, forse, insultato e lui ha
rimarcato con ulteriori parole cattive. Ma stasera ero andata lì con buone
intenzioni e avrei anche voluto scusarmi durante il classico ballo con tutte le
ragazze…Ma mi ha cacciata padre, mi dispiace molto. – sussurro la fine della
frase. So bene quanto sarà deluso, posso immaginare quanto abbia impiegato sé
stesso affinché fosse tutto perfetto per questa sera, perché non potessi
sentirmi inferiore o vergognarmi delle mie origini; sapevo che voleva
dimostrare il suo affetto a quella famiglia, mostrando loro che per una ballo
alla loro tenuta avrebbe fatto il massimo. E invece avevo rovinato ogni cosa, e
non c’era via di ritorno.
-Perché ti ha cacciata? Non ti ha riconosciuta? Non sapeva
il tuo nome? – mio padre sembra confuso, invece che arrabbiato.
-Che vuoi dire padre?
-Edward, il figlio del conte, ha cercato molte volte
di…avvicinarti ma glielo abbiamo impedito. Sai quando eri piccola… - inizia ma
alzo le braccia.
-Mi ha già raccontato tutto padre…Mi chiedo perché mi avete
sempre celato tutto!
-Perché volevamo proteggerti, Edward non è una brava persona
e…ti ha fatto del male in passato. E’ passato qui da noi moltissime volte, per
nostra fortuna tu non eri mai presente o nella stessa stanza…ed abbiamo fatto
in modo di mandarlo via. Sai bambina mia, non è consono che famiglie umili come
la nostra frequentino di abitudine la tenuta di nobili in amicizia, si potrebbe
pensare e vociferare cose cattive in paese e abbiamo sempre cercato di
nascondere ogni cosa per…evitare che il conte e la contessa ci rimettessero il
buon nome. – sospiro frustrata, odio molto questi pregiudizi, e il circolare
delle voci mi fa venire l’orticaria! –Ma lui era molto caparbio e allora Emmett
ha dovuto avvicinarsi a lui molto di più di quanto non facesse in precedenza,
andando a trovarlo ogni settimana e passando del tempo con lui in amicizia,
credo comunque che l’intento di Edward sia sempre stato quello di allacciare di
nuovo i ponti con te…per quello mi domando come abbia fatto a cacciarti!
-Sono molto stanca padre, credo che andrò a dormire. Emmett
non so come farà a tornare a casa, ho preso il cavallo. Mi rincresce essermi
fatta cacciare via….scusatemi…. – dico mentre lo aggiro per raggiungere le
scale, ma lui mi ferma con una frase. Pensavo di aver aggirato il problema,
senza dover dire oltre, senza dover proseguire con un’umiliazione che costerà
molto al mio povero padre.
-Non mi hai detto il motivo…
-Non è importante padre…sono davvero stanca ora, vado nella
mia stanza. Buonanotte.
-Isabella, vieni qui! – sospiro voltandomi verso di lui e mi
avvicino guardando il basso. –Dimmi perché ti ha cacciata. – non è una domanda
ma un ordine preciso a cui so di dover rispondere.
-Padre…lui mi credeva una…ragazza di facili costumi, per i
pregressi rapporti verbali spiacevoli, non credeva che una ragazzina a modo
potesse mai rispondergli in quella maniera sconveniente. Si è di conseguenza
difeso dicendomi che sarei dovuta stare nelle cucine o a rassettare piuttosto,
perché era solo quello il mio posto…e pensandomi una tale persona, di
conseguenza, ha bene ipotizzato che io non avessi doni in suo onore
e…oltraggiato mi ha cacciata. – mormoro, allo stremo delle forze. Già ricordare
l’imbarazzo provato in quel momento mi faceva sentire afflitta, ma raccontarlo
a mio padre era una cosa talmente sgradita che mi faceva tremare; temevo per il
suo sentirsi uomo e importante. Ha quest’assurda volontà di far bene ogni cosa
e portare il sorriso in questa casa, quando non ci riesce per i disguidi
economici si rinchiude in un mutismo assoluto e gli occhi costantemente tristi
e assenti.
-Perché….non avevi un regalo per lui?
-E perché mi credeva un’altra persona…quando ha saputo il
mio nome ha fatto di tutto per trattenermi alla festa e si è scusato. Un conte,
padre, ha cercato il mio perdono questa sera…mi pare così assurdo!
-A me no! Edward ti voleva molto bene quando eri piccola, è
stato molto male quando sei caduta e noi abbiamo voluto allontanarvi per
dicerie della gente comune…Come ti ho detto prima…non era bene che si facessero
un cattivo nome per colpa di vostri giochi infantili.
-Capisco…in effetti sembrava parecchio scocciato del fatto
che continuassi a trattarlo con freddezza. – aggiungo a bassa voce.
-Lo immagino Bella…e come ti ha trattata dopo che ti ha
riconosciuta?
-Come… come…non lo so padre. Bene comunque, sono stata io a
mantenere le distanze. – affermo.
-E…come ti sembra Edward?
-Valoroso, bello, a tratti gentile e affabile, altre volte
rude e burbero, insolente e maleducato, zoticone anche! – mi lascio trasportare
e mio padre ridacchia.
-Oh…credo che sia ora di andare a dormire Bella..
L’avevo salutato e mi ero tolta velocemente il vestito,
appendendolo alla gruccia e sistemandolo con attenzione, prima di infilare la
camicia da notte e addormentarmi in un baleno.
Quando la mattina era arrivata aveva portato con sé una
notizia stratosferica. La contessa oggi, avrebbe fatto visita ai miei genitori.
Mia madre era già all’opera per fare le pulizie, l’ordine
che si stava materializzando in quella casa non mi sembrava vero. Aveva
indossato il vestito più brutto che aveva per rassettare, ma sono sicura che
avrebbe cambiato l’abito in un secondo quando si sarebbe avvicinata l’ora della
visita nobiliare. Io ero stata relegata in cucina. Dovevo fare delle torte e
dei biscotti, per omaggiare gli ospiti, Emmett aveva detto che anche il conte
Edward sarebbe venuto ad accompagnare la madre e speravo, con tutta me stessa,
che le cose raccontate a mio padre non venissero fuori in alcun modo. Mia madre
era agitata così tanto che urlava da tutte le parti ed io invece sorridevo, era
bella così piena di vita, solitamente sempre stanca.
-Madre, vi prego, termino io di sistemare la sala e il
resto, andate a farvi un bagno veloce e indossate l’abito! – gentile e cortese,
dovevo ritornare nella mia educazione.
-Bella, non posso ti prego! La contessa sarà qui tra poco
meno di un’ora ed io…sono ancora qui a confrontarmi con questa macchia sul
pavimento! – la isso da terra con forza e le prendo la faccia con la mie mani.
-Mamma, tu e la contessa vi conoscete da quando eravate
piccole, me l’ha raccontato. Ora non farti venire questi complessi. La casa è
pulita ed è in ordine, non abbiamo servitù ne pavimenti lucidi di marmo o
tappeti di stoffe pregiate. Va a sistemarti, qui termino io! – lei annuisce e
scappa di sopra lasciandomi spugna, panno e un unguento puzzolente per pulire.
Porto tutto nello sgabuzzino e poi sposto il tappeto a coprire la macchia. Ecco
fatto. Anche questa è sistemata. E’ una bruciatura sul pavimento, non andrà mai
via di conseguenza era inutile tentare di lavare insistentemente. Sistemo la
cucina e metto a bollire dell’acqua per il tea, in modo che sia già pronta per
quando arriveranno gli ospiti. Mio padre ed Emmett sono andati di sopra a
sistemarsi, anche se rimarrà solo Emmett a fare compagnia al conte Edward.
Salgo di sopra correndo, inciampo e mi ferisco un ginocchio
sulle scale di legno, lo disinfetterò con dell’acqua più tardi. Indosso un
vestito migliore e lego i capelli spettinati, indossando un cerchietto fatto
con le mie mani. Metto la collana regalata dai miei genitori quando sono nata,
quella in cui c’era il mio nome con varie lettere in argento e che adesso
purtroppo ha solo le prime tre: ISA e scendo facendo attenzione a non cadere.
Sono giusto nella sala quando bussano alla porta. Prendo un respiro ma in un
attimo vedo mia madre superarmi e raggiungere la porta.
-Oh Reneè cara, che piacere rivederti! – La contessa e mia
madre si abbracciano. Uno slancio d’affetto per niente consono a dei nobili,
soprattutto con gente umile come noi, ma essendo amiche da molto, credo che tra
loro funzioni così.
-Prego contessa, conte Edward, accomodatevi. Sono felice di
potervi ospitare in casa nostra, scusate il disordine e l’odore acre, mio
marito e mio figlio sono tornati da poco dal lavoro.. – posso benissimo vedere
le guance rosse di mia madre e la sua vergogna. Mi affianco a lei, cercando di
toglierle l’impiccio.
-Contessa, è un piacere rivederla! – abbasso la testa in
segno di saluto. –Signor conte! – ripeto lo stesso movimento. –Vi prego di
accomodarvi sul divano e non rimanere sulla porta. Avete fatto buon viaggio sin
qui?
-Edward, Esme! E’ un piacere vedervi… - Emmett irrompe nella
stanza con il suo solito passo non delicato e il tono di voce forte.
-Emmett! Decoro per favore, ti trovi di fronte a una
contessa e suo figlio!
-Madre, mi rincresce ricordarti che passo un giorno a
settimana a casa di questo zoticone e sua madre mi prepara i biscotti al
cioccolato quando tu pensi che sia troppo grasso per darmi dolci da mangiare. –
la contessa ride e mia madre impallidisce.
-Emmett! – ringhio sottovoce. –Comportati bene o a mamma
verrà un infarto!
-Esme, accomodati pure sul divano, ne possediamo ancora uno
per fortuna! – Edward sghignazza ma si accomoda, ed Esme lo segue.
-Isabella, ti prego, ferma tuo fratello… - mi sussurra mia
madre passandomi accanto.
-Desiderate del tea? Ne abbiamo uno nero aromatizzato alla
menta, acquistato al paese…oppure preferite dell’altro?
-Il tea va benissimo, due tazze grazie Isabella! – faccio un
cenno con il capo e sorrido.
-Emmett, potresti aiutarmi per favore? La zuccheriera è
troppo in alto… - gli dico passandogli accanto e pizzicandogli il fianco.
-Ahia! Ehi Bella ma che modi! – gracchia seguendomi in
cucina.
-Stai facendo vergognare la mamma. Ti prego smettila…non so
perché sono qui o per quale assurdo motivo tu abbia acconsentito a questa
pazzia ma per favore…comportati bene.
-Bella, che fine hanno fatto le altre lettere sulla collana?
– allargo gli occhi per la sua attenzione a dettagli così irrilevanti e la
porto subito sotto la camiciola del vestito.
-Mettendola sono cadute sul tappeto nella camera, ma ero
troppo in ritardo per cercarle. – Servo il tea nella teiera e lo consegno a
Emmett mentre io prendo il vassoio con tazze e biscotti e i dolci fatti questa
mattina. Tornando in sala noto mia madre molto più rilassata, appoggio il tutto
sul tavolino di fronte a loro e sorrido, servo ad ognuno una tazza del tea e
poi mi allontano prendendo posto sul bracciolo della poltrona di mia madre,
seduta compostamente.
-Isabella, cara, ieri sera sei andata via così in fretta che
non ti ho neppure salutata..mi dispiace così tanto! – mia madre mi guarda con
aria arrabbiata e io sospiro senza farmi sentire. Mio padre non ha raccontato
nulla, ma ci ha pensato Esme evidentemente.
-Mi dispiace davvero per il mio comportamento maleducato e
insolente, sarei passata a farvi omaggio e porgere le mie scuse in un altro
momento. Non mi sentivo molto bene ieri sera…
-Ah si? Davvero? Che strano, e pensare che eri in perfetta
forma prima di arrivare alla festa e non hai toccato cibo né bevande…io credevo
che te ne fossi andata perché un certo cretino ti ha cacciata!
-EMMETT! – grido ormai esasperata. Mi alzo stringendogli un
braccio e trascinandolo via. –Mi rincresce, vi raggiungo subito…sistemo una
questione prima.- Lo porto fuori dalla porta di ingresso e lo schiaffeggio sul
braccio. Non posso neppure immaginare la faccia preoccupata e angosciata di mia
madre in questo momento lì dentro. –Sei stupido per caso?! Cosa credi di fare?
Mamma non sapeva nulla di ieri sera, potevi evitarlo! Stai mettendo in
difficoltà tutti…ti prego basta!
-Bella…tu non hai idea in che guaio ti sei cacciata! Perché
non mi hai detto di cos’è successo quel sabato? Ho dovuto saperlo da Edward e
da papà! – quindi alla fine è venuto a saperlo!
-Cosa volevi che ti dicessi? Sono stata maleducata e
stupida, non capiterà più…basta per favore! – dico, abbassando i toni sperando
che le persone dentro casa non ci sentano. –Cosa mi succederà adesso? Verrò
punita perché ho mancato di rispetto al conte? Faranno pagare più tasse a papà?
Cosa Emmett? Perché sei così preoccupato?
-Non lo so, non lo so davvero e sto solo cercando di
proteggerti! Se me lo avessi detto sarei andato subito da Edward a chiedere
scusa per conto tuo! Santo cielo! – abbasso la testa, con lo sguardo in pena
sui miei piedi.
-Emmett mi dispiace, mi vergognavo…- ma lui cambia discorso.
-Tu…Papà ha detto che sai tutto, chi te l’ha raccontato?
-Edward…
-Non doveva farlo! Gli ho più volte detto che doveva starti
lontano…
-Perché volete tutti proteggermi? Non capiterà nulla…sono
solo sbadata e maleducata! – dico esasperata.
-Bella..
-No Emmett, basta! Per favore…cerca di comportarti bene.
Tanto con il conte non ci avrò a che fare molto…giusto?
-Giusto! Ieri sera ha annunciato che si è innamorato, non ha
detto di chi però… - ci pensa un attimo e poi sbuffa scuotendo la testa e
mormorando qualcosa che assomiglia tipo ad un “che razza di zuccone testardo e
stupido!”
-Emmett, torna dentro io faccio il giro lungo per vedere
com’è messo papà. Okay? – lui annuisce e quando apre la porta per tornare in
casa ne esce il conte che ci osserva attento.
-Edward, che facevi, orecchiavi?
-In realtà stavo venendo fuori a domandare a Isabella se le
andasse una passeggiata. – Emmett sghignazza e scuote la testa.
-Sei un dannato stronzo Cullen! Ed io sono più stronzo di te
che te lo lascio fare, in nome della nostra amicizia... Ma se solo le fai del
male, giuro che non arriverai vivo a Natale, è chiaro? – il conte annuisce ed
Emmett mi fa l’occhiolino.
-Allora, ti va una passeggiata? – i suoi toni informali e
umili cozzano con gli abiti e il titolo nobiliare che si porta appresso.
-Quello che preferite conte, cercherò di accontentarvi come
posso oggi.. – mormoro sospirando appena alla fine della frase. Non mi trovo a
mio agio a stare in sua compagnia, mi mette in soggezione dover sempre
chiacchierare con questo tono così formale e altezzoso, ma è consono per un
Conte e dovrò fare le cose per bene questa volta; non ho intenzione di far
vergognare ulteriormente mio padre.
-Davvero? Cercherai di accontentarmi?
-Certo Conte, in modo semplice e alle richieste normali,
cercherò di farlo…
-Bene…allora dammi del tu, e chiamami Edward! – scuoto la
testa e sospiro.
-Questa non è una richiesta normale Conte, mi rincresce..
-Mi rincresce… - mi fa il verso ed io sgrano gli occhi.
–Bella sei così testarda. Chiamami Edward e dammi del tu, è un ordine… - scuoto
nuovamente la testa e lui sospira forte –Vuoi che tuo padre paghi una tassa
maggiorata dal prossimo mese?
-Oh no, no, vi prego… - gli occhi mi si allagano. –No una
maggiorazione il prossimo mese no, vi prego Conte. Dobbiamo comprare le
medicine e l’erba medica per l’emicrania e abbiamo anche finito il sapone e i
teli da bagno sono così logori. Non il mese prossimo, vi prego…
-E allora dammi del tu, per favore….Bella non sono abituato
a chiedere molte volte ed insistere…
-D’accordo…tenterò di farlo…
-Bene! Ora andiamo…muoviamoci da qui… - poi abbassa il tono
–Credo che Emmett sia dietro la porta ad ascoltare. – sghignazzo e cammino
verso il viottolo.
-Probabile Conte, Emmett è un impiccione nato!
-Edward, solo Edward. – precisa.
-E’ stata una bella festa quella di ieri? – evito di
indicare il nome, perché non voglio accontentarlo fin da subito, ma devo
riuscire a fare conversazione normalmente per essere di compagnia e non farlo
annoiare, come una brava padrona di casa sa comportarsi, anche se non siamo a
casa.
-In realtà..no! Mi sono annoiato a morte ad un certo punto.
Ho dovuto ballare e danzare con ogni dama presente, tranne con quella che avrei
voluto avere nelle mie braccia. In più ogni sguardo era poggiato sui miei
movimenti e mi sentivo a disagio in casa mia. Un’orribile serata…
-Nessuno avrebbe dovuto passare un compleanno del genere,
tanto meno un nobile…- lo scherno.
-Me lo merito, sono stato così sgarbato ieri sera, con molte
persone, e le voci che circolano sul mio conto sono state tutte accertate dopo
la serata. – stiamo camminando in direzione della stradina a sinistra, quella
che porta al fiumiciattolo qui vicino.
-I doni erano…all’altezza? – ancora cerco di non riferirmi a
lui né con il voi, né con il lei, né tantomeno con il tu. Ma se ne accorge e
ridacchia.
-Isabella, sei così astuta! Hai una capacità lessicale
impressionante…sei riuscita a fare tre frasi senza riferirti a me, credi di
poter continuare all’infinto questo gioco? Cederai prima o poi…
-Davvero, sto cercando di risultare meno…formale, ma credo
di non poterlo fare fino in fondo. E non voglio assolutamente che mio padre sia
costretto a pagare una maggiorazione per colpa mia. Ma grazie per il
complimento!
-Siamo a quota quattro! – ora ride più forte.
-Siamo a quota quattro! – ora ride più forte.
-Oh…mi dispiace. Non volevo…posso fare qualcosa per… - mi
blocco prima di dire qualcosa e lui sghignazza voltandosi verso di me, con
sguardo di sfida. Ci sono pochi modi per togliersi dall’ingarbugliamento. –Per
migliorare il mio comportamento? – dico dopo un attimo, sorridendo fiera di me.
Lui scuote la testa e ridacchia.
-Impressionante davvero Bella..sai dove giunge questo
sentiero? – cambia discorso per fortuna.
-Certamente…si arriva al fiumiciattolo che solitamente porta
l’acqua ai campi dei fondi del signor Stanley e Brandon, che conosco. Non ha un
corso d’acqua molto tumultuoso, perché nasce e termina quasi in pianura, con
pochi massi sul letto del fiume..è più una falda dove l’acqua si accumula e
scorre per i vari fondi, fino a raggiungere il laghetto più a sud.
-Riesci a stupirmi sempre di più. Sai anche se ci sono pesci
all’interno? – ora sono io a ridacchiare, senza neppure rendermene conto.
-Certamente che ci sono! Mio padre e mio fratello mi hanno
insegnato qui a pescare! – mi lascio sfuggire e poi mi copro la bocca con le
mani. –Oh no! Questo non dovevo dirlo… - mormoro dispiaciuta.
-Non ti crucciare, mi piace sapere qualcosa di te. Emmett mi
racconta quanto tu sia brava a cucinare e occuparti della casa…ed anche…a fare
lavoretti minuziosi. Tipo…creare piccoli gioielli. Ha detto che Alice indossa
degli orecchini in rame e tessuto che sei stata tu a fare e che lei adora. – mi
sorprendo delle cose che conosce di me, è della stupidaggine di mio fratello
nel raccontargliele. Se lui e mio padre volevano proteggermi, perché andare a
spifferare qualcosa su di me?!
-Si…mia sorella adora qualsiasi gingillo modaiolo che
recupera e…ama i piccoli gioiellini che faccio. Ma non sono nulla di ricercato
o importante. E’ solo rame, zinco…alle volte fili d’argento o cuoio. Dipende…E’
bello avere qualcosa da fare quando nessuno è disposto a passare del tempo con
me e quando le faccende di casa non mi occupano interamente! – sussurro piano.
-Dunque…questo l’hai fatto tutto tu? – mi mette davanti agli
occhi il polso a cui è legato il braccialetto, che fino a ieri sera si trovava
nella tasca del mio vestito. Arrossisco violentemente ed abbasso la testa sui
miei piedi, spostandomi di lato per non andare addosso al suo braccio.
-Si…
-E’ molto grazioso e…prezioso. Il cuoio è intrecciato così
bene che non so dove inizia e dove finisce, entrambi i lacci per chiuderlo
hanno questa pallina di legno meravigliosa in cui sono intagliate le mie
iniziali e la E in argento è preziosa e bellissima, per non parlare della
pallina di rame con lo smeraldo dentro. Anche quella hai fatto tu?
-Certo…
-Dove…dove hai preso lo smeraldo e la lettera? Se non te lo
puoi permettere…sono cose che costano abbastanza… non offenderti, sono solo
curioso. – sospiro e scuoto la testa.
-Non…c’è da preoccuparsi. Non ho rubato, giuro! – dico difendendomi
subito.
-Non intendevo questo! – dice quasi oltraggiato fermandosi.
Mi volto a guardarlo negli occhi, è sorpreso, confuso e molto bello. –Mi
chiedevo…hai detto che non potevi farmi un regalo costoso, ma tutto questo
materiale deve essere costato molto. Ti prego, illuminami…
-Le palline di legno le avevo per degli orecchini che volevo
fare da molto tempo. I lacci di cuoio derivano da un foglio di cuoio che mio
padre aveva acquistato per foderare una sella di cavallo rotta. Li ho tagliati,
lavorati con il calore per non farli sfaldare. Il rame fa parte del kit che ho
a casa per i piccoli gioielli. Ogni due mesi ne compro un paio per venderli
alle amiche di mia madre. Ecco tutto. E’ stato semplice…
-E l’iniziale? E lo smeraldo?
-Che curiosità….Edward. – dico ormai arrendendomi. Lo sento
sorridere.
-Allora?
-Lo smeraldo si trovava in un paio di orecchini che mia
nonna mi ha lasciato in dono alla nascita. L’ho tolto dalla base dell’orecchino
in oro e l’ho pulito e lucidato. Si dice che il verde porti fortuna…
-E’ vero…e la lettera?
-Oh…beh…giurate di non dirlo ai miei genitori, vi prego! –
mormoro piano, sperando che mi ascolti questa volta.
-Solo se ti decidi una buona volta a darmi del tu!
-E sia! Ma non dirlo a Charlie e Reneè! – lui annuisce ed io
afferro la catenina in argento dal collo e gliela mostro. –Ho semplicemente
privato la mia collana di una lettera. C’era scritto ISABELLA e…sapevo che era
molto preziosa. Non avevo altro da offrire a una persona come te…ho cercato di
trovare le cose più preziose che possedevo, per non…far fare brutta figura a
mio padre. Non sono comunque riuscita nel mio intento. – dico con voce fievole
tornando a camminare.
-Adesso è la cosa più preziosa che posseggo io! Grazie
Bella…è il regalo migliore di sempre…se la contende solo con la torta di sassi
e terra che mi hai fatto a quattro anni! – lui ride e io lo guardo sorpresa.
-Dimentico che abbiamo un passato!
-Già…vorrei che te ne ricordassi alcune volte, sarebbe tutto più semplice…era bello sentirsi normali con qualcuno! Con Emmett è così, ma lui non fa gara…
-Già…vorrei che te ne ricordassi alcune volte, sarebbe tutto più semplice…era bello sentirsi normali con qualcuno! Con Emmett è così, ma lui non fa gara…
-Non sei normale, è giusto che la gente ti tratti con
distacco e freddezza…sei un nobile, così vieni trattato. Puoi vestirti di
stracci e girare a salutare la gente per la contea ma sempre Conte sarai….e la
gente ti darà del voi e si inchinerà. – alzo le spalle, facendogli segno che
così è così sarà.
-Potrei minacciarli tutti di nuove tasse e si
comporterebbero come te, non credi?
-Sarebbe…una manovra della mente cattiva Edward. Penserebbero
tutti che sei un despota e poco gentile. Vuoi sembrare così?
-Lo sono già agli occhi della gente…- mormora piano.
-Emmett mi ha detto che hai scelto la tua compagna! – dico,
cambiando discorso. Ho sentito in lui un tono triste e non saprei come
comportarmi. Mentre camminiamo sento il ginocchio bruciare, ho dimenticato di
disinfettarmi prima.
-Si, devo solo sapere se anche lei…vorrebbe me come compagno
di una vita! – sento l’odore del fiume e il rumore delle acque, ci siamo quasi.
-Quale ragazza non vorrebbe uno come te al suo fianco per
sempre? Sarebbe…da irresponsabili e sciocche!
-Anche tu? Anche tu mi vorresti al tuo fianco? – mi blocco
sui miei passi e lo osservo proseguire e poi fermarsi prima di scendere vicino
al fiume.
-Come? Io? Che c’entro io?
-Era una domanda Bella…una semplice domanda! Puoi anche non
rispondere…
-Bene…allora non risponderò… - mi affianco a lui e
proseguiamo in silenzio finchè non mi sorge una domanda. –Perché non avete
fatto il nome della dama che avete scelto, ieri sera?
-Perché volevo prima parlare con lei…vorrei che il mio
matrimonio fosse come quello dei miei genitori, non dettato dagli affari o da
un accordo.
-Meraviglioso pensiero! Spero che anche il mio futuro marito
pensi a domandarlo a me, piuttosto che accordarsi con la mia famiglia! – dico.
Poi guardo l’orizzonte e vedo limpido tutto quanto. –Laggiù nasce il
fiumiciattolo…si pensa che sia quello al di là del paese che prosegue sotto il
terreno e che poi trova una falda aperta, ma in realtà nessuno lo sa con
certezza…arriva solamente fino alla terra di Lord Withlock, e poi scompare
ancora.
-Come fai a sapere tutte queste cose?
-Parlo molto con mio padre, amo discorrere con lui degli
argomenti più disparati…è un uomo molto saggio. Vorrei un marito che fosse come
lui in futuro. Ma so che dovrò accontentarmi del primo che mi domanderà in
sposa, non posso di sicuro rifiutare pretendenti o mio padre potrebbe perdere
tutto.
-Saresti….disposta a sposare anche senza l’amore, pur di
salvare tuo padre? – arrossisco.
-Si…- lui fa silenzio per qualche minuto, tanto che temo non
mi abbia sentito.
-Bene…allora sposa me! – allargo gli occhi e mi pianto sulla
terra erbosa di fianco al fiume. Ha sentito invece! Lui cammina avanti e poi si
ferma voltandosi verso di me. E’ pazzo?! E’ impazzito forse? Non riesco davvero
a capacitarmi di questa follia.
-Conte, vi prego…non….dite queste stupidaggini! – perché di
questo si tratta.
-Oh non sono stupidaggini, e perché siamo improvvisamente
tornati al voi? Io probabilmente non potrò sposare la donna che voglio, se
aspetto lei…e tu non puoi di sicuro sposare il primo uomo venuto per portarti
via, solo per salvare la tua famiglia…sposiamoci, io e te, così facciamo felici
tutti. I tuoi genitori vivranno tranquillamente e i miei genitori sospireranno
di piacere sapendomi accasato.
-Edward…è una follia. Ti prego…non continuare oltre.
-Io la mia proposta l’ho fatta, domanderò a tuo padre… -
cammina ancora andando avanti, io invece mi sento stanca e sfinita e devo
sedermi. Non può averlo chiesto davvero. Non può.
E invece l’aveva fatto. E aveva detto che la mia famiglia
vivrà tranquillamente. Devo pensare a loro, comunque non troverò nessuno pronto
ad amare una semplice e maldestra ragazzina. Certo che…il conte. Oddio!
-Secondo me, Edward, hai preso troppo sole e ti ha dato alla
testa! Dovevi portare qualcosa per coprirti...questi sono chiari segni di
follia da insolazione! – si era portato al mio fianco, e si era seduto, ridendo
come un pazzo. Si un pazzo che mi aveva fatto una proposta di matrimonio non romantica,
non pensata, e per nulla sentita. Lui doveva sposarsi, punto e fine.
-Ti assicuro che non sono un folle e che è la soluzione
migliore per entrambi!
-Certo…ed io dovrei fidarmi?
-Sono o non sono un Conte?
-In questo momento sembrate più un malato dell’Ospedale del
dottor Fredman! – mi lascio sfuggire tagliente e lui ridacchia. E’ uno di quei
dottori che curano le malattie della mente.
-Di nuovo con questo voi….quando ti abituerai?
-Mai credo…
-Oh…credo invece che quando ci sposeremo dovrai cambiare le
tue abitudini!
-Sei insopportabile!
-Ecco così cominciamo a ragionare! – di nuovo con questa
risata! Come fa? Come fa a sembrare così bello anche se ha chiaramente i segni
della pazzia nel corpo? Forse è per questo che mi piace la sua risata? Perché è
allegra come quella di un bambino e si sa che loro portano all’interno un po’
di sana follia?! Si certo…ma questa non è sana. E’….assolutamente follia pura e
fine.
-Bella…basta pensarci! O si, o no…ma in questo caso arriverò
fino a tuo padre. Devi sapere che molte ragazze della contea o sono già
promesse o sono adocchiate da altri o sono già state fregiate da altri corpi.
Un conte che si rispetti non deve assolutamente avere una donna già avuta da
altri uomini…e quindi, la scelta è ricaduta su di te.
-Quindi…non è vero che dovevi parlare con la donna che ami..-
mormoro. Il ginocchio comincia a dolere di più e in quel momento mi volto,
dandogli le spalle per controllare lo stato della mia gamba e della ferita.
-No…lei mi ha già fatto capire che non vorrebbe affatto, ed
io la amo tanto da lasciarla in parte libera….Che hai?
-Certo…invece vengo incastrata io! – mormoro tra i denti
mentre noto che il sangue dapprima cicatrizzato ora deve essersi spaccato e
nuove goccioline di sangue fuoriescono dal taglietto.
-Come prego?
-Nulla, nulla…
-Che succede? Che hai alla gamba?
-Sono solo caduta e mi sono sbucciata il ginocchio, passa in
fretta!
-Fa vedere! – si porta di fronte a me, per fortuna la gonna
del vestito è ampia e posso nascondere bene l’altra gamba e tutto il resto di
pelle sopra il ginocchio. Non è il caso che una donna si faccia vedere in
deshabillé, soprattutto di fronte ad un Conte. –Come hai fatto?
-Sono inciampata sulle scale di casa prima che voi arrivaste
e…beh ho scordato di pulirla…
Lui si avvicina al corso del fiume, estrae un fazzolettino
dalla tasca e lo bagna, per poi tornare da me e pulire la ferita con uno
sguardo attento e concentrato.
-Ecco…speriamo che non faccia infezione, dovevi pulirla
subito… - ci soffia su e il suo alito sulla pelle è qualcosa di indescrivibile.
Non ce la posso fare a restare intera tutta la giornata. Questo ragazzo è
semplicemente distruggente per il mio organismo. E’ capace di farmi arrabbiare,
disperare, emozionare, commuovere…tutto nello stesso momento!
-Penso ancora che si tratti di follia. Verrai deriso da
molti e sembrerà che ci sia….dell’altro sotto. Si mormorerà che sarà per
affari, come reagirai? – chiedo sommessamente.
-Come un uomo che non può avere l’amore che desidera e si
accontenta… - ora davvero mi sento offesa, forse più di quello scontro a casa
sua, più del sabato in paese. Si accontenta! Si accontenta????!!! Certo, sapevo
bene che un uomo non poteva volermi sposare per le mie qualità intellettuali e
per la mia capacità di creare gingilli ad ornamento di collo, orecchie e
braccia, o della passione che metto a fare un dolce al cioccolato, ma speravo
di venire scelta per qualcosa, non per accontentarsi! Cosa dovrei fare adesso?!
Non ho intenzione di cedere alle sue parole, alla sua umiliazione, né di farmi
vedere così influenzata dalle sue buone maniere. Mi alzo indispettita dal mio
posto e comincio a camminare verso casa. –Bella fermati. Fermati ho detto! –
dannatissimo Conte dei miei stivali! Spocchioso, irritante, despota,
maledettamente gentile e dolce ma allo stesso tempo stupido e cocciuto, e
mettiamoci pure immaturo e deficiente!
-Mi rincresce conte, non posso esaudire i vostri desideri al momento, provate a chiedere a mio padre…lui sarà di sicuro ben disposto a farlo per me! –accelero sperando che faccia fatica a seguirmi, ma so bene che è molto più veloce di me se vuole, ed oltretutto la ferita al ginocchio mi duole.
-Mi rincresce conte, non posso esaudire i vostri desideri al momento, provate a chiedere a mio padre…lui sarà di sicuro ben disposto a farlo per me! –accelero sperando che faccia fatica a seguirmi, ma so bene che è molto più veloce di me se vuole, ed oltretutto la ferita al ginocchio mi duole.
-Dannazione Isabella, fermati ho detto! –lo ignoro ed è un
attimo, sento un braccio essere tirato all’indietro e mi scontro con il suo
corpo. –Capricciosa e disobbediente. Dovrò fare un lungo lavoro con te per
addomesticarti. Ora…sii docile e torna al mio passo. – sbuffo. Ora non mi
trattengo, me le tira fuori dalla bocca proprio come se avesse piacere a farmi
infuriare! Maledetto!
-Conte, voi siete dispotico e antipatico, immaturo,
scontroso e poco incline a trattare con le donne. E mi avete offesa per giunta…
- fa un fischio prolungato.
-Davvero una lista di aggettivi per niente male! Per cosa ti
sei offesa?
-Vi accontentate….siete sicuro? Riuscite ad accontentarvi di
una poveraccia come me? Non credo affatto di potervi essere utile…trovate
qualche altra dama pronta a servirvi.
-Ve l’ho detto…siete l’unica al momento, ed io necessito di
sposarmi. –anche lui è passato al voi?! Da quando? Perché?
-Chiedetelo a mio padre, se vi dirà di si…acconsentirò a
tutto, in caso contrario, mi lascerete in pace!
-Certamente! – speravo solo che mio padre fosse ragionevole
e fermo, che non si facesse abbindolare da un attoruncolo da due soldi quale il
Conte e che non si facesse neppure influenzare dalla sua amicizia con suo
padre. Anche se la cosa….era quasi impossibile.
Il ritorno è stato silenzioso per il resto. Avevo questo peso
sul cuore e sullo stomaco come mai prima d’ora. Moglie di un tipo così, avrei
dovuto imparare a saltare i fossati per superare il suo caratteraccio.
Il momento in cui rientrammo in casa, lo ricorderò per la
vita. Mia madre e la contessa sedevano sullo stesso divano, mentre giocavano a
carte contro mio padre e mio fratello, tutti e quattro ridacchiavano contenti.
In quale mondo parallelo mi trovavo?
*Capitolo quattro*
Bella pov.
Mio padre aveva acconsentito a farmi sposare con il conte,
dopo che ha avuto un incontro da solo con lo stesso Edward durato circa un’ora.
Ne sono usciti entrambi con il sorriso.
Dopo due mesi si sarebbero svolte le nozze, ancora con il
caldo giornaliero e con quella brezza serale che avrebbe rinvigorito la pelle
dal calore della giornata. Era stata la contessa ad occuparsi del mio abito, e
il Conte avrebbe pagato ogni singola cosa del banchetto. Tutto si sarebbe
svolto a casa del conte. Io ed Edward, dopo il matrimonio, ci saremmo spostati a
Nord, oltre le contee dei Denali e degli Hunt in una proprietà antica, del
nonno del padre di Edward. E’ stata amministrata dal mio futuro marito, in
questi anni, per cui il conte ha voluto cedergliela definitivamente.
Non ne conosco bene il motivo, ma in queste settimane Edward
è venuto a farmi visita molto spesso. Passava il pomeriggio a passeggiare con
me e fare domande, a cui rispondevo sempre con tono distaccato. Mi parlava di
lui, dei suoi interessi, degli affari…mi raccontava qualsiasi cosa gli venisse
in mente e lo faceva con dolcezza. Allora avevo ipotizzato diverse cose.
Prima: stava cercando di mostrarsi carino e gentile agli
occhi della popolazione. Solo che solitamente non incontravamo nessuno durante
le nostre passeggiate, e neppure quando prendevamo il tea nel mio salotto con
tanto di dolce, c’era qualcuno ad osservarci. Quindi la dovevo escludere.
Seconda: stava cercando di mostrarsi gentile e carino con i miei genitori, per
fargli approvare fino in fondo il matrimonio. Ma anche questo era da escludere
poiché i miei genitori erano più elettrizzati di me alle nozze, sembravano
impazienti di vedermi con l’abito e le scarpe scomode e i capelli tutti
imbellettati. Terza: era definitivamente impazzito e voleva provare a vedere
come viveva la gente umile. A questa ipotesi scoppiavo a ridere per le mie
idiozie. Di sicuro avrà avuto i suoi motivi, che non mi ha mai espresso, per
passare del tempo con me. Emmett gli lanciava sempre delle occhiate di fuoco,
che avevano il potere di far arrossire il Conte, il quale era difficile da
mettere in imbarazzo, a differenza mia che continuavo a diventare di color
porpora ogni qualvolta si aggirava attorno a me. Tutto ciò mi lasciava sempre
perplessa e dubbiosa e mi chiedevo se lo faceva solo perché stavo per diventare
sua moglie e avrei dovuto conoscere molto di lui o perché lo voleva. Optavo
sempre per la prima scelta ovviamente, chi mai vorrebbe una come me?!
Era arrivato velocemente il giorno in cui mi hanno svegliato
la mattina prestissimo, all’alba, per farmi un lungo bagno rilassante,
applicare un lieve colore più chiaro sul viso, per non farmi vedere troppo
contadinotta, e acconciarmi i capelli con mille fermagli per capelli più o meno
costosi, regalo della contessa. Non capivo come mai dovessi apparire così ricca
e ricercata, in un giorno in cui con molta probabilità, la gente mi avrebbe
solo guardata con disgusto e disprezzo. Al massimo compassione. Nessuno avrebbe
detto “Che cara ragazza!” oppure “Che dama sofisticata e meravigliosa!”, no!
Avrebbero tutti pensato all’uomo che stavo per sposare, pensando quasi
sicuramente in qualcosa come uno spiacevole inconveniente o peggio ancora un
affare privato. O perché no, una scommessa. Erano tutte voci che giravano in
paese quando passeggiavo con mio fratello in qualche pomeriggio che ci era
concesso per far due passi e per andare a trovare vecchie amicizie, ed io avevo
un buon udito, per recepirle tutte.
Indossato l’abito e sospirato molto nel dover sopportare un
peso non indifferente e merletti e pizzi che mi prudevano in ogni dove, avevo
attraversato la sala cercando di non sembrare nervosa e imbarazzata, e pregando
i miei piedi che mi portassero fino al Conte senza inciampare o sfigurare,
proprio il giorno delle mie nozze. Che gran delusione sarei stata in quel caso!
Che gran ridere avrei fatto! Forse però, a pensarci bene…sarebbe stato meglio.
La cerimonia e il banchetto, lussuosissimi e pomposi, mi avevano lasciato
addosso uno strato di noia non indifferente. Si, mi ero annoiata al mio
matrimonio. Che cosa riprovevole!
Eppure io non amavo il Conte, e non amavo neppure la vita
che mi si prospettava davanti. Lusso, vigore, malelingue e servitù; io non ero
così! Ma immaginai di dovermi abituare e di dover tenere la lingua tra i denti,
o avrei rischiato delle conseguenze inimmaginabili.
Dopo un banchetto sostanzioso, un ballo tipico e le varie
congratulazioni di rito, siamo pronti a partire verso la nostra dimora. Ho
abbracciato stretto mio fratello, chiedendogli di venire a trovarmi spesso, ho
pianto con mia madre e con Alice, mio padre invece mi ha stretta e mi ha detto
semplicemente “Siate felici!”
Certo, come si fa?!
Avrei voluto che mi insegnasse ad essere felice, perché io non
so come esserlo. Quest’uomo, quello che ho sposato, ama un’altra donna, dalla
quale correrà quando si sarà stufato di me. Cosa c’è da essere felici?
Nulla, esattamente!
Salgo sulla carrozza aiutata da Edward che mi tiene una mano
mentre con l’altra reggo il vestito per non impigliarmi. Mi siedo sul sedile e
sospiro. Questa giornata è stata infinita. E non è ancora finita. Purtroppo per
me. Ora sono moglie, devo occuparmi dei bisogni di mio marito.
-Era presente la vostra amata al banchetto? – domando con
poca voce.
-Si…
-Oh…immagino che debba essere stato difficile sposare me,
allora.
-In un certo senso….
-Quando ci metteremo ad arrivare alla tenuta?
-Circa tre ore…hai il tempo di dormire un po’ e riposare… -
questa freddezza non va bene per iniziare una vita insieme. Ricordo quando
Alice ha sposato Jasper, l’allegria, la felicità che vi si poteva leggere sui
loro volti. Ricordo come stava stretta a lui senza fuggire, senza avere paura,
senza temere di soffrire. Jasper si è sempre occupato egregiamente di mia
sorella, ancora adesso quando li guardo insieme hanno lo stesso sguardo
innamorato di allora.
-Preferisco restare sveglia…
-Dovrai essere riposata quando arriveremo…lo sai, la prima
notte… -Queste invece sono le basi su cui sto costruendo il mio matrimonio. E’
come se facessi parte della servitù, dormirò su stanze bellissime e calde, in
un letto comodo e con dei cuscini profumati, non dovrò badare a come parlo e
posso anche non rifare il letto ogni mattina, ma nulla di più. Non mi sono
sposata per amore, mi sono sposata perché un Conte doveva maritarsi e doveva
farlo al più presto e dato che la donna che ama non voleva sposarlo…è toccato a
me.
-Si lo so, non vi preoccupate Conte, porterò a termine i
miei doveri… - dico mantenendo sempre il solito distacco.
-Ancora con questo voi? Basta Bella…ormai siamo sposati.
-Sposati o meno…così meritate di essere trattato…- sbuffa e
appoggia la testa sulla parete dietro sospirando poi.
-Come ti pare.
Il viaggio passa in silenzio, quando arriviamo me ne accorgo
perché la carrozza rallenta e due uomini della servitù aprono il cancello e lo
richiudono subito, mentre la carrozza arriva fino alle scale della casa. E’
immensa, e bellissima.
-L’arte esterna della casa la potrai rimirare domani,
signora Cullen, ora vieni con me…
Un altro uomo pensa ad aprire la porta di casa e a darci il
suo benvenuto, quando giungiamo in sala la servitù al completo ci fa le
congratulazioni. Sorrido, cercando di sembrare a mio agio e contenta. La verità
è che sono tesa e che non mi piace stare qui, avrei voluto qualcosa di diverso,
avrei voluto essere almeno felice.
Veniamo accompagnati nella stanza principale, in cui è stato
preparato un bagno caldo in una vasca grande per due persone. Un letto
matrimoniale molto grande alla parete di sinistra, ad ogni parte ci sono due
comodini di fianco, dello stesso stile del comò alla mia destra di fianco alla
piccola scrivania, e stesso stile dell’armadio che si trova di fronte a me
nella parete di fianco alla portafinestra, tutto in legno rossiccio con dei
motivi floreali intagliati. Alla mia destra, di fronte al letto una porta è
aperta e si intravede il bagno privato, dove una vasca immensa fa mostra di sé.
La stanza è così grande che permette addirittura di aver posizionate due
piccole poltroncine che guardano il letto, con un piccolo tavolino basso ovale
tra loro. Una cosa curiosa, ma pur sempre adatta se si volesse leggere in
questa stanza.
E’ meravigliosa, ricercata, semplice nel complesso. E quel
letto a baldacchino, con le tende scure drappeggiate in fondo al letto è
qualcosa di sublime.
-Ti piace la nostra camera? – è bella, ma non posso di
sicuro dirglielo. Non posso esprimere il mio entusiasmo nel poter servirmi di
una stanza così meravigliosa, per scopi che sono tutt’altro che morali e
perbenisti. Anche se…alla fine non sono nel peccato, ormai sono sposata, questi
non sono altro che obblighi matrimoniali, che porteranno a mio marito un grande
beneficio e soddisfazione, se solo ne sarò capace! Ma quando non mi vorrà?
Quando penserà a l’altra donna? Quando deciderà che non vuole avermi con se
durante la notte? Dove andrò? Posso considerarla la mia stanza o dovrò
abituarmi ad averlo sempre in giro senza avere un posto mio? Cosa si direbbe in
giro se mi facessi preparare un’altra camera da letto per me, per quando mio
marito non vuole servirsi di me? La gente chiacchiererebbe e verremmo
infangati?
-La stanza mi piace, il letto sembra molto comodo…è tutto
perfetto signore! – ho sempre sognato di sposare un uomo che mi corteggiasse
con fiori, nastrini per capelli, gioielli. Un uomo che mi accompagnasse in
paese, che mi portasse al mare, al lago, nei prati a fare lunghe passeggiate
tenendomi per mano. Credo invece, di aver letto molti libri, senza capire dove
finiva la fantasia e iniziasse la realtà.
-Ti prego, smettila di trattarmi così… - mormora, e la cosa
mi stupisce appena, ma non ce la faccio proprio. Mi sento un umile serva e
nulla di più, sono stata sposata senza il mio consenso, come si faceva un tempo
domandando a mio padre. Cosa ne sa lui dei miei desideri, dei miei sogni?
Nulla. E difatti, sono qui, in una camera che dovrei sentire mia, ma la
considero una costrizione, delle mura che mi premono attorno facendomi sentire
a disagio. Con un uomo che ama un’altra donna e che mi ha sposato senza provare
nulla per me. Che condizione ingarbugliata, perdinci! Ha anche tentato di
chiacchierare con me, di conoscermi, di farsi conoscere in questi mesi, ma
senza risultato alcuno. Non ha mai alzato la voce, è sempre stato gentile e
affettuoso, a modo suo, ma io attendo la sua rivelazione perché le voci che
giravano al paese, quelle sul suo dispotismo e sulla sua crudeltà sono le parti
peggiori di questo accordo matrimoniale. Le temo, ne ho paura. Credo di odiarlo
un po’. Mi ha tolto dalla mia famiglia troppo presto e costretto in un
matrimonio che io non volevo, mi ha tolto illusioni, sogni e speranze per
portarmi in mezzo al lusso e alla pigrizia. Come farò a vivere le mie giornate
qui? Cosa farò per sentirmi utile, per non impazzire del tutto?
-Signore, vi prego…sto imparando pian piano a seguire le
nuove usanze, non so quanto ci impiegherò ad adoprarmi!
-Adesso non mi chiami più Conte, ma signore? Cos’è questa
storia? – il suo tono di voce è un misto tra l’ironia e l’ira.
-Non mi sento a mio agio con i nomi, signore…preferirei
mantenere…questo distacco. – spiego, cercando di restare sulla mia strategia,
non avrà nulla di più di quello che compitano i miei doveri di moglie. Non mi
farò prendere in giro, e ferire per colpa dei sentimenti verso un’altra donna.
Io lo so, potrei anche innamorarmi di un uomo come lui: bello, con un animo
profondo, un’intelligenza sopraelevata e la cultura che esce da tutti i pori
della pelle. Non solo, la sua bellezza è in grado di incantare come i suoi modi
gentili e cortesi, che adotta sempre in mia presenza, una maschera per farsi
amare. Chissà se vuole esattamente questo? Se vuole sentirsi al centro del mio
mondo, per poi essere libero di ferirmi, tradendomi con l’altra donna?
-Bella…sei esasperante, complessa, testarda e anche
insolente! Sei mia moglie adesso non devi chiamarmi signore, tanto meno di
fronte alla servitù o ad altre persone, è chiaro?!
-Certo signore…cristallino! – rispondo scortese, esattamente
come il suo tono. Ho promesso fedeltà, ma non ubbidienza, né tanto meno
sottomissione.
-Come non detto! – dice, cominciando a sbottonarsi la
camiciola, la giacca l’aveva poggiata sulle mie spalle in carrozza, perché mi
tremavo per colpa dell’aria fredda che mi segnava le braccia, avevo freddo! Era
stato un gesto molto carino da parte sua. –Spogliati…voglio fare il bagno con
te… - abbasso la testa, questo è un vero e proprio ordine, per dindirindina!
Come sarà la mia vita da oggi in poi? Comandi, ordini, nessuna libertà, nuove
regole da rispettare e un’etichetta da imparare. Sarà così complicato e
difficile, spero solo di non essere punita quando sbaglierò.
Con calma sciolgo il fiocco del vestito da matrimonio che
mia madre ha legato dietro la mia schiena e che tiene su un decoro in pizzo
grigio perlato sul mio ventre. Lo piego con cura appoggiandolo sulla poltrona
che c’è di fianco a me. Slaccio i bottoncini che dal collo arrivano fino alla
scollatura, cerco di allentare i lacci che vi sono dietro, ma l’impresa risulta
difficile. Il conte si avvicina e mi sorride mesto, ponendosi dietro la mia
schiena e slacciando i laccetti con una maestria unica. Mormoro un “grazie”
debole e poi tolgo il vestito, senza sembrare impacciata.
-Sei nervosa? – mi domanda dopo questa operazione, forse
vedendo le mie mani che tremano.
-Perché dovrei esserlo, signore? – cerco di mostrarmi
sicura, anche se non lo sono per nulla.
-Questa è la tua prima notte d’amore…dovresti esserlo. –
dice con la voce bassa e gentile, tanto che mi stupisco e alzo lo sguardo sui
suoi occhi verdi, limpidi e profondi.
-Non lo sono, signore…probabilmente se amassi mio marito, e
se pure lui mi amasse, e avessi paura di perderlo con la mia inesperienza e
poca sensualità, gettandolo così nelle braccia di altre donne, allora temerei
di fare brutta figura o non essere abbastanza, e mi troverei agitata. Ma
io…sono qui per servirla signore… - mormoro, con la sottoveste bianca di seta,
quasi trasparente e le calze al ginocchio. Mi siedo sul letto per togliere
scarpe e calzette, restando a piedi nudi e quasi del tutto svestita di fronte a
lui. Quando alzo gli occhi lo trovo intento a fissarmi con aria dispiaciuta.
Forse sono stata troppo cattiva, alla fine non era stata una domanda così
brutta quella che mi aveva posto, potevo risparmiarmi questa ulteriore offesa e
denigrarlo meno di quanto già avessi fatto. Maledetta linguaccia! Alle volte
dovrei pensare dieci volte prima di dare fiato alla bocca!
-Perché ti comporti così Bella? – mi chiede con poco fiato.
E dato che l’aria dentro la mia bocca non era ancora finito, la lingua decise
di andare per i fatti suoi e snocciolò ancora parole cattive.
-Perché avevo espresso il desiderio di poter scegliere
marito da me, invece mi trovo costretta in un matrimonio senza sentimento
alcuno e mi sento una serva…
-Non sei una serva! Non fai parte della servitù! Hai questa
camera, puoi passare le tue giornate ad oziare in biblioteca o nel giardino! Basta
ripeterlo! Ti ho sposata, sei mia moglie, esigo del rispetto…
-Il rispetto Conte? – domando sarcastica –Sapete dove sta il
rispetto? Nella domanda che mi avete fatto due mesi orsono lungo la via del
fiumiciattolo vicino alla mia umile passata dimora. Quello era rispetto.
Rispetto sarebbe stato non insistere con mio padre, con tanto di promesse finanziarie
o minacce, affinché accettasse la vostra proposta, sarei stata io a dover dire
si Conte! E invece non mi è stato posto beneficio del dubbio e mi ritrovo
incastrata qui, con voi che amate un’altra donna, senza avere l’opportunità di
conoscere io stessa un sentimento così profondo. E’ questo il rispetto che
volete Conte? – non ce l’avevo fatta a trattenermi.
-Bella, ti conosco da quando eri piccina, ti facevo giocare
con i miei giochi e tu tiravi i miei capelli ogni volta che volevi. E’ stato
normale per me affidarmi ad una donna che in parte conosco, di cui conosco le
radici e la cultura, l’immensa educazione e la testardaggine, non potevo
scegliere moglie migliore! – la sincerità che vi leggevo negli occhi, mi lasciò
senza fiato per qualche secondo, poi però continuai.
-Certo, la migliore dopo la donna che amate e che vi ha
respinto! Che razza di situazione! E devo oltretutto asservirvi in ogni
necessità che avete, mantenendo una certa educazione e compostezza…io non sono
fatta per queste cose Conte! Non sono fatta per essere toccata e usata da un
uomo che pensa ad un’altra mentre è in mia compagnia. Non fatemi essere una
donna che non sono…
-Va bene, dunque! Faremo come va a te… - si avvicina,
afferra la sottoveste e la toglie con un rapido movimento. Sono nuda,
completamente, ai suoi occhi languidi e scuri. L’imbarazzo adesso colora le mie
guance ed anche il collo e il petto. –Non ti toccherò più dopo stanotte, non
sei qui per servirmi, non voglio una prostituta nel letto…per quello ci sono i
bordelli! Durante il giorno potrai fare quello che più ti aggrada, ho fatto
trasferire tutti i miei libri nella biblioteca della casa…poi dormiremo
insieme, ma solo ad uso e consumo della servitù. Tu avrai benefici di ogni
genere, la tua famiglia starà bene e io sarò agli occhi dei miei genitori un
marito fedele e responsabile. E’ tutto perfetto. – dice con un velo di ironia e
ira calandosi i calzoni in un attimo e restando completamente nudo di fronte a
me. Il suo corpo è così tonico e definito, una visione paradisiaca per i miei
poveri occhi giovani. Ringrazio i libri non certo consuetudinari di Alice, che
mostravano perfetti disegni delle parti intime maschili, in modo che non possa
sentirmi a disagio o impreparata completamente. Le guance, però, sono ancora arrossate
e non potrò scappare dall’imbarazzo.
Mi prende la mano per accompagnarmi nella vasca in cui
l’acqua calda è molto invitante per il mio corpo affaticato dalla giornata.
Entro per prima, aiutata da lui che mi tiene la mano per non scivolare e mi
siedo sul fondo, quando entra anche lui si posiziona dietro di me sistemandomi
meglio tra le sue gambe. Sento bene il suo corpo addosso al mio e non posso
negare che un brivido mi ha attraversato la schiena e tutto il corpo per far
vibrare anche una parte più intima di me.
-Rilassati per favore, sei così rigida che mi sembra di
abbracciare un pezzo di legno…Non ho intenzione di farti del male. Desidero
solo fare un bagno per lavare via l’unto della giornata e la pesantezza,
cercando di cancellare la stanchezza. Devi essere molto stanca e
provata…rilassati! - la fa facile lui. Chissà quante altre volte ha fatto
queste cose, quante donne ha avuto, quante mani l’hanno toccato. Mentre io…sono
completamente inesperta ed ora l’agitazione si alza a livelli inimmaginabili.
Quanto farà male davvero?
Gli occhi mi si riempiono di lacrime, ma le trattengo con
rabbia. Non posso davvero farlo, non posso piangere per questo motivo. Non sono
più una ragazzina ma una moglie, già…che strano. Una moglie che non è amata e
non ama, ma non è neppure una serva. Cosa cambia? Cosa mi differisce da una
semplice parte della servitù?
-Bella…ehi…stai tremando, hai freddo? – perché deve essere
così dannatamente dolce e gentile? Perché deve tentare di far funzionare le
cose quando questo matrimonio non lo voleva nessuno dei due? Mi domando cosa ne
sarà di me da domani…ha detto che non mi toccherà più quindi non sarò utile
neppure per quello. E il mio desiderio di diventare madre…Oddio. Anche quello
dovrò cancellarlo, spazzarlo via come faccio con le lacrime che scendono dai
miei occhi.
-Sono solo…un po’ stanca dalla giornata… - mormoro cercando
di non far fuoriuscire la mia rabbia.
-D’accordo…allora aspetta… - esce dalla vasca allacciandosi
un telo sulla vita e aiutandomi ad uscirne, mi passa il telo da bagno ed io mi
asciugo di fretta. –Vieni…andiamo a letto.- Lo seguo, completamente nuda con il
telo ancora addosso, dovrei sentirmi imbarazzata e invece mi sento solo infinitamente
triste.
Apre l’armadio e tira fuori dei calzoni e una camicia
bianca, poi passa una vestaglia di seta a me. Non credo sia il caso di vestirsi
già. Non se tanto verrò spogliata a breve.
Accende una piccola candela sul comodino e poi spegne la luce
forte, si stende nel letto e si copre con il lenzuolo prima di far cadere il
telo da bagno per terra, lo imito, cercando di nascondere il mio corpo, quel
corpo che tra poco verrà violato da questo uomo, che mi ha costretto in un
matrimonio che non volevo.
Si volta verso di me e mi accarezza il braccio.
-Sei tesa Bella, tua madre non ti ha istruita su queste
cose? – annuisco. –E allora…
-Sono tesa perché non vorrei doverlo fare… - sussurro. Lui
sbarra gli occhi e mi guarda con dispiacere, con dolore, con tristezza. Non
capisco tutti i sentimenti che gli passano nello sguardo ma improvvisamente mi
sento in colpa.
-Te l’ho promesso Bella, solo questa notte…non possiamo
sottrarci o la gente parlerà… - annuisco debole e chiudo gli occhi. Si avvicina
lentamente a me, finchè il suo fiato caldo lo sento sulle mie labbra e poi
tutto è qualcosa di inspiegabile.
Le sue labbra sono morbide e calde, dolci e appassionate
sulle mie, l’altra volta sembrava rabbia e rancore, questo bacio è più tenero e
addirittura sembra che ci sia devozione. Scosta le lenzuola da noi e si
posiziona in mezzo alle mie gambe, cominciando ad accarezzarmi il corpo mentre
con le labbra scendono sul collo a morderlo e leccarlo e soffiarci sopra. Non
so dove concentrarmi, se sulla sua bocca o sulle sue mani che mi accarezzano le
cosce, il ventre e il fianco. Sento il respiro affaticarsi e non capisco cosa
sono tutte queste sensazioni che percepisco, il vuoto totale nella mente ma
allo stesso tempo la corsa forsennata della mia ragione per cercare di recepire
il tutto. Le sue mani sfiorano il mio seno, con una calma mai avuta prima, con
le sue mani morbide e curate, senza calli come sarebbero quelle di un uomo
qualunque. Mi accarezza, mi stringe, mi fa impazzire quando le dita passano più
volte sopra i bottoncini rosa del mio seno.
-Ohhh… - mi lascio scappare, senza possibilità di fermarmi.
Lui non parla, è silenzioso, continua a lambirmi il collo e
ad accarezzarmi, afferrarmi, giocare con la mia pelle e lottare: graffia,
morde, pizzica. E’ tutto così bello che la testa gira e non capisco più nulla.
Poi si ferma, va lento e piano, rallentando anche la corsa forsennata del mio
respiro, una mano scende nel mio centro caldo e….bagnato. Sono bagnata. Mi ha
spiegato Alice che succede quando una donna prova piacere, quando desidera fare
l’amore con il suo uomo, quando è piacevole quello che il tuo uomo ti fa. Ed è
vero. Quello che mi sta facendo è piacevolissimo. Provo serenità e felicità, la
paura e il timore se ne sono andati in un lampo. Le sue dita mi accarezzano, su
e giù, bagnandosi di me, poi si fermano in un punto, lo sento pulsare, non so
cosa sia, non so perché ma è quasi doloroso. E trovo piacere solo quando lui
comincia a muovere le sue dita circolarmente e le sue labbra si chiudono sul
mio seno, succhiando dolcemente. Credo di impazzire. Mi dibatto nel letto,
soggiogata dalle sensazioni che sto provando. Ringrazio mentalmente mia madre,
Alice e i libri che mi sono stati donati, in modo che potessi prepararmi per
questo, anche se non è abbastanza. Ma lui è davvero bravo, è facile non pensare
in questo momento. Alice mi ha detto che ha provato un dolore infinito la sua
prima volta, chissà quanto farà male a me?!
Il mio corpo inizia a tremare, devo tenermi alle lenzuola per non muovermi con tutto il corpo, lui alza la testa sorridendo e lasciandomi un bacio sul collo.
Il mio corpo inizia a tremare, devo tenermi alle lenzuola per non muovermi con tutto il corpo, lui alza la testa sorridendo e lasciandomi un bacio sul collo.
-Lasciati andare…è giusto quello che stiamo facendo…lasciati
andare…chiudi gli occhi…muoviti se vuoi… - come presa da un’irrefrenabile
voglia incontenibile di qualcosa il mio ventre inizia a muoversi, come per
cercare un contatto più profondo con le sue dita, come per avere di più, ma
cos’è questo di più? E quando i suoi movimenti diventano più decisi, più
veloci, con più pressione perdo il controllo del mio ventre, mentre chiudo gli
occhi e stringo i denti. Mi gira la testa, mi gira forte la testa e qualcosa in
me…non capisco…non capisco. E tremo, e la testa è libera da ogni pensiero
coerente. E’ una bella sensazione sentirsi leggeri…giusto? Lo sento appoggiarsi
al mio corpo, il suo così forte e definito, il mio così magro e fragile. Le sue
mani sono ai lati della mia testa, il suo volto a pochi centimetri dal mio
quando apro gli occhi.
-Ti farà un po’ male…ma andremo piano…stringimi pure se
vuoi…aggrappati a me. – annuisco presa in contropiede dalla sua infinita
dolcezza. Mia madre mi ha raccomandato più volte di non badare ai modi burberi
che avrebbe usato Edward la prima notte di nozze, che con il tempo avrebbe
imparato ad apprezzare anche i momenti di tenerezza, magari dopo anni ed anni
di matrimonio…e invece è tenero e dolce ed attento.
Una mano scende su di me e sento un’intrusione nel mio
centro. Mi spavento e mi irrigidisco.
-Shhh…sono solo le mie dita, shhh..rilassati…Ti ho…ti ho
fatto male prima?
-No… - mormoro con gli occhi socchiusi.
-Bene…non voglio fartene…tu però…rilassati, non irrigidirti.
Mi fermo quando vuoi…
-Va bene.. – le sue dita cominciano a muoversi
delicatamente, dentro e fuori, raggiungendo punti dentro di me che non credevo
esistessero quando un gemito sfugge dalle mie labbra lo sento ridacchiare.
-Ti ho fatto male? – Il suo tono mi fa ben capire che lui sa
di non avermi fatto male, così scuoto la testa. –Bene….adesso, aggrappati alle
mie spalle, o alle mie braccia, voglio che tu mi faccia capire se ti faccio
male, d’accordo?! – annuisco debolmente, non sapendo che altro posso fare.
Appoggio le mani sui suoi muscoli, delicatamente, posso
sentire la sua pelle morbida sotto le mie dita, è una sensazione così…bella. E’
tutto nuovo ma così estremamente delicato, non mi sembra neppure vero.
-Pronta?! – annuisco e lui si piega sul mio collo per
leccarmi e baciarmi e mordermi e in un secondo sento il suo membro che preme
per entrare, e piano mi apre, la mia carne si allarga per lui, si adatta alla
nuova intrusione e mi sorprendo a non sentire dolore, ma solo sorpresa e voglia
di avere di più. Com’è possibile? –Rilassati, non stringere…Sei…sei già stretta
di tuo…mi fai male… - rimango sbalordita alla sua voce calda, roca e affannata.
Sembra che abbia fatto una corsa. I muscoli delle sue braccia sono contratti e
il suo respiro caldo si infrange contro la mia pelle. Non devo stringere. Come
si fa?!
-Io…non…non so cosa….come… - balbetto, imbarazzata. Lui
sorride tirandosi indietro. Non sento più l’intrusione dentro di me, ma le sue
mani mi accarezzano il corpo, carezze dolci, tenere, fino ad arrivare ai miei
fianchi e massaggiarli.
-Shhh…Bella…è normale che tu stringa ma…rilassati, per
favore, non voglio farti male…ricordalo. Non avere paura… ci sono io… - è così
dannatamente dolce. Mia madre ha parlato di brutalità…quest’uomo non si
avvicina neppure ad essere un bruto. E’ così tenero. Sospiro e annuisco.
-Va bene…ci tento… - ritorna su di me, appoggio di nuovo le
mani sulle sue braccia, ma questa volta scuote la testa e con un movimento mi
porta un braccio sulla sua schiena, come se fossimo abbracciati.
-Graffiami se ti faccio male ed io mi fermerò, ma rilassa i
muscoli…per favore… - mi sta quasi pregando. Annuisco, facendo un debole
sorriso. Lo percepisce anche se ha il volto seppellito nel mio collo. Sento di
nuovo l’intrusione cominciare, e cerco di pensare ad altro. Ma non ce la
faccio.
-Parlami…dimmi qualcosa, non farmi pensare o…credo che
continuerò ad essere tesa. – ridacchia e mi guarda negli occhi alzando il capo.
-Mi hai dato del tu! Mi sento un po’ ferito in realtà, se
sapevo che bastava prenderti per ottenere questo l’avrei fatto prima! –
sghignazza ed io lo guardo stupita, ha uno sguardo divertito, ma allo stesso
tempo i suoi occhi sono verde scuro, tendenti al nero. E’ eccitato, si vede.
-Non credo che in questi momenti io possa chiamarti
Signore….non credi?
-Già…hai ragione, sarebbe un po’…grottesco! – ridacchio e
lui geme forte sospirando. L’espressione del suo viso è strana, ha la bocca
aperta e gli occhi chiusi, la testa piegata di lato.
-Ho…scusa…ho fatto….qualcosa…..di male? – lui scuote la
testa.
-Ridi di nuovo, ti prego… - lo guardo allargando gli occhi.
Ridere? Come faccio? Non c’è nulla che mi faccia ridere ora. –Ridi…ridi per
favore…
-Non..non rido a comando Edward… - sbotto dopo le sue
continue richieste. E’ strano forte questo uomo!
-Oddio…. – getta la testa all’indietro e io mi perdo a
guardare il suo collo che si tende, le sue spalle grandi, le braccia muscolose,
la mascella definita e i capelli completamente disordinati. E’ di una bellezza
unica. Sento un lieve dolore al ventre e mi accorgo che ha avanzato senza che
io me ne rendessi conto. –Ti ho fatto male fino ad ora? – scuoto la testa. –E’
adesso che arriverà il dolore Bella…stai per diventare mia, davvero e…ti
prometto che sarà solo un attimo. Ti fidi di me? – scuoto la testa e lui ride.
-Immaginavo! Può mai esserci qualcosa di semplice con te? Mi
fai disperare da quando sei nata! – ora ridacchio, perché davvero la sua
espressione sembra esasperata e in quel momento lo sento il male. Un dolore
lacerante che mi fa lacrimare gli occhi e stringere le spalle di Edward
conficcandogli le unghie sulla pelle.
-Ahiii…. – mi lamento stringendo le labbra tra i denti. Non
ho il tempo di crogiolarmi in questo dolore però, perché Edward capovolge la
posizione e mi abbraccia stretta, lo sento, completamente dentro di me. E’ come
se mi stesse lacerando in due. Le sue dita raggiungono i miei occhi e portano
via le lacrime che stanno scendendo.
-Shhh…è finito…finito Bella..muoviti come vuoi, fai quello
che desideri…stabilisci ritmo e intensità…io ti seguirò. – lo guardo confusa.
-Non…so…come si fa… - ho paura di fare qualcosa di male, di
fargli male, di non fare le cose giuste. Non voglio essere un’inetta, non
voglio che si lamenti di me e dei miei movimenti. Vorrei imparare, vorrei
essere in grado di dar piacere al mio uomo, ma come si fa quando non provi
amore per lui? Lo guardo preoccupata e confusa e lui mi sorride teneramente.
Appoggia le sue mani sul mio fianco e mi guida, mi fa spostare giù e su con
movimenti appena percettibili e poi con un moto circolare del bacino e ancora,
finché il mio corpo non si muove da solo e Edward lascia le mani sui miei
fianchi, ma le mani stanno solo accarezzando. Mi sto muovendo da sola e con gli
occhi aperti lo osservo. Ha gli occhi socchiusi, il labbro inferiore preso tra
i denti, la mascella rigida e la testa abbandonata sul cuscino. Perché non ho
mai notato quanto fosse bello? Perché non mi sono mai interessata a lui in
questi mesi? È così gentile, così dolce, tenero…almeno lo è stato fino ad ora.
Sento le sue dita stringermi la carne e i denti stringono
più forte le sue labbra, i muscoli delle braccia si tendono, il collo è
completamente teso per lasciare la testa gettata all’indietro, io mi muovo,
come mi ha insegnato lui, con le mani poggiate sulle sue spalle. Non emette un
suono, è così silenzioso…scopro che mi manca la sua voce.
-Parlami…mi piace la tua voce…parlami… - dico con il
fiatone. Non so se sono emozionata, affaticata, non lo capisco. Mi sento solo
bene, qui, tra le sue braccia mentre danziamo in questo modo così intimo e i
nostri corpi si sfregano tra loro nudi.
-Oh Bella! Cosa vuoi che ti dica? – sospira forte mentre una
mano si appoggia sul mio sedere e lo stringe e lo accarezza, lo stringe ancora
e poi lo accarezza. E’ così bello questo contatto. Sa come trattarmi, come
darmi piacere, come accarezzare la mia pelle delicata. Se penso che quelle mani
hanno toccato altre donne così…mi viene l’orticaria. Perché? Perché mi comporto
così?
-Non lo so…fammi sentire la tua voce… - abbandono la testa
sulla sua spalla mentre continuo a muovermi e sento solo dei gemiti nella sua
gola.
-Non…Non so cosa dire Bella…voglio solo…solo…
-Cosa? – soffio fuori mentre gli bacio la pelle, e poi la
lecco e la mordo, imitando quello che lui ha fatto me poco fa. Rabbrividisce e
si tende un attimo sorpreso, mentre io mi alzo seduta a cavalcioni su di lui
per guardarlo in volto. Non penso a quello che sto facendo, chiaramente non so
cosa faccio, lui affonda dentro di me ancora più in profondità fino a dolermi
ed i miei occhi si riempiono di lacrime ancora una volta, mentre lui getta la
testa indietro e geme forte.
-Mmmm…..aaaahhhh! – si lascia sfuggire lui a voce alta, mi
viene da piangere, ho voglia di piangere. Non so come muovermi, cosa fare.
–Non…non così piccola…ti fai male, stenditi…come prima…appoggiati a me.. - dice
a fatica, spingendo con le mani la mia schiena verso di lui. Gli ho fatto male?
Non lo so. Ne ho fatto a me però. Vorrei essere più esperta, dannazione! Mi
sento così stupida. –Shh..non…non piangere. Ti fa male? – annuisco e lui
sospira debolmente –Muoviti piano…vedrai che passa…te lo assicuro…
-Guidami tu…ho paura di sbagliare ancora… - mormoro in
difficoltà, completamente in balia dei sentimenti negativi che mi tormentano.
-Non hai sbagliato nulla…così…ecco… - mi muove dolcemente il
bacino in modo circolare e alterna al su e giù. –Sta passando? – mi chiede
dolcemente, soffiando nell’orecchio.
-Si…ti ho…ti ho fatto male prima? – sento che vibra dentro
di me e la sua testa si muove in segno negativo.
-No..non…non mi hai….ahhhh! Fatto male…è solo…solo piacere..
– gli lascio un bacio sulla spalla e mi abbandono alle sue mani che si muovono
sul mio bacino per guidarmi. Sento i ringhi provenire dalla sua gola ed è così
eccitante, mi sento più…vogliosa. Più carica. Vorrei sentirli davvero quei
suoni, uscire dalle labbra.
-Perché…perché non mi parli?
-Perché…uscirebbero solo…suoni…e….non…parole…
-Mi piacciono…i tuoi…suoni. – dico vergognandomi e
diventando rossa, ma sentendo il ritmo dei movimenti aumentare di poco e la sua
eccitazione pulsare dentro di me. Sento tutto ed è così bello.
-Vuoi che…ti faccia sentire…cosa…provo?
-Si… - soffio fuori.
-Va bene…ma…fallo anche…tu… - gli bacio di nuovo la spalla
ed un gemito esce fuori dalle sue labbra senza che sia trattenuto. Aumento i
movimenti, prendendo ad esempio la sua guida li faccio solo più veloci e sento
il suo corpo tendersi e il mio rabbrividire.
-Aaahh Ah….Ahhh….aahhh….Oh…Bella, non ti
fermare…continua…così…aaaahh! – la sua voce, i suoi sospiri, il suo incitamento
mi fa continuare, mi fa prendere coscienza che si tratta di piacere e non
dolore e continuo, sentendo di nuovo quella sensazione al basso ventre, i
brividi sulla schiena, sulle gambe, i muscoli che si contraggono da soli e la
testa completamente vuota. Un suo braccio mi avvolge stretta la schiena, mentre
l’altra mano sul mio fondoschiena continua a guidarmi mentre lui spinge in me
più forte.
-Ooh! Oh! Ooh! Si…si…Bella…si… - sono solo sussurri, ma li
sento bene, sono incoerenti, geme, dice si, dice il mio nome…e si muove e poi
sento la sua testa buttata all’indietro, la mano che mi tiene pressata contro
il suo corpo, il suo corpo che trema e l’erezione che pulsa dentro di me. Un
liquido caldo mi riempie.
Mi sono spostata di fianco a lui, sul materasso freddo. Ho
perso il contatto con il calore confortante del suo corpo, delle sue braccia.
Il lenzuolo, freddo anche lui, mi copre delicatamente e dentro di me sento
strane emozioni che non spariscono. E’ stato…impressionante. Alice e mia madre
sbagliavano. E’ stato delizioso. Certo ho sentito il dolore, ma nulla a che
vedere con quello di cui hanno parlato loro. Non so perché a me sia capitato diversamente,
so solo che la dolcezza infinita di Edward mi ha completamente lasciata
stordita. E poi…è così bello. Ha gli occhi chiusi, la bocca tirata in un
sorriso semplice e piccolino, le braccia sopra gli occhi e il corpo nudo
coperto in parte dal lenzuolo. E’ stato perfetto, il dolore non si poteva
evitare, eppure ne ho sentito davvero una parte piccolissima. Mi ha coccolato,
mi ha venerata, si è preso cura di me pensando alle mie necessità ed al mio
dolore. E’ stato…perfetto, meraviglioso.
-Provi dolore? – mi riscuote dai miei pensieri con un aria
preoccupata e fredda, molto più di quello che mi aspettavo finito tutto.
Speravo che mi concedesse qualche tenerezza, una carezza, un bacio…qualcosa del
genere. Invece nulla, anzi, adesso devo anche sopportare la sua freddezza. Come
mai? Ho fatto qualcosa di male? Era stato tutto bellissimo, si é comportato
meravigliosamente…perché adesso….perché fa così?
Abbasso gli occhi e scuoto la testa.
-No…sto bene.
-D’accordo…è il caso di dormire ora… - si alza indossando i
suoi vestiti della notte ed io infilo la mia vestaglia di seta. Forse il suo
comportamento è stato gentile e dolce solo per essere sicuro di avere la prima
notte di nozze. Anche se mi sembra tutto così strano. A primo impatto si
potrebbe pensare che sia cattivo e dispotico, e poi invece lo vedi attorno a te
per tutto questo tempo, con l’apoteosi della delicatezza stanotte e ti
chiedi…cosa si nasconde sotto?
-C’è…qualcosa che non va? – domando in preda all’imbarazzo e
alla delusione.
-No! E non andare oltre con le tue domande! – la sua
freddezza mi lascia di sasso. Cos’è che avevo detto? Perfetto…..? Si, beh…prima
di adesso comunque.
Edward pov.
Perfetto.
Questa è l’unica parola con cui posso descrivere cosa è
avvenuto stanotte.
L’unico aggettivo che posso dare alla nostra prima notte
insieme, prima ed ultima secondo le mie promesse. Bella non voleva darsi a me,
conservava la sua virtù per l’uomo che avrebbe amato, e ciò le fa così onore.
Crede nei suoi sogni, nelle sue speranze, nella voglia di avere qualcuno al suo
fianco che la ami.
Oh piccola mia…se solo sapessi.
Vorrei tanto poterle dire tutto, aprire il mio cuore ed
essere fiero dei miei sentimenti, ma credo che si arrabbierebbe e che i nostri
rapporti si romperebbero ancora di più. Sono riuscito a sentire il mio nome
pronunciato dalle sue labbra durante il nostro amplesso, qualcosa di sublime.
Per non parlare della sua risata che mi ha fatto vibrare l’anima e il corpo,
mandandomi scosse infinite di piacere mentre ero dentro di lei.
Ho avuto esperienze con donne sapienti, con donne colte, con
donne esperte, eppure…mai in tutta la mia vita ho goduto come stanotte.
Immagino che sia perché semplicemente ne sono innamorato,
perché il suo corpo si adatta perfettamente al mio, perché la sua pelle calda sotto
il mio tocco era morbida e delicata, talmente tanto che avevo paura di farle
del male. E quando poi…ha iniziato ad essere più fiduciosa dei suoi
movimenti…ho perso la testa. Non so come ho fatto a ragionare ancora, come ho
fatto a prendere in mano la situazione e mantenere il controllo. So solo che la
volevo così tanto. Il mio corpo stava bruciando per lei.
E invece….questa sarà l’unica volta che l’avrò. Gliel’ho
promesso. Vuole un uomo che la ama, desidera sentirsi importante e voluta,
mentre io l’ho sposata con una bugia, con l’inganno. Che uomo sono? Solo
Charlie e mia madre sanno bene ciò che provo, ma non lo direbbero mai ad
Isabella.
Con gli occhi chiusi ho riflettuto su tutto questo. Come
farò? Come farò da domani a fare finta di nulla? A limitare la mia permanenza
in casa per non desiderare di prenderla in ogni momento, di baciarla, di
accarezzarla? Vorrei tanto poterle dire ciò che provo, ma verrei deriso e
probabilmente si arrabbierebbe. Quindi, meglio starle lontano e fare finta di
nulla.
*Capitolo Cinque*
Bella pov.
I mesi sono passati lenti all’interno di questa casa, troppo
lenti per me, che sono così abituata a vivere le mie giornata dietro una casa,
il cibo, i panni sporchi. Non sono solita farmi servire e dover chiedere per
avere le cose, ma la servitù mi ammonisce se mi permetto di rassettare il
divano dove siedo, per non parlare di quando voglio mangiare qualche dolcetto,
le cucine sono bandite al mio accesso. Odio tutto questo. Non ho mai potuto
sopportare la gente che si fa servire e odio che sia proprio io adesso, a
trovarmi in questa situazione.
Non posso fare nulla, mi è concesso leggere, dipingere,
creare i miei gioielli e passeggiare, di altro non posso fare nulla. Avrei
voluto fare una torta un giorno, ma quando avevo provato ad entrare nelle
cucine ero stata portata di fronte ad Edward che aveva scosso il capo e
sbuffato.
Per tutta risposta avevo sbattuto il piede a terra in un
moto di stizza e avevo detto la mia, non riuscendo a tenere la lingua tra i
denti.
Flashback
-Edward, è solo una
dannata torta! – in quel momento il suo sguardo mi aveva gelata e la donna
della servitù che mi aveva accompagnata si era eclissata velocemente.
-Isabella, devo
ricordarti la tua posizione adesso?
-Isabella, devo
ricordarti la tua posizione adesso? – imito la sua voce per prenderlo in giro,
è davvero irritante! –Edward, mi sto annoiando a morte, fuori piove e non posso
uscire a passeggiare, per giunta che senso ci sarebbe a passeggiare da sola?
-Sono indaffarato, non
posso di certo lasciare tutto per accompagnare te a fare una passeggiata, per
questo c’è la tua dama di compagnia! – è leggermente irato.
-Ma Edward… - riprovo.
-Accidenti Isabella!
Sto lavorando! – no è davvero arrabbiato.
-Ed io volevo fare
solo una dannata torta! Mi sembra di essere in galera qui dentro. Non posso
neppure prendermi un bicchiere d’acqua da sola! – sbotto più arrabbiata di lui.
-Isabella, sei una
contessa ora! Le cose sono diverse…la servitù è qui per aiutarti in ciò che tu
non puoi fare. Se ti annoi fai qualcosa ma non occuparti del lavoro della
servitù né tanto meno disturbarmi nuovamente. –Le sue parole mi aveva fatto
capire chiaramente come sarebbe stata la mia vita: noiosa. E non solo, avrei
dovuto discutere con lui di ogni mio desiderio, come quello di potermi occupare
da sola del mio bagno, dei miei fiori, dei miei dolci per ottenere sempre la
solita risposta: se ne occuperà la servitù. Quando avrei voluto preparare la
cena a mio marito, avrei dovuto inviare la richiesta settimane prima per
iscritto, possibilmente in una busta chiusa e sigillata con cera rossa, perché
solo in quel caso avrebbe preso in seria considerazione le mie azioni. Con
queste convinzioni e con l’animo sotto le scarpe per il suo comportamento e la
rabbia che saliva a fiotti su per la gola avevo risposto cercando di essere più
contessa possibile, come voleva lui.
-Singor Conte, con il
vostro permesso adesso vi libero della mia presenza e vado ad appoggiare il mio
deretano sempre più grande sul sofà, che ha un solco sempre più grande dove
solitamente poggio il mio didietro, di modo che voi possiate rilassarvi e
occuparvi di urgenti affari che vi competono, estraniandovi completamente dalla
vita domestica e matrimoniale. – gli avevo mostrato le spalle e sbattuto la
porta alla mia uscita. Ben ti sta, conte!
Mi sento così strana qui dentro. Ho sempre voglia di fuggire
via.
Ogni sera condivido il letto con mio marito, un’altra parte
difficile della mia vita qui alla tenuta. Magari con gli anni ci farò
l’abitudine, ma ora di certo è uno strazio. Mi imbarazzo, so che non dovrei la
nostra prima notte ormai è passata, ma non posso fare a meno di trovarmi a
disagio con lui nella stanza quando sono in camicia da notte. Cerco di non
chiamarlo per nome se non siamo in pubblico, di dargli del tu quando siamo
davanti ad altre persone ma prendo il distacco quando siamo da soli. Poco male,
lo fa anche lui. Non mi ha davvero più toccata da quella prima notte, mi ignora
addirittura, questo per la mia timidezza è un toccasana, almeno non devo anche
fare i conti con le sue occhiate sul mio corpo. Mi vergogno, ma lui non me lo
fa pesare. Addirittura faccio fatica anche ad attirare la sua attenzione se ho
voglia di conversare da quanto sono ignorata.
Che matrimonio fallito.
Sposarsi per la necessità di farlo è davvero una cavolata.
Adesso siamo entrambi costretti in questo mondo che ci sta
stretto.
Una cosa positiva però, a stare qui, è che ho un ammiratore
segreto.
Ogni mattina quando mi alzo nel letto vuoto trovo le tende
aperte della porta finestra e sul piccolo balconcino un dono che porta il mio
nome. Non so se Edward se ne è accorto, ma fa finta di nulla. Alla fine, lui è
innamorato di un’altra donna, ed anche se sono sua moglie, posso innamorarmi di
qualcuno che non sia lui. Vivrò nel peccato, nella vergogna forse, ma mi
sentirò libera di amare e di provare un sentimento così profondo. Finalmente mi
sento corteggiata, voluta; mi sento serena ad aver fatto breccia nel cuore di
un uomo. Non so chi sia, né se sia giusto quello che sta facendo, ma è
assolutamente appagante per me e per il mio orgoglio di donna. Il primo giorno,
due settimane dopo il matrimonio, ho trovato un fiore, il secondo giorno dei
dolcetti, il terzo un nastrino per capelli. Poi ho iniziato a trovare solo dei
bigliettini con delle frasi dolcissime.
“I tuoi occhi sono del
colore della cioccolata più buona che esiste”
Oppure…
“Le tue labbra così
carnose e rosse sarebbero da baciare all’infinito”
Ancora…
“I tuoi capelli così
morbidi sembrano un tessuto pregiato”
Ogni mattina leggendo queste parole, o trovando un piccolo
oggetto per me, mi sento importante, mi sento corteggiata, voluta. E’ bello
sentirsi così. Vorrei tanto incontrare la persona che me li manda, ma sono
sicura che allora le cose si complicherebbero, che Edward si infurierebbe e
potrebbe bandirmi da casa sua, rovinando la mia famiglia. Voglio evitarlo.
Voglio evitare di dare un dispiacere ancora più grande a mio padre e mia madre,
a mio fratello anche.
Sbuffo, seduta sul grande tavolo tutta da sola. Possibile
che Edward non abbia ancora finito di lavorare? La cameriera si trova in fondo
alla sala, pronta per dare il via alla cucina di portare il nostro cibo, la
guardo e mi sorride mesta.
-Padrona, vi devo portare qualcosa?
-No Jane, grazie…potresti dirmi che ore sono? – io proprio
non ce la faccio a trattare male la servitù.
-Certamente padrona, sono le otto e mezzo passate!
-Grazie.. – appoggio il tovagliolo sul tavolo e mi alzo.
–Vado a vedere cosa sta facendo il conte, voi iniziate a portare le cose sul
tavolo… - cerco sempre di parlare alle persone che lavorano qui dentro con una
certa dose di dolcezza, e loro mi ricambiano con piccolissimi sorrisi timidi.
Vado verso l’ufficio di mio marito, ma lì non ve n’è
traccia, allora salgo le scale, silenziosamente e vedo la porta della camera
padronale socchiusa. Mi avvicino lentamente, cercando di non far rumore con le
mie scarpette. Non so perché mi comporto come una ladra, potrei entrare e
dirgli di venire a cena…eppure mi scopro ad aprire piano la porta ed osservare.
La finestra è aperta, un freddo acuto entra nella stanza ed Edward sta
posizionando un foglio sotto una pietra.
ODDIO.
E’ lui….è lui che mi coccola e mi vizia con piccoli doni,
che mi scrive quelle cose dolci, che mi sta corteggiando. E’ mio marito. Come
ho fatto a non accorgermene?
-Brrr…che freddo! Speriamo che non piova o sarà rovinata la
mia sorpresa… - lo sento mormorare piano. Come mi devo comportare ora?
Le attenzioni segrete mi lasciavano davvero felice e
desideravo sempre alzarmi per guardare cosa il mio ammiratore aveva lasciato
per me. Ora però…ho scoperto che…è lo stesso uomo con il quale condivido il
letto a ricoprirmi di attenzioni. Sento i suoi passi nella camera e mi muovo
velocemente per scendere dalle scale, correndo nella sala da pranzo sulle punte
delle mie scarpe, in modo che i tacchi non producano il suono sul pavimento.
-Padrona, ha trovato il Conte? – domanda Jane quando mi vede
sconvolta. –Si sente bene padrona?
-Certo Jane, comunque non l’ho trovato…sono solo spaventata
perché nel suo ufficio non c’è…lo attendiamo qualche altro minuto, poi
manderemo Garrett a controllare le stalle. Magari sta solo facendo il giro
della tenuta. – mia madre e mio padre mi hanno sempre detto che non sono una
brava attrice, vediamo se negli anni la mia tecnica si è affinata.
-D’accordo padrona, stia tranquilla vedrà che non è nulla di
cui preoccuparsi! – sono le uniche amiche che mi sono rimaste, le donne della
servitù. E’ per questo che ogni tanto mi prendo la libertà di chiacchierare con
qualcuna di loro, quelle che hanno la faccia tosta di violare le regole.
-Oh, sei già qui? – domanda Edward appena varca la porta
della sala da pranzo.
-Ti aspettavo da un po’… - guarda l’orologio dentro il suo
taschino e allarga gli occhi. Tranquilla Bella, non tremare…va tutto bene.
-Mi dispiace Bella, avevo un affare da sbrigare e non mi
sono reso conto dell’ora! Potevi cenare senza aspettarmi… - si siede a tavola e
Jane gli riempie subito il bicchiere di un vino che Edward pensa ad acquistare
regolarmente da uno dei produttori della contea.
-Non è stato difficile aspettarti qualche minuto… mangiamo
ora, si fredda… - afferro la forchetta e comincio a gustare il cibo, anche se
l’appetito non c’è assolutamente. Di sicuro se provassi a lasciare la mia
pietanza intatta si accorgerebbe che c’è qualcosa che non va.
Ed è così.
C’è qualcosa che non va.
Come ho fatto a non accorgermi di nulla?
Come ho fatto a non rendermi conto che era mio marito quello
che mi coccolava in questo modo? Forse perché è così freddo, distaccato,
antipatico che non mi da modo di credere che ci tenga davvero a me, forse
perché in realtà lui ama un’altra donna e mi è difficile credere che tutto ciò
sia per farmi piacere. Magari è una prova. Magari vuole vedere se sono fedele.
Oddio.
Non gli ho detto nulla per tutte queste settimane, ho fatto
finta di nulla e…e lui penserà che non sono fedele, mi caccerà, vorrà dei soldi
e mio padre dovrà vendere tutto per pagare il mio debito.
Come farò?
-Bella, tutto bene? Stai tremando. – lo guardo con gli occhi
sgranati. Tutto bene? Magari andasse tutto bene. Invece è tutto storto da
quando io e lui ci siamo incrociati in quella merceria da Masen.
-Ho solo un po’ di freddo, credo che…andrò a dormire subito
finita la cena.
-Ti accompagno, non devo fare nulla stasera…posso leggere un
buon libro anche in camera, così se ti senti male ci sono io… - è sempre stato
così premuroso?!
Penso a questi mesi, alla freddezza che ha usato con me, al
poco tempo passato insieme. Non abbiamo più passeggiato, ho visitato la tenuta
insieme a Garrett, il maggiordomo di casa e successivamente con Charlotte, la
mia dama di compagnia; ho passato il mio tempo in giardino da sola con un
libro, ho scelto io che fiori piantare per la primavera. Lui era sempre
altrove.
Eppure, ogni tanto lo vedevo guardarmi dalla finestra del
suo ufficio, mi sorrideva teneramente e mi faceva un cenno. Mi prendeva la mano
quando scendevamo dalla carrozza, mi stringeva nel suo abbraccio se
incontravamo qualche uomo. Mi controllava a vista se chiacchieravo con qualche
donna in disparte. Non solo…durante la notte dormivo sempre beatamente, senza
incubi, senza pensieri brutti e sempre al caldo, e la mattina non mi svegliavo
mai nella mia parte del letto, che era sempre fredda e immobile.
Come ho fatto a non rendermene conto?
Sono stata così cieca!
-D’accordo… - mormoro a bassa voce travolta dalla nuova
scoperta.
-Devo dirti anche un’altra cosa Bella…
-Dimmi.. – alzo gli occhi dal mio piatto, poco toccato,
ansiosa di sentire la sua voce. Da quando lo sono? Forse solo da quando spero
che ammetta che è lui che mi lascia un pensiero ogni mattina?! Oh…non lo so!
Sono così confusa!
-Devo partire domani mattina presto, per affari. Non starò
via molto, qualche settimana credo. Il tempo di arrivare giù in Inghilterra e
acquistare alcune stoffe e dei profumi pregiati. – annuisco debole.
-Va bene…posso andare a trovare la mia famiglia mentre non
ci sei? – mi guarda allargando gli occhi.
-Ti mancano? – sussurra.
-Certo che si…
-Oh…beh…Pensavo… - sembra in difficoltà ora.
-Cosa? Che dato che non mi lasci andare avevo avuto il tempo
di dimenticarmi di loro? – il suo sguardo sembra ferito e oltraggiato ed è un
attimo a trasformarsi in rabbia.
-Abbassa i toni, e non rispondermi così! Soprattutto davanti
alla servitù – ringhia tra i denti. Abbasso lo sguardo, mortificata. Odio
quando si comporta così, mi fa sentire un’inetta. –Se volevi andare a trovare i
tuoi genitori bastava che avvisassi Mark alle stalle, è pronto a portarti
ovunque tu voglia. Per il resto, vai pure dai tuoi genitori… - finisce il suo
bicchiere di vino e si alza dalla sedia. –Ti raggiungo subito, scelgo il libro
in biblioteca. Ne vuoi uno anche tu? – scuoto la testa e sospiro, dirigendomi
fuori dalla stanza. I suoi dannati sbalzi d’umore mi fanno girare la testa.
-Buonanotte Jane, augura anche al resto della servitù una
piacevole nottata. – mi assicuro sempre di salutare anche loro. Salgo le scale
lentamente e quando arrivo in camera mi spoglio mettendomi sotto le coperte. Il
letto è freddo e l’occhio cade sulla finestra. Chissà cosa mi avrà scritto
questa volta? Chissà cosa succederà? Chissà perché si comporta così? Sono
curiosa, vorrei aprire la finestra e sbirciare ma so bene che Edward sarà qui
da un momento all’altro e non voglio certo che mi trovi a ficcanasare, anche
perché non avrei motivo di aprire la finestra in una sera così fredda. Così
decido di aspettare solo fino a domattina.
La porta della camera si apre, io sono semisdraiata sul
letto, con le lenzuola portate su di me. Edward mi osserva teneramente e poi
scuote appena percettibilmente il capo mettendosi seduto sulla poltrona alla
fine del letto, apre il libro e comincia a leggere.
Sono stesa tra le coperte ormai da minuti infiniti, sento lo
sfogliare del libro, per il resto nessun altro rumore inonda la camera. E’ così
silenzioso, che abbia paura di disturbarmi?
Il pensiero va subito lì, a questo assurdo comportamento di
mio marito. Perché i regali, i foglietti, le frasi dolci e romantiche? Avrebbe
potuto parlare chiaro, farmi capire con qualche gesto quello che…prova. Se lo
prova. E invece…il pallino che sia tutto un modo per testare la mia fedeltà mi
lascia con l’amaro in bocca. Come faccio a saperlo?
Domattina partirà, non ho idea di che ora sia, ma…l’idea che
domani si allontanerà per qualche settimana…mi lascia con un groppo in gola. Perché
tutte queste sensazioni stasera? Perché?
Torno seduta, la luce fioca che si è acceso per leggere gli
illumina appena il volto e lo rende magnifico. Lo osservo finchè i suoi occhi
non incrociano i miei e mi sorride teneramente.
-Ti ho svegliata?
-No..non riesco a dormire…- mormoro debolmente.
-Strano, solitamente ti addormenti subito a letto…cosa ti
preoccupa? – l’attenzione è tutta concentrata su di me e i suoi occhi verdi mi
scrutano in ansia.
E’ vero. Solitamente prendo sonno subito. Appena mi metto
sotto le coperte, appoggio la testa sul cuscino e lui mi segue, chiudo gli
occhi e dormo pacificamente. Che sia la sua assenza nel letto a non farmi
prendere sonno? Oppure tutti questi pensieri su di lui che mi coccola in questo
modo dolce e segreto, facendomi credere che abbia un corteggiatore?
-Nulla… - chiude il libro e si avvicina al letto.
-Non mentirmi Bella…allora…cosa ti preoccupa? – è seduto al
mio fianco, mi accarezza i capelli dolcemente e io sospiro.
-Hai…rivisto la donna di cui sei innamorato da quando siamo
sposati? – allarga gli occhi e poi sorride.
-Perché ti fai questi crucci ora? Dovresti dormire…la tua
pelle è così pallida.. – dice dolcemente.
-Non mi hai risposto…Edward… - gioco sporco.
-Si… - non so come interpretare questa ammissione. Chi è?
Perché non me l’ha mai detto?
-Ed io? Io l’ho mai vista? – lui sghignazza appena.
-Si…Bella ascoltami…cosa ti preoccupa?
-Nulla ti ho detto! – soffio fuori un po’ troppo arrabbiata.
Improvvisamente mi sento…gelosa?!
-Vado davvero in Inghilterra Bella, non sto andando da
nessuna donna nascosta chissà dove. Non lo farei mai…okay? – lo guardo
sospirando. Non è solo questo. Io voglio sapere perché mi corteggia così,
perché a questo punto non si dichiara. O forse è tutto un gioco? O forse la
donna che ama gli è rimasta nel cuore così tanto che non ha il coraggio di
concedersi ad altre?
E perché io desidero di sapere, esserne certa, sentire la sua
voce mentre mi dice che mi ama? Mi ami Edward?
-Non è questo Edward…è…non lo so. Sarà solo il periodo,
scusa…torno a dormire. – mi stendo, dandogli le spalle e lo sento sorride e poi
abbassarsi a darmi un bacio tra i capelli.
-Buonanotte Bella…sogni d’oro… - si alza dal letto e ritorna
al suo libro. Chiudo gli occhi e fingo di dormire. Cosa mi sta succedendo?
Non ho mai dormito durante la notte, forse grazie a questo
posso rendermi conto del momento in cui Edward si è steso a dormire. Non ha
dormito in realtà, mi ha solo abbracciata stretta e canticchiato qualcosa a
bassa voce, una melodia per coccolarmi. Le sue mani si sono strette alla mia
vita, muovendomi dalla sua parte, con attenzione e delicatezza e facendomi
appoggiare la sua schiena al suo petto. E’ stato emozionante. Ho cercato di non
aprire gli occhi, di comportarmi come se stessi dormendo, di non intensificare
il respiro, di non muovere un muscolo. Io non so come mi comporto nel sonno, e
speravo che il mio cuore non accelerasse così velocemente come sembrava a me,
perché allora anche lui l’avrebbe percepito.
Mi accarezzava la pelle del ventre, da sotto la camicia da
notte, era un gesto così intimo e speciale, dovevo mantenere un certo
autocontrollo per non tremare al suo contatto.
Poi dei raggi di debole luce avevano inondato la camera
anche attraverso le tende tirate, aveva sospirato e poggiato le labbra sulla
mia spalla e sulla guancia.
-Dormi bene amore mio, ci vediamo quando ritorno…fai la
brava mi raccomando…mi mancherai da impazzire… - gli occhi tremavano dietro le
palpebre chiuse. Com’è possibile? Come ho fatto a non accorgermi di nulla?
“Amore mio”…..”Amore mio”. Mi ama?
Mi ama davvero?
E se ne sta andando.
Come faccio a fermarlo? A capire cosa provo per lui? Non
posso…non posso fermarlo.
Il letto è freddo senza di lui, non ho più le sue braccia
che mi stringono, il suo calore che mi riscalda, il suo corpo che mi protegge e
quando esce dalla camera, dopo aver aperto di poco la tenda, mi sento sola.
Sola come mai nella mia vita.
Mi ama….
Mi ama….
Apro gli occhi ed osservo il soffitto. Non mi stava
corteggiando per capire se sono fedele o meno, ma perché davvero mi ama. Tutti
i dubbi di ieri sera, tutte le paranoie di questa notte…l’unica domanda
è…Perché non me l’ha detto?
Forse non l’avrei accettato, forse sarei rimasta
completamente muta e allibita, perché davvero non l’avrei mai immaginato.
Ma…non è una cosa brutta. Mi ama, c’è da esserne felici….giusto?
Mi alzo dal letto, indossando velocemente la vestaglia in
tessuto morbido e caldo che ho preparato ieri sera vicino al letto, sono a
piedi nudi ma non mi importa. Guardo fuori dalla finestra, senza tirare troppo
le tende, vorrei che non mi notasse. Sta salendo in carrozza, ma prima di
partire si sporge per guardare la camera da letto. E’ bello, è un uomo
d’affari, importante e intraprendente, acuto, astuto. Bravissimo e mio. E’ mio
davvero. Con l’anima, con il cuore, con
il corpo.
Vorrei scendere di corsa e fermarlo ma…per dirgli cosa?
Non lo so. Cosa provo per lui?
Questa è la domanda che mi sono fatta all’infinito per più
delle tre settimane in cui Edward è stato fuori da casa. Quella mattina, quando
la carrozza di mio marito era ben lontana avevo aperto la finestra e raccolto
quel foglio di carta piegata, seduta sul letto avevo incominciato a leggere.
< La bellezza di una donna non si misura in sola
esteriorità ma pure in nobiltà d’animo, onore, rispetto, educazione e cultura.
E tu, seguendo queste indicazioni, sei la donna più bella che io conosca. La
tua dolcezza è impareggiabile, e il tuo sorriso ineguagliabile. Spero di poter
godere dei tuoi occhi ardenti, della tua pelle candida, del calore delle tue
braccia e della morbidezza della tua bocca. Ma altresì, spero di poter
discorrere con te di affari, di politica, economia, lingua e cultura altra…la
tua mente mi intriga ed è come una ragnatela che mi trattiene. Con il pensiero
di te e dell’amore che provo, affronto ogni giornata nuova. Spero di darti un
sorriso più bello ad ogni tuo risveglio. >
Avevo pianto, disperata e commossa perché non avevo idea di
quello che provava per me fino a quel momento. Ero così stupida. E lui era così
dolce e tenero. Non vedevo l’ora che tornasse, per potergli parlare e dire che
sapevo.
Avevo riflettuto molto, mi ero chiusa in biblioteca perché
fuori cominciavano le piogge battenti e lettura dopo lettura immaginavo cosa
dire a Edward.
Mi mancava. Quella era la prima cosa che volevo sapesse.
Mi era mancato davvero. Era brutto svegliarsi e sapere che
non c’era in casa, che non era in ufficio a sbrigare affari, che non sarebbe
tornato per cena.
Era così dannatamente frustrante non vederlo a pranzo, non
averlo nel letto. Mi sentivo sola. Mi mancavano anche quelle semplici
chiacchiere che facevamo di tanto in tanto, non dovevano essere per forza
profonde o interessanti, bastava anche solo il semplice “Buongiorno, riposato
bene?”
Me lo domandava ogni mattina. Mi sorrideva
teneramente…quella era l’unica tenerezza che si permetteva in tutta la
giornata, ogni volta scrollavo le spalle e rispondevo “Si, come al solito!”
Magari…magari si comportava in quel modo solo perché ero io
fredda e scostante?! Cielo…che errori madornali avevo compiuto con il pessimo
comportamento.
E poi tutto il resto della giornata era come se vivessimo in
due case diverse, lui in un luogo, io in un altro. Solo adesso mi rendo conto
di quanto tempo abbiamo sprecato. Avremmo potuto conoscerci, imparare qualcosa
di più di noi, avrei potuto approfittare delle sue braccia calde, per fare il
pieno di abbracci e stare bene tutta la giornata. Avrei potuto baciare ancora e
ancora le sue labbra per avere qualcosa a cui pensare tutto il giorno distante
da lui. Avrei potuto saggiare la sua cultura, la sua intelligenza, parlare di
più con lui per sentire la sua voce, in modo da ricordarla sempre. Queste sono
pensieri di una donna che si sta innamorando, giusto? Perché quando penso a
Edward mi nasce un sorriso sul volto enorme.
Non so cosa sia cambiato, ma mi ha sorpreso! I suoi gesti
dolci, nascosti, meravigliosamente romantici mi hanno fatto riflettere…la sua
tenerezza mi ha riempita di gioia e mi ha dato la forza di andare avanti in
questi giorni, nella speranza di vederlo tornare a casa il prima possibile per
stare ancora con lui. Questa volta però…a modo mio!
Stavo leggendo un libro seduta sul divano, quando sentii il
nitrito dei cavalli e le ruote sul selciato bagnato. Una carrozza?!
Agitata come non mai avevo lasciato il libro sul tavolino e
mi ero alzata all’in piedi controllandomi velocemente. Ero presentabile? Sarei
piaciuta ancora a Edward?
Ma soprattutto…era lui?
-Jane! Jane… - mi sorride mentre si avvicina.
-Ditemi padrona…
-E’ il conte? – lei ridacchia ed annuisce. –Non ridere di
me, ingrata – sorrido e le faccio la linguaccia. Sono sicura che se mi vedesse
Edward ora mi gelerebbe con un’occhiata, ma poco mi importa. In queste
settimane io e la servitù abbiamo stretto amicizia e mi piace che sia così! Mi
affretto ad andare la porta quando Garrett ha già aperto anche lui con un
grande sorriso sul volto. A quanto pare, il Conte non è mancato solo a me.
Lo vedo salire agilmente gli scalini che ci dividono e poi
sorridere.
-Che accoglienza al mio ritorno! Salve a tutti…
-Conte! Bentornato! – dice Garrett allegro, mentre Jane si
eclissa in cucina con un semplice cenno del capo.
-Isabella… - sorrido dolcemente e cammino veloce verso di
lui, abbracciandolo stretto quando gli sono vicina.
-Ciao… - sussulta ma lo sento sorridere.
-Ciao…A cosa devo questo calore? – mormora dolce. Ah, la sua
voce. Che sensazione meravigliosa. E il suo corpo…come mi era mancato!
-Nulla di particolare! Sei affamato? Stamattina presto ho
fatto un dolce che…è la fine del mondo. – dico a bassa voce, cercando di non
farmi sentire da nessuno. Lui ride forte e mi guarda contento.
-Hai fatto un dolce? In cucina? La servitù non ti ha
allontanata bruscamente? – arrossisco e scuoto la testa.
-Non c’eri tu a fare paura… - mi pento subito di quello che
ho detto e infatti lo vedo irrigidire la mascella. –Non volevo dire
questo…scusa. E’ che tu sei autorevole e loro sanno che devono…rispettare le
regole. Solo che tu non c’eri ed io…sono stata insistente.
-Non fatico ad immaginarlo Bella! – sorride dolce ed io mi
sciolgo. Non è arrabbiato con me.
-Non sei arrabbiato perché…ho fatto amicizia con la servitù?
– chiedo piano. Lui mi guarda sorpreso, poi sghignazza.
–Oh Bella, sei così fuori dai canoni! Possiamo andare ad
assaggiare questo dolce? – annuisco fiera e prendendogli la mano nella mia lo
accompagno verso le cucine, facendogli l’occhiolino.
-Si può? – domando. Le donne sorridono.
-Padrona, lo sa che non deve stare qui…ci dica quello di cui
ha bisogno, provvederemo a servirla! – apro la porta sorridente entrando e
portando anche Edward con me, travolto dall’allegria del momento.
-No, volevo solo fare assaggiare una fetta del dolce al
Conte. E’ tornato! – tutte abbassano il capo affrante e serie e fanno un debole
inchino salutando.
-Padrone, bentornato! Provvederemo noi a portare il dolce
nella sala…non vi preoccupate!
-Oh…perché non possiamo prenderlo qui? Vi offendete? –
sghignazzo e lo osservo divertita.
-Offendere noi?! – si guardano stralunate ed io sorrido, è
bello avere un Edward così a casa. –Jane prendi dei bicchieri puliti per il
Conte e la contessa e le tovagliette pulite. Piattini e posate. Margheret tu
invece prendi le sedie e tu Juls pulisci tutto.
-Donna Sullivan… Non c’è bisogno che facciate tutto questo
per una fetta di torta. La mangerò all’in piedi, sono stato seduto per molte
ore. E non servono né tovagliette o piatti o posate. Con le mani si gusta
meglio. Vi prego. Prendetene un pezzo anche voi… - sghignazzo e le donne in
cucina mi guardano sorprese.
-Così moriranno tutte d’infarto Edward! – dico ridendo più
forte. Jane prende la torta e ne fa le fette, mentre tutte le altre donne in
cucina si tengono in disparte imbarazzate. Non sono abituate a un comportamento
del genere, ed effettivamente non ho mai visto Edward entrare nelle cucine o
nell’ala riservata alla servitù. Ma so che non perde mai il rispetto delle
persone. Si dice che sia un uomo burbero e cattivo, ma le voci del paese sono
completamente sbagliate. E’ davvero una gioia avere un Edward così che gira per
casa, almeno le apparenze sono tutte parole che volano per arieggiare la bocca.
Mio marito non è dispotico e neppure sempre arrabbiato, sa essere dolce e
tenero e divertente!
-Padrona, questo dolce è meraviglioso…dovete dirci come
fare! – mormora dopo il primo boccone Donna Sullivan, sorrido e le faccio
l’occhiolino.
-Non dico i miei segreti in giro! – sorrido ed Edward
ridacchia sotto lo sguardo sorpreso delle presenti. Finito il dolce salutiamo e
ci spostiamo nel salone. –Sei stanco? Vuoi riposare?
-Si…tu resta pure a goderti il libro..vado nella stanza
padronale a riposarmi. Il viaggio è stato stancante.
-Ti dispiace se ti raggiungo?
-No, certo che no… - mi precede per le scale, mentre io
avviso Jane della nostra destinazione, e saluto Charlotte che stava sistemando
alcuni libri nella libreria e quando arrivo in camera lo trovo seduto sul letto
con lo sguardo stanco e uno sbadiglio in atto. -E’ stato un lungo viaggio, sono
distrutto…
-Lo immagino…io mi sistemo qui, vicino alla finestra…leggo
un po’! Se hai bisogno di qualcosa sarò qui…
-Bella…
-Si? – chiedo alzando lo sguardo.
-Vieni nel letto con me, non mi da fastidio la luce se vuoi
tenere la finestra aperta.
-Ti disturberò…
-Devo ordinartelo? – sghignazzo.
-Non ti viene più bene il padrone dispotico e burbero,
conte! -mi arrampico sul letto sedendomi ed appoggiando la schiena alla
testiera.
–Raccontami le tue giornate… - mi dice mentre appoggia la
testa sul mio grembo. Sono sorpresa ma infinitamente felice di quel gesto.
-Niente di che, mi alzavo la mattina e facevo colazione…poi
passavo qualche ora in biblioteca, le piogge sono ricominciate e non mi
permettono di passeggiare per lo splendido giardino della tenuta.. – dico,
appoggiando il libro al mio fianco ed accarezzandogli i capelli. E’ venuto naturale,
non ho pensato a cosa fare, volevo solo…accarezzarlo.
-E poi?
-Pranzavo, da sola…talvolta, oltre Charlotte, chiedevo a
Jane di farmi compagnia perché il tavolo era completamente solitario. Poi
ritornavo in biblioteca o mi mettevo al tavolino e portavo a termine qualche
gioiello…
-Adoro il tuo bracciale, lo porto sempre con me…e poi? –
sorrido. È ovvio che lo adora, mi ama. Sorrido ampliandolo di più.
-Poi cenavo e mi mettevo a letto, questo letto era così
vuoto…avrei voluto qualcuno a farmi compagnia anche qui. Ma per fortuna c’erano
i pensieri…
-I pensieri?
-Certamente..Sai…ho scoperto di avere un ammiratore qui… -
si irrigidisce ma non domanda. –E’ iniziato tutto molto tempo fa a dir la
verità..
-Perché non me ne hai parlato?
-Non volevo essere punita… - mormoro a bassa voce.
-Punita? – alza la testa di scatto e mi fissa negli occhi,
io li abbasso, imbarazzata.
-Si… temevo che…ti saresti arrabbiato e…mi avresti punita.
-Temevi per la tua famiglia vero? – sembra arrabbiato.
Sospiro ed annuisco solo. –Ho bisogno di dormire, o dirò cose di cui mi
pentirò! – borbotta, girandosi di lato e dandomi la schiena. Sospiro e mi
stendo sul letto a guardare il soffitto. Non mi ha neppure lasciata finire. Poi
il ricordo della notte prima di partire mi fa venire un’idea grandiosa. Mi
accoccolo dietro di lui, una mano tra i capelli e l’altra intrecciata alle sue
dita. So che non sta dormendo perché si è irrigidito e il suo cuore batte più
forte, come il suo respiro accelerato.
-Ogni mattina trovavo un dono sulla finestra della camera da
letto. E quando non c’era un nastrino o una forcina o altro, c’erano sempre dei
bigliettini molto dolci e romantici. Ho sempre desiderato qualcuno che mi
corteggiasse in questo modo…e mi chiedevo chi fosse.
-Era per questo che eri felice? – sussurra incerto. Oh
Edward.
-Mi fa piacere sentirmi coccolata ed amata e voluta…si.
-Oh…allora indagherò su chi sia questa persona e…vi farò
incontrare. – sghignazzo.
-Ma io so già chi è…
-Davvero? – la sua voce perde di tonalità e sembra
affaticata e timorosa.
-Certo. Si tratta di un uomo molto bello, affascinante,
interessante, acculturato e uomo d’affari rispettabile. Non mi capacito del
motivo per cui si sia interessato a me, vista la sua importanza, ma mi sento
immensamente fortunata. Pensa che…l’ho visto l’ultima volta, mentre posizionava
il biglietto…circa tre settimane fa… - mormoro e lui stringe le mie dita,
mentre si volta verso di me.
-Bella…
-Shhh…hai davvero bisogno di riposare ora…starò qui.
Parleremo quando ti sveglierai, d’accordo?
-Si… - biascica ormai senza forza.
*Capitolo Sei*
Edward pov.
Quando apro gli occhi mi sento riposato come mai nella mia
vita, ed è un piacere stiracchiarsi nel letto comodo dopo aver passato molte
ore in carrozza. Quando distendo le braccia però, mi accorgo che la parte di
letto di fianco a me è fredda e un libro vi è appoggiato sopra. Un sorriso si
forma involontario sul mio volto.
Mia moglie.
Bella!
Quanto mi è mancata in queste settimane!
Non averla di fianco a me la notte è stata una tortura e non
sentire la sua voce durante la giornata o nel momento dei pasti…una cosa
inconcepibile. Per non parlare del suo profumo. Le avevo rubato dall’armadio
una sottoveste che portava il suo odore prima di partire, e la stringevo a me
durante la notte per tranquillizzarmi e cercare di dormire. Era davvero
difficile resistere, starle lontano, sapendo che lei era qui, da sola, senza
sapere che l’amavo.
Non vedevo l’ora di tornare a casa e riaverla per me.
L’avevo sposata dicendole una menzogna, ma con dei
sentimenti veri e profondi e non mi capacitavo di come fosse stato possibile
per me celarli fino a quel momento. Avevo passato mesi in casa con questa donna
meravigliosa e non ero riuscito a parlarle, a dirle quello che provo, neppure
un piccolo passo. L’unico modo che avevo trovato era corteggiarla in segreto.
L’unica persona che sapeva tutto ciò era Garrett, il maggiordomo. Avevo dovuto
avvisare almeno lui, nel qual caso quella volpe di mia moglie iniziasse a fare
domande, Garrett è un uomo davvero criptico alle volte e lo apprezzo per
questo, inoltre è un grande amico e di conseguenza è stato naturale
raccontargli tutto. Isabella però non aveva fatto domande, non si era rivolta a
nessuno, non l’avevo sentita parlare neppure con la sua dama di compagnia di
quello che stava accadendo. Eppure, ero sicuro che ogni mattina trovava il mio
dono. Perché la vedevo felice, sembrava che camminasse a qualche metro dal
pavimento, aveva sempre un gran sorriso sul volto. Una delizia per i miei
occhi.
Mi costava infinitamente doverle stare lontano, dover
mostrare una freddezza che non mi apparteneva, quando desideravo solo
abbracciarla e tenerla con me sempre. Poi il viaggio d’affari mi aveva dato un
poco di quel coraggio che mi mancava e avevo fatto un passo più lungo della
gamba. Avevo scritto più di una frase, come una vera e propria dichiarazione e
l’avevo lasciata nell’ultimo giorno della mia permanenza alla tenuta. Così lei,
astuta come sa essere, poteva pensare solo a tre persone possibili. Io, il mio accompagnatore
David e il mio socio in affari Paul.
E la mia donna, ha scoperto subito chi dei tre era quello
giusto. Me l’ha fatto capire con quei commenti prima che mi addormentassi e la
sua sincerità mi aveva spiazzato. Perché se sapeva, non mi aveva detto nulla
prima che io partissi?
Sorrido, scuotendo la testa.
Oh ma io so già la risposta. La sua insensata paura di
rovinare la sua famiglia! Non ha ancora capito che Charlie e Reneè sono felici,
contenti e in serenità, e che non farei mai del male a loro ne tantomeno ad
Emmett, amico d’infanzia.
E’ testarda.
Ma la amo anche per questo!
Quando era piccina mi faceva imbestialire, ma era l’unica
con cui mi divertivo o volessi giocare. Mi piaceva la sua compagnia. Ed
ora…l’ho sposata e la amo. L’unico desiderio che ho, è che mi ricambi.
Ma ha detto che ne avremmo parlato, giusto?!
Con questo pensiero mi sono alzato e mi sono sistemato, per
scendere giù nella sala. La vedo subito, è seduta al tavolino del salotto, di
fianco a lei Charlotte che l’aiuta in qualche gioiello. Ho creato per lei un
angolino nella biblioteca ma continua a stare qui, in mezzo al salone.
-Ehi…sei qui! Non ti ho più trovata nel letto!
-Bentornato padrone! – saluto Charlotte con un segno del
capo e Bella invece non stacca gli occhi dal rame che sta lavorando, quando mi
risponde.
-Lo so, mi stavo annoiando con la lettura e volevo fare
altro..ho pensato di creare un altro paio di orecchini..
-Posso aiutarti? – scuote la testa e sorride appena.
-Oh sono sicura che avrai altre cose da fare, molto più
interessanti di queste…Charlotte è una valida aiutante!
-Riformulo la domanda. Voglio aiutarti, posso?
-No grazie…Charlotte è molto più brava di te…
-Ma se non l’ho mai fatto, come fai a sapere se sono bravo o
no?
-Appunto, non l’hai mai fatto! – la dama di compagnia
sghignazza.
-Perdonatemi Conte! – si scusa subito –Bella, vado a vedere
se la cena è pronta! – ringrazio Charlotte con un cenno del capo e mi siedo al
suo posto.
-Possiamo parlare ora?
-Sono impegnata, devo rimanere concentrata…che volevi dirmi?
– il suo cipiglio concentrato mi fa sorridere anche se sono teso, è così bella
ed ama quello che fa. Ed io amo osservarla.
-Riguardo a…sai…a quello che è accaduto in stanza… - mormoro
imbarazzato. Perché sono così impacciato quando si tratta di lei?
-Di cosa parli?
-Prima che mi addormentassi…
-Non capisco Edward..davvero! Puoi essere più chiaro? –
Vuole mettermi in difficoltà, come probabilmente lo è stata lei in questi mesi.
-Bella, non ricordi? I biglietti….dai. Non fare finta di
nulla…l’hai detto tu che ne avremmo parlato.. – la osservo mentre lei continua
a piegare i filetti di rame e lo fa con una passione infinita.
-Edward…i biglietti? Non so di cosa stai parlando…cos’è un
linguaggio in codice? – sgrano gli occhi orripilato da ciò che mi si para di
fronte agli occhi. È davvero…all’oscuro di tutto? Ha dimenticato. Com’è
possibile?!
-Eri in camera con me prima che mi addormentassi, te lo
ricordi? – domando, preoccupato.
-In realtà quando mi sono svegliata ti ho trovato lì di
fianco…non ricordo quando sei arrivato però! – mi sembra di vivere in una
realtà parallela. Non è possibile. Davvero no! Un’altra volta la perdita di
memoria non posso accettarla….un’altra volta….la stessa persona. Proprio ora
che…avevo ottenuto qualcosa.
-Bella….ti ricordi che ci siamo sposati vero?
-Si, credo di capirlo dalla fede al dito e dal fatto che
condividiamo lo stesso letto… - mi risponde arrogante. Allora non si ricorda il
giorno del matrimonio. Non si ricorda la nostra prima volta…non si ricorda
tutto ciò che è successo. Si è dimenticata di me ancora una volta!
Sento che sto per mettermi ad urlare. Non è possibile.
-Ti ricordi il giorno delle nozze? – decido di chiederle
qualcosa di preciso, qualcosa che non può evincere da altro. Lei tentenna e poi
sbuffa.
-Uffa. Per colpa tua ho piegato male il rame ed ora mi tocca
riprendere daccapo. Puoi dirmi perché mi fai tutte queste domande? E perché
Charlotte ci mette così tanto in cucina?! – è agitata, lo posso vedere dalle
mani che tremano. Ma perché? Cosa succede? Si è resa conto di aver perso la
memoria? Si rende conto di non ricordare il giorno del matrimonio ed altri
dettagli e non sa come dirmelo? Sospiro forte.
-Adesso torna, non ti preoccupare. Prendi un altro filo di
rame e ricomincia…ma voglio sapere se ricordi il giorno in cui ci siamo
sposati…- dico gentilmente, cercando di metterla a proprio agio e
tranquillizzarla. Se davvero ha perso la memoria, come sembra adesso,
probabilmente si sentirà agitata e preoccupata e non voglio farla star male.
Andremo con piccoli passi.
-E’ passato del tempo, non ricordo i dettagli Edward… -
sospira forte. Peccato, io invece ricordo ogni cosa. Non è passato tanto tempo.
Io ricordo qualsiasi cosa di lei, anche di quando era piccola e di come amava
guardarsi le scarpette da festa che portava quando veniva a casa mia e che
toglieva per correre nel giardino, per evitare di rovinarle. Il giorno del
matrimonio è impresso nella mia mente come se fosse ieri, come se ogni giorno
non ci allontanassimo sempre di più da quella data. L’abito bianco che la
fasciava dolcemente evidenziando i fianchi morbidi e il petto piccolo ma
delizioso, i capelli ondulati che cadevano a ciocche dall’acconciatura con le
forcine sulla testa, il viso dolce e teso, le spalle ricurve per la mancanza di
voglia di sposarmi. Ricordo tutto. Anche la sua voce durante le promesse, così
apparentemente sincera, ma ad una più attenta analisi era chiarissima la
forzatura.
-Giusto…e…cosa ricordi di quel giorno? – devo assicurarmi di
ciò che ricorda, capire se la perdita di memoria è a lungo termine o a breve
termine…che poi che differenza può fare? Dovrei vivere con l’ansia che lei
possa dimenticarsi di ciò che è successo poche ore fa? Come farei? Magari le
posso dire che l’amo e domani lei non se lo ricorderebbe e continuerebbe a
pensare che si trova dentro un matrimonio costretto e senza amore.
-L’abito bianco..avevo una striscia grigio argentea sulla
pancia…e poi che le scarpe mi dolevano… - è già qualcosa, mi dico.
-E basta? – il pensiero che abbia rimosso anche la nostra prima
notte di nozze mi lascia completamente stordito e frustrato. Non è possibile.
Non un’altra volta.
-No, ricordo anche Emmett che sghignazzava continuamente, ma
ancora non capisco perché… - oh lo so io, piccola. Sghignazzava perché tu sei
all’oscuro di tutto, mentre molti sanno che ti amo, ti amo tanto. E lui rideva
e ci prendeva in giro, ma non gli ho mai chiesto davvero perché si comportava
così!
-Conte, Contessa…la cena è servita! – guardo l’orologio e mi
accorgo che sono già le otto. Quanto ho dormito nel pomeriggio per non essermi
accorto di tutto questo tempo?! Mi alzo sospirando e lascio che Bella vada
avanti verso la sala da pranzo, fermo Charlotte però.
-Charlotte, sai se per caso Isabella ha preso qualche botta
in testa o è caduta? – lei mi guarda allibita e scuote la testa.
-No padrone, perché me lo chiedete?
-Non ti sembra un po’ strana rispetto agli altri giorni? Un
po’…confusa?
-No affatto…è sempre la solita Isabella…Forse voi non la
vedete da qualche settimana padrone… - annuisco, tanto per mettere fine alla
discussione, ma sono sicuro di quello che vedono i miei occhi e sentono le mie
orecchie. Bella non sta bene.
La cena passa in silenzio, è molto strano che Bella non mi
faccia domande dopo l’accoglienza ricevuta al mio ritorno. E’ strano sentire
anche questo rumore delle forchette e dei piatti, ma non la sua voce. Mi manca,
quel suono melodioso, mi manca.
-C’è qualcosa che non va? – mormoro osservandola, lei mi
guarda sorridendo e scuote la testa.
-No affatto..stavo solo pensando che ho voglia di fare un
bagno più tardi…
-Chiedilo a Jane, farà in modo di fartelo preparare
immediatamente! – lei annuisce e poi torna a dare attenzione al suo dessert.
La trovo sempre più strana, non mi guarda, non parla, è
stanca; cosa le è successo?
Quando Jane e un’altra cameriera arrivano a portare via i
piatti però, Bella non parla e così mi decido a essere io il suo portavoce,
alla fine, è mia moglie giusto?
-Jane, Isabella vorrebbe fare un bagno. Fai preparare la
vasca nella sala da bagno della stanza padronale e assicurati che ci siano i
Sali sufficienti e adatti.
-D’accordo, provvedo subito! – lei tiene lo sguardo basso,
sulle sue mani appoggiate sul grembo e una strana espressione sul volto, un
labbro è preso tra i denti fortemente. E’ come se fosse a disagio. Si sente a
disagio a stare con me? Dopo tutto questo tempo? Certo non che io abbia fatto
in modo di metterla a suo agio ma pensavo che…si fosse tutto risolto. O se non
tutto, almeno in parte. O forse è solo colpa della memoria, il non ricordarsi le
cose la porta a sentirsi a disagio, posso immaginarlo, e mi sento atterrito
dall’idea che possa aver dimenticato cose importanti, momenti importanti della
nostra storia, perché alla fine…anche se non mi sono mai dichiarato apertamente
tutto ciò che ho fatto l’ho fatto con il cuore e per me sono momenti
importanti.
-Cosa ne dici se intanto saliamo di sopra così puoi
prepararti? Io prendo un libro dalla biblioteca.. – annuisce silenziosa e si
alza, tenendo sempre la testa bassa. Non riesco a vedere i suoi occhi, né la sua
espressione e mi manca, perché in questo modo non posso capire cosa le passa
per la mente, come sta. Non riesco a leggere i suoi occhi, maledizione. Quando
saliamo la servitù sta già portando l’acqua all’interno della vasca, e Jane si
è occupata di versare i Sali dentro. La esorto allora a fare in fretta o
l’acqua si raffredderà e il bagno sarà inutile, annuisce seria e poi sparisce
nella sala da bagno, socchiudendo le porte.
Io me ne sto seduto sul letto, in completa confusione. Mia
moglie ha perso di nuovo la memoria, devo parlare con il dottore e chiedere
consiglio. Non voglio assolutamente che stia male, che la nostra convivenza sia
compromessa. Oltretutto…non vorrei che dietro si celassero problemi più seri, e
non so se si possano scoprire. Pagherò tutto quello che posso al dottore, ma
voglio che Isabella stia bene. Avevo voglia di raccontarle tutto una volta
tornato a casa, e lei lo aveva scoperto, dannazione. Era tutto più semplice,
perché ha dovuto perdere la memoria?
-Bella, ti ricordi cosa hai fatto nel pomeriggio, prima di
venire a letto? – ero con lei, per cui posso benissimo accertarmi se è realtà o
meno.
-So che stavo leggendo un libro e poi sono salita su per
riposare, ho letto poco e poi mi sono addormentata…altro non ricordo. – dice.
-Davvero non ricordi altro? Qualcosa che ci possa far capire
cosa sia successo?
-Cioè? In che senso?
-Bella..ehm…non so come dirtelo… - tentenno perché non
vorrei turbarla o agitarla.
-Dirmi cosa? – scosto la porta ed entro nella sala da bagno
tenendo gli occhi bassi, comunque lei è dietro un paravento di tela bianca. Può
vedermi, almeno la mia ombra, come io vedo la sua, ma sapendo che sarebbe la
seconda volta per me che la vedo nuda, preferisco lasciare il paravento tra
noi, non so come potrei reagire.
-Tu…tu hai perso la memoria. – sento come una risatina
dall’altra parte, ma non ne sono sicuro, per cui resto dalla mia parte senza
invadere i suoi spazi.
-Ho…perso la memoria? Come..fai a dirlo?
-Non ricordi…tante cose! Mi sto seriamente preoccupando.
Domani farò venire il dottore, così saprà dirci di più!
-Edward, non c’è bisogno di chiamarlo… - mi dice con un tono
strano della voce.
-Oh si invece, e questa volta non ti opporrai! Capito?!
-Edward…davvero…
-Senti, sei mia moglie, decido io chiaro? Ora finisci il tuo
bagno! – sbotto arrabbiato e la sento ridacchiare.
-Sei così buffo!
-Io?
-Si tu, marito…- e ride più forte.
-Bella…stai bene?
-Oh…mai stata meglio! – la sua risata inonda la stanza, è
così potente che potrebbe sentirla addirittura la servitù nelle cucine. La sua
salute psicologica mi sta davvero preoccupando, forse è il caso di insistere
con il dottore perché porti qualche collega più ferrato in questi
comportamenti.
-Ehm…sei sicura che è tutto okay?
-Veramente….no.
-Ah ecco…e cosa succede? Posso fare qualcosa? Chiamo
Charlotte o Jane o Donna Sullivan? O magari un dottore… - propongo agitato.
-Non voglio che chiami nessun dottore per la mia salute
mentale! – e ridacchia.
E’ impazzita, impazzita sul serio. Forse ha mangiato qualche
erba particolare che l’ha fatta reagire così, o forse la botta in testa che ha
perso per perdere la memoria è stata davvero troppo forte e l’ha instupidita.
Non è normale. Non sembra neppure la mia Bella.
-Ancora con questa storia?
-SI! – grida quasi. Rimbalzo all’indietro, come se qualcuno
mi avesse spinto, talmente sono sorpreso dal suo tono e dalla sua risata
esasperata.
-Mi spieghi perché?
-Perché sono sanissima, e ricordo ogni cosa…ogni cosa! –
confessa ormai stravolta dalle risate.
Eh? Mi sporgo dal paravento e la osservo con gli occhi
sgranati e l’espressione allibita e confusa.
-Cosa?! – diciamo che sono anche abbastanza infuriato, sento
l’ira che sale nel sangue. Lei ride, e ride, gettando addirittura la testa
all’indietro. Ed è così dannatamente bella con i capelli legati sopra la testa
in una treccia raccolta, la pelle bianca e morbida è ancora più bella con tutte
quelle goccioline d’acqua.
-Si, ricordo tutto…ti ho solo…preso un po’ in giro! –
insieme agli occhi si allarga anche la bocca, la mandibola tocca quasi il
pavimento. Mi ha fatto preoccupare come un cretino per….per….uno scherzo? E’
davvero pazza! Perché l’ha fatto? Perché ha scherzato così? Lei però non sembra
preoccupata e ride, come una pazza. Si lo è, la mia pazza. Ed io la amo. Quale
donna si permetterebbe mai di fare uno scherzo del genere al proprio marito?
Quale contessa soprattutto? E’ una donna magnifica, dovevo saperlo da subito e
non farmi neppure tante domande…se l’amo c’è un motivo. E’ meravigliosamente
pazza, dolce, tenera, bellissima e irrispettosa. Mi piace da morire quando
sbatte i piedi per avere qualcosa, e amo dirle di no per vedere quel cipiglio
di sfida sul volto e adoro anche renderla felice, per cui alla fine sono pronto
a concederle ogni cosa!
-Tu…tu…Mi hai…fatto…uno scherzo? – erano secoli che qualcuno
non si permetteva di scherzare con me. Tutti così impettiti, perfettini,
rispettosi, composti, nessuno mi ha preso in giro da quando l’ha fatto l’ultima
volta lei. Mi viene da ridere, ma mi trattengo. Lei e le regole…due cose
dannatamente diverse. Ma la amo per questo. Perché è fuori dai canoni, perché
non fa nulla di quello che ti aspetti, perché non bada che tu sia conte o
contadino, quello che deve dire te lo dice. La amo….pazzamente!
Ma adesso è il mio turno di giocare!
Lei mi guarda con un sopracciglio alzato.
-Certo Conte, vi ho fatto uno scherzo, perché verrò punita?
– avanzo lentamente, rendendole l’agonia ancora più lenta e insopportabile.
Maschero bene il mio sorriso dietro una rabbia fintamente presente e vedo la
sua espressione mutare rapidamente. E’ spaventata. Oh amore, non voglio davvero
farti male, voglio solo scherzare come tu hai fatto con me.
-Mi hai preso in giro, è normale che verrai punita, anche se
sei mia moglie! – nei suoi occhi passa un lampo di terrore, mentre io mi sento
dannatamente eccitato, e quando raggiungo la vasca e la vista di mia moglie
completamente nuda entra in contatto con i miei occhi faccio fatica a
ragionare. Mi abbasso faticando a rimanere concentrato nella mia espressione
fiera e brutale e quando la vedo indietreggiare finchè la vasca glielo
permette, sorrido amaramente.
Bella, non mi puoi scappare!
In fretta, con una velocità che non sapevo mi appartenesse
prendo una dose di acqua tra le mie mani a coppa e la schizzo sul viso,
bagnandole i capelli e spegnendo la sua espressione impaurita. Quando si rende
conto che sto ridendo a crepapelle mi fa un ghigno malizioso e si alza all’in
piedi, mostrandosi in tutta la sua natura di donna sensuale e meravigliosa, ma
il mio sguardo si poggia poco sul suo corpo. Vengo inondato da una miriade di
schizzi provenienti proprio da lei che ride e gridacchia.
-Ben ti sta! – non posso fare altro che ridere come un pazzo
e cercare di ripararmi dietro il paravento, scosso dalle risate. Siamo due
scemi.
La porta viene scossa dal bussare insistente.
-Si?
-Padrone, tutto bene? Abbiamo sentito delle urla.. – Ridiamo
in contemporanea e poi io mi schiarisco la voce.
-Si Garrett, tutto bene…io e la contessa stavamo stabilendo
alcune regole di condotta! – ridacchia anche lui, dall’altra parte del legno
massiccio.
-Immagino! Allora buona notte, Padroni!
-Ehi, vieni fuori da lì?! – la sua voce delicata e divertita
non mi ispira per niente e mi affaccio solo con la faccia, pronto a ripararmi
di nuovo, la trovo seduta di nuovo all’interno della vasca, mentre si accarezza
le braccia. Mi faccio convincere dalla voglia di scaldarla, perché scommetto
che ha freddo ed esco del tutto.
-Tregua! – afferro il telo da bagno e lo avvicino portando
le mani in avanti, come per ripararmi. Lei si alza e si appoggia alla mia
spalla per uscire dalla vasca, poi la copro con il telo morbido, avvolgendola
tra le mie braccia e strofinando forte. –Stai tremando!
-L’acqua…era diventata…fredda! – sospiro e la prendo in
braccio di colpo, lei non se lo aspetta. –Edward!! – ridacchio e avvicino il
mio naso al suo, toccandolo appena.
Adesso tremo come lei solo per il nostro contatto.
-Lasciati coccolare, moglie! – appoggia la testa bagnata
sulla mia spalla e io la poso sul letto delicatamente, prendendo una delle
camicie da notte di cotone caldo e porgendogliela perché la indossi, poi le
asciugo i capelli con il telo.
-Devi asciugarti anche tu, sei tutto bagnato!
-Oh si? E di chi è la colpa, peste? – ridacchia.
-Hai iniziato tu! Mi hai bagnato i capelli!
-Io? Tu mi hai preso in giro per tutta la serata! Mi sono
spaventato da morire! – sono serio quando lo dico e mi fermo anche per
guardarla in volto.
-Hai ragione…scusami. E’ stato uno scherzo di pessimo gusto.
Mi perdoni? – le accarezzo una guancia con tenerezza. E’ così bella e con
l’espressione dispiaciuta è deliziosa.
-Sempre… - mi sorride, credo che io abbia dipinto la stessa
espressione sul volto. Tolgo i vestiti velocemente, indossando gli abiti per la
notte e dopo aver recuperato un telo per avvolgere i capelli di Isabella la
seguo sotto le coperte, dove mi sta aspettando già semisdraiata.
-Come ti è venuta in mente l’idea del davanzale e dei
regali? – me lo chiede così direttamente? Pensavo che parlassimo di altro prima,
tanto per tornare seri e con l’atteggiamento giusto, ma devo imparare che con
Bella sarà sempre così. Sospirando rispondo.
-Avevi detto che volevi fiori, frasi romantiche, un
corteggiamento…L’idea è venuta vedendoti dormire, ti alzavi sempre con quell’aria
dispiaciuta e giravi per la tenuta come se fossi in prigione. Ho notato che già
con il primo fiore hai cambiato radicalmente atteggiamento. E’ stata una gioia
osservarti per quelle settimane…
-Davvero? – mormora debole, appoggiando la testa sulla mia
spalla.
-Si...mi piace renderti felice! – le confesso dolcemente.
-Lo sono…adesso lo sono! –Oh piccola mia! Non puoi
immaginare quanto lo sono io.
-Anch’io!
-Ora…mi puoi dire chi era l’altra donna? – mi scosto e la
guardo sorpreso. L’altra donna? Ancora crede che ci sia una terza persona? Le
prendo il volto con le mani sorridendo. Ingenua dolce, tenerissima Bella.
-Non c’è nessuno a parte te Bella…la sera del mio
compleanno, eri tu quella a cui pensavo, la donna che amavo già quel giorno…sei
tu. Fin dall’inizio…
-Quindi..mi hai sposato perché…
-Perché ti amo… - sgrana gli occhi e a fatica chiude la
bocca dopo qualche secondo. Sorrido della sua espressione, sono riuscito a
zittirla.
-Uuuuhhh…che dichiarazione…peccato essere già sposati, o di
sicuro ti avrei sposato senza remore! – ben presto però ritrova le parole e non
riesce a stare seria neppure per un momento! Ridacchio.
-E’ una fortuna invece…così posso baciarti…senza aspettare
che qualcuno ci dica di poterlo fare… - avvicino le labbra alle sue sorridendo
e lei ricambia il mio tocco. Le sue mani raggiungono i miei capelli,
stringendoli e tirandoli e sento un desiderio potente irradiarmi dentro.
Le sue labbra sono morbide, come le ricordavo e la sua
lingua deliziosamente buona da assaporare. Mentre riprendiamo fiato, le nostre
fronti sono appoggiate e continuo a lasciare dolci baci sul naso e sul mento e
sulle guance.
-Non che voi, Conte, vi siate fatto molte remore a baciare
una contadinotta prima del matrimonio…. – Sghignazzo. Solo lei! Solo lei può
pensare e dire cose del genere.
-E’ perché voi, Contessa, avete le labbra più belle e buone
dell’intera Scozia…
-Solo?! – alza un sopracciglio.
-Di tutto il mondo, va bene?! – fingo di essere scocciato,
ma in realtà sto così bene e in pace che dubito potrei davvero avere sentimenti
negativi in questo momento.
-Si…può andare! – ridiamo e mi sembra di essere tornato
bambino quando nessun problema mi toccava e giocavo sereno e felice con quella
piccola peste di Isabella Swan, che mi faceva esasperare all’epoca come adesso.
-Sei bellissima…lo sai? – lei scuote la testa, mentre io le
accarezzo la guancia.
-Non è vero…Infatti non capisco cosa ci trovi in me…sono
un’umile campagnola, capace solo di dedicarmi alla casa e alle faccende
domestiche, potrei fare più bella figura insieme alla servitù nelle cucine! –
allargo gli occhi e con un solo movimento me la ritrovo sotto il corpo.
-Non dirlo neppure per scherzo! Sei meravigliosa…Amo ogni
cosa di te…
-Dimostramelo! – mi dice audace con lo sguardo malizioso e
imbarazzato allo stesso tempo. La mia piccola peste. Bacio subito la sua mente.
-Adoro la tua intelligenza e la capacità di voltare ogni
situazione a tuo favore, o almeno provarci!
-Con te è così difficile averla vinta! – dice piccata e
sbuffando. Ridacchio scendendo sugli occhi e baciando anche quelli.
-Questi li amo perché sono magnifici e riesco a leggere cosa
provi, quando me li nascondi sono perso, perché non ho nessun punto di
riferimento. – prima che possa dire qualcosa di tipicamente suo, che potrebbe
smorzare tutta la magia del momento, continuo. –Amo le tue guance, perché
mostrano i segni del pudore e della tua timidezza, che ti fanno sembrare
piccola e indifesa, quando in realtà sei una piccola tigre all’occorrenza
docile e mansueta!
-Ehi! Non prendermi in giro! – mi tira una pacca sul
braccio, ma non mi fa male, anzi tutti questi gesti sono così intimi che mi
fanno sorridere e scoppiare il cuore di gioia.
-Amo i tuoi capelli perché sono morbidi, profumati e
luminosi e rendono magnifico ciò che è già perfetto…Amo le tue mani. Sono
piccole ma donano le carezze migliori del mondo, potrei assimilarle a quelle di
mia madre. Amo il tuo corpo, perché è sensuale e dannatamente perfetto, perché
sei una visione eccitante e delicata, di cui posso godere solo io… - le bacio
il collo, mentre le mie mani scendono lungo il suo fianco.
-Edward… - le sue mani si fermano sulle mie spalle,
accarezzandomi attraverso la maglia.
-Ma soprattutto…amo la tua bocca.. – dico lasciandole deboli
baci a stampo –Perché è capace di farmi ridere, di dire cose dolci e sensate,
intelligenti e perché la tua voce mi tiene compagnia e mi fa sentire bene e
pieno. – La bacio più a fondo, mentre con il corpo rimasto sospeso fino a quel
momento, mi adagio su di lei, permettendo ad entrambi di sentire il contatto completo
con il corpo dell’altro.
-Vale ancora la tua promessa? – sussurra tra i baci. Non
posso farci nulla, le sue labbra sono una dipendenza, più dei sigari importati
dall’Irlanda. Non capisco di cosa parla così mormoro un semplice “cosa?” senza
staccarmi mai. –Hai promesso che non mi avresti più toccata…vale ancora la tua
promessa?
-Perché? – riesco a trovare nella mia testa un brandello di
forza e di energia per chiedere e non restare muto a godere della sua lingua e
dei suoi gemiti.
-Perché ho davvero voglia di lanciare quelle parole alle
ortiche e sentire com’è davvero fare l’amore con una persona che si ama… -
affondo nella sua bocca, gemendo senza più remore. Le sue parole mi hanno
gettato addosso una secchiata di pura felicità che mi fa sembrare ubriaco.
Si ubriaco di gioia.
*Capitolo Sette*
Edward pov.
-Perché ho davvero
voglia di lanciare quelle parole alle ortiche e sentire com’è davvero fare
l’amore con una persona che si ama… - affondo nella sua bocca, gemendo senza
più remore. Le sue parole mi hanno gettato addosso una secchiata di pura
felicità che mi fa sembrare ubriaco. Si ubriaco di gioia.
-Vuoi….vuoi…- non riesco neppure a dirlo, ma che persona
sono? Ma che uomo sono diventato? Un balbuziente emozionato?! Prendo un sospiro
lasciando che le mie mani l’accarezzino lungo le braccia e poi sul fianco,
risalendo su, lentamente. –Vuoi fare l’amore con me, questa notte? – le
domando, cercando il coraggio in qualche posto nascosto di me.
-Non solo stanotte… - mormora dolce, con un sorriso
malizioso sul volto. Lascio cadere la testa sulla sua spalla, sospirando forte.
Mi manderà al manicomio. E’ così eccitante e bellissima e sfacciata. –Ma se
vuoi tener fede alla tua promessa…. – si stacca e con un’agile mossa si rifugia
nella mia parte di letto e rabbrividisce essendo fredda.
-Dove scappi?! – è facile raggiungerla perché la realtà è
che lei non vuole andarsene, lo leggo nei suoi occhi. Lei vuole davvero me
stanotte, le mie mani, la mia bocca, le mie carezze…tutto.
La ingabbio sotto di me con un rapido movimento e lei
sorride maliziosa.
-Conte…voi mi dovete spiegare molte cose.
-Tipo? – non riesco a staccare i miei occhi dai suoi. Sono
sempre stati così maledettamente belli?
-Come avete fatto a convincere mio padre per questo
matrimonio, per esempio…o cosa avete detto ad Emmett….o…come avete fatto in
queste settimane senza il mio….senza il mio corpo…
-E’ stato semplice milady! Più semplice di quello che
credete….Ho detto loro che vi amo, che poi è la verità, e l’ho ripetuto fino
allo sfinimento, assicurando loro che mi sarei preso cura di voi sempre, e che
avrei soddisfatto ogni vostro desiderio e trattata con le cure più amorevoli
possibili…Ed era una promessa che intendo mantenere. - Bella sgrana gli occhi e
sorride dolce.
-Sono parole bellissime conte…quasi quasi avete convinto
anche me…
-Oh…credo che domattina la penserete in modo diverso milady…
- io ormai ho perso le battaglie con il sorriso perché se ne sta sulla mia
faccia da quando sono entrato in questo letto.
-Perché conte?
-Perché ho intenzione di farvi cancellare quel “quasi quasi”
e convincervi del tutto….facendo l’amore con voi tutta la notte…. – elimino la
distanza che separa i nostri visi e accarezzo le sue labbra con le mie. Sono
così morbide, saporite, piene….è una delizia baciarla ed ogni volta perdo il
senno. Così non mi ricordo come ci siamo trovati entrambi nudi e ansimanti,
mentre le mie mani stringono il suo seno.
-Non mi ha-hai ancora risposto Edw…Edward… - evidentemente
le mie carezze la fanno stare bene, anche se non geme e i suoi mugolii mi
mancano. Sentirli nelle orecchie mentre la bacio o l’accarezzo….vorrei tanto che
si lasciasse andare completamente.
-A cosa?
-Come…come hai fa-fatto in que-questi mesi? – le guance sono
rosse, e probabilmente sia per l’imbarazzo che per le emozioni che sta
provando. La guardo mentre i suoi occhi sono nei miei, è così coraggiosa nonostante
sia solo la sua seconda volta, è così intraprendente e maliziosa e sensuale
e…ama che io le parli. Le sorrido malizioso, di certo non le farò sapere come
ho fatto.
-Sei così bella… - mormoro a bassa voce mentre le mie mani
scendono verso il basso a lambire la pelle morbida e lucente del suo centro.
Vorrei tanto assaggiarla ma…me lo lascerebbe fare?
Mi accarezza le spalle, le graffia, fa passare le mani tra i
capelli e li tira è così sensuale ed eccitante e vorrei che mi accarezzasse,
vorrei sentire le sue mani su tutto il corpo ma…non posso chiederle una cosa
del genere. E’ ancora presto e probabilmente non vorrebbe neppure.
-Edward…ri-rispondimi…Come…Come hai fatto? – la
determinazione negli occhi cioccolatosi che ha mi fa sorridere e un po’ mi intimorisce…lo
so che lei pensa io abbia fatto visita a qualche bordello ma non so se sia
meglio farle credere quello o ….turbarla alla nostra seconda volta. –Non me lo
dici perché…sei stato con altre…donne? – dice a fatica guardandomi delusa. Io
scuoto la testa velocemente. –E allora? – mi concentro sul suo bottoncino, le
sue gambe si aprono di più e il liquido caldo che lubrifica le mie dite al
passaggio è un nettare così delizioso da farmi venire voglia di divorarla.
L’odore si percepisce fino a qui, chino su di lei mentre le lascio baci bagnati
su tutta la mandibola. –Vuoi parlare?! – dice a voce alta. Ed io sbuffo.
-Vuoi davvero saperlo? Anche se…ti turberà?
-Nulla può turbarmi Edward…ora dimmi.. – l’amo anche per
questo, giusto? Sospiro e mi avvicino al suo orecchio, mentre mi appoggio sulla
sua coscia con la mia intimità, per farle sentire come sono al solo pensiero di
lei. La sento mentre rabbrividisce.
-Quando mi trovavo in queste condizioni…era sempre per colpa
tua. Mi avevi sfidato o guardato con quel cipiglio determinato negli occhi, o
mi avevi chiamato Conte o anche solo eri presente nella stanza…questo è
l’effetto che mi fai Bella…e in quei momenti…Chiudevo gli occhi e ti pensavo,
su di me, come quella nostra unica notte e immaginavo che…ci fossi tu di fronte
a me…abbassavo i calzoni e…mi toccavo. Lo prendevo in mano e cominciavo a
muovermi su e giù, su e giù…pensavo che fossero le tue mani, desideravo fossero
le tue dita calde e timorose ma allo stesso tempo decise e meravigliose.. e
impazzivo. Ecco come ho fatto in questi mesi…mi sono toccato pensando a te. –
senza volerlo avevo completamente perso ogni forma di lucidità e mi ero
lasciato andare. Mi ero accorto di aver parlato con una voce bassa, roca e
troppo eccitata, ma non potevo farci nulla; era davvero lo stato in cui versavo
al momento. Con un gemito più forte Bella trema sotto di me, scossa dal
piacere. Non mi sono neppure accorto di avere aumentato il ritmo delle mie dita
su di lei mentre parlavo, e lei ha raggiunto l’orgasmo sentendomi parlare. Rallento
dolcemente per farla riprendere. Ha il fiatone ed è tutta rossa, tiene gli
occhi chiusi e immagino che adesso l’imbarazzo la starà divorando. Mi posiziono
al suo fianco ed inizio ad accarezzarle le braccia e il ventre e baciarle la
spalla, il mento, la mandibola, sperando che si sciolga. Non so quanto tempo
passa prima di sentire la sua mano sul fianco, che mi accarezza deliziosamente
e poi scende più giù, su di me. Con gli occhi chiusi mi accarezza con un dito e
devo chiudere gli occhi e distendermi per non rischiare di fare qualcosa di
male, come per esempio saltarle addosso.
-Bella…
-Io…io…non so cosa…cosa sto…facendo. – mormora afflitta ed
io sorrido, perché non posso fare altro. Perché è così imbarazzata, tenera, meravigliosa.
-Cosa vorresti fare? – domando cercando di moderare la voce.
-Farti provare…quello che provo io..essere capace di..
-Di? – domando quando non continua.
-Voglio che tu non debba mai andare da altre donne
per…sentirti appagato… - il volto completamente distorto dal rossore sulle
guance, sul collo…ma è meravigliosa. Mi avvicino a lei, mettendomi nuovamente
sul fianco e la bacio dolcemente.
-Non cercherò nessuna altra donna e tu…sei splendida così.
–le sue carezze non accennano a diminuire e quel dito sta diventando una
piccola tortura per la mia povera e blanda resistenza.
-Ma…ma…io…voglio imparare…cosa ti piace… - chiudo gli occhi
e getto la testa indietro. –Insegnami…insegnami cosa ti piace. A me piace
quando mi accarezzi, quando lecchi la mia pelle…mi fai impazzire quando con le
dita mi tocchi…a te…a te cosa piace? – oh!
IO credo che morirò.
-Bella…tu sei davvero perfetta così e… - non mi lascia
finire però, perché si allontana.
-Okay, allora io sono perfetta quando non faccio nulla…ho
capito! – perché parlare con le donne è così difficile?
-No…No…Bella non è questo!
-E allora cosa? Perché tu puoi fare quello che hai fatto
prima ed io no?
-Vuoi…davvero imparare?
-Si! – dice energica. Le prendo la mano abbandonata sul
letto e la porto sul mio fianco.
-Riprendi a fare quello che facevi prima…e lasciati guidare
dall’istinto… - mormoro mentre le sue dita si muovono verso il basso. Un dito
percorre tutta la mia lunghezza fino alla punta e poi giù sui testicoli,
facendomi rabbrividire.
-E adesso? – biascica con la bocca vicino alla mia. Ho gli
occhi chiusi perché le sue mani in quelle zone mi fanno rabbrividire e perdere
il controllo.
-Fai quello che vuoi…tutto quello che vuoi… - mormoro.
-Cos’è che pensavi in quei momenti? –Mi vuole morto. Mi
vuole morto. –Mostrami… - ODDIO! Come? Io….dovrei…toccarmi….di fronte a lei?
ODDIO….
-Bella… - mi esce un suono strozzato.
-Edward…ti prego…mostrami…. – mi lascio cadere sulla schiena
e lentamente e con gli occhi chiusi porto una mano dove prima c’era il suo dito
e chiudendo me stesso nella mia mano comincio ad andare su e giù. Sento il suo
sguardo su di me e non oso immaginare il suo imbarazzo se già il mio è alle
stelle, ma quando le sue dita mi cacciano e sostituiscono la presa un gemito
roco mi scappa dalle labbra.
-Oddio…
-Fermami se faccio qualcosa di sbagliato… - dice muovendo la
mano ed in quel momento penso solo che nulla può essere più giusto. I suoi
movimenti sono decisi ma non troppo veloci, non sono lenti né deboli. Sono
perfetti, come se sapesse da sempre come muovere la sua pelle a contatto con la
mia. Sto per impazzire, lo so. Devo essere in paradiso perché pare di avere
sentito anche le sue labbra e lei non lo farebbe mai. Vero? Apro gli occhi solo
per accertarmi che sia davvero lei, e non un mio sogno e quando la vedo,
inginocchiata di fianco a me, una mano sulla coscia mentre mi stringe e l’altra
sul mio membro sto già per venire. E poi la vedo mentre si inchina e lascia un
bacio sulla punta. Sto per scoppiare e ansimo vergognosamente.
-Oddio Bella…cosa…cosa fai?
-Io…ehm…scusa. Non lo so in realtà avevo solo…….non so.
Avevo voglia di baciarti. Non lo faccio più…scusa…
-No! No…ti prego! Sentiti libera di farlo…tutte le volte che
vuoi! – sghignazza confusa e annuisce imbarazzata. Non credo possa essere più
imbarazzata di me comunque.
-Posso….posso provare….una cosa?
-Cosa?
-Io…ehm….Io ho voglia di assaggiarti e… - getto la testa
all’indietro e credo di essere quasi al limite. Non si rende minimamente conto
di quello che mi sta facendo, mi sta mandando all’altro mondo solo con dei
semplicissimi gesti e con delle parole sensuali. La sua voce poi, bassa e
suadente…Non resisterò a lungo, lo so bene! –Non…non ti preoccupare non…ho
cambiato idea…continuo così… - aumenta di poco la velocità ed io porto una mano
sulla sua gamba, vicino a me.
-Fai quello che vuoi…Tutto quello che ti viene in mente,
quello che desideri…sono tuo…fai tutto quello che vuoi…tutto quello che vuoi….
– mormoro con frenesia in preda al piacere, con gli occhi chiusi. Quando sento
la sua mano fermarsi e la sua lingua passare sulla punta e su tutta la
lunghezza della mia asta due, tre, quattro, cinque volte tremo e vengo
violentemente sulla pancia. –Scusa piccola…scusa… - sono imbarazzatissimo
mentre le porgo la mia camicia per pulirsi la mano.
-Perché ti scusi?
-Perché….Perchè… - non so neppure cosa dire dannazione.
-Sono stata io a farlo?
-Si…Dio…non mi aspettavo la tua lingua è stato…
-Bellissimo? – dice timorosa.
-Di più! – ammetto felice, mentre il suo guardo malizioso e
imbarazzato si spostano su un pezzo di letto non occupato da noi.
-Mi piace riuscire a farlo…a darti piacere…intendo. – E’
così imbarazzata che mi sprigiona una tenerezza infinita. L’attiro di fianco al
mio corpo, abbracciandola.
-E’ lo stesso per me…ora rilassati, dormiamo… - le dico
sfinito. E’ stata una giornata davvero molto lunga e anche se ho riposato nel
pomeriggio mi sento abbastanza stanco. Ma lei alza la testa e mi guarda
confusa.
-Dormire?! – no rettifico, più che confusa sembra
contrariata.
-Non sei stanca? – domando.
-Mi sembrava di avere espresso una richiesta, Conte! Non ha
detto che avrebbe soddisfatto ogni mio desiderio? Che ne è stato di quella
promessa fatta a mio padre?! – ridacchio e sorpreso dalla sua malizia e dalla
sua tenacia con uno scatto mi porto su di lei, tra le sue gambe mentre riesco a
farla sorridere. Il sonno e la stanchezza dimenticati in un lampo, ho di nuovo
voglia di lei. Ne avrò mai abbastanza? Temo di no.
-Pensavo solo foste troppo stanca milady…
-Ti voglio Edward… - le parole che mi hanno fatto capitolare
e perdere in un secondo.
Penso di aver perso la memoria a brevissimo termine, quella
istantanea a dir la verità, o forse è semplicemente l’onda delle emozioni che
mi fa agire senza farmi davvero pensare a quello che sto facendo.
Non so bene come si è svolto il tutto, non mi ricordo
neppure cosa è avvenuto dopo quelle parole, non ricordo l’ordine con il quale
abbiamo agito o toccato il corpo dell’altro, tutto era veloce, passionale,
frenetico e allo stesso tempo vissuto veramente e interamente. So di averla
baciata fino a lasciarla senza fiato, provocandole gemiti rochi e ansimi che mi
hanno fatto tornare duro come la roccia, allora mi sono staccato qualche
secondo ed ho ripreso di nuovo, non ne ho mai abbastanza della sua bocca. So
che le ho lasciato qualche segno sul collo e attorno al seno, ho succhiato così
forte da farla urlare, spero più di piacere che di dolore. L’ho morsa, facendo
attenzione a non farle male. L’ho accarezzata gentilmente ma con passione. E
tutto ciò, unito alle sue carezze, ai suoi graffi sexy sulla schiena e sulle
mie braccia, mi hanno portato nuovamente al limite; limite che è stato tirato
ancora di più quando sono entrato in lei con una spinta. Sapevo che
probabilmente le avrei fatto male, avrebbe sentito bruciore perché l’ultima
volta risaliva a molto tempo prima, ma non ce la facevo più. Bramavo
intensamente di essere dentro di lei e i suoi sospiri, i suoi gemiti, la sua
voce roca ed eccitata che spargeva il mio nome in tutta la stanza mi hanno
davvero mandato sull’orlo del precipizio.
-Oh…si….più veloce Edward.. – Non che queste frasi non mi
gettassero giù da quel dannato burrone, ero sempre più vicino all’orgasmo ma
cercavo di resistere per lei, per darle di più. Aumento la velocità, succhiando
forte un punto del collo della mia donna, con gli occhi chiusi, cercando di
resistere e resistere. Le sue mani sulla schiena, sul mio sedere per spingere
di più, per indirizzarmi.
-Mi fai impazzire…. – mormoro ansimando. La sento sorridere.
-Lo so…è lo stesso effetto che…che..tu fai a me… ohh… - non
si è mai lasciata andare così tanto. L’altra volta non aveva sospirato,
ansimato, non aveva esternalizzato il suo piacere così e forse è per questo che
sono riuscito a resistere. Ora invece mi sembra impossibile. Amo ciò che dice,
come geme, amo le sue mani che non sanno dove toccare perché vorrebbe
afferrarmi tutto, amo i suoi sospiri, la sua voce roca ed eccitata, amo come mi
accoglie dentro di sé, amo il suo corpo sudato a contatto con il mio, amo le
sue gambe che mi tengono stretto, amo il fatto che io sia il suo primo ma che
sappia come farmi impazzire solo alla seconda volta.
-Ti va di….di cambiare…oh…posizione? – non so perché glielo
chiedo ma l’altra volta l’ho portata su di me per farle prendere le redini di
tutto, per farle conoscere ciò che può fare con il suo corpo, senza domandarle
cosa voleva lei davvero. Ora però…lo faccio perché voglio averla su di me,
voglio guardare i suoi seni muoversi, sentire il suo ritmo, ricercare
l’equilibrio perfetto…e magari, perché no, riposarmi e tirare il fiato per
arrivare dignitosamente alla fine dei giochi.
-Tutto…tutto quello che vuoi. – con una spinta del bacino mi
trovo disteso, portando lei su di me. Inizia a muoversi, con più decisione e
consapevolezza rispetto alla prima volta e i suoi occhi sono lucidi per
l’emozione e il piacere, probabilmente la stessa che si riversa sul mio volto.
Quando si tira su e si siede sul mio bacino, lentamente con
l’espressione sorpresa e in estasi, perdo un battito e sussulto. E’ una visione
celestiale e sensuale, tutto insieme e magari potrebbero non andare bene queste
due immagini insieme, ma ora non mi interessa perché è tutto ciò che posso
pensare. E’ sexy, è bellissima, è dolce e tenera e una piccola tigre che si
affaccia al mondo della sessualità con estrema curiosità e determinazione. E io
la amo. Non posso davvero vederla in modo diverso.
-Questa volta fa meno male… - dice mentre comincia a
dondolarsi. Chiudo gli occhi, anche se non vorrei, solo che se li tengo aperti
rischio di venire in un secondo. Porto una mano sulla sua coscia facendola
risalire piano e arrivo alla sua intimità accarezzando quel piccolo fascio di
nervi che sa dare tanto piacere. Lo tocco piano e sento il suo corpo
rabbrividire, getta la testa all’indietro e non solo, si appoggia con le mani
sulle mie gambe lasciandomi vedere tutto, lasciandomi lo spazio per toccarla
con le mie dita ma rimanendo comunque dentro di lei.
La amo. La adoro. La voglio.
Non so come faccio a vincere la voglia di spingere dentro di
lei con forza e vigore, forse perché potrei farle davvero male, ma adesso
vorrei tanto aumentare il ritmo, l’intensità, scoparla fino a cadere sfinito e
sudato sul letto.
-Ti..ti piace? – mormora dopo un po’. Forse mi sono
assentato troppo per starmene tra i miei pensieri.
-Non lo senti?
-Non si ohh…risponde ad una…ohhh domanda con una….oh si
Edward…domanda! – porto l’altra mano alla sua gamba stringendola e
accarezzandola, stringendo e accarezzando di nuovo.
-Si mi piace…- lei si muove più frenetica e sento le sue
pareti stringersi attorno a me. E’ davvero difficile resistere.
-Oh…Oh…sii…Edward…Edward…- continua a ripetere il mio nome,
mentre aumento il ritmo delle mie dita sul suo centro e le sue pareti si
stringono di più su di me e il calore dei suoi umori mi avvolgono, mandandomi
oltre l’oblio. –Aaaahhh….Edward…Edward Ti amo! – spingo in lei così forte che
ho paura di farle male ma mi lascio andare e dopo due spinte sono completamente
riverso in lei.
Bloccato. Il mio corpo è una pietra, una statua.
Non so cosa dire, non so cosa fare, non so come muovermi.
Mi ha detto che mi ama. Lo pensa davvero? E poi…me l’ha
detto ora, mentre era nell’apice del piacere, magari non lo pensa davvero.
-Non….non ti arrovellare il cervello Conte… - sospiro mentre
lei si stende sul mio corpo, appoggiando la testa tra spalla e collo. –Ti amo
davvero. – Ed ecco di nuovo quelle parole.
Rabbrividisco e lei sorride, anzi ridacchia proprio. Aspetta
ancora qualche minuto prima di aggiungere… –Non pensavo di riuscire a zittirti!
-Bella…. – mormoro senza fiato e completamente soggiogato
dal momento.
-Shhh…dormiamo! – la sento ridere ma ora come ora non ho
davvero la forza di mettermi a dormire! Dov’è andata tutta la stanchezza che
sentivo prima? Evaporata! Come può anche solo pensare che voglia dormire ora?
Le alzo il viso con le mie mani e la porto a fronteggiarmi. I miei occhi nei
suoi, i nostri corpi che sudati sembrano fusi insieme, l’odore del nostro
sudore, inebriante, che si mischia con il profumo della nostra pelle; i capelli
bagnati, le membra stanche ma appagate; ed un sorriso meraviglioso sui nostri
volti.
-Mi ami?
-Si…
-Ripetilo… - voglio che mi guardi negli occhi, voglio
guardarla mentre lo ammette, voglio che i suoi occhi color cioccolata mi
stordiscano più delle sue parole.
-Ti amo Edward.
-Oh…. – è tutto ciò che riesco a dire, tutto ciò che la mia
mente immobile e pietrificata può pensare. I suoi occhi sono sinceri e le sue
mani mi accarezzano il volto con una mossa dolce e tenera, affettuosa. –Ti amo
Bella…ti amo infinitamente! – è un attimo e le nostre bocche si ritrovano.
Non so in che periodo dell’anno ci troviamo, né se fuori è
già giorno, né che stagione sia. Non so bene dove ci troviamo, non so se sia un
sogno o se sia realtà, so che siamo su di un letto, meravigliosamente comodo,
che la stringo tra le braccia, e che le lenzuola sono ormai un semplice
ornamento per i nostri corpi troppo accaldati. Ho perso la cognizione del tempo
e dello spazio. Ho dimenticato persino la mia data di nascita e il mio cognome,
il mio titolo, la mia contea. Ora sono semplicemente Edward, innamorato e
sposato con una donna meravigliosa, un semplice uomo che attende con ansia di
tornare dentro il corpo della sua amata per tutta la notte.
*Epilogo*
Quattro anni più tardi
Edward pov.
Sono stato via per circa due mesi ed oggi finalmente sarò a
casa. Non ho potuto posticipare né anticipare questi impegni di lavoro sorti
proprio in questo periodo e mi piange il cuore sapere la situazione che ho
lasciato tra quelle quattro mura.
Ho dovuto fare i bagagli quasi a termine della gravidanza di
mia moglie, la seconda per essere precisi, avrei potuto rifiutare e restare a
casa, mandare solo i miei soci in affari ma Bella ha insistito perché fossi io
a partire. Così, dopo aver discusso per ore, mi ha convinto e sono partito con
un dolore al petto che ancora adesso non si è assopito. Se almeno sapessi che
stanno tutti bene. Invece non mi è stato possibile avvertire casa né essere
avvertito a mia volta. Non so se si tratta di una femminuccia, né se è un
maschietto, né se durante il parto ci siano stati dei problemi. Spero di no,
spero di tornare e trovarla in giardino con la nostra piccola peste di tre anni
che corre, cade e si sporca e un frugoletto tra le braccia.
Intravedo il sentiero di casa e mi agito sulla carrozza, nel
cuore l’unica speranza è che stiano tutti bene, mentre i ricordi di qualche
anno fa si affollano nella mia mente.
Flashback
-Cos’ha la padrona
Signore? – Jane si avvicina e mi chiede a bassa voce, dopo che il dottore ha
lasciato la tenuta e un sorriso contento e soddisfatto sul mio volto, che cerco
di mascherare.
-Nulla Jane, sta
benone! Non preoccuparti e preparami un infuso calmante con l’aggiunta di
essenza di ciliegia, sai è il suo preferito… - salgo gli scalini che mi
separano dalle stanze a due a due, felice come mai nella mia vita. Busso piano
alla porta della nostra stanza e quando entro lo faccio a passi lenti e deboli,
per non disturbarla più del dovuto. I rumori forti la agitano di più.
-Ciao… - mormora
piano, è pallida e sembra anche debole, appoggiata tra i cuscini del nostro
letto.
-Ciao…come ti senti?
-Sono solo un po’
stanca… - dice a voce bassa, lisciando le pieghe delle lenzuola sul letto.
-Lo vedo. Ti ho fatto
preparare qualcosa di caldo da Jane, spero vada bene… - lei annuisce solamente
ed io, che da quando mi sono dichiarato non riesco a starle lontano più di
qualche passo, mi avvicino al letto, fino a sedermi poco lontano da lei.
-Hai parlato con il
dottore vero? – mi dice.
-Si…e a quanto
vedo…anche tu?! – mi risponde solo con un cenno affermativo della testa.
–Non…non sei contenta, lo vedo. Perché?
Mi guarda appena,
debolmente e poi abbassa la testa sul copriletto.
-Tu…tu lo desideri?
Vuoi davvero un figlio? Intendo…un bambino, non un erede Edward… - mi avvicino
di più raccogliendo le sue mani tra le mie e facendole così alzare il volto
verso di me.
-Come potrei non
volere nostro figlio? Bella…ti amo. Un figlio, nostro figlio, sarà la prima
persona che amerò tanto quanto amo te, forse di più perché lui è indifeso e
deve essere protetto, forse di più perché è sangue del mio sangue ma….lo amerò.
Lo voglio Bella, non sai quanto.
Mi sorrise debole e poi la baciai poco prima che Jane
entrasse con la bevanda calda che avevo richiesto. Quelli sono stati gli otto
mesi più belli della mia vita fino a quando è nato il piccolo Mattew. Un
birbantello dai capelli miele a ciocche bronzee con gli occhi verdi, il nasino
di sua madre e i lineamenti del volto mascolini proprio come i miei. E’ un
bambino vivace, pestifero che sua madre fa fatica a tenere a bada ma che
insieme gestiamo al meglio. Come avevo pensato lo amo più della mia stessa
vita, da quando è nato ho tralasciato un po’ gli affari del pomeriggio,
godendomi con lui qualche ora di giochi. Non me l’ha chiesto nessuno, tanto
meno Bella che sa quanto siano importanti gli affari in questo periodo, ma l’ho
desiderato io, passare del tempo con mio figlio mi rende sereno e felice, tanto
quanto passarlo con mia moglie. Così lavoravo la sera dopo aver messo a letto
il piccolo e prima di raggiungere mia moglie sotto le coperte e dedicarmi a lei
completamente.
Pochi mesi fa, la scoperta di una nuova gravidanza ci ha
resi tutti euforici, anche la servitù che nonostante tutto vuol bene a Mattew
come se un pochino fosse pure loro.
Passiamo il cancello e il mio respiro si ferma, sono già con
la mano sulla maniglia della carrozza, non mi importa se ci saranno i valletti
a farmi scendere, voglio correre subito da mia moglie. Non mi perdonerò mai per
averli abbandonati nel momento in cui il nostro secondogenito veniva al mondo.
Quando i cavalli si fermano davanti all’entrata della casa
apro velocemente la porticina, ignorando le risate del mio socio ancora
all’interno della carrozza. Salgo le scale velocemente e sulla porta trovo ad
aspettarmi Jane, con un grande sorriso sulle labbra.
-Bentornato a casa padrone!
-Mia moglie?
-In camera padrone… - mi risponde, mentre io sto già
avanzando verso il salone e poi verso le scale. –In camera vostra! – la sento
precisare alla fine. Con il cuore che martella nel petto avanzo nel corridoio,
mi accorgo di avere il fiatone quando appoggio la mano sulla maniglia della
porta. Non busso questa volta, non credo che mia moglie me ne farà una colpa.
Quando entro nella stanza, poco illuminata trovo lei sul
letto, con in braccio un fagottino ricoperto da un lenzuolino bianco e Mattew
di fianco a mia moglie che gli sta leggendo un libro di fiabe che ho acquistato
qualche anno fa.
-Papà! – mi corre incontro scendendo dal letto in gran
fretta e con un sorriso sulle labbra da fare invidia al mio, mi salta in
braccio. Bella ridacchia, mentre appoggia il libro tra le coperte e si alza,
venendomi incontro anche lei.
-Ehi terremoto, hai fatto il bravo con la mamma?!
-Si…sono stato bravissimo….vero mamma?!
-Oh si, un vero angioletto…si è preso cura di me e di
Christine in modo valoroso e magnifico! Meriterebbe un premio! – il cuore batte
più forte mentre muovo qualche passo verso mia moglie e sussurrando dico solo
qualche parola.
-E’…una femminuccia?
-Una meravigliosa bambina…si….- mi sorride e mi mostra il
viso del mio nuovo angelo, che ha i chiari lineamenti del volto di sua madre.
–Vuoi tenerla?! – mi chiede e Mattew si stringe di più attorno al mio corpo.
Annuisco incapace di dire altro. -Mattew, fa conoscere a papà la tua
sorellina…lui non l’ha mai tenuta in braccio…
Appena il piccolo scende, abbastanza contrariato prendo
dalle braccia di Bella il mio piccolo angelo.
-Ciao… - sussurro accarezzandole la guancia con il dito e
lei si sveglia, mostrandomi i suoi occhioni scuri profondi come quelli della
mamma. –Io sono il tuo papà…
Resto incantato, fermo immobile sui miei piedi, con in
braccio la piccolina e mio figlio aggrappato alle gambe, per un tempo
indefinito. Sono completamente rapito dalla bellezza del fagottino tra le mie
braccia che ora mi fissa curiosa e cerca di afferrare il dito con cui le
accarezzo la guancia. Le sensazioni che provo sono indescrivibili, il cuore
potrebbe scoppiarmi di gioia da un momento all’altro. Poi finalmente riesco a
parlare e a muovermi. Mi siedo sul letto e faccio sedere al mio fianco anche
Mattew, che mi stringe il fianco in un abbraccio, mentre continuo a cullare
dolcemente la piccola Christine con un braccio solo, l’altro è impegnato a dare
attenzioni alla piccola peste.
-E’ andato tutto bene? – chiedo a mia moglie a bassa voce.
-Tutto perfettamente…siamo stati benissimo e Christine è
nata senza complicazioni. Mi sentivo solo molto stanca ma probabilmente è stato
perché non avevo la mia forza ad aiutarmi… - mi si riempie il cuore di un
calore ormai conosciuto e mi sporgo per baciarla dolcemente, appoggiando la
fronte poi sulla sua.
-Ti ho pensata in ogni istante di queste lunghissime
giornate, non vedevo l’ora di tornare a casa da voi. Mi siete mancati da
morire… - mi bacia ancora e ancora, finché la piccola non reclama la pappa. E
come ogni volta che allattava Mattew mi siedo di fianco a lei e la guardo, la
osservo, la amo sempre di più.
-Ci sei mancato tanto anche tu… - mi dice dolcemente ed io
mi sciolgo come ogni volta.
-Raccontatemi le vostre giornate… - mi metto comodo e li
osservo e li ascolto mentre loro iniziano con voce allegra a chiacchierare e
raccontarmi tutto ciò che mi sono perso. Il cuore mi si riempie di gioia e la
tristezza viene spazzata via in un lampo. La mia famiglia, so di esserci per
loro sempre, voglio garantire loro qualsiasi comodità, tutto ciò che vogliono,
di ciò che hanno bisogno. Sanno di poter contare su di me ogni qualvolta ne
hanno bisogno. Ma quando vado via per affari è sempre un colpo al cuore, per me
e per loro. Quando torno ho preso l’abitudine di farmi riempire le orecchie
delle loro voci.
E’ sera tardi ormai, abbiamo giocato con Mattew nel prato
per qualche ora, e poi abbiamo cenato. Mi sono occupato di fare il bagno al mio
ometto e di metterlo a letto, poi sono corso in camera da letto per stare con
mia moglie.
L’ho trovata mentre cullava la piccola per farla dormire e
in quel momento mi sono sentito l’uomo più fortunato del mondo.
-Ehi, Conte, ti sei incantato per caso? – mi sorride
dolcemente. Ci avviciniamo entrambi al letto, con tranquillità, guardandoci
negli occhi e percependo nell’aria quel frizzante ormai abituale che ci avvolge
quando ci troviamo vicini.
-Si, osservavo la sua magnificente bellezza, Contessa… - lei
piega la testa d’un lato mordendosi il labbro subito dopo.
-E’ un adulatore signor Conte, lo sa?!
-Mia moglie me lo dice spesso…sì! – ridacchia scuotendo la
testa e resta però fissa a guardarmi.
-Non possiamo fare nulla in questa camera Conte, abbiamo la
piccola a dormire con noi… - mi ricorda a bassa voce.
-Beh…nessun problema, Contessa…le devo ricordare forse che
questa residenza conta ben altre sette camere da letto in disuso?! – getta la
testa all’indietro per ridere, anche se è una risata più silenziosa del suo
solito, per non svegliare la piccola.
-Sa Conte, lei mi fa ridere così tanto… - enfatizza
allargando le braccia verso l’infinito. –Vai in quella in fondo al corridoio,
io chiamo Beth per controllare la piccolina…Ti raggiungo subito! – mi fa
l’occhiolino e io non posso far altro che eseguire i suoi ordini. Con il tempo
ha imparato ad essere autoritaria, meravigliosamente intraprendente e
sensazionalmente fuoco sotto le lenzuola. E’ la migliore compagna che potevo
avere al mio fianco.
Apro la porta in fondo al corridoio e la trovo piena di
candele, la luce fioca e calda che sprigionano rende la camera stupefacente,
tanto che rimango a bocca aperta nel costatare quanto, il rosso delle lenzuola,
appaia così invitante.
Entro lentamente e mi siedo sul letto, ancora soggiogato
dalle emozioni che questa vista mi procura, so che c’è qualcosa di diverso ma
non capisco cosa. L’ultima volta che sono entrato qui dentro non erano presenti
le lenzuola rosse, e neppure le candele, questo è certo…eppure c’era ancora
qualcosa che…
Un profumo.
Un profumo arriva all’interno delle mie narici, provocandomi
un brivido. Un profumo di rosa, quello che ho portato a casa dalla Francia nel
mio ultimo viaggio, e che Bella ha amato fin da subito. E’ così delicato sulla
sua pelle, la rende ancora migliore di quello che è. E poi, ne bastano due
gocce per farmi impazzire, perché il suo profumo già sensazionale, viene
esaltato ancora di più. Dalla porta che separa la camera dalla stanza da bagno
arrivano dei rumori e quando sono deciso ad andare a vedere la porta si apre.
Mia moglie avanza verso di me con una vestaglia molto corta, di seta, che le
lascia tutte le spalle scoperte tranne per due bretelline troppo fine. Ma non
solo, in mano tiene una piccola torta con una candelina accesa e si avvicina a
me sorridendo furba.
-Buon compleanno Conte… - mormora di fronte a me. Io ho la
bocca aperta, la salivazione si è ridotta allo zero, e mi sento schiacciato dal
desiderio per questa donna. Probabilmente se qualcuno la vedesse così sarebbe
etichettata come una ragazza di facili costumi, ha tutte le gambe scoperte e le
braccia anche, ma è meravigliosamente attraente e il cavallo dei pantaloni
inizia a dolere.
-Bella…
-Lo so, il tuo compleanno è stato due settimane fa, ma…beh
non eri con noi per festeggiare e quindi ho pensato di…non ti piace?
A volte la sua sicurezza cede davanti a me, è bello sapere
di avere ancora qualche potere su di lei, dato che ultimamente si assiste
sempre e solo al contrario. Mi alzo dal letto e le vado incontro, la mia
camminata è stranamente lenta, forse per il clima che si avverte in questa
stanza, ma posso prendermi tutto il tempo a disposizione per osservarle il
volto intimidito.
-Bella…Sei magnifica… - mormoro.
-Dici davvero?!
-Si…
-Dai…soffia ed esprimi un desiderio! – mi mette sotto gli
occhi la torta, da cui arriva un invitante profumo di cioccolato e mi trovo a
chiudere gli occhi ed immaginare tutta la mia vita davanti con questa moglie
devota e speciale e con tutti i bambini che il Signore vorrà donarci. Non posso
chiedere altro. Soffio aprendo gli occhi e lei sorride dolce. –Bene…ora posso
darti il regalo! – poggia la torta sul comò dietro di lei e poi torna a
osservarmi seducente, portando una mano al bordo della camicia da notte e poi
anche l’altra. In un unico movimento l’unico pezzo di seta che la copriva è
volato via, lasciandola meravigliosamente nuda davanti ai miei occhi.
-Oh…Bella! – la prendo tra le braccia, portandola sul letto
e iniziando a baciarle ogni centimetro di pelle del collo. –Moglie, un giorno o
l’altro mi farai impazzire… - sussurro nel suo orecchio.
-Marito…sei stato via tutto questo tempo e ti perdi in
chiacchiere?! – ridacchio mordendole il collo e facendola contorcere sotto di
me. Mi stacco velocemente, togliendo la camicia e i pantaloni e anche le
mutande, in modo che siamo finalmente entrambi nudi e la nostra pelle può
entrare in contatto e scatenare le scintille di ogni nostra notte d’amore.
Le sue mani arrivano si intrecciano subito tra i miei
capelli, tirandoli, giocandoci, mentre la mia bocca avida si prende cura del
suo seno.
-Oh Edward…- negli anni sono riuscito a farle capire quanto
è meraviglioso, per me, ascoltarla mentre si lascia libera di provare il
piacere che le offro. Il suo centro caldo, a contatto con la mia coscia, mi fa
perdere il senno. Non vedo l’ora di entrare dentro di lei e…
Oddio non ci posso pensare se no esplodo.
-Oh Bella.. – mi lascio andare mentre le mordo un capezzolo.
Le sue dita scendono sul mio petto, graffiandomi dolcemente
e poi giù fino alla pancia, gioca con l’ombelico per poi passare le unghie
sulla peluria del mio inguine.
-Mi sei mancato Edward…Mi è mancato tanto fare l’amore con
te! – appoggio la testa sulla sua pancia, mentre la sua mano si chiude attorno
alla mia asta ed io devo arrestare la mia discesa verso il suo centro caldo.
-Mi sei mancata anche tu… - soffio. Tornando in me scendo
ancora sul suo corpo e lei è costretta a lasciarmi andare; la perdita del
contatto delle sue dita mi fa avere un tremito.
No, le rivoglio.
Il suo sapore sulla mia lingua è una droga, e l’eccitante
migliore al mondo. Sento il mio pene drizzarsi sempre di più, fino ad arrivare
a farmi male.
Non resisto più.
-Oh Edward… - i suoi gemiti, mischiati al mio nome sulle sue
labbra sono qualcosa di meraviglioso. Passo la lingua sul bottoncino che le
provoca un piacere infinito e mi beo dei suoni provenienti dalla sua voce,
quando è troppo però mi alzo e mi stendo su di lei.
-Non resisto più Bella…ti voglio troppo. – le dico ad un
soffio dalle sue labbra, appoggiandoci sopra le mie un secondo dopo. Le sue
dita arrivano a stringermi il sedere, ho scoperto che le piace particolarmente,
e mi spinge dentro di lei, al suo ritmo. In pochissimo tempo mi trovo
sprofondato dentro mia moglie e mi sento a casa.
-Oh…sì, sì…sì… - appoggio al fronte sulla sua spalla mentre
comincio a spingere dentro di lei, e i miei movimenti ci procurano un senso di
libertà e benessere stupendo. –Continua Edward…continua così!
-Oh amore…mi sei mancata! Mi sei mancata! – non mi fermo, le
spinte aumentano e pare che voglia arrivare fino in fondo, che non basti mai il
posto che ho guadagnato. E lei geme e i suoi sospiri e la sua voce si mischia
alla mia.
Siamo entrambi sudati, abbracciati su questo letto e le
nostre gambe sono intrecciate, come se avessimo paura di allontanarci troppo.
-La prossima volta che andrò via vi porterò con me. Non
riesco a stare troppo tempo lontano da voi.
-Edward, lo sai che non è possibile…
-Lo so, Bella, ma lo faremo diventare possibile. – lei
sghignazza ed io le bacio la testa.
-Non puoi portare via i bambini per tutto quel tempo amore,
lo sai…Però ti prometto che quando tornerai noi saremo sempre qui ad
aspettarti, felici di riabbracciarti.
Si stringe di più a me e mi bacia il petto, ed io sorrido
per l’idea che mi è appena venuta in mente.
-Facciamo un altro bambino?! – la sua testa si stacca dal
mio petto e mi guarda allargando le pupille.
-Edward…lo sai che non puoi decidere tu e in più…Christine è
così piccola!
-Ne voglio un altro, e un altro ancora…voglio un sacco di
bambini! – lo spavento sulla sua faccia è ben presente ed io ridacchio.
-Edward…sei impazzito?
-No…
-E allora?
-Sai come si fanno i bambini?! – alzo il sopracciglio e lei
scoppia a ridere.
-Sei incorreggibile, Conte, ed anche insaziabile…! Vieni
qui…mi occupo io del piacere del mio amato maritino…
Sorrido, stendendomi meglio e lasciandole la libertà di
prendersi cura del mio corpo come meglio crede. Sono sicuro che con lei al mio
fianco il mio futuro sarà meraviglioso e che i nostri figli saranno educati,
rispettosi, stupendi, intelligenti e bellissimi.
Sono anche certo che l’amore che proviamo l’uno per l’altra
non si spegnerà mai, perché basta guardarci negli occhi per capire quanto siamo
legati.
E’ stata una strana storia d’amore la nostra, ma sono sicuro
che da quella sera in cui ci siamo dichiarati entrambi è proseguita come una
favola meravigliosa.